Black Blood

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    Capitolo 56





    Simone chiuse la chiamata con Alex e tornò nella stanza del figlio. Bill a distanza di ore dall’esecuzione della risonanza magnetica in sedazione ancora dormiva e a quanto pareva non sembrava assolutamente aver fretta di svegliarsi. Il dottor Nichols l’aveva tranquillizzata, assicurandole che andava tutto bene e che quel sonno, in parte forzato, gli avrebbe senz’altro giovato. A volte capitava che i pazienti in situazioni di forte stress emotivo, trovassero un benefico rifugio in quell’ oblio di sonnolenza, una sorta di limbo, dove poter ricaricare il corpo e la mente e lo scrittore sembrava intenzionato a far scorta di energia. Alla fine lo chef aveva ceduto alle sue insistenze e le aveva raccontato tutto di lui e Tom e alla donna tutto era parso acquisire finalmente un senso. Doveva amare davvero molto quel ragazzo perché non lo aveva mai visto in quello stato. Ok, probabilmente la sua malattia non era legata agli ultimi eventi amorosi, ma certamente che non ci fossero stati altri problemi di sorta, avrebbe potuto affrontare il tutto con più leggerezza. Si avvicinò al suo letto e si mise seduta al suo fianco, accarezzandogli una mano. Bill mugugnò un qualcosa in risposta, riprendendo poi a dormire placidamente.
    “ Ci penso io a Tom…” sussurrò Simone non sentita. Non si era mai impicciata per davvero nella sua vita sentimentale, se non cercando di carpire notizie direttamente da lui, che generalmente era muto come una tomba, ma ora le sembrava giunto il momento di fare due chiacchiere con quel ragazzo. Non gli avrebbe permesso di procurargli altro dolore, Bill poteva anche non esser stato sincero con lui e di questo ne era dispiaciuta, ma le sue colpe finivano lì. Gli avrebbe parlato e se fosse stato necessario l’avrebbe anche mandato al diavolo!
    Sorrise nervosa a quest’ ultimo pensiero, non troppo convinta, anzi temendo l’ incontro con lui.
    Se Tom era piaciuto così tanto a suo figlio, quasi sicuramente sarebbe piaciuto anche a lei.


