Angels don't fly

Finita

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  1. PinaKaulitz88
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    Eccomi ^^

    In questi due capitoli Bill sembra essersi svegliato di colpo, ammiro molto la sua determinazione e il suo orgoglio!

    Di certo, non è con un semplice "ti licenzio" che si leverà dai piedi David, ma il suo ritrovato coraggio e voglia di riprendersi in mano la sua vita prima o poi avrà i suoi frutti.
    Gli ha fatto perfino del male fisico image

    Mi sono piaciuti molto entrambi i capitoli, complimenti!

    Un bacione
     
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    Grazie del commento Pina!! **
     
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  3. NeideLunare
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    CITAZIONE
    “ No, ti sto licenziando David.”

    :applauso:
     
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    Aspetta ad esultare Socia!!

     
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  5. NeideLunare
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    Non mi rovinare la festa
     
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  7. NeideLunare
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    Party Killer v.v
     
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  9. •MiQi.
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    Bill ha fatto bene a colpirlo ma non a esporsi tanto e facendo intuire ciò che sa.
    Avrei preferito, inoltre, vedere David rotolare giù dalle scale ! image
    Tom si fà troppi problemi u.u



    P.S. Auguri a tutte le donne! E buon Carnevale! ^^
     
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  10. barby's
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    up...

    auguri a tutte noi :wub:
     
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    Grazie Micky, auguri a tutte!!
     
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    DOBBINA ''FONDATRICE ''ADULTE MALATE DI TOKIOHOTELLITE''

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    arcadia

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    e qui? A che punto stai?
     
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    Lou ho appena mandato il chap alla mia Socia-beta!
    Spero entro domani di poterlo postare!

    Scusate il ritardo, ma sono un pò presa da casini vari e ho la testa altrove...
     
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    Capitolo 19


    Liberarsi non è molto difficile. È più difficile rimanere liberi.
    André Berthet




    L’uomo lo guardò sorpreso prima di scoppiare in una fragorosa risata, lasciando il moro interdetto. Che ci trovava di così divertente? Dopotutto lo aveva appena, poco elegantemente, invitato a fare fagotto e ad andarsene!

    “Che cazzo hai da ridere?” Esclamò risentito.

    David tornò serio, schiarendosi la voce.

    “Honey, tu non puoi licenziarmi. Non sei il mio datore di lavoro e io non sono alle tue dipendenze, tutto qui. L’accordo che abbiamo io e te e di tutt’altra natura e terminerà solamente nel caso in cui tu morissi o decidessi di abbandonare la carriera artistica, cosa che non credo succederà molto presto, vero?” Spiegò con accondiscendenza.

    “Non è possibile, io non ricordo di aver mai fatto questo accordo con te!”

    “Era implicito nel contratto discografico. Tu all’epoca eri minorenne e io il tuo tutore. Avviene praticamente in automatico.”

    “Non è vero! Mi stai prendendo in giro! E in ogni caso io voglio rivedere il contratto! Ora sono maggiorenne e sono in grado di intendere e di volere!” Gridò isterico.

    David gli si avvicinò, spingendolo contro la parete. Nonostante fosse più basso di lui, lo superava in prestanza fisica, inoltre, Bill sentiva le forze venirgli meno. Gli occhi pizzicavano e un groppo alla gola gli impediva una corretta respirazione.

    “Sei certo di quello che dici?” Sibilò tra i denti il manager, “sono trascorsi solamente dieci giorni dal tuo incidente… sarebbe un attimo divulgare la tua malriuscita intenzione di porre fine alla tua inutile vita. Sei un incredibile ingenuo Bill e non hai idea di quanti indizi tu lasci ovunque. A chi pensi che darebbero credito i media? Il mondo è questo Bill, non quello costellato di liocorni e principi azzurri che alberga nella tua testa.” Continuò pacato, come se dovesse spiegare un concetto difficile ad un bambino.

    Calde lacrime solcarono le guance pallide del moro, incapace di reagire a quelle parole. L’unica via d’uscita si era rivelata essere un vicolo cieco. Nessuno gli avrebbe dato credito e già si immaginava in un centro di recupero per depressi di lusso.

    Si liberò dalla stretta di David e lui non lo trattenne. L’espressione soddisfatta stampata sul suo viso equivalse ad uno schiaffo ricevuto in pieno volto.

