Angels don't fly

Finita

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    Grazie Vale del commento! **

    E grazie per gli up!
     
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  4. vam zimmer 483
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  5. Lu88
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  6. Mondlicht
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    Capitolo 5

    Il tempo scopre la verità.
    Lucio Anneo Seneca




    Tom rientrò esausto, buttandosi direttamente sul divano senza nemmeno togliere le scarpe. Le tempie pulsavano, come gravi rintocchi di pendolo nel turbine dei suoi pensieri.

    Questa situazione lo stava logorando a poco a poco. I giornalisti erano ritornati all’ attacco anche quel pomeriggio, assediando il negozio e pretendendo da lui una dichiarazione e una minuziosa descrizione di quanto accaduto. La loro sete di notizie derivava dal fatto di non averne ricevute altre, se non uno scarno comunicato stampa da parte di David Jost che li informava che Bill era in ospedale e non avrebbe rilasciato alcuna intervista, se non a tempo debito.

    Accese il televisore per ritrovare immediatamente il suo volto su uno dei tanti notiziari della sera.

    "…Troviamo di cattivo gusto il fatto che non siano stati porti ringraziamenti ufficiali a questo ragazzo che non ha esitato a gettarsi nelle acque dell’ oceano per salvare Bill Kaulitz, rischiando la sua stessa vita. Questo porterebbe a pensare che spesso la fama ed il successo ci fanno dimenticare di esser comunque degli esseri umani e le più ovvie regole della buona educazione, ma è inevitabile porsi anche un interrogativo inquietante: E’ stato veramente un incidente o il cantante stava cercando la morte? Perché questa reticenza? Se così fosse, ci sarebbe molto di più su cui indagare. Thomas Trumper non sa comunque dare una spiegazione e ha invitato tutti noi a girare la domanda al dipartimento di Polizia che si sta occupando del caso… "

    “Merda!” Gridò balzando a sedere sul divano. Aveva ragione a sentirsi a disagio davanti a quegli occhi di ghiaccio. Quella giornalista era stata anche peggiore degli altri.

    “Vi volete metter in testa che a me non importa un cazzo dei suoi ringraziamenti?!” Urlò al televisore che stava ora trasmettendo una notizia di sport. “Voglio esser lasciato in pace!” Continuò alzandosi di scatto e spegnendo l’elettrodomestico.

    “E lasciate in pace anche lui…” Sussurrò, passandosi una mano sulla fronte aggrottata. All’ improvviso la stanchezza era scomparsa per lasciar posto ad una rabbia furibonda.

    Fece una lunga doccia in cerca di ristoro, ma invano, quindi si vestì e senza nemmeno cenare uscì di nuovo.

    Era trascorso un secolo da quando vi era entrato l’ ultima volta. Il “The little bar” era stato per un lungo periodo il suo locale preferito nel quale aveva incontrato il suo ultimo ragazzo. Una storia naufragata miseramente dopo poche settimane di frequentazione, ma che aveva lasciato l’ amaro in bocca a Tom.

    Sospirò prima di entrare augurandosi di non incontrare Brian.

    Si mise seduto in un angolo un po’ appartato del bar e attese che una delle cameriere si rivolgesse a lui per l’ordinazione.

    Sedute al tavolo di fianco cinque donne che chiacchieravano animatamente attirarono la sua attenzione. Una di loro era certo fosse l’infermiera di turno all’accettazione del Pronto Soccorso il giorno del ricovero di Bill, e anche quella al suo fianco non era un volto sconosciuto.

    Si protese verso di loro per poter meglio captare i loro discorsi e magari carpire qualche novità importante.

    “Ehi ma tu non sei Thomas Trumper, quello che ha salvato Bill Kaulitz?” La voce squillante della cameriera lo fece sussultare e zittire il quintetto al suo fianco.

    L’ infermiera si voltò verso di lui riconoscendolo immediatamente.

    “Beh, asciutto sei decisamente molto più carino!” Esordì tendendogli la mano.”Piacere, io sono Kelly, ero in servizio quando hanno ricoverato Bill, ti ricordi di me?”

