GLI OCCHI DELL' AMORE

FIC PARTECIPANTE ALLA I CHALLENGE

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    dalla città che i TH hanno scelto per lasciare un segno indelebile: Modena!

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    Anonymous
    Titolo: Gli occhi dell’ amore
    Autore: Alessandra/*billaly*
    Rating: PG15
    Genere: Angst/ Romantic
    Keyword: Guarigione
    Riassunto: “ Amo tutto di te, fuori e dentro. Non ti potrò mai vedere, ma so quanto tu sia sensibile e gentile, quanta sofferenza ti sei portato dietro, nonostante questo tuo effimero apparire. Ci sono volte in cui sono felice della mia cecità, perchè ho imparato a vedere con il cuore e con la mente, a captare le vibrazioni che ogni esser umano emana.”
    Disclaimers: I Tokio Hotel non mi appartengono, tutto quello che leggerete è frutto della mia fantasia e non è mai accaduto realmente, e inoltre, non ci guadagno nulla.
    Note dell’ autrice: So di aver abbondantemente sforato con la lunghezza, per cui capirò se nessuno leggerà. Ho preso spunto dalla mia realtà quotidiana, da quelle rare persone che nel loro buio hanno ritrovato la luce e da un vecchio film che forse ho visto solo io un secolo fa, che si intitolava “ Castelli di ghiaccio”.


    I rumori mi giungevano ovattati e un bip ripetitivo mi perforava il cervello annebbiato. C’era odore di disinfettante in quel sogno che sembrava però molto reale. Sentivo un fastidio nel mio braccio sinistro, un dolore sordo al mio inguine e qualcosa di appiccicoso sul mio torace. Le palpebre pesanti non riuscivano ad aprirsi, quasi non volessero rispondere ai miei comandi. Ero sdraiato e coperto, quindi dedussi fossi su un letto. Riuscii a muovere la mano destra che subito toccò qualcosa di morbido vicino a me. Un rapido movimento scosse il materasso e riconobbi la voce di mio fratello.
    “ Mamma, Bill si è mosso!!!” A quella affermazione seguì un rumore di passi frettolosi.
    “ Amore, mi puoi sentire? Sono la mamma…”
    “ Sorrisi dentro di me, la sua voce era così bella…” Cercai di muovere ancora la mano e finalmente riuscii a socchiudere gli occhi. Sebbene la stanza fosse in penombra, la luce proveniente dalla fioca illuminazione, mi colpì violentemente.
    “ Bill?...”
    Sospirai e il bip accelerò di colpo. Bene, allora quell’assurdo suono proveniva da un apparecchio per il monitoraggio cardiaco…
    “ Coraggio, apri gli occhi…” Incalzò il mio gemello, prendendomi la mano.
    “ Amore, ti prego…” Implorò mia madre dall’altro lato.
    Le persone a me più care mi erano vicine. Doveva esser successo qualcosa di veramente grave…
    Sentii la porta aprirsi e un rumore di passi avvicinarsi.
    Una voce a me sconosciuta iniziò a fare domande a Tom e a mia madre e poi si rivolse a me.
    “ Signor Kaulitz, sono il Dottor Mansen, riesce a sentirmi?” Mossi la mano e riaprii gli occhi. La sua pesante figura oscurava gran parte della sorgente luminosa tanto da non riuscire a scorgere i tratti del suo viso.
    “ C-cosa è… s-successo?...” Alitai, quasi privo di voce.
    “ E’ svenuto… ed è rimasto privo di conoscenza per un bel po’…”
    “ Io non…”
    “ Si ricorda cosa è accaduto?” Immagini confuse cercarono di organizzarsi faticosamente nella mia mente.
    “ Non lo so… stamattina… mi sono alzato e sono andato agli…s-studi, credo…”
    “ Non c’è nemmeno arrivato là, è stramazzato sul pavimento del suo bagno prima di entrare nella doccia… Per fortuna che suo fratello era vicino a lei quando è successo…” Che stava dicendo? Non ero mai svenuto in vita mia!
    “ Ma come è possibile?” Chiesi senza convinzione.
    “ Bill, lei ha avuto un arresto cardiaco.”
    “ COME?” Mi agitai nel letto, sentendo improvvisamente mille aghi pungermi il petto contemporaneamente, mentre lo sforzo compiuto per gridare quella domanda fecero scattare l’ allarme del monitor che prese a suonare. Il medico spinse un bottone e lo strumento riprese regolare la sua registrazione. Un’ infermiera spalancò la porta, entrando trafelata.
    “ Mi scusi dottore, non sapevo ci fosse lei…”
    “ Vai pure Katya, ci penso io…”
    Tornò a posare lo sguardo su di me e poi rivolgendosi ai miei familiari, li pregò di uscire dalla stanza.
    Tom e mia madre, seppur restii, obbedirono, lasciandoci soli.
    “ Signor Kaulitz voglio esser franco con lei. La situazione non è grave come sembra e il suo cuore non si è fermato perché lei soffre di una cardiopatia grave, ma a causa dell’ ipopotassiemia. Abbiamo fatto le indagini del caso e tutto sembra a posto, tranne appunto un evidente disordine alimentare che le ha causato questo calo imponente di sali minerali, tale da provocare l’arresto cardiaco.
    “ Ma io non…”
    “ Signor Kaulitz, quando ha mangiato l’ ultima volta?”
    “ Ma che c’entra?”
    “ Mi risponda se può…”
    “ Ieri sera…”
    “ E cosa?”
    “ Frutta...”
    “ Mi dispiace contraddirla, ma nel suo corpo non c’è traccia di cibo, solo un’ abbondante quantità di succhi gastrici che stanno rovinando le pareti delle sue vie digestive…”
    “ Io non credo…”
    “ Bill, lei soffre di anoressia nervosa.”
    “ Non è possibile, io mangio!”
    “ Le riformulerò la domanda in maniera diversa: le capita di rigettare dopo aver mangiato?”
    “ Qualche volta è successo…”
    “ E si ricorda in che occasione?”
    “ Un po’ di tempo fa, eravamo in studio, dopo aver mangiato pizza…”
    “ Quanta pizza?”
    “ Non ricordo…”
    “ Una intera, metà, uno spicchio?...”
    “ Forse uno spicchio grande...”
    “ E perché poi ha vomitato?”
    “ Non l’ ho digerita, mi sentivo un peso sullo stomaco…”
    “ Si è provocato lei stesso il vomito?”
    “ Sì…” Ammisi spalancando gli occhi, davanti a quella nuova verità. Gli occhi di quel medico erano severi e io mi vergognai della mia stessa affermazione. Non potevo credere che avesse ragione. Io ero magro sì, ma non mi ero mai reso conto di rifiutare il cibo. Semplicemente non ne avevo quasi bisogno.
    “ La lascio riposare ora…” Si alzò dalla sedia e con un cenno del capo si congedò, lasciandomi in balia dei miei pensieri.
    Mia mamma e Tom, rientrarono immediatamente venendo a sedersi accanto a me. Sapevano sicuramente dell’ argomento trattato dal medico, rimanemmo quindi tutti in silenzio, limitandoci ad asciugare le lacrime che copiose scendevano sulle nostre guance.