    “Non mi importa del tuo culo, ma tu apparterrai per sempre a me.” Fu ciò che udì prima di lasciare la stanza.



    ***





    Soleman guardò per l’ennesima volta l’orologio: era terribilmente in ritardo, ma non se la sentiva di congedare Bill che non aveva smesso un attimo di imprecare, maledirsi e piangere da quando era entrato nel suo ufficio. Aveva ascoltato il racconto frammentario e confuso del cantante, aspettandosi ognuna delle parole pronunciate tra lacrime e bestemmie.

    Non era sorpreso, Jost era stato astuto quanto bastardo. Ed era stato uno sbaglio alimentare le speranze del moro in quella maniera e fargli credere che si sarebbe liberato della sua ingombrante presenza; ora che si sarebbero inventati?

    “Non voglio rinunciare alla musica…” Piagnucolò depresso, prendendo la scatola intera di kleenex che gli stava porgendo l’agente.

    “Dobbiamo sentire Truman, forse lui ha una soluzione per tutto questo.” Disse Paul poco convinto.

    “E quale? Io non vedo soluzioni, se non quella di non rinnovare il contratto discografico e mandare a puttane tutta la mia carriera!”

    “No, se riusciremo a dimostrare che lui ha agito in malafede.” Il moro abbozzò un sorriso, Soleman a volte sembrava più ingenuo di lui.

    “Come? L’accordo di rappresentanza sembra a prova di bomba! Anche se io non ricordo assolutamente di aver mai firmato un documento simile e decidessi di portarlo in tribunale, sarà sempre la mia parola contro la sua e la firma su quel documento, seppur estorta, sarà di certo la mia!”

    “Appunto! Questo di chiama truffa, raggiro e la legge punisce chi li commette!” Esclamò infervorandosi.

    “Lui è il mio tutore, chi crederà mai a questa storia?” Chiese Bill sconfitto.

    “I media ci banchettano con queste notizie! Il piccolo e indifeso Bill Kaulitz sfruttato e bistrattato per anni dal suo manager! Sei un personaggio molto famoso e amato, sensibilizzando l’opinione pubblica riusciremo forse nel nostro intento. Verrà aperta un’inchiesta quanto meno e Jost avrà per un po’ alle calcagna l’agenzia tributaria. Truman ha gli agganci giusti.”

    “Non voglio diventare lo zimbello dello showbusiness! Questo significherebbe mettere tutti i miei affari in piazza!” Controbattè arrabbiato.

    “Allora che si fa? Io non vedo altra soluzione.” Decretò l’uomo. Bill lo guardò perplesso, Paul aveva ragione come sempre.

    “Se decidessi di rendere il tutto pubblico, come farò con il tour e tutto il resto? Ormai le date sono fissate. David sarà ancora il mio manager?”

    “Sarà sicuramente diffidato dall’incarico. Tu sei in grado di affrontare il tour senza di lui e Madison ti aiuterebbe di certo. Poi ci sono io. Non è mia abitudine seguire gli artisti, ma per te potrei fare un eccezione, almeno per quanto riguarda le dieci date nordamericane.”

    “Faresti questo per me?” Chiese con gli occhi lucidi.

    “Certo! Sei una brava persona e io il mio guadagno ce l’ho già assicurato con una percentuale sull’incasso! Non ho bisogno di altro!” Spiegò sorridendo.

    Anche il moro sorrise, aveva smesso di piovere. Fuori e dentro.



    ***





    Truman guardò i due accigliati. Per loro aveva rimandato un appuntamento con un cliente importante, ma d’altro canto anche Paul lo aveva fatto. Il loro rampollo necessitava di cure immediate. Entrambi si stavano chiedendo come fosse possibile essere smossi da tale sentimento paterno, ma con Bill era per forza così.

    “Avvocato sono spacciato?” Chiese il moro interrompendo il silenzio, dopo il racconto che aveva appena fatto.

    “No, però indubbiamente David sa il fatto suo. Ho esaminato i contratti e sono privi di sbavature. Nessuna postilla scritta così in piccolo da non poter essere letta, nessun dubbio gioco di parole. Lui in qualità di tuo tutore legale ha potuto disporre di te come meglio credeva, agendo in totale regolarità. Mi dispiace Bill, ma qualsiasi giudice non potrebbe rilevare anomalie in questo.”