    “Certo… Piacere mio… Io sono Tom…” Rispose imbarazzato e desideroso di sprofondare un chilometro nel sottosuolo. Tutti i clienti del bar si erano girati nella loro direzione e li osservavano con curiosità.

    “Ma che fai lì tutto solo? Perché non vieni a sederti con noi? Piacere io sono Cindy e queste sono le mie colleghe: Claire, Vanessa e Alex.” Esclamò, sorridendogli affabilmente.

    Tom si lasciò convincere immediatamente, considerandola una fortuna insperata.

    Infermiere del Cedars, quindi notizie su Bill.

    E fu più facile del previsto ottenerle; tutte, tranne Alex la più adulta del gruppo, erano di una loquacità incredibile e raccontavano avvenimenti e aneddoti l’uno dopo l’altro.

    Tom seppe quindi che Bill non era in gravi condizioni, che il suo manager era stato diffidato dall’incontrarlo in ospedale, che aveva ricevuto, ma poi regalato a Cindy, un mazzo di rose bellissimo e che aveva visto i vari notiziari, arrabbiandosi moltissimo.

    Aveva trascorso la serata cercando di ascoltare soprattutto, senza raccontare troppo di se stesso. Era certo che le notizie a suo riguardo sarebbero state divulgate in un batter d’occhio, raggiungendo sicuramente anche l’orecchio di Bill. Quelle infermiere erano simpatiche e per la prima volta nella sua vita avrebbe potuto approfittare un po’ della situazione.

    “Quando pensate che verrà dimesso?” Chiese con finta noncuranza.

    “Al massimo tra un paio di giorni, la convalescenza la potrà continuare a casa, anche se a me quel suo manager mica piace! Lo tratta malissimo! Per fortuna che Harris gli ha vietato le visite, almeno in ospedale starà tranquillo!” Rispose Claire.

    “Tratta malissimo?” Incalzò il giardiniere.

    “Io li ho sempre e solo sentiti litigare! Nutro qualche dubbio sul loro idilliaco rapporto!” Raccontò Vanessa.

    “Quindi voi pensate che in realtà sia tutta una facciata?” Azzardò, annotando mentalmente ogni particolare.

    “Di certo è che Bill è una persona che sta soffrendo molto. Nonostante sembri che abbia ottenuto il meglio dalla vita, credo che in realtà farebbe cambio con la nostra in qualsiasi momento…”

    La voce di Alex, che aveva parlato per la prima volta, ebbe il potere di far cadere il silenzio sul gruppo. Tom guardò la donna, cercando ulteriori indizi nei suoi occhi, che lei abbassò continuando a torturare con il dito le minuscole briciole di salatini sul tavolo.

    “Che vuoi dire Alex?” Chiese Claire.

    “Quello che ho detto. Bill è infelice, penso che salti all’occhio come una rosa cresciuta in un giardino incolto. Come credo sia stanco di vivere questa sua vita ricca di lustrini, ma così povera di ogni altro sentimento.” Spiegò la donna.

    “Va beh, ora ci fai pesare la tua laurea in Psicologia!” Esclamò Cindy, dandole un colpo sulla spalla.

    “No, sto solo dicendo che Bill ha bisogno di aiuto…” Continuò.

    “Ma noi che possiamo fare di concreto?” Incalzò Vanessa.

    “Credo nulla, se non proteggerlo fintanto che rimarrà in ospedale, ma una volta fuori, dovrà cavarsela da solo. Noi non facciamo parte del suo mondo.” Concluse con una nota di tristezza nella voce.

    Tom dopo quelle parole cercò di congedarsi dal gruppo, accampando la scusa dell’orario.

    L’ indomani in effetti avrebbe dovuto alzarsi presto. Lo attendeva un’altra interminabile giornata nel giardino della signora Spencer, ma in realtà aveva necessità di riflettere. Nessuno aveva parlato apertamente di tentato suicidio, ma sembrava la spiegazione più plausibile e quindi una nuova certezza si stava facendo avanti nei suoi pensieri. Bill lo odiava sicuramente e lui avrebbe dovuto lavorare parecchio per convincerlo del contrario.