    ***


    Era stato un lungo percorso durato settimane. L’ ammettere che il mio era un problema serio non era stato facile. Non era certo legato ad un fatto puramente estetico, ma piuttosto alle condizioni di stress intenso in cui ero spesso costretto a vivere. Mancanza di privacy, interi giorni allo studio, dove trangugiavo solo bevande energetiche e litri di caffè per combattere le stanchezza fisica e mentale. Era peggio che esser in tour, almeno in quel caso scaricata l’adrenalina, seguiva una calma piatta e una rilassatezza estrema, dove io avevo anche il tempo di nutrirmi a dovere, ma così in effetti era uno strazio.
    Avevamo rinviato necessariamente la tournèe europea, ma il minuzioso lavoro fatto dai media aveva impedito qualsiasi ritorsione. Mi avevano fatto apparire come una vittima dello showbusiness, un martire che aveva rischiato di morire per non deludere i fans. Certo era odioso il modo in cui ero stato dipinto e ancor di più lo erano i messaggi di compatimento da ogni parte del mondo. Non c’era fan che non avesse pianto la mia triste sorte, giornale che non avesse gridato allo scandalo su come noi giovani talenti fabbrica soldi venissimo sfruttati.
    Ma d’ altro canto, quello era stato l’ unico sistema per non dire definitivamente addio alle scene, mantenere vivo l’ interesse sulla band e lasciare la speranza ai fans di un nostro futuro ritorno.
    La musica era da sempre la mia vita, non avevo neppure preso in considerazione un’ alternativa.
    La nostra casa non mi era apparsa mai così accogliente come il giorno in cui vi feci ritorno. Tom posò il mio borsone in un angolo dell’ ingresso e mi condusse direttamente in cucina dove mia madre, sicuramente già dall’ alba, stava cucinando chissà che leccornie.
    “ So che l’ appetito stenta a ritornare, ma spero ti piaccia…” Sussurrò timidamente, abbracciandomi.
    Da poco avevo ripreso ad alimentarmi per bocca con alimenti che potevano definirsi tali, dopo giorni e giorni di terapie endovenose e pappette disgustose dall’ ugual sapore. Ero addirittura ingrassato due chilogrammi dopo quasi due mesi di inattività assoluta. Ma ero ancora ben lontano dal mio peso forma.
    Il medico era stato chiaro. Non avrei dovuto sgarrare, anche se ero giovane e sano, il mio fisico era stato messo a dura prova da questo disordine alimentare protratto.
    “ Non si azzardi a riprendere l’ attività per nessun motivo, ha bisogno di stare tranquillo e soprattutto lontano da tutto ciò che le può causare stress emotivo e fisico. Si faccia una bella vacanza lontano dal clamore e dai media e mangi Bill, mi raccomando. La sua scelta di diventare vegetariano è di tutto rispetto, ma non può pensare di sopravvivere con una mela al giorno e due litri di caffè…”
    Lo sformato di verdure che mia madre aveva preparato, era più che invitante, come pure la pasta. Fuori, davanti al cancello di casa nostra, cominciavano ad arrivare i primi giornalisti e curiosi. Avevamo cercato di depistarli, annunciando che mi sarei recato in una località segreta della Spagna per la convalescenza, ma evidentemente la notizia aveva avuto poca credibilità.
    Mai come in quel momento quella frase acquisiva significato.
    “ Devo andarmene da qui.” Dissi semplicemente, guardando i miei familiari.
    “ Non posso stare qui a guardare quelli là che mi aspettano al varco come se fossi un animale allo zoo…”
    “ Sai che ovunque andremo, ci sarà sempre qualcuno che ci aspetterà al varco…” Mi disse Tom avvicinandosi alla finestra. Quel suo parlare al plurale era rincuorante, ma era una faccenda che dovevo sbrigare da solo.
    “ Vorrei andarmene da solo per un po’… Ho bisogno di capire, di disintossicarmi… e tu Tom sarai più utile se rimarrai qui a tener buoni quegli sciacalli…”
    “ Dove vorresti andare?” Chiese mia madre, posando il tegame con la pasta sul tavolo.
    “ Da zia Katrin.”
    “ A Sønderborg, in Danimarca?”
    “ Sì, perché?”
    “ Ma zia Katrin non la vediamo da almeno due anni!” Esclamò il mio gemello, inorridito all’ idea.
    “ Ma ci siamo sempre tenuti in contatto.” Era l’ unica parente che non aveva ceduto alle minacce di nostro padre. Quello vero. Era sua sorella e tra loro non era corso mai buon sangue, soprattutto da quando lei se n’era andata di casa quindici anni prima, per inseguire un sogno e un giocatore di hockey danese. La storia non era durata molto, ma quel poco era bastato perché lei si innamorasse di quella fredda città sul mare e decidesse di rimanerci. Si manteneva facendo l’ insegnante di pattinaggio artistico su ghiaccio e da allora nessun uomo aveva varcato la porta di casa sua per rimanervici per più di una notte.
    Eravamo stati da lei parecchie volte in estate e ricordavo comunque di non essermi riuscito a togliere la felpa neppure nelle ore più calde del giorno, nonostante fossimo sul mare. Ma ora quel posto mi sembrava davvero invitante e ad appena due ore e mezzo di auto da Amburgo.