    “Che mi resta da fare allora?”

    “Paul ha ragione, dovresti rendere pubblico ciò che lui ha fatto quando eri ancora minorenne. Se lui ha abusato di te, potresti portarlo in tribunale, hai dieci anni di tempo per poterlo citare dal momento in cui avviene il fatto, prima che questo cada in prescrizione.”

    “Ma io… io pensavo fosse giusto così, chi crederebbe mai al fatto che mi ha usato violenza, se neppure io ne sono convinto?”

    “Chi crederebbe mai che lui ti avrebbe accolto sotto la sua ala protettrice, se fossi stato un normale ragazzino privo però di talento artistico? Incalzò Truman.

    “Dobbiamo fare leva sul suo sporco opportunismo. Lui ha approfittato di te in tutti i sensi.” Aggiunse Paul, posandogli la mano sulla spalla, rassicurante.

    “Non ce la farò mai…” Ammise sconfitto.

    “Certo che ce la farai. Ora hai due motivi in più per lottare.”

    “E cioè?” Chiese sbalordito.

    “La tua libertà e… Tom.” Rispose l’agente.

    “Tom sarebbe felice se rinunciassi alla mia carriera…”

    “No, è qui che ti sbagli. Tom vuole solo la tua di felicità. Il suo suggerimento era dettato dal fatto che comunque questa vita è fonte di notevole disagio per te e ti ha proposto l’idea più drastica, ma anche quella più immediata.” Il moro lo guardò in tralice, come faceva ad aver dedotto tutte quelle cose da Tom, considerato che si erano visti solo per pochi minuti? Era forse prerogativa di certi esseri umani leggere dentro gli animi o era lui che non aveva mai visto più in là del suo naso?

    “Stasera andrò da Tom e cominceremo a rovistare tra tutti i documenti presi da casa della Whitmann, spero di trovare qualcosa che mi riguardi.”

    “Ok, ma non aspettarti troppo, potresti non trovare nulla. Se c’era qualcosa da tener nascosto è possibile che sia al sicuro da qualche parte…” Lo avvisò l’avvocato.

    “Tentar non nuoce…” Disse Bill, e poi avrebbe passato un po’ di tempo con Tom.



    ***





    Damien Whitmann si asciugò il sudore dalla fronte dopo aver depositato l’ennesimo scatolone nel furgone di Sam. Quei due ragazzi erano stati una manna dal cielo, in poche ore avevano liberato il soggiorno da tutte quelle che supponeva un tempo fossero state importanti scartoffie e che ora sarebbero finite al macero. Nulla di ciò che avrebbe potuto ricordargli Helen sarebbe rimasto nelle sue mani. Quella donna non era mai stata una madre per lui, né lo sarebbe diventata ora che stava per morire. Non provava pena, ma solo un vago risentimento nei suoi confronti, erano finiti i tempi in cui trascorreva giornate intere a cercare di comprenderla e capirla. Lei non si era mai sforzata di farlo, dopotutto, troppo presa dall’istituto e da altri problemi. Aveva lasciato che tutto le scivolasse addosso compresa la sua partenza, senza chiedergli dove fosse diretto o i motivi che lo avevano indotto a lasciare la sua casa.

    O meglio la casa il cui affitto veniva pagato regolarmente dal giudice Coltraine, suo padre.

    Trovava veramente ironico da parte del destino ora esser quello che avrebbe posto tecnicamente fine alla vita di colei che l’aveva dato alla luce per errore.

    La vita dà, la vita toglie… Borbottò tra sé, rientrando in casa. Forse Sam e Peter avrebbero gradito una birra.



    ***





    Bill entrò in casa e fu contento di non trovare traccia di David. Lucille, che in cucina stava preparando la cena come di consueto, gli sorrise non appena lo vide.

    “Buonasera Bill.” Lo salutò cordiale.

    “Ciao Lucy, che stai preparando di buono?” Chiese, sedendosi di fronte a lei.

    “Parmigiana di zucchine.” Rispose senza distogliere lo sguardo dalla teglia.

    “David non c’è?” Continuò.

    “E’ uscito questa mattina senza dire nulla con uno zaino sulle spalle, forse John sa qualcosa…” Lo informò, mentre infornava il piatto.