    Ma come?

    ***



    Angela chiuse il portatile e si stiracchiò sulla sedia.
    Si era messa subito al lavoro, una volta giunta a casa, approfittando del silenzio momentaneo che regnava tra le pareti domestiche.
    Doveva fissare immediatamente le impressioni ricevute e quindi scrivere la perizia psichiatrica su Bill Kaulitz. Solitamente non si occupava di casi del genere, ma per una volta accettare il confronto con un cantante ricco, famoso e depresso e non con un omicida seriale, aveva rappresentato per lei una sfida.

    Teneva tra le mani il booklet di Private Message il suo ultimo CD, rubato dalla stanza di Alison, sua figlia, e continuava a sfogliare quelle paginette patinate in cerca di un ulteriore indizio. Molti i particolari che ad un occhio attento come il suo non erano sfuggiti e che le avevano permesso di arricchire il suo rapporto.

    Bill era una persona fragile, dominata dalla paura e dalla sottomissione. E il suo manager, ne era sicura, ne era in gran parte il responsabile. L’aveva intuito dal modo in cui Bill ne parlava, dal timore reverenziale che nutriva nei suoi confronti, dalla rassegnazione con cui affermava di esser innamorato di lui, come fosse una triste litania imparata a memoria, recitata senza la minima convinzione. Quell’uomo era riuscito ad instaurare una dipendenza, a farlo sentire inferiore, a renderlo proprio schiavo, in tutti i sensi. Non si sarebbe stupita se avesse, in passato, abusato di lui riuscendo a convincerlo che quelli, fossero atti d'amore.
    Bill non soffriva di vertigini e non era caduto accidentalmente dal pontile. Sapeva perfettamente che in quel punto c’era divieto di balneazione e che il recupero del suo corpo sarebbe stato difficoltoso. Ma non aveva tenuto conto della prontezza di riflessi di chi lo aveva tratto in salvo.

    La porta di ingresso si aprì e il vociare allegro della sua famiglia interruppe il filo logico dei suoi pensieri.

    Mise le sette pagine di rapporto in una cartelletta e si apprestò a ricevere il marito ed i figli.

    “Ciao, sei tornata presto.” L’ uomo che da ventitrè anni le viveva accanto, le andò incontro sorridendo, mentre Chris e Alison dopo un rapido saluto, si eclissavano nelle loro stanze.

    “Ciao Daniel, sono tornata a casa senza ripassare dall’ufficio, avevo bisogno di riordinare un po’ le idee…” Rispose abbracciandolo.

    “Com’è andata con Kaulitz?” Chiese lui, interessato.

    “Meglio del previsto. Quel ragazzo nonostante tutto è un libro aperto. Ho già scritto la relazione, domattina sarà sul tuo tavolo, Ispettore Norman.”


    ***



    La luce del sole che filtrava dalle persiane lasciate semiaperte colpì direttamente il volto di Bill, costringendolo ad un brusco risveglio. Non sapeva con precisione quante ore avesse dormito, ma erano decisamente troppo poche. Dopo una burrascosa telefonata da parte del suo manager, offeso mortalmente per il divieto di fargli visita, aveva trascorso gran parte della nottata a guardare notiziari.

    Thomas Trumper era l’eroe del giorno, il cittadino modello da emulare! Peccato che lui non avesse affatto richiesto i suoi servigi. Era anche ovvio che non avrebbe potuto evitare di incontrarlo per sempre. Prima o poi ci sarebbe stata una resa dei conti, i media non avrebbero mollato tanto facilmente la presa su quella notizia che sembrava ogni minuto più ghiotta.
    Se per loro era stato così sconveniente non mostrare la propria gratitudine pubblicamente, avrebbe ovviato a quell’atto considerato così ineducato.
    Si ripropose, appena uscito dall’ospedale, di convocare una conferenza stampa dove avrebbe elogiato e ringraziato Tom Trumper per avergli salvato la vita.