    Mia osservava distratta le luci dei lampioni che si rincorrevano veloci sulla strada, pensando a ciò che in quel momento stava vivendo suo fratello. Ci era già passato una volta e lui non era particolarmente abile ad elaborare le cattive notizie, anche se in questo caso poi così brutte non sembravano essere. Bill aveva sicuramente qualche problema di salute, ma fortunatamente non così grave da pensare al peggio, ma per Tom non avrebbe fatto nessuna differenza. Il senso di rabbia impotente che lo assaliva in quei casi era per lui devastante e non sarebbe stato diverso nemmeno questa volta.
    Nonostante fosse già molto tardi era convinta che una volta giunto in ospedale avrebbe fatto fuoco e fiamme pur di riuscire a vedere anche solo per un istante Bill e temeva il peggio. Sbuffò spazientita, tornando a rivolgere la sua attenzione verso il cantante e lo chef che stavano discutendo animatamente.
    “ … Beh, se non altro abbiamo la conferma che lo ama ancora,” affermò Jason, “ anche se sei stato perfido. Non oso pensare cosa stia attraversando ora quel ragazzo.” Concluse, rimproverandolo.
    “ Chiamiamola terapia d’urto. Sconfiggere un male con un altro male. Tom ha appena superato la morte del padre e forse non è stata una grande idea fargli credere che Bill possa avere un tumore, ma la situazione stava diventando insostenibile e bisognava porre rimedio. E poi tu da che parte stai? Non eravamo d’accordo di provare a rimettere insieme quei due? Ok, il metodo sarà anche stato poco ortodosso, ma ora Tom sta andando dove tutti volevamo che andasse e cioè da Bill!” Esclamò Sweetie risentito.
    “ Tom potrebbe prendersela nuovamente con Bill… è un istintivo e perde la testa facilmente. Soprattutto quando scoprirà che gli è stata raccontata una nuova bugia.” Intervenne infine Mia, che meglio di tutti conosceva il fratello.
    “ Non è stata propriamente una bugia, la risonanza magnetica è stata fatta anche per escludere la presenza di un tumore, per cui fino a quando il medico non si pronuncerà definitivamente, tutto è possibile, anche se Simone mi ha assicurato che con molta probabilità si tratta di un’ infiammazione di un nervo cranico.” Si difese lo chef.
    “ Speriamo che la buona notizia compensi tutto il resto, non ci resta che aspettare.” Sentenziò Jason, avvicinandosi ulteriormente allo chef che stava seduto in auto accanto a lui, ora con aria afflitta.
    “ Ehi, sei stato comunque grande! Hai saputo cogliere la palla al balzo e far leva sui sentimenti di Tom, come nessun altro!” Gli sussurrò, sorridendo.
    “ Sì, come no! Nessuno però ha capito che a Tom serviva una spinta di questo genere e tutti state criticando i miei metodi! La prossima volta mi farò i cazzi miei e lascerò che quei due se la vedano da soli. Ho perso anche fin troppo tempo dietro questa storia!” Esclamò piccato.
    “ Io non ti criticato, ho solo detto che-…”
    “ Lo so che hai detto e sono consapevole di essere stato un po’ brutale, ma la vita è fatta anche di perdite e dispiaceri, nessuno ne è esente. La cosa più difficile è poi andare avanti e continuare a vivere e Tom forse deve ancora trovare il modo giusto per farlo.” Lo interruppe lo chef.
    Jason rimane in silenzio per qualche istante, cercando le parole giuste per controbattere, ma non ne trovò. Alex aveva ragione, Tom avrebbe dovuto imparare a dare il giusto peso agli eventi e cercare di comportarsi di conseguenza, anche se era più facile a dirsi che a fare. Lui stesso era stato messo alla prova quando sua madre se n’era andata e ce l’aveva fatta, la perdita del padre riguardava anche Mia e lei aveva reagito in modo nettamente diverso, ritornando a sorridere alla vita. Anche Tom avrebbe dovuto imparare e il resto sarebbe venuto da sé. Bill non era in pericolo di vita, ma sperava in cuor suo che questa malattia lo potesse far riflettere e far dimenticare gran parte delle sue assurde convinzioni. Si amavano e quella era la cosa più importante, al diavolo le bugie, le ripicche e l’orgoglio! Sospirò e guardò l’amico a pochi centimetri da lui, che lo scrutava interrogativo.
    “ Scommetto cento dollari che quei due prima della fine della settimana si rimetteranno insieme e sarà tutto merito tuo.” Disse all’ improvviso Connor, tendendo la mano ad Alex.
    “ A me basterebbe che la smettessero di comportarsi come due idioti.” Rispose, afferrando la mano che gli veniva porta.
    “ Ci sarai anche domani sera?” Chiese il cantante, cambiando all’ improvviso argomento.
    “ Domani è venerdì, è impossibile. Il ristorante sarà al completo e non posso lasciare tutto nelle mani di Jenny…”
    “ Ok, spero tu possa comunque venire a qualche altro concerto, mi farebbe molto piacere…”
    “ Farò il possibile, ma intanto perché non vieni a cena da me sabato sera? Avete il giorno libero, no? Ti riserverò un tavolo nel privè, così nessuno ti verrà a disturbare.” Disse un po’ impacciato. Ormai non ricordava nemmeno più a quanto tempo prima risalisse l’ultimo invito a cena ufficiale.
    “ Ma anche sabato avrai da fare, mi vuoi fa cenare da solo?” Chiese a sua volta Jason.
    “ Se è un sì, vedrò di liberarmi…” Rispose, facendogli l’ occhiolino e accarezzando distratto la sua mano che ancora teneva stretta.
    Mia osservò la scena sorridendo. Quei due non gliela raccontavano giusta e se l’amore era nell’aria, sperò che potesse avere lo stesso benefico effetto anche su Bill e Tom.