    ***


    Partimmo all’alba cercando di non farci scorgere dai fotografi che stazionavano davanti la nostra casa. Nonostante avessimo tenuto una conferenza stampa, nella quale io assicuravo di star bene e che a breve, saremmo ritornati , nessuno sembrava aver creduto al mio ritrovato stato di salute e aspettavano quindi il mio passo falso successivo, o alla peggio uno svenimento in pubblico. Era deprimente rendersi conto del cinismo che caratterizzava quelle persone a cui non importava assolutamente nulla della morte che avrei potuto fare, in nome dello scoop che ci sarebbe stato, se avessero avuto la fortuna di assistervi.
    Sentii la necessità di alzare il dito medio contro l’ auto che da tre giorni era ferma sul ciglio della strada, mentre i due occupanti al suo interno si agitavano scompostamente, maledicendosi probabilmente per la fotografia mancata che documentasse la nostra fuga.
    Tom rise di gusto al mio gesto, gridando un fottetevi stronzi molto liberatorio. Alla fine era riuscito a convincermi e gli avevo concesso di accompagnarmi. In fondo sapevo che aveva voglia di vedere nostra zia e che non sarebbe sopravvissuto più di un paio di giorni alla noia mortale che caratterizzava Sønderborg.
    Katrin ci aspettava a casa con una lauta colazione in tavola. Quando l’ avevo contattata per comunicarle che saremmo andati a trovarla, si era commossa fino alle lacrime. Nostra mamma l’ aveva tenuta informata sul mio stato di salute costantemente ed era stata felicissima di poterci accogliere a casa sua per il periodo della mia convalescenza.
    “ Tornerà a casa grasso come un maialino!” Aveva promesso a mia madre, che si era ritrovata a ridere di gusto alla sua battuta. Il primo vero sorriso dopo tanti giorni.
    “ Grazie, io prendo solo un caffè, zia…”
    “ Con latte e zucchero?” Chiese, versando il liquido scuro nella tazza.
    “ Solo un cucchiaino…”
    “ Tom vuoi un’ altra fetta di torta?” Domandò a mio fratello, ignorando la mia richiesta e mettendo il latte nella tazza.
    “ Zia, non volevo il l-…”
    “ Zitto e bevi.” Mi rimproverò, come fossi un bambino capriccioso di tre anni.
    Quel latte mischiato al caffè aveva un sapore delizioso, dovetti ammettere. Bevvi l’ intera tazza tutta in un fiato per poi deporla sul piattino con aria soddisfatta. Lo mio stomaco gorgogliò rumorosamente, scatenando l’ ilarità generale.
    “ Il medico ti ha detto di non esagerare con le quantità. Piccoli pasti e frequenti…” Mi redarguì il mio gemello che si stava letteralmente strafogando di crostata alle fragole. Invidiavo il suo appetito, e dire che pesava quanto me o poco più. Ma lui non si era mai dimenticato di mangiare…
    Sapevo che si sentiva in colpa nei miei confronti per non aver saputo cogliere in tempo i segnali silenti che mandavo. Non aveva fatto caso ai miei digiuni o alle mie improvvise corse in bagno per liberarmi lo stomaco dal cibo che pesava come un macigno, alle mie lacrime malcelate dagli occhiali scuri nei momenti di sconforto totale. Credeva di conoscermi come le sue tasche, ma gli ultimi avvenimenti lo avevano fatto ricredere. Si era riavvicinato molto in quest’ ultimo periodo, tanto da non lasciarmi muovere neppure un passo da solo.
    “ Se non riesci a proteggerti da te stesso, lo farò io per te…” Mi aveva sussurrato una sera prima di lasciarmi solo in quella asettica stanza della clinica. Aveva gli occhi colmi di lacrime e potevo percepire il suo dolore, la sua impotenza. Non si rendeva conto invece che se ero ancora vivo lo dovevo a lui e alla sua presenza in casa quando il mio cuore aveva cessato di battere. Da quel giorno la vita aveva un sapore diverso. I Tokio Hotel erano sempre la mia priorità, ma solo dopo il mio benessere e la mia famiglia. Solo quando si è vista la morte in faccia, si comincia ad apprezzare la vita. Anche se il mio stomaco continuava a pensarla diversamente. Un moto di nausea mi fece correre verso il bagno, rigettando nel water tutto il caffèlatte. Se non altro non l ‘avevo provocato io il vomito questa volta. Ora anche il mio stomaco pensava ed agiva autonomamente.
    “ Billy…” Tom mi teneva la fronte con la mano, sconvolto. Erano giorni che non vomitavo più.
    Katrin mi porse una salvietta. “ Scusa non dovevo versarti tutto quel latte…” Disse con aria colpevole.
    “ Beh, io potevo anche evitare di berlo… Dovevo immaginare che il mio stomaco non avrebbe retto…”
    Mi rialzai barcollando un po’, ma prontamente sostenuto dal mio gemello.
    “ Ok, sto bene ora. La prossima volta dovrò fare più attenzione.”

    ***



    Era una bella giornata, anche se gelida. Uscii in giardino con Tom dopo pranzo, avevo mangiato una mezza porzione di riso e qualche verdura che lo stomaco sembrava aver gradito, pregandolo di farmi fare un tiro dalla sua sigaretta. Il medico mi aveva proibito di fumare per evitare che questo spegnesse l’ appetito e contribuisse a render ancora più acido il mio stomaco.
    “ No no, non sarò io il tuo pusher…” Esclamò alzando il braccio in aria con lo scopo di non riuscire a farmi arrivare alla bionda.
    “ Eddai Tomi, solo un tiro…” Lo stavo praticamente implorando e lui quasi si beava della mia sofferenza.
    Gli afferrai il polso nel vano tentativo di fargli abbassare l’arto, mentre con l’ altra gli facevo il solletico sul fianco. Immediatamente si contorse su se stesso, iniziando a ridere, mentre la sigaretta cadeva nella neve.
    “ Ecco ben ti sta, era l’ ultima…” Borbottò tornando serio.
    “ Come minimo ne hai una stecca in macchina…”
    “ Se anche fosse, le chiavi ce le ho io. Fumerò mentre tu dormi.”
    “ Sei un bastardo Tom.”
    “ No, sono tuo fratello e ti voglio bene, per cui niente sgarri.
    “ Allora perchè non mi metti un imbuto in bocca e non mi costringi a mangiare?” Sentivo una rabbia furiosa crescere dentro di me, facendomi amaramente pentire di avergli dato il permesso di venire da zia insieme a me.
    “ Fottiti Bill…” Mi aveva apostrofato, avviandosi verso il cancello.
    “ E adesso dove vai?” Chiesi stizzito.
    “ In un posto abbastanza lontano da qui, a far sbollire la voglia di darti un cazzotto sul naso…” Lo avevo guardato mentre saliva in auto e si immetteva sulla strada deserta e a tratti ancora ghiacciata. Mi ero immediatamente pentito di quella frase infelice che era uscita dalla mia boccaccia. Di certo il mio gemello non aveva colpe a riguardo, anzi, avrei dovuto ringraziarlo per la devozione con cui mi era rimasto accanto in tutti questi mesi.
    Presi il cellulare dalla tasca del giubbotto, indeciso se chiamarlo o meno per chiedergli scusa. Non volevo che lui fosse arrabbiato con me.
    “ E’ spento…” Sussurrai sconfitto.
    “ Che succede Bill?” Katrin mi aveva raggiunto sulla veranda.
    “ Ho litigato con Tom…”
    “ E perché?”
    “ Non voleva farmi fumare…”
    “ Billy tesoro mio, quando imparerai che le persone che ti amano, vogliono che tu stia bene?” Mi abbracciò con fare materno, cullandomi tra le sue braccia. Sebbene di parecchi centimetri più bassa di me, mi sentivo infinitamente piccolo. Non tutto doveva esser interpretato come un divieto, ma piuttosto come un gesto protettivo nei miei confronti. Era così difficile…
    “Devo andare agli allenamenti, mi accompagni?” Mi chiese sciogliendosi dall’ abbraccio e rabbrividendo un poco. Il sole si era nascosto e l’ ombra del primo pomeriggio, avrebbe ben presto fatto scendere il termometro di parecchi gradi.
    “ Ma non sarà pericoloso?
    “ Certo che sì! Le mie ragazze sanno che ho per nipoti i gemelli Kaulitz, e se non sono piombate tutte qui è perché i loro insegnanti non le hanno fatte uscire da scuola!” Rise, illuminando il suo bel volto.
    “ Ragazze? Ma quanti anni hanno?”
    “ Dai sei ai tredici anni e sono quindici piccole farfalle del ghiaccio…”
    “Ok, rischierò…” Risposi alzando le spalle. Stare chiuso in casa non sarebbe servito a nulla…
    Entrati nel palaghiaccio mi accomodai su una delle poltroncine della tribuna, mentra Katrin si dirigeva negli spogliatoi per cambiarsi ed indossare i pattini. Era stata campionessa regionale in gioventù e sebbene i suoi sogni di gloria si fossero infranti, non aveva mai abbandonato questo sport che le aveva sempre dato comunque grandi soddisfazioni.
    Quelle che intuivo fossero le sue allieve iniziavano ad arrivare accompagnate dai familiari, che presero posto accanto a me. Speravo vivamente che l’ assenza di trucco e di smalto,e il cappellino calato sugli occhi, fossero sufficienti a non farmi riconoscere. Un bagno di folla era l’ultima cosa che desideravo in quel momento.
    Le ragazzine scesero in pista accompagnate da Katrin che ne teneva una più grande per mano, la quale, non appena toccò il ghiaccio, si staccò da lei ed iniziò a girare lungo il perimetro dapprima lentamente, quasi si sentisse insicura e poi acquistando sempre più velocità. Le bambine si tenevano a distanza da lei, quasi la sua presenza incutesse timore. Si muoveva leggera mentre i suoi lunghi capelli raccolti in una coda alta, fluttuavano nell’aria. Poteva avere forse sedici, diciassette anni al massimo e il paragone fatto poco prima da mia zia alle farfalle del ghiaccio a lei calzava a pennello. Compiva sempre lo stesso identico percorso, ero sicuro che se fossi sceso a controllare da vicino i solchi lasciati dalle sue lame sarebbero stati sovrapponibili l’ uno l’ altro.
    C’ era qualcosa di strano, nei suoi movimenti aggraziati, nelle evoluzioni che compiva, il suo sguardo era sempre puntato davanti a sè, ma in realtà sembrava non osservasse concretamente nulla.
    Katrin stava allenando le bambine e ogni tanto rivolgeva a lei chiamandola ogni volta per nome, per attirare la sua attenzione.
    Angelika…
    Si fermò di colpo, grattando con le lame il ghiaccio. Mia zia le si avvicinò chiedendole di compiere un doppio Axel , o qualcosa di molto simile. Solo poi capii cosa fosse e cioè un salto di due giri e mezzo in aria che lei compì senza alcuna difficoltà, atterrando su un piede solo e distendendo la gamba libera dietro di lei. Le bambine batterono le mani estasiate e solo in quel momento ebbi modo di vedere il suo volto illuminato da un sorriso perfetto. Si fermò accanto a Katrin che le cinse le spalle con il braccio. La ragazza posò il capo sulla sua spalla come a voler ricevere una coccola.
    “ Ragazze, l’ allenamento è terminato, ma prima che ve ne andiate devo farvi conoscere una persona…” Lo dovevo immaginare! Ora sarei stato assalito da quindici ragazzine urlanti!
    “ Mi raccomando fate le brave!” Si raccomandò venendo verso di me, che avevo nascosto il volto nel bavero della giacca.
    “ Billy non esser timido! Rimarrà il nostro segreto!” Esclamò sorridendo.
    “ Zia io non…”
    “ Ma tu sei Bill Kaulitz!” Gridò una delle ragazzine, quasi cadendo dai pattini.
    “ Oddio!!” Esclamò un’ altra precipitandosi verso di me.
    “ Piano ragazze!! Non distruggete il mio nipotino!!”
    Trascorsero quindici minuti in cui il caos assoluto fece da padrone. Feci l’ autografo a tutte e chissà come, un genitore munito di fotocamera, immortalò quei momenti, che sarebbero rimasti marchiati a fuoco nella loro mente e sul desktop del loro PC. Poi finalmente le scimmiette si dileguarono e rimanemmo solo io, Katrin e la ragazza più grande.
    “ Bill, vorrei presentarti Angelika, la mia figlioccia…”
    “ Piacere Bill…” Dissi tendendole la mano, mano che lei non prese.
    Fissai quelle fredde iridi grigie in netto contrasto con la dolcezza del suo viso.
    “ Tesoro, davanti a te…” Le sussurrò dolcemente mia zia.
    La ragazza tese in avanti entrambe le mani fino a trovare la mia ancora a mezz’aria. Erano straordinariamente calde nonostante la fredda temperatura del palasport, ma non abbastanza per sciogliere il gelo improvviso del mio cuore.
    Angelika era cieca.