    A come rendergli pan per focaccia avrebbe pensato poi.

    ***



    Tom scese dal suo fuoristrada con la morte nel cuore. La signora Spencer lo attendeva sulla porta di casa con cappello di paglia calzato sulla testa, vecchi jeans sdruciti, risalenti almeno agli anni settanta arrotolati fino al ginocchio e guanti da giardinaggio nelle mani. Le gardenie non avrebbero avuto scampo e probabilmente neppure lui.

    “Thomas sei in ritardo di quindici minuti!“ Lo rimproverò non appena varcato il cancello dell’ abitazione.

    “Mi scusi sono dovuto passare dal negozio per prendere alcuni attrezzi,” Si giustificò lui.

    “Beh, mi auguro che questo venga annotato sulla ricevuta di pagamento che mi presenterai! Non ho intenzione di spendere più del dovuto!” Commentò la donna, acida.

    “Non si preoccupi signora, le abbiamo mai fatto prezzi alti?” Rispose desiderando fosse già sera. Non era certo dell’umore giusto per affrontare quell’arpia piena di pretese, ma d’altro canto non poteva fare troppo il difficile: quella donna amante dei fiori, ma assolutamente priva di pollice verde era un’ottima cliente. Nelle sue mani appassivano anche le piante di plastica e mediamente veniva chiamato una volta alla settimana per qualche problema spesso irrisolvibile.

    Guardò con rassegnazione la terra brulla sotto un cespuglio di rose assetate, definendo mentalmente l‘argomento di quella che sarebbe stata la chiamata successiva. Si concentrò sulle gardenie da invasare, cercando con lo sguardo il posto migliore dove poi collocarle. La signora Spencer lo lasciò lavorare in santa pace, mettendosi ad estirpare inesistenti erbacce dal giardino e poi chiudendosi in cucina.

    Terminò il suo lavoro poco dopo le tredici, soddisfatto che il proprio operato non avesse subito interruzioni, ben presto il portico di quell’ elegante abitazione sarebbe stato invaso da profumati fiori bianchi, forse...

    Bussò alla porta sul retro e la donna venne ad aprirgli. Un delizioso profumino di arrosto solleticò le sue narici, facendo brontolare il suo stomaco.

    "E’ decisamente meglio come cuoca," pensò Tom tra sè, accettando il suo invito ad entrare.

    “Signora io avrei finito. Mi raccomando non le esponga per troppo tempo al sole e le innaffi periodicamente, tornerò la settimana prossima per controllare che tutto proceda al meglio.” La informò solerte. Il suo sguardo si rivolse al televisore acceso dal quale veniva trasmesso l’ ennesimo notiziario. Il servizio che stava andando in onda non potè che catturare la sua attenzione.

    "Bill Kaulitz, l’ affermato cantante pop che è stato vittima di un tragico incidente sul molo di Venice Beach pochi giorni fa, verrà dimesso domani dal Cedars Hospital e ha dichiarato che a giorni terrà una conferenza stampa nella quale incontrerà e ringrazierà pubblicamente Thomas Trumper, il ragazzo che l’ ha tratto in salvo..."

    La stanza prese a girare in un vortice e Tom sentì le mani informicolare.

    “Thomas ti senti bene?” Chiese la donna preoccupata per l’ improvviso pallore del ragazzo.

    “No è che... posso sedermi?” Riuscì a chiedere.

    “Certo, vuoi un bicchiere d’acqua?” Chiese la signora, preoccupata.

    “Sì, grazie...” Bofonchiò.

    “Non è da tutti i giorni trovarsi famosi all’ improvviso.” Affermò la donna porgendogli il bicchiere.

    “E non è detto che sia entusiasmante...” Aggiunse, bevendo l’ acqua a piccoli sorsi. “La ringrazio signora, ora va meglio...” Continuò alzandosi, “le farò avere la fattura nei prossimi giorni.” Concluse distratto.