    Zaino… Quella parola lo fece sorridere, forse aveva deciso sul serio di togliersi dalle scatole!

    “Che c’è di così divertente?” Chiese la donna, osservandolo.

    “Niente, niente. Credo che andrò a fare una doccia.” Rispose evasivo.

    “Tra venti minuti devo andare via, pensi di riuscire a spegnere il forno tra tre quarti d’ora ed evitare che cena, cucina e casa vadano a fuoco?”

    “Spero di sì Lucy!” Esclamò dalle scale.

    Entrò nella stanza di David ed immediatamente aprì l’armadio. Sembrava non mancasse nulla, ma d’altra parte uno zaino non poteva certo contenere chissà quali indumenti. Se si fosse poi trasferito nella sua casa di Marina del Rey, non avrebbe necessitato di alcun effetto personale.

    “Che mi frega?” Si disse felice. Lui non c’era e questa era per il momento la sola cosa importante.

    Fece la doccia ed uscì appena in tempo per rispondere al cellulare che vibrava sul ripiano del lavandino. Il nome di Tom lampeggiava allegro. Non si erano sentiti per tutto il giorno e lui aveva un sacco di cose da raccontargli.

    “Ciao!” Esordì senza nemmeno dire il consueto pronto.

    “Ciao Bill! Come va? Volevo avvisarti che il primo carico è arrivato a destinazione ci sono dodici scatoloni di cartacce che attendono di essere visionati!”

    “Dodici? Ma dove la teneva tutta questa roba?!” Chiese scendendo in cucina a controllare la pietanza nel forno. I quarantacinque minuti erano già trascorsi e la parmigiana era più che cotta.

    “Non ne ho idea. Sam e Peter mi hanno detto che ce ne sono altrettanti da caricare! Domani torneranno da Damien.”

    “Bene, non sospetta di nulla?”

    “A quanto sembra no.”

    “Ok, stasera che fai?” Chiese Bill cambiando discorso.

    “Non lo so, credo che andrò a sistemare il garage.” Rispose allusivo.

    “Serve una mano?”

    “ Può darsi…”

    “Hai per caso anche fame?”

    “Abbastanza…”

    “Se mi passi a prendere, ho una parmigiana di zucchine appena sfornata sul ripiano della cucina.”

    “Adoro le zucchine.”

    “Mmh…lo immaginavo.” Disse il moro ironico.

    “Guarda che l’opportunista sei tu!” Rispose Tom fintamente stizzito.

    “Ma tu sei quello affamato.” Esclamò di rimando.

    “Ma David?”

    “Non c’è. Abbiamo litigato di brutto, poi ti spiegherò.”

    “Ok, tra trenta minuti sono da te.”

    “Ti aspetto…”



    Salì in camera a vestirsi. Voleva esser carino per Tom, anche se per rovistare in polverosi scatoloni non occorreva di certo l’abito delle grandi occasioni. Indossò quindi una tuta e una t-shirt colorata e asciugò i capelli, spazzolandoli fino a renderli lucenti, si truccò leggermente, -farlo con una mano sola era un po’ difficoltoso-, e infine si spruzzò addosso una generosa quantità di Hermes. Il grande specchio sul lavabo gli restituì l’immagine di un ragazzo bello ed impaziente.

    Il campanello suonò, facendolo correre all’ingresso e attraverso il videocitofono potè scorgere Tom al cancello. Pigiò senza indugio il pulsante di apertura, stupendosi del fatto che nessuno fosse di guardia al cancello. Dov’era John? Strano che non si fosse fatto vedere…

    Aprì la porta e attese che il giardiniere percorresse il vialetto con l’auto. Era eccitato come mai gli era capitato prima. Tom era bellissimo con la sua t-shirt gialla e i jeans neri rigorosamente oversize.

    “Ciao…” Gli sussurrò Bill all’orecchio, abbracciandolo languido e dandogli un bacio umido sulle labbra, non appena richiusa la portiera del fuoristrada. Era sul serio felice di vederlo. Quella era stata l’ennesima giornata pesante e il giardiniere era l’unico che avrebbe potuto dargli un po’ di sollievo.