    ***



    “Retinite pigmentosa…” Non riuscivo a levarmi dalla testa quelle due parole che di per sè non mi dicevano assolutamente nulla.
    “ E’ una malattia ereditaria che colpisce i fotorecettori retinici degenerativa ed irreversibile. Ho cominciato ad avere disturbi a dieci anni e da tre sono praticamente cieca. Distinguo a malapena la luce dal buio...” L’ aveva detto con assoluta tranquillità, come se quell’ affermazione non la riguardasse. Era un bene che non potesse vedere la mia espressione sgomenta e piena di compassione. Mi sentii infinitamente piccolo di fronte alla sua grave menomazione.
    Era tornata a casa con noi e sarebbe rimasta a cena. Frequentava assiduamente la casa di mia zia, tanto da avere una camera tutta per lei.
    Si muoveva con sicurezza per le stanze, come se vedesse bene.
    Aveva proseguito poi nel suo dettagliato racconto come se avesse la necessità di rivelare al mondo la sua storia.
    “ Conosco tua zia da un paio di anni, e senza di lei probabilmente non mi sarei più mossa di casa...La malattia mi ha assalito improvvisamente e perdere la vista all’ inizio è stato devastante. Non ero più in grado di far nulla, anche le cose più semplici diventavano complicate. Mi sforzavo di ricordare tutto ciò che avevo visto fino a quel momento per imprimere nella mia mente un ricordo che fosse indelebile. Ho frequentato una scuola speciale per ciechi e preso il diploma, i miei sono ritornati qui nel loro paese natale. Non è che ci siano molti sbocchi per una giovane cieca, però ho incontrato Katrin che mi sta aiutando molto e lavoro part time come centralinista. Ho ripreso a pattinare solo grazie a lei...”
    “ Te la cavi alla grande! Non avrei mai pensato che tu fossi c-...”
    “ Cieca, puoi dirlo, non è una bestemmia...” Mi sorrise teneramente, accarezzandomi con quello sguardo di cristallo.
    “ E tu Bill? Dai raccontami qualcosa di te che non sia gossip...” All’ improvviso mi ritrovai senza parole. Che avevo io da raccontare di cui il mondo non fosse a conoscenza? Sospirai e lei sorrise nuovamente.
    “ So a cosa stai pensando... Ti stai chiedendo cos’è che potresti mai dirmi che non sia già di dominio pubblico, ed è un bene che io non abbia mai visto il tuo volto perchè altrimenti fosse non so come la metteresti!!”
    “ Tu ci conosci?”
    “ Sono cieca, mica sorda! Ho tutti i vostri CD e devo ringraziare Katrin che mi ha iniziato ai Tokio Hotel e parlato tantissimo dei suoi due nipotini. Se non aveste annullato il tour saremo venute al concerto di Amburgo!!”
    “ Davvero? Mia zia non mi aveva detto nulla!”
    “Voleva farvi una sorpresa! A proposito tuo fratello dov’è?”
    “ Quel coglione è ancora fuori...” Manco a nominarlo, il campanello suonò.
    “ Bill puoi aprire tu?” Gridò mia zia dalla cucina.
    Tom entrò tenendo lo sguardo basso, pronto ad evitarmi.
    “ Non fare il deficiente, abbiamo visite...” Sibilai tra i denti. Il suo volto si illuminò notando la graziosa presenza sul divano del soggiorno.
    “Angelika, ti presento Tom, il mio gemello scemo...” Lui di rimando grugnì, ma le tese la mano sorridendo malizioso.
    “ Ciao Tom...”
    “ Davanti a te...” Dissi piano, imitando Katrin.
    “ Non vede...” mimai a mio fratello che stupito osservava i nostri movimenti alquanto insoliti.
    Tom prontamente prese la sua mano e la strinse con delicatezza, rivolgendomi uno sguardo interrogativo. Gli feci cenno che poi gli avrei spiegato.
    Katrin aveva cucinato una cena superlativa in poco tempo e per la prima volta dopo settimane sentii di aver mangiato volentieri. Angelika era simpatica, spiritosa e… incredibilmente bella. Ridemmo a crepapelle raccontandoci a vicenda episodi curiosi quanto imbarazzanti delle nostre vite, non ricordavo di esser stato così sereno e rilassato da secoli.
    “ Chi vuole il caffè?” Chiese Katrin asciugandosi le lacrime ai lati degli occhi.
    “ Io!” Rispose Tom picchiettando con la mano sul suo addome.
    “ Sto per scoppiare!” Esclamò Angelika, stirando le braccia in aria.
    “ Bill, tu?” Mi ero incantato a guardarla, tanto da ignorare la domanda di mia zia.
    “ Bill?”
    “ Eh, che c’è?”
    “ Lo vuoi?”
    “ Cosa?”
    “ Il caffè…” Katrin mi rivolse un’ occhiata bieca, ma poi la vidi sorridere non appena girate le spalle, mentre scuoteva la testa.
    Mi sentivo leggero e felice. Quella ragazza mi piaceva! Ma anche Tom sembrava affascinato da lei…
    “ Esco a fumare una sigaretta…E tu non ci provare! La risposta è no!” Esclamò il mio gemello in tono severo.
    In risposta ebbe un dito medio alzato.
    “ Io non sopporto il fumo, questa potrebbe esser una buona occasione per smettere Bill… Se avremo modo di passare un po’ di tempo insieme ti farò un lavaggio di cervello tale che poi odierai anche le tabaccherie!” Affermò molto convinta.
    Non chiedevo di meglio. Cioè non di smettere di fumare, ma di passare del tempo con lei. Mi sentivo attratto da quella ragazza come non mi era mai capitato prima. Per la prima volta dopo anni sentivo che mi potevo fidare di una persona al di fuori della mia cerchia abituale di affetti.
    Avevamo parlato ancora a lungo dopo cena, fino a quando le palpebre pesanti per la stanchezza non ci avevano avvisato che forse era giunto il momento di andare a dormire. Tom già lo faceva da un’ ora accartocciato sulla poltrona. Dopo un po’ i nostri discorsi avevano cominciato ad annoiarlo. Non era sua consuetudine intrattenere conversazioni con il gentil sesso che non avessero un secondo fine. Inoltre il fatto che Angelika dimostrasse più interesse nei miei confronti che nei suoi doveva averlo destabilizzato e non poco.
    “ Solo perché non mi ha visto, sennò tu eri spacciato fratellino…” Biascicò, mettendosi sotto il pesante piumone in fretta per riprendere al più presto il sonno forzatamente interrotto. In effetti anche io pensavo che Tom fosse più bello di me senza l’ ausilio del trucco, ma quanto a dialettica, lasciamo perdere… I suoi discorsi si esaurivano alla svelta, ma solitamente non aveva bisogno di parlare, si vantava lui…
    “ Angelika mi piace…” Sussurrai piano.
    “ Bill, è cieca!”
    “ E allora? Credi che sia peggio delle tue che sono troie?”
    “ Bill, per favore…ho sonno!”
    “ Dormi idiota, e non pronunciare mai più la parola “cieca” con quel tono sprezzante!”
    “ Ok, scusa, hai ragione…” Doveva esser davvero in coma per non ribattere.
    Mi strinsi nelle spalle e mi girai dal lato opposto, nel grande letto matrimoniale.
    “ Però devo convenire che è molto carina…” Sghignazzò.
    “ Non ci provare, sennò ti ammazzo con le mie mani!” Sibilai, tirandogli un calcio.
    “ Ahia! Cazzo, ma vuoi rompermi una gamba?!”
    “ Tutte e due se è necessario…”
    “ Uh-uh. Il mio fratellino è innamorato!!”
    “ Ma va a cagare Tom!”
    “ Sogni d’oro Bill…”