    Si avviò alla macchina con la mente occupata da ogni sorta di pensiero e mille interrogativi. Era felice da un lato che lui avesse espresso il desiderio di ringraziarlo, ma incerto sui motivi che l’avevano indotto a questo. Aveva bisogno di esser rassicurato che questa decisione non fosse stata presa solamente per convenienza, che Bill volesse realmente incontrarlo.

    Perchè però nessuno l’ aveva informato?

    “Cazzo!” Esclamò guardando il display del cellulare inesorabilmente privo di vita. Doveva decidersi a comprarne uno nuovo! Magari lo avevano cercato e lui non poteva saperlo. Riprovò ad accenderlo senza esito, quindi si avviò velocemente verso casa, dove una volta giunto, immediatamente lo mise in carica. Il telefono si rianimò avvisandolo di quattro chiamate senza risposta ed un messaggio di Gus.

    “Ha chiamato una tizia che ti cercava, per parlarti di una conferenza stampa e di un incontro con Bill Kaulitz. Devi richiamarla al 55593952338. Se sopravvivi alla notizia. Baci Gus :)


    “Che scemo!” Lo apostrofò sorridendo, ma innegabilmente una certa agitazione si era impadronita di lui. Compose quel numero senza indugi e dopo alcuni squilli una voce annoiata rispose.

    “Salve sono Thomas Trumper, so che mi avete cercato,” Esordì esitante.

    “Salve, sono Madison Carter, dell’ufficio pubbliche relazioni di Bill Kaulitz, la informo che nei prossimi giorni sarà invitato a partecipare alla conferenza stampa alla quale saranno presenti i media. Attenda la nostra successiva chiamata e per favore si faccia trovare.”

    “Chiedo scusa, ma avevo il cellulare scarico. Comunque io...”

    “Ci risentiamo nei prossimi giorni Signor Trumper.” Concluse senza lasciargli possibilità di replica.

    “Beh, grazie tanto!” Tom fece una smorfia di disappunto, scimmiottando quella voce. Di certo le buone maniere non facevano parte di quel team e Bill, pensò, alla fine non doveva esser da meno.

    Sospirò indeciso su come elaborare la notizia. L’ idea di incontrarlo lo elettrizzava ma al contempo lo riempiva di timori. Lui non aveva mai partecipato ad una conferenza stampa, non era abituato a parlare ai giornalisti e sinceramente ne aveva già avuto abbastanza con gli assalti al negozio.

    E se Bill lo avesse liquidato con un semplice ringraziamento di convenienza, magari utilizzando parole non sue, scritte da qualcun’altro appositamente per lui? E se l’idea della conferenza stampa fosse stata del suo manager e lui non avesse avuto la possibilità di opporsi? E se lui in realtà non avesse voluto avere a che fare con lui?

    “Uffa! Diventerò pazzo!” Sbuffò sconfitto, mentre si liberava degli abiti e si infilava nella doccia. Non faceva che docce fredde in quei giorni, nella vana speranza di schiarirsi le idee.

    Si lasciò accarezzare dalle infinite goccioline di acqua che velocemente bagnavano la sua pelle leggermente abbronzata e il corpo tonico. Si insaponò lentamente chiudendo gli occhi ed immaginando di condividere quell’esiguo spazio con il moro. Sarebbe stato fantastico poterlo toccare…
    Scrollò il capo, in un gesto di disappunto, doveva smetterla con quelle fantasie erotiche da donnetta in calore. Sorrise alla sua stessa definizione, ormai consapevole che non gli sarebbe passata alla svelta.
    Chiuse il rubinetto ed uscì, frizionandosi vigorosamente il corpo con l’asciugamani.

    Quegli interrogativi non lo avrebbe lasciato vivere più tranquillamente, lo sentiva. Non poteva aspettare quella conferenza stampa, dove sarebbero state pronunciate parole di circostanza a beneficio di un pubblico avido e curioso.