    “ Dove crede di andare a quest’ ora? L’ orario di visita è terminato da un pezzo!” Tuonò una corpulenta agente di guardia all’ ingresso dell’ ospedale.
    “ In Neurologia. Devo assolutamente vedere uno dei pazienti!” Esclamò Tom continuando a camminare spedito verso gli ascensori. Se non ricordava male il reparto era attiguo ad Ematologia, dove era stato inizialmente ricoverato suo padre.
    “ Ehi, si fermi immediatamente! Gli intimò un’altra guardia, mettendo la mano sulla fondina della pistola, “ la mia collega le ha detto che l’orario di visita è finito!” Tom si immobilizzò, cercando di trovare una via di uscita. Sebbene non fosse assolutamente intenzionato a beccarsi una pallottola da quel tipo che sembrava piuttosto nervoso, non avrebbe certo desistito dal suo intento di andare da Bill.
    “ Il mio fidanzato sta male e ha chiesto di vedermi, per favore lasciatemi andare da lui solo per un minuto! Lo so che ormai è mezzanotte e che voi avete l’ordine di non far entrare nessuno, ma vi prometto che al massimo tra dieci minuti sarò già fuori di qui!” Li pregò piagnucolando.
    I due si scambiarono un’ occhiata complice e sghignazzando ripeterono in coro: “Fidanzato?”
    “ Sì perché? Che ho detto di male, non posso avere un fidanzato?” Chiese piccato.
    “ Oh certo che sì, signor Kaulitz…” Rispose candidamente la donna, cercando di tornare seria.
    “ Lei mi conosce?” Domandò il cantante.
    “ Da poco, ma sì, direi di conoscerla. Mia figlia mi ha fatto una testa così a forza di ascoltare la sua canzone.…” Replicò la guardia, allargando le braccia e indicando uno spazio infinito.
    “ Ehm… mi fa piacere, però ora posso andare da lui, per favore?”
    “ No, non è permesso a nessuno entrare a quest’ ora.” Ribattè l’altro agente imperterrito.
    Tom lo guardò in cagnesco e sbuffando cercò di trovare nel suo vasto vocabolario di improperi, qualcosa che potesse risultare poco offensivo. Che cazzo costava a quei due girarsi dall’altro lato per un secondo e far finta di non averlo visto? Tre figure a lui conosciute fecero ingresso nell’atrio e le guardie distratte dal loro vociare, si girarono immediatamente e andarono verso le persone in questione per cercare di capire cosa stesse accadendo, dimenticandosi per un momento di lui.
    “ Ma che succede stasera? Dove credete di andare? Non si può entrare!” Gridò una delle guardie.
    Mia vide Tom scomparire in uno dei corridoi e intuendo immediatamente il da farsi, prese la parola e lì per lì inventò una scusa.
    “ Sto cercando mio fratello, ha avuto un incidente!” Esclamò agitata, sperando che Alex e Jason le reggessero il gioco.
    “ Dovete rivolgervi al Pronto Soccorso.” Li informò la agente, “ l’ingresso è uscendo sulla destra…”
    “ Ma non potreste dirmi almeno se è in questo ospedale? Sono così agitata che credo che sverrò!” Replicò, cercando appoggio su Alex che prontamente la sostenne.
    La donna sospirò, zittendo immediatamente il collega pronto a protestare, e preso il telefono che aveva nel taschino dell’ uniforme, fece partire una chiamata.
    “ Come si chiama suo fratello?” Chiese, poi quando il suo interlocutore rispose.
    “ Thomas Orlowitz”
    “ No, non risulta, probabilmente è in un altro ospedale.”
    “ Oh grazie infinite!” Replicò la bionda, trascinandosi i due compagni d’avventura, a dire il vero un po’ confusi , fuori da lì.