    ***



    I giorni trascorrevano monotoni, Sønderborg non era certo una grande metropoli, inoltre il freddo gelido invitava solamente a starsene rinchiusi tra le calde mura domestiche, davanti al camino acceso.
    Tom aveva resistito una settimana poi era ritornato sconfitto ad Amburgo. Io al contrario mi sentivo molto bene. Certo mancava anche a me la nostra movimentata routine, ma al tempo stesso mi lasciavo avvolgere dalla lentezza estrema delle giornate che trascorrevano uguali l’ una all’ altra.
    Ero tornato agli allenamenti con mia zia per la gioia delle sue allieve. Ero ormai diventato amico di quelle splendide farfalle del ghiaccio.
    Angelika frequentava assiduamente la casa di Katrin, fermandosi spesso a dormire. La sua vicinanza era un toccasana per me, la sua menomazione un continuo insegnamento. Rimanevo estasiato dai suoi racconti, dalle sue sensazioni, da come riusciva ad ovviare alla sua cecità utilizzando gli altri sensi.
    Era così rassicurante la sua compagnia. Non temeva nulla, la vita la metteva a dura prova ogni giorno, ma lei rimaneva cosi composta, quasi la cattiva sorte non la sfiorasse neppure.
    “ Ti va di uscire?” Mi aveva chiesto un pomeriggio dopo l’ allenamento, senza tanti preamboli, lasciandomi un po’ confuso. Non che non mi andasse, ma avrei voluto esser io ad invitarla.
    “ Cosa offre la vita notturna di Sønderborg?”
    “ Pizza, cinema e discoteca, ma le ultime due le eviterei…Il cinema con me è sprecato e l’ unica discoteca decente fa un’ orribile musica techno spaccatimpani…”
    “ Allora non ci rimane che la pizza…” Dedussi sorridendo.
    “ Ok, allora…” Sua madre annunciò il suo arrivo con un colpo di clacson, facendo sussultare entrambi.
    “ Ti passerei a prender volentieri io, ma come puoi ben dedurre non ho la patente…” Disse prendendosi in giro, mentre lentamente cercava di avviarsi alla macchina.
    “ Aspetta, ti accompagno…” Esclamai, prendendole dolcemente la mano e guidandola verso la vettura.
    “ Ecco…” Sussurai, aprendole la portiera e salutando sua madre.
    “ A stasera, ti aspetto verso le venti, ok? “
    “ Va bene, a dopo...” Rimasi fermo ad osservare l’ auto che si allontanava e con il cuore in tumulto mi avviai a piedi verso la casa di mia zia.