    Si rivestì in fretta e deciso si diresse al negozio. Quel mattino erano arrivate delle rose Dorlobla bellissime ed era sicuro che Bill le avrebbe apprezzate. Ne fece un grande mazzo, finemente racchiuso in un velo bianco e carta argentata e poi scrisse in fretta il biglietto che le avrebbe accompagnate. Fissò quelle poche righe, indeciso se quelle fossero le parole giuste per far breccia nel suo cuore. Mise il biglietto nella busta e guardò l’orologio appeso alla parete. Se si fosse sbrigato sarebbe potuto tornare in tempo per aprire il negozio.

    ***



    Vanessa bussò alla porta della stanza di Bill prima di entrare, trovandolo in bagno intento a controllare il suo volto. Aveva staccato la medicazione che copriva le ferite e l’averlo colto in flagrante aveva fatto sì che le sue guance pallide si fossero tinte di un rosa acceso.

    “Ehi che stai combinando?” Chiese lei sorridendo.

    “Ehm… nulla. Controllavo…” Rispose evasivo, tornando ad appiccicare il cerotto sulla fronte e dirigendosi verso il letto.

    “Il Dottor Matthews ti aspetta a Radiologia, devono ripetere le radiografie al braccio.”

    “Ok, dove devo andare?”

    “Da nessuna parte, servizio a domicilio signor Kaulitz, fuori la sua carrozza la attende,” Lo prese in giro.

    “Eh?” Domandò confuso, osservando la ragazza uscire per poi rientrare spingendo una sedia a rotelle.

    “Io non ci salgo su quel coso!” Brontolò acido.

    “Come no? I cavalli sono fuggiti, ma avrai l’onore di esser sospinto dall’infermiera più bella e brava di tutto il Cedars!” Cinguettò l’infermiera, ammiccando.

    Bill la guardò e non potè fare a meno di sorridere, forse il suo problema era che lo faceva troppo poco. Quella ragazza era simpatica perché tenerle un inutile broncio?

    “Ok cocchiere, sono nelle sue mani. Quand’è che 'sto coso si trasformerà in una bella zucca?”

    “Non appena avrai perso le ciabatte lungo il corridoio signor Kaulitz.” Rispose facendo una complicata manovra per fare inversione di marcia e poi spingere a velocità sostenuta la sedia.

    Era una bella sensazione, non ricordava di averne provate simili in tutta la sua vita. Gli mancava terribilmente non poter gioire per le cose semplici, quelle piccole idiozie che coloravano l’ esistenza.

    “Grazie Vanessa…” Le sussurrò una volta arrivati a destinazione.

    “E di che?” Chiese lei confusa.

    “Di avermi dedicato un po’ del tuo tempo…”

    “L’ho fatto con molto piacere Bill. Vai ora, il tecnico ti sta aspettando.” Rispose accennando un sorriso ed indicando l’uomo che lo attendeva sulla porta.

    “Ti aspetto qui.” Lo rassicurò mettendosi seduta in modo goffo sulla sedia a rotelle.

    “Che matta!” Disse a se stesso, non riuscendo a smettere di sorridere. Ci voleva proprio un po’ di allegria…

    ***



    Tom varcò la soglia del Cedars, tenendo il mazzo di rose tra le mani tremanti. Era agitato ed imbarazzato, a dire il vero non aveva idea di ciò che sarebbe successo nei prossimi cinque minuti.
    Nonostante nutrisse seri dubbi su una favorevole accoglienza da parte del cantante, avrebbe giocato il tutto per tutto.

    Che cosa mai gli sarebbe potuto capitare che non avesse già tenuto in conto?