    Tom percorse a passo avelto il corridoio, a quell’ ora deserto, che portava ai reparti di quel settore. Doveva fare in fretta, - di certo Mia non avrebbe potuto tenere a bada le due guardie per molto tempo, anche se confidava nelle sue doti di attrice -, anche se non aveva idea di come riuscire ad entrare, visto che tutte le porte sembravano chiuse e che ben presto gli agenti sarebbero venuto a cercarlo.
    Si aggirò nervoso, cercando una soluzione, quando senza nemmeno rendersene conto passò davanti allo studio del dottor Peters, l’ematologo che aveva avuto in cura suo padre. Dalla porta chiusa filtrava una luce, segno che il medico doveva esser ancora lì. All’ improvviso ricordò che lui spesso si tratteneva in ospedale fino a tardi la sera, soprattutto quando c’erano pazienti critici in Ematologia. Quello doveva essere uno di quei casi e se ne dispiacque, ma questo probabilmente avrebbe giocato a suo favore. Senza ulteriore indugio, bussò alla porta ed attese. Dall’ altra parte del legno, sentì dei passi che venivano verso di lui. Si stampò sul viso un’ espressione addolorata ed elaborò in fretta una frase ad effetto.
    “ Tom?!” Esclamò il medico sorpreso, una volta aperta la porta.
    “ Dottore, mi scusi per l’ora, ma deve aiutarmi!” Pronunciò il moro con voce sofferta.
    “Oh buon Dio, che è successo? Venga, entri.” Tom sorrise tra sé, felice di aver superato il primo ostacolo. Era certo che Peters l’avrebbe aiutato. In breve gli raccontò l’accaduto e gli spiegò che doveva assolutamente vedere Bill per cercare di porre quantomeno rimedio alla sua stupidità e chiedergli scusa. Voleva offrirgli il suo sostegno, dirgli che lo amava da morire, e al diavolo tutto il resto! Il medico sorrise al racconto concitato e offrì al chitarrista un bicchiere d’acqua, invitandolo alla calma. Prese in mano il telefono portatile di servizio e fece partire una chiamata.
    “Lei è un ragazzo fortunato, il dottor Nichols, nonché mio grande amico, è il neurogolo di turno questa notte. Brontolerà per l’orario, ma per una cosa del genere chiuderà un occhio di certo. Prenda una di quelle divise appese là, una mascherina e una cuffia e le indossi, ci aiuterenno a passare inosservati.”
    “ Oh, grazie, grazie!!!” Esclamò Tom balzando in piedi e correndo verso l’attaccapanni, mentre Peters parlava con il suo interlocutore.


    “ Thomas Orlowitz…” Ripetè Jason sghignazzando, mentre saliva in auto.
    “Potrebbe usarlo come pseudonimo se le cose dovessero mettersi male e fosse costretto a fuggire in un altro stato!” Affermò Alex, prendendo posto accanto al cantante.
    “ Siete due idioti!” li apostrofò Mia. “ E’ il primo nome che mi è venuto in mente! Però è servito a distrarre quei due da Tom. Voi non avreste saputo fare di meglio.” Li punzecchiò la bionda con aria di sfida.
    “ E’ vero. Di questo dobbiamo dartene atto. Sei una grande attrice!” Disse Jason, dandole un” cinque”.
    “ Adesso che facciamo?” Chiese Alex, sbadigliando.
    “ Aspettiamo. Se Tom avesse bisogno di aiuto almeno saremo già qui con il motore acceso.” Rispose il cantante, imitandolo.
    “ Ha il cellulare spento, ” sbuffò Mia, “ speriamo sia riuscito nel suo intento…”


    Tom nascose i capelli sotto la cuffietta verde e si aggiustò la mascherina sul viso davanti lo specchio del piccolo bagno nello studio di Peters. Il collega del medico si era mostrato ben disposto ad aiutarlo a patto che si trattenesse davvero solo per un paio di minuti. Così travestito nessuno avrebbe messo in dubbio che potesse essere sul serio un dottore, ma aggirarsi per il reparto a quell’ ora era insolito anche per un medico vero, a meno chè non fosse stato chiamato dagli infermieri per qualche paziente.
    “ Andiamo?” Lo esortò l’ematologo, comparendo sulla porta.
    “ Sì, sono pronto.” Rispose il ragazzo.
    “ Nichols mi ha detto che c’è la madre ad assisterlo e che è un po’, diciamo, apprensiva. Cerchi di non combinare guai, mi raccomando.”
    “ Ok…” Promise incerto. Lo scoglio mamma sul sentiero di guerra non l’aveva preso in considerazione, ma sperava che almeno non avesse un indole bellicosa come Bill.
    “ Lasciate fare a me…” Disse Nichols ai due, prima di scomparire oltre la porta della stanza singola di Bill.
    Tom sentì un brivido freddo percorrergli la schiena e la mascherina privarlo dell’ossigeno necessario per respirare, tanto che fu costretto a toglierla.
    “ Tutto bene?” Chiese Peters.
    “ Sì, sono solo in ansia. Non ero agitato così nemmeno per il mio primo concerto di poche ore fa!”
    “ Ho sentito la sua canzone. E’ molto bella, ho capito immediatamente che l’aveva scritta per suo padre.”
    “ Grazie, mi fa piacere che le piaccia…” Riuscì solo a dire. Nichols ci stava mettendo un po’ troppo tempo a convincere la madre di Bill ad uscire e a lasciargli campo libero. Sospirò rumorosamente, facendo sorridere l’ematologo.
    “ Non si preoccupi. Ne avrà approfittato anche per accertarsi delle condizioni di Bill.”