    Guardavo gli abiti appesi nell’ armadio, cercando qualcosa di caldo da indossare. Di sera faceva un freddo cane, era da pazzi uscire, ma Angelika mi stava aspettando ed io ero maledettamente in ritardo. Anche se avevo deciso di abbandonare per un po’ il mio look androgino, mi truccai leggermente e stirai i capelli. Lei non avrebbe mai potuto vedere il mio viso, ma ci tenevo farle fare bella figura…Ma che stavo dicendo? Io ero comunque un figo della Madonna, dovevo preoccuparmi piuttosto di non esser riconosciuto, sennò addio privacy!!”
    La Volvo di Katrin slittò leggermente per il ghiaccio, davanti al cancello della casa di Angelika. Per un attimo pensai di farle uno squillo per avvertirla che ero sotto casa, il solo pensiero di metter un dito fuori dall’ auto…
    La porta si aprì e lei comparve sulla soglia accompagnata dalla madre. Era un sogno, nonostante il buio potevo distinguere chiaramente il suo bel volto che si illuminò di un sorriso non appena sentì la portiera sbattere. Ero sceso dall’ auto senza neppure rendermene conto per andarle incontro. Le presi la mano, salutando la donna che in fretta le aveva sussurrato qualcosa all’ orecchio e lentamente, facendo attenzione a non scivolare, tornammo alla macchina.
    “ Sei bellissima… cioè lo sei sempre, ma stasera ancor di più…” Sussurrai imbarazzato aprendole la portiera.
    “ Grazie, anche tu non sei male…”
    “ Come scusa?”
    “ In nero, truccato, lisci, drabelig… Mia mamma è un’ acuta osservatrice…” Rise lei allacciando la cintura.
    “ Ti ha detto questo all’ orecchio?”
    “ Mmh… Anche divertiti…
    “ Niente non fare tardi e non fidarti di una rockstar?”
    “ No. Mia madre sa che non farei mai mosse avventate…”
    Accesi il motore e mi immisi in strada, rendendomi improvvisamente conto di non aver idea di dove fosse la pizzeria.
    “ Angelika dove devo andare?”
    “ Ops scusa! Ecco mio padre ti ha stampato da Google una piantina per arrivare al locale. Ah! Ho cambiato idea, spero non ti dispiaccia! Ti porto ‘Da Nico’, fanno anche cucina vegetariana…”
    Mi fermai sul ciglio della strada per consultare la piccola mappa scritta in danese. Con Angelika parlavo in tedesco, non mi ero mai posto il problema della lingua…”
    “ Ehm, dunque…” Borbottai incerto…
    “ Al semaforo svolta a destra e prosegui per Slotsbakken, sempre dritto, la seconda via a sinistra è Brogade…”
    “ Grazie…”
    “ Me la sono fatta spiegare, pensando tu non avessi molta dimestichezza con il danese…” Rise lei.
    “ In effetti…” Rimisi in moto, sempre più colpito da quella ragazza, era stremamente in gamba, tanto da far rimanere a margine il suo grande problema.
    Teneva le mani in grembo e lo sguardo fisso davanti a sé. Sembrava scrutasse l’ oscurità e forse dentro di lei in effetti era così. Quel buio quasi assoluto che non l’ abbandonava mai, ma non per questo le aveva tolto la voglia di vivere.
    L’ insegna luminosa del locale si fece evidente non appena svoltato in Brogade, ma il ristorante sembrava chiuso.
    “ Angelika sei sicura che sia qui? E’ tutto spento…”
    “ Lo so, tranquillo. Hai mai sentito parlare di Blind Dinner?”
    “ Uhm…credo di sì…”
    “ Stasera entrerai nel mio mondo ed imparerai quanto può esser interessante vivere con gli altri sensi…”
    Scesi dall’ auto e corsi ad aprirle la portiera dall’altro lato. Prese la mia mano davanti a sé, come se avesse percepito che fosse esattamente in quella posizione.
    “ Andiamo…” Sussurrò continuando a stringerla.
    All’ ingresso venimmo accolti da un cameriere che teneva una torcia in mano.
    “ Salve Angelika, bentornata…”
    “ Ciao Kris… mi hai riservato il tavolo che ti avevo chiesto?”
    “ Certo…” Ero stupito dalla nuova sicurezza di Angelika, come se il buio le desse energia. Si muoveva nell’ oscurità come un felino, mentre io se non fosse stato per quella torcia che illuminava fiocamente il pavimento ed i miei piedi avrei inciampato ovunque.
    “ Ecco, accomodatevi pure… Signor Kaulitz stia tranquillo, nessuno la riconoscerà stasera vi ho riservato un tavolo nel privèe… Vi avviserò prima che vengano riaccese le luci, così potrete andarvene indisturbati…”
    “ G-grazie…” Mormorai imbarazzato a quella voce che non aveva più volto.
    L’ oscurità ci avvolgeva, il leggero brusio proveniente dagli altri commensali e una musica newage di sottofondo, rendeva l’ atmosfera magica.
    “ Come ti sembra?” Chiese Angelika, posando la mano sul mio braccio.
    “ Scuro?” Risposi scherzando.
    “ Sciocco, dicevo sul serio!”
    “ E’ tutto… strano. Il buio mi ha sempre inquietato, ma qui è rilassante e non nego di esser divorato dalla curiosità. Che succederà ora?”
    “ Ci serviranno la cena. Per lo più sono camerieri ciechi, ma tranquillo sul tuo giubbotto di ecopelle non verrà versata la benchè minima pietanza!” Rise alla sua battuta, accarezzandomi il braccio.
    “ Ecopelle?”
    “ Non sei tu il difensore degli animali?” Chiese, prendendo tra le dita un lembo di tessuto.
    “ Certo che sì, e ora tu mi vorrai dimostrare che con il tatto si possono scoprire molte cose…”
    “ Bravo. Sarai un ottimo allievo.” Mi sussurrò avvicinandosi all’ orecchio.
    Potevo quasi sentire il calore della sua vicinanza, ma non ero certo che questa percezione fosse reale. Reale era il suo profumo, che amplificato dall’ oscurità mi inebriava.
    Uno scampanellio ci avvertì che la cena stava per aver inizio.
    “ Metti le mani in grembo e scostati leggermente dal tavolo…” Mi disse sicura.
    Sentii passi svelti che si avvicinavano al nostro tavolo e riconobbi la voce di Kris che annunciava il suo arrivo. Posò i piatti davanti a noi, versò il vino nei bicchieri e leggero se ne andò.
    “ Ho chiesto che ci servissero cibo vegetariano…”
    “ Ok, ma cos’è?”
    “ Non ne ho la minima idea, assaggia.”
    Cercai la forchetta a tentoni e con l’ altra mano afferrai il piatto. Avevo bisogno di aggrapparmi al concreto, il buio destabilizzava e non poco. A stento trovai la bocca, rischiando di infilzarmi la guancia con la forchetta, sorridendo della mia goffaggine. Era un risotto delicato, sicuramente alle verdure.
    “ Buono?”
    “ Ottimo. Anche tu hai il risotto?” Chiesi curioso.
    “ No, ravioli. Ho pensato che per te fossero troppo pesanti…”
    “ Mmh… Te l’ ha detto Katrin?”
    “ No. Però so cosa significa esser anoressici…”
    “ Io non sono anoressico!” Esclamai, alzando il tono di voce.
    “ Ssshhh!! Vuoi che tutti sappiano che c’è Bill Kaulitz a cena qui stasera?” Rispose scherzosa.
    “ Ecco, zitto e mangia…” La sua mano si posò sul mio mento per cercare il riferimento e mi invitò ad aprire la bocca. Non seppi distinguere il sapore di quella pietanza. La sua mano era calda e con l’ indice aveva pulito il mio labbro inferiore che sentivo essersi sporcato con il condimento. Uno strano rimescolio avvenne nel mio addome e questa volta ero sicuro non provenisse dallo stomaco.
    “ Vuoi far cambio?” Mi sussurrò vicinissima.
    “ Mmh… Non ho capito se mi piacciono a no, me ne fai assaggiare un altro?”
    Aprii la bocca come un uccellino pronto a ricevere cibo dalla madre.
    “ Mastica piano ed immagina ciò che stai mangiando...oltre al sapore c’è ben altro...”
    Assaporai la pasta e le portate successive lentamente cercando di andare al di là della necessità di riempire lo stomaco. Con sorpresa notai che tutto era infinitamente più buono, rendendomi conto solo a fine cena di aver mangiato tanto e con gusto.
    “ Se scoppierò sarà tutta colpa tua...” Mormorai soddisfatto, avvicinandomi a lei nel buio. Le nostre teste si scontrarono leggermente, i nostri nasi si sfiorarono.
    “ Scusa!” Esclamai ridendo. Anche lei si unì alla risata, posandomi una mano sulla spalla per poi risalire verso la mia guancia.
    “ Sono felice che ti sia piaciuto...” Sussurrò ad un centimetro dalla mia bocca.
    L’ impulso irrefrenabile di baciarla ebbe il sopravvento, non ero certo che fosse ciò che desiderava, ma ero deciso ad assecondare questa mia improvvisa intraprendenza, complice l’oscurità che ci avvolgeva. Posai le mie labbra sulle sue sorpreso della precisione millimetrica di quel contatto. La sua bocca era morbida ed invitante. La sentii sospirare, mentre intrecciava la sua mano alla mia.
    Kris, avvicinatosi come un fantasma ci avvisò che le luci si sarebbero accese tra qualche minuto. Mi staccai da lei a malincuore, scuotendo la testa.
    Ci alzammo in silenzio e tenendoci sempre per mano ci avviammo verso l’ uscita, guidati dalla luce della torcia sul pavimento. Pagai ed uscimmo in strada, i lampioni rischiaravano una notte senza stelle. Sbattei le palpebre alcune volte per riabituarmi alla luce e la guardai. I suoi occhi brillavano. La baciai ancora, felice di poter rivedere nuovamente il suo viso, questa volta intensamente cercando un contatto più intimo. Mi cinse il collo con le braccia alzandosi in punta di piedi e rispose a quel bacio con trasporto.
    “ Devo riportarti a casa?” Chiesi tra i suoi capelli che profumavano di vaniglia.
    “ Solo se lo desideri...” Rispose nascondendo il viso sul mio petto. Le aprii la portiera e sperando di ricordarmi senza intoppi la via di casa, avviai il motore che reagì tossicchiando al freddo pungente.
    Katrin non c’era e il biglietto appiccicato sul portello del frigorifero mi avvisava che sarebbe stata fuori per il weekend.
    Come se avesse immaginato che...
    Angelika era diventata improvvisamente silenziosa, si era tolta il cappotto e finalmente avevo potuto vederla in tutto il suo splendore. Era dannatamente bella e desiderabile. Il maglioncino che indossava aderiva perfettamente alle sue curve.
    La abbracciai inspirando il suo profumo. Chiusi gli occhi, la luce sminuiva le sensazioni. Le presi le mani portandomele al petto, al cui interno batteva il cuore all’ impazzata.
    “ Voglio che tutto sia perfetto e questi non ci servono...” Le sussurrai baciandole gli occhi.
    “ Impari in fretta Bill...” Rispose in un soffio, lasciandosi guidare verso la mia camera.
    “ Ho una brava maestra...” Le dissi, facendola sedere sul bordo del letto.
    “ Spegni la luce allora...”
    L’ oscurità ci avvolse nuovamente, lasciando spazio ai nostri sospiri. La sua pelle era morbida come le sue labbra e sapeva di buono. La sentivo arrendevole e forte al tempo stesso, mentre l’ eccitazione cresceva in me come mai era successo. Tutta la mia esistenza vissuta fino a quel momento non aveva più alcuna consistenza. Esistevamo solo io e lei in quell’ angolo di paradiso privo di luce, ma così ricco di sensazioni.
    Non erano che un ricordo lontano quei mesi vissuti nell’ incubo. C’era ben altro al mondo che meritava di esser scoperto e la consapevolezza che lei mi avrebbe guidato in questa nuova esperienza mi riempiva di gioia. Che l’ amore arrivasse quanto meno inaspettato era una certezza, come lo era l’ urgenza di entrare in lei, ma volevo continuare con questo mio scoprire nuovi confini. Rotolai sul fianco per riprendere fiato e placare la mia eccitazione. Mi sentivo come un ragazzino impacciato alla sua prima volta ed in effetti era così. Ero innamorato e questa nuova consapevolezza era difficile da gestire. La sentii avvicinare e strusciarsi contro la mia schiena.
    Mi baciò tra le scapole, cingendomi il fianco con il braccio.
    “ Bill, ho fatto qualcosa che non va?” Chiese innocente.
    Mi girai verso di lei e la baciai con ardore aderendo al suo corpo.
    “ Io ti amo.” Dissi semplicemente.
    Immaginai i suoi occhi sgranati e pregai Dio che non mi ridesse in faccia.
    “ Anche io, dal primo momento che ti ho conosciuto.” Rispose invece tranquilla.
    “ Amo tutto di te, fuori e dentro. Non ti potrò mai vedere, ma so quanto tu sia sensibile e gentile, quanta sofferenza ti sei portato dietro, nonostante questo tuo effimero apparire. Ci sono volte in cui sono felice della mia cecità, perché ho imparato a vedere con il cuore e con la mente, a captare le vibrazioni che ogni esser umano emana.”
    Salì sopra di me e mi baciò sensuale il collo e il petto. La sua calda intimità si sfregava contro il mio pene facendomi impazzire.
    “ Angelika io…”
    “ Shhhh… Chiacchieri sempre troppo tu. Fai parlare i tuoi sensi…” L’ eccitazione era alle stelle e io più che parlare avrei voluto urlare. La strinsi a me penetrandola lentamente.
    Non era carne, non era sesso. Mi lasciai guidare dalle sensazioni, mentre un brivido di piacere mi percorreva la schiena. La sentivo fremere ad ogni mia spinta, gemere di piacere sopra di me. Eravamo fusi uno nell’altra come un unico corpo e il violento quanto dolce pulsare dei nostri inguini mi liberò l’ anima di un peso gravoso.