    Sbirciò nella guardiola delle infermiere in cerca di una faccia amica, trovandola inesorabilmente vuota. Percorse guardingo il corridoio fino ad arrivare davanti alla stanza di Bill, la cui porta era socchiusa. Si avvicinò ulteriormente e scostò piano l’uscio. Quei pochi oggetti sparsi per la camera erano un segno inequivocabile della sua presenza. Si soffermò ad osservare il suo Ipod, le caramelle gommose, il quadernetto sgualcito posato sul cuscino. La tentazione di curiosare fu incontenibile. Mise il mazzo di rose sul letto e sfogliò il quaderno lentamente. Su di ogni pagina decine di frasi all’ apparenza senza legami, erano annotate alla rinfusa. Disegni e… Il suo nome a tutta pagina scritto in caratteri gotici attirò la sua attenzione. La O era trafitta da una spada e sotto di essa si espandeva una macchia scura che intuì potesse essere sangue. Richiuse immediatamente il quaderno e fece per riprendere i fiori, quando una voce alle sue spalle lo fece sussultare.

    “E tu che ci fai qui?” Bill sulla porta lo osservava con occhi indagatori.

    “Io…Io… nulla. Devo consegnare questi fiori a te…e…” Balbettò sicuro che le sue guance stessero prendendo fuoco.

    “Non si possono tenere fiori in stanza, devi darli alle infermiere.” Lo informò freddo.

    “Bill io…”

    “Sono stanco Trumper, non ho voglia di parlare.” Cercò di liquidarlo il cantante.

    “Perché sono stato convocato alla conferenza stampa?” Chiese, facendosi coraggio.

    “Perché funziona così. Regola numero uno: Dare ai giornalisti qualcosa su cui scrivere, altrimenti ti staranno alle calcagna per mesi. Non è questo che vuoi, vero Trumper? Tu sei un cittadino modello, con il tuo gesto sei diventato un eroe. Sei una persona altruista e comune che è soddisfatta della propria vita e non sei in cerca di notorietà, alla fine dovresti ringraziarmi perché ti leverò dalle palle quei brutti antipatici che non ti lasciano in pace. Oppure non sei quell’ angelo che tutti van dicendo, sceso direttamente dal Paradiso per salvare il prossimo?” Tom lo guardò, era impossibile non notare l’ espressione triste dei suoi occhi nocciola, in netta contrapposizione con le parole acide che uscivano dalla sua bocca.

    “Bill mi dispiace che tu stia pensando questo di me. Io non sono un angelo, anzi, direi piuttosto un peccatore, ma non racconterò certo a te della mia vita. Non voglio che tu ti debba sentire in dovere di ringraziarmi per averti salvato se questo per te è motivo di disagio. Nel mio mondo non funziona così. Fai quello che senti e non quello che è più conveniente o che ti è stato ordinato di fare. I media si placheranno prima o poi e a me non importa un cazzo del tuo falso 'grazie', quando invece ciò che vorresti fare è eliminarmi dalla faccia della Terra…” Rispose Tom stranamente calmo, riprendendo poi il mazzo di rose e guadagnando l’uscita.

    Bill era rimasto immobile in mezzo alla stanza, con la bocca semiaperta in segno di stupore, già pentito per quelle ingiuste affermazioni.

    “Trumper torna qui!” Gridò uscendo a sua volta dalla stanza.

    “Tom, per favore!” Continuò lagnoso.

    Il giardiniere gettò il mazzo di rose nel primo cestino trovato sul suo percorso e salutò con un cenno della mano Vanessa e Claire sulla porta della guardiola. Le gambe gli tremavano, ma mancavano soltanto pochi metri all’uscita.

    “TOM!” Il ragazzo continuò a camminare imperterrito, senza voltarsi. Sentì una porta sbattere e si riscoprì a sorridere.

    “Bill apri gli occhi e combatti se ne hai il coraggio…” Sussurrò.
     