    “ Signora Trumper, io credo che dovremo permettere a quel ragazzo di vedere Bill. Le ripeto che suo figlio non è grave e il fatto che dorma così tanto, è solo per stanchezza. Dopotutto lei stessa ha potuto constatare che se stimolato risponde e si è già svegliato due volte, chiedendo di poter bere e andare in bagno. Non succederà assolutamente nulla, può stare tranquilla.” La rassicurò il neurologo, vedendola restia ad accettare che Tom potesse far visita suo figlio.
    “ Va bene, ma prima vorrei dire io due parole a quel Tom. Non lo conosco, ma so che l’ha già fatto soffrire a sufficienza e vorrei, nel caso servisse, avere il privilegio di cacciarlo a pedate.” Rispose la donna ferma.
    “ Non sarà necessario, mi sembra abbastanza pentito, ma va bene, lasceremo a lei l’onore.”
    Nichols aprì la porta e fece cenno a Tom di entrare. Il moro si trovò faccia a faccia con una donna che sembrava la versione femminile dello scrittore, la cui espressione non prometteva nulla di buono.
    “ Io so-sono Tom…” Biascicò timoroso, tendendole la mano.
    “ Simone. Non è il momento di farti una ramanzina, quindi ti dirò solo questo. Fallo soffrire ancora e io ti spezzerò il collo. Intesi?” Affermò dura, non accettando di stringere la mano che le veniva porta e uscendo dalla stanza.
    Tom deglutendo, si irrigidì, sicuro che la donna avrebbe mantenuto i suoi propositi.
    Una volta solo si avvicinò finalmente a Bill che giaceva immobile nel letto. Alla luce fioca della lampada notturna, il suo volto aveva un qualcosa di angelico. I lunghi capelli legati in una coda ormai sfatta erano sparsi sul cuscino ed era così incredibilmente bello a vedersi. Dio, come aveva anche solo pensato di poter vivere senza di lui?
    Gli si mise seduto accanto e gli prese una mano tra le sue, cercando di trovare le parole giuste per chiedere perdono, per scusarsi del suo comportamento idiota, delle sue idee ottuse, per offrirgli il suo sostegno, per dirgli che lo amava nonostante tutto e che avrebbe continuato a farlo per il resto della sua vita.
    “ Bill, io ti amo, ti prego perdonami…” Sussurrò semplicemnte, portando la mano alle labbra e baciandone il dorso freddo.
    “ Ho sbagliato, ti ho fatto soffrire, ma semmai potrai perdonarmi, ti prometto che cambierò per te, per noi. So che sarà difficile, ma voglio provarci. Sei troppo importante per me.” Continuò.
    Sul volto di Bill apparve l’ombra di un sorriso, o almeno a Tom così sembrò.Voleva credere che lui avesse ascoltato il suo discorso e che da lì a qualche istante si sarebbe svegliato per poter poi così suggellare con un bacio il loro amore ritrovato, ma invece il biondo mantenne la sua posizione statica. Il chitarrista deluso, baciò nuovamente la mano e poi si alzò.
    “ Tornerò domattina. Ti amo Bill.” Sussurrò sulla sua bocca prima di sfiorarla leggero con le sue labbra, prima di uscire e chiudere la porta piano dietro di sé.
    “ Anche io ti amo, stronzo…” Biascicò Bill con la voce impastata dal sonno e un sorriso sghembo che gli illuminava il viso, che ora però non aveva più nulla di angelico…
     
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