    ***



    Mi svegliai abbracciato a lei nel grande letto. La radiosveglia segnava le otto del mattino, ma nella stanza regnava il buio quasi assoluto. Dalle imposte chiuse filtrava qualche raggio di sole.
    Mi sfregai gli occhi per abituarmi alla semioscurità, quasi incredulo di avere quella dolce creatura accanto a me. Era così bello e tenero il suo volto, le labbra socchiuse, le lunghe ciglia a coprire i suoi occhi spenti. Mi sentivo bene come mai era successo da tempo immemore. Lo stomaco brontolò facendomi sorridere.
    Ero forse guarito?
    Il reclamare cibo era sicuramente un ottimo segno. Il dottor Mansen sarebbe stato orgoglioso dei miei miglioramenti, ma non era quello il mio principale pensiero.
    Ero felice. Felice di aver incontrato Angelika, di averla conosciuta e di essermene innamorato.
    Colei che aveva fatto della sua menomazione virtù, che mi aveva insegnato che la vita andava assaporata, che non bisognava abbattersi alle difficoltà che si presentavano sul cammino e soprattutto che le cose migliori non erano a portata di vista. In quegli anni avevo vissuto solamente guardando la strada davanti a me, al successo che mi veniva incontro senza pensare minimamente che la mia carriera avrebbe potuto subire una battuta d’ arresto. Non mi ero reso conto di non avere un piano per un eventuale dopo, uno scopo per cui continuare a vivere. Avevo messo tutto me stesso in questo progetto, che era parte di me e aveva assorbito tutte le mie forze, fino a farmi ammalare.
    Nulla sarebbe più stato come prima e lo scoprire che il vortice del successo era così lontano in quel momento e quindi inoffensivo, mi riempì di gioia.
    Stavo imparando a vedere al di là di quello che visivamente mi era concesso, a lasciarmi trasportare dalle sensazioni e ad amare una persona che non facesse parte della mia famiglia.
    Era arrivata come un dono. Così dolce, ma determinata. Così fortificata dalla disgrazia da non temere più nulla. E io sentivo che se anche non avrebbe mai potuto vedere il mio volto, avrebbe saputo guidarmi e guardarmi con quei suoi due splendidi diamanti.
    Gli occhi dell’ amore.