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  8. Mondlicht
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    Ma... WOOOOOOOOW! Aly, è BELLISSIMO!!!! Oddio, se riesco a formulare una frase di senso compiuto è veramente un ottimo risultato dopo un capitolo simile! E' stata un'escalation che ha condotto a questo sospirato incontro. Insomma, Tom sempre tartassato dai giornalisti, Bill succube di Jost, Angela che ha intuito in maniera inequivocabile l'ossessione perversa del manager nei confronti del suo "pupillo", le infermiere del Cedars... La cornice di questa vicenda è semplicemente splendida, tutto è caratterizzato da un'atmosfera onirica in cui ci si perde in poco tempo, trascinati dal vortice degli eventi.
    Il vivace scambio di battute al termine del capitolo è eloquente: le parole di Bill sono cariche non di cattiveria verso Tom, ma cariche di frustrazione, dolore e solitudine. Bill vuole ringraziare pubblicamente Tom fingendo di aiutarlo o mostrando una buona disposizione nei confronti del suo salvatore. Non è continuando a calarsi quella maschera sul volto di fronte alle persone che risolverà i suoi problemi. Deve alzarsi, ribellarsi e combattere. Per se stesso.

     
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    Stop Babe

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    Devo ricambiare il WOW e dire che il tuo commento è stupendo Fede!
    Hai centrato in pieno il problema, ma non sarà facile per Bill prendere piena coscienza di ciò che dovrà fare per ricominciare a vivere.
    Di certo ora non è più solo, ma anche di questo dovrà prendere atto.

    Ho adorato il mio Tom. Tenero e orgoglioso, tentennante ed innamorato. Grazie ancora Fede!!
     
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  10. NeideLunare
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    Io amo da impazzire questo capitolo.
    Il finale è... WOW.
    Tom finalmente non è più così insicuro e ho la sensazione che questo suo atteggiamento riuscirà a scalfire l'arroganza difensiva di Bill.
    Allo stesso tempo, scopriamo un Bill così umano.. che ride ad uno stupido scherzo con un'infermiera e sente che quelle risate gli erano profondamente mancate.

    Questa fic viene su benissimo, Socia.
    Non vedo l'ora di leggere il prossimo <3
     
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    DOBBINA ''FONDATRICE ''ADULTE MALATE DI TOKIOHOTELLITE''

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    Bel capitolo Ale.
    Mi è piaciuta la forza con la quale Tom ha detto, chiaro e tondo cosa pensasse del ''grazie'' formale di Bill.
    Tom è davvero un personaggio dolcissimo e Bill ha bisogno invece di ritrovare un po' di semplicità e normalità per stare di nuovo bene.
    Come al solito tu sai dare importanza anche ad altri personaggi a parte i ''soliti'' protagonisti, dando ad ognuno una parte di storia, arricchendo cosi i tuoi racconti. Brava. Un bacione
     
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    Grazie ragazze, i vostri commenti non possono che farmi felice!
     
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  13. Mondlicht
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  14. barby's
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    Quello che penso di Bill è chiaro ormai, deve tornare a vivere e confrontarsi con il mondo reale, basta fuggire, basta subire, basta pessimismo ... ma non sarà facile per lui, perchè equivale a resettare la sua vita ed imparare a dare la giusta importanza alle persone ed alle situazioni
    Tom è un personaggio unico, orgoglioso, coraggioso e con un grande cuore, tutte caratteristiche che andranno a compensare le carenze di Bill
    Ho come la sensazione di leggere un romanzo, perchè sei riuscita a creare un piccolo mondo nel quale vivono tante altre persone oltre ai protagonisti ... personaggi secondari che arricchiscono il racconto con la loro presenza, rendendo il tutto molto verosimile ... poi un piccolo ringraziamento personale per aver dato un'anima a noi infermieri, descritti sempre come "assistente medico" mentre sappiamo benissimo quanto conti la nostra presenza all'interno di un reparto, quanto sia importante l'interazione con il paziente e, nello specifico, Bill ha bisogno di queste attenzioni per cominciare a riflettere e capire che il mondo vero non è quello nel quale è costretto a vivere ...complimenti
     
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    Grazie Barbara, in effetti mi trovo in agio a collocare le mie storie in ambienti a me consoni, come mi piace dare vita a personaggi secondari, ma importanti per una storia. In nessuna delle mie ff ci sono solo loro e ti dirò che questa è la prima AU che scrivo. Anzi non credevco nemmeno di riuscire a raccontare qualcosa che non fosse attinente al loro mondo.
     
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1337 replies since 3/11/2010, 22:41   28635 views
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