    “Mmh… verrò qui tutti i giorni se questo sarà sempre il tuo benvenuto!” Mormorò tra i suoi capelli che profumavano di vaniglia. Bill ridacchiò nascondendo il viso nell’incavo del suo collo, sebbene Tom fosse più basso di lui di qualche centimetro, gli sembrava di essere infinitamente piccolo tra le sue braccia.

    “Vieni, entriamo un momento, prendiamo ciò che ci serve e poi andiamo a casa tua.” Disse, prendendolo per mano e guidandolo verso l’interno della villa. Tom si guardò intorno, rimanendo piacevolmente sorpreso dal buon gusto con il quale era stata arredata la casa. Si soffermò sulle numerose stampe appese ai muri del salone, alle foto, alla cristalliera nella quale erano racchiusi i numerosi premi vinti da Bill.

    “Tom vieni qui in cucina! Devi aiutarmi, non riesco a prendere la teglia con una mano sola! E’ già tanto che sia riuscito a tirarla fuori dal forno!” Gridò il moro dalla stanza attigua, distogliendo l’attenzione del giardiniere dalla statuetta vinta da lui agli ultimi Grammy Award.

    “Non credevo avessi vinto così tanti premi, dev’essere una sensazione stupenda…” Disse accorrendo in suo aiuto. Bill arrossì leggermente, sapeva che doveva considerare la frase come un complimento. Dimenticava sempre più facilmente che Tom era comunque una persona normale e prima ancora di essere colui che gli aveva salvato la vita, era un suo fan.

    “Se ho vinto, lo devo a chi mi ha sempre sostenuto e mi è stato vicino. I miei fan sono sempre stati importantissimi per me e la mia carriera.” Disse semplicemente.

    “Allora anche io lo sono! Mi sono spellato il dito a votarti agli ultimi Award!” Rise Tom, pretendendo un bacio sulla prima falange dell’indice della mano destra.

    “Tu sei molto di più Tom…” Rispose Bill, baciando il palmo della sua mano calda.

    “Bill io…” All’improvviso era a corto di parole. Aveva per un momento smesso di essere Tom ed era ora in modalità fan. Non gli sembrava vero che Bill Kaulitz fosse davanti a lui e gli stesse baciando la mano.

    “Tom andiamo via di qui. David non c’è, ma potrebbe ritornare.” Disse il cantante staccando le labbra dalla mano.

    “Ok…” Rispose in trance.

    “Vado a prendere la borsa e una felpa, arrivo tra un attimo.” Lo informò prima di salire al piano di sopra.

    Tom annuì, aspettandolo così in cucina. Dalla finestra poteva vedere il giardino che sicuramente aveva visto tempi migliori, un enorme cespuglio di rose sembrava essersi arreso alle intemperanze climatiche, per non parlare del resto.

    “Avresti bisogno di un giardiniere.” Gli disse, non appena lo vide ricomparire in cucina.

    “Lo so, il giardino fa schifo, ma David trova inutile spendere denaro per degli stupidi fiori.” Ammise Bill, stringendosi nelle spalle.

    “Il tuo denaro…” Lo corresse Tom, “e io per te lo farei gratuitamente.” Aggiunse, cingendogli la vita con il braccio.

    “Davvero?! Dio non so che pagherei per avere delle rose in giardino!” Esclamò il moro, esultando.

    “Lo segnerò tra le cose che hanno assoluta priorità, allora…”

    “E quali sono le altre?” Chiese curioso, facendogli strada.

    “Te, la tua libertà e la tua felicità.” Rispose sicuro.

    Bill sospirò, salendo sull’auto e mettendosi in grembo la parmigiana ancora tiepida. Non era certo uno scenario molto romantico, ma le parole di Tom erano le più belle che avesse mai avuto occasione di udire.
     
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  15. barby's
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    Com'era prevedibile, non sarà facile per Bill liberarsi di David che, ovviamente, non esiterà ad incasinare la situazione pur di mantenere Bill incastrato a quel contratto, ma qualcosa mi fa sperare che quelle scartoffie aiuteranno davvero Bill... Tom è sempre un tesoro, si sente che tiene a Bill sempre piu', ormai è innamorato perso ed ha ragione a volere il bacino sul dito! Bill lo deve dare a tutte noi fans che li votiamo come matte XD... bel capitolo e la curiosità sale
     
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1337 replies since 3/11/2010, 22:41   28635 views
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