    Edited by *billaly* - 24/2/2010, 23:56
     
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  2. ~ Betti
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    Molto molto bella, davvero!!
    Tecnicamente é scritta molto bene a parere mio, con delle descrizioni e delle frasi perfette: hai reso la portata dei sentimenti in modo fantastico!
    E poi é dolcissima, é... seria, come posso dire... fa riflettere.
    Mi é piaciuta molto, complimenti **
     
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  3. ~ Speechless;
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    E tu, bruttissima donnaccia che non sei altro, pretenderesti un commento sensato, eh? No, dimmelo perchè non riesco nemmeno a connettere parte del mio cervello, per capire cos'è che vorresti! Questo è il motivo per cui non leggo mai niente di tuo! Non perchè io non voglia, ma perchè riesci a scrivere alla perfezione cos'è reale e non.
    Non so come fai, ma fai risultare tutto fo**u*amen*e vero e non c'è cosa più bella credimi, il fatto è che dopo ho una grandissima voglia di diventare un personaggio di una Fan Fiction e vivere quello che viene scritto ; (
    Mami non c'è che dire, è stupendo dalla prima all'ultima parola, persino i punti e le virgole hanno preso ad essere romantici e dolci ed è il complesso che da il botto finale! Sei una grande scrittrice per quanto mi riguarda, perchè sai mettere sempre qualcosa di tuo senza strafare nelle cose.. sei davvero una grande donna e non dico tanto per dirlo, ma perchè in ciò che scrivi, si vede che ci metti il cuore e tutti i tuoi sogni più segreti! Davvero, davvero brava, ancora tanti complimenti cara mami <333
     
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  4. katarina stratford
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    Sapevo che sarebbe successo.
    Sapevo che un giorno tu avresti scritto una storia tanto profonda come lo è questa.
    Per me è la migliore.
    Per prima cosa la storia in se è fuori dal comune, affronta soggetti difficili senza mai risultare drammatica. Mette a confronto due volti della malattia, quello della convalescenza e quello della cronicità.
    Due persone a due momenti diversi del loro rapporto con la malattia.
    Il personaggio di Angelika è davvero bello, non è esageratamente "angelica" come spesso vengono rappresentate le persone che soffrono di patologie o handicap.
    Sembra quasi di vedere nascere Bill una seconda volta e penso proprio sia così. Diventiamo noi stessi veramente il giorno in cui troviamo in fondo a noi l'amore per qualcun altro.
    I sensi...spesso li dimentichiamo, usiamo solo gli occhi e il cervello ma non sempre servono, a volte bisogna saper cogliere tutto il resto. Il mondo che ci circonda è pieno di meraviglie sulle quali non ci soffermiamo mai.

    Edited by katarina stratford - 24/2/2010, 20:43
     
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  5. _*°Chanel°*_
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    Aly, io non ho parole. Non ti dirò che questa one-shot, è bella, stupenda, fantastica o altro ancora, perchè è molto ma molto di più. Credo sia la storia più bella che tu abbia mai scritto, più bella di ff o altre one-shots. E' tutto perfetto, non c'è nulla che stona... E ti invidio, e non sai quanto, perchè vorrei riuscire a scrivere anche una sola frase profonda come una one-shot di questo tipo. Bravissima, davvero complimenti.
     
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    Stop Babe

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    Ragazze io sono senza parole.
    Vi ringrazio veramente per i vostri commenti!
    Io sono sempre molto critica verso ciò che partorisce la mia mente malata e mai soddisfatta e mi fa un immenso piacere vedere che invece vi piace ciò che scrivo.

    Grazie mille a tutte.
     
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  7. ~ Speechless;
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    Ognuno di noi è msin troppo critico con se stesso mami ed è normale, ma tu devi star tranquilla perchè ciò che scrivi riesce sempre a togliere il fiato *-*
     
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  8.     +1   -1
     
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    Regalerò una bombola di ossigeno a tutte allora! :lol:
     
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  9. ~ Speechless;
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    Ahahaha si, compresa nel "prezzo" delle OS/FF u.u
     
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  10. PinaKaulitz88
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    Mamy questa one – shot è stupenda :wub:
    Complimenti davvero!

    E’ scritta benissimo e la storia mi ha molto colpito sia per l’argomento trattato che per come è raccontata. Bill credeva di vedere ma in realtà guardava soltanto, Angelika non può guardare ma vede ciò che realmente è importante, ciò che conta davvero.
    Mi sono piaciuti molto i toni soft che hai usato in tutta la narrazione, come hai descritto le scene e le emozioni provate dal protagonista… La nascita di un amore così vero, così puro, disinteressato e bellissimo.

    Grazie per avermi fatto sognare.

    Ti abbraccio
     
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  11.     +1   -1
     
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    Grazie Pina!

    CITAZIONE
    Bill credeva di vedere ma in realtà guardava soltanto, Angelika non può guardare ma vede ciò che realmente è importante, ciò che conta davvero.

    Hai colto nel segno perfettamente.
     
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  12. Va_Le_The_MitaH
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    ho letto questa OS qualche giorno fa ma non ho avuto la lucidità per commentarla
    e nei giorni a seguire ci ho riprovato più volte senza nessun risultato
    non hai la più pallida idea di quello che sei stata capace di smuovere in me
    non ci sono parole nè aggettivi adatti per commentarla è troppo in tutti i lati positivi possibili ed immaginabili
    mi hai spiazzata e sconvolta
    forse per le due situazioni delicate quali l'anoressia e la ciecità, che sento molto, che hai trattato
    ma sono rimasta turbata da questa storia e ogni volta che la leggo mi vengono i brividi
    grazie per aver trattato queste tematiche importanti
    grazie per averci regalato questa storia meravigliosa
    piena di speranza e di amore semplice e puro..il più bello...
    grazie Ale.
     
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  13.     +1   -1
     
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    Grazie a te Vale per il tuo bellissimo commento.
     
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  14. hann92
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    Mutty ** io adoro le tue storie, tutte tutte tutte, perchè?
    Perchè riesci a mettere in ogni storia un pò di te, un pò di quella magia che ti appartiene e fai in modo che diventi nostra, di noi lettrici, con le tue storie mutty io cresco giorno per giorno davvero non scherzo, ciò che dico è la verità non sono solo elogi, perchè dalle tue storie traggo insegnamenti e capisco molte cose, quindi devo solo ringraziarti per quello che fai, grazie Mutty, con te ho capito che la vita va vissuta attimo per attimo e che le cose accadano e arrivano qunto meno ce lo aspettiamo danke mutty.
    La storia è stupenda **
     
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  15.     +1   -1
     
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    Rose e tu sai sempre come farmi felice...
     
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18 replies since 23/2/2010, 23:02   443 views
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