Pezzi di vetro

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    Titolo: Pezzi di vetro
    Autore: Seabreeze
    Rating: NC17
    Genere: Triste, Drammatico, Romantico.
    Avvisi: AU, Twincest Not Related, Language, Non-con, Smut, Violence, Abuse, Crossdressing, Underage Sex.
    Main Pairing: Bill/Tom
    Side Pairings: Bill/Others, Tom/Andrej

    Riassunto

    Non ricordava tutto con chiarezza, infatti, forse perché aveva tentato di cancellare tutto, ma c’erano delle cose che sembravano quasi essere vere. Quell’odore, sì, quell’odore era ancora percepibile nelle sue narici e il disgusto che portava con sé, proprio come quella maledetta sera. Quelle risate, quelle grida e quel corridoio …
    Quei capelli neri, quegli occhi che imploravano aiuto, quelle spalle troppo gracili e quelle braccia troppo magre per poter sostenere tutta quella violenza.
    La cicatrice, quella forse era una delle cose più brutte di quella notte, quell’impressione che si riaprisse, sentiva quasi il dolore sulla sua stessa pelle
    .
    Maledizione, non voleva pensarci.
    Sempre la stessa sensazione, sentiva la disperazione catturarlo a poco a poco, e quelle immagini si materializzavano nella sua mente ad una velocità supersonica, ancora, ancora e ancora.




    Licenza Creative Commons
    A luci spente by »Seabreeze. is licensed under a Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 2.5 Italia License.







    NUOVA STESURA




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    Disclaimer: I personaggi di questa storia non sono di mia proprietà. Tutto ciò che è narrato è solo frutto della mia fantasia, i fatti, quindi, non sono realmente accaduti.
    Il racconto non è a scopo di lucro, ma è stato scritto per puro svago.








    Pezzi di vetro
    Prologo





    L'uomo che cammina sui pezzi di vetro
    dicono ha due anime e un sesso di ramo duro in cuore
    e una luna e dei fuochi alle spalle
    mentre balla e balla,
    sotto l'angolo retto di una stella.
    Niente a che vedere col circo,
    nè acrobata nè mangiatore di fuoco,
    piuttosto un santo a piedi nudi,
    quando vedi che non si taglia, già lo sai.
    Ti potresti innamorare di lui

    Pezzi di vetro - Francesco De Gregori





    Quella sera c’era fin troppo rumore rispetto al solito.
    L’enorme villa dove viveva si affacciava su un’imponente scogliera a picco sul mare.
    Le onde si schiantavano violentemente sulla gelida roccia, colorandosi di bianco, per poi ritornare nel fondo dell’abisso.
    Il vento soffiava impetuoso, trascinando con sé un leggero odore di salsedine, mischiato con quello umido e fangoso di quell’incessante pioggia invernale.
    Il rumore proveniente dall’esterno era assordante, l’ira del mare insieme all’impeto del vento provocava forti boati.
    Il cielo era grigio, grossi nuvoloni compatti parevano pitturati su di uno sfondo chiaro, dando un tocco di profonda malinconia a quel triste paesaggio di metà gennaio.
    L’abitazione si imponeva maestosa in quel tetro paesaggio, illuminata da una serie di luci artificiali che ne abbellivano l’aspetto.
    Il giardino era enorme e ben curato.
    Degli enormi alberi sempreverdi facevano in modo che in quel luogo vigesse sempre un aspetto primaverile, in modo tale che la casa non apparisse spoglia e desolata durante la lunga stagione invernale.
    La struttura dell’abitazione era un po’ antica, costruita con i vecchi canoni un tantino rinascimentali, ma che, visto l’arredamento sia interno che esterno di quel posto, non facevano che dare un tocco di classe in più.
    Due enormi fontane erano poste ai lati adiacenti alla casa, illuminate da luci chiare dal basso verso l’alto, come a seguire la direzione degli spruzzi d’acqua.
    Gli enormi corridoi interni, che si perdevano in una serie di diramazioni, erano pieni di finestroni enormi, ricoperti di tende di velluto rosso. Il pavimento era in marmo e i muri di un panna chiaro, con i soffitti altissimi.
    L’arredamento era tutto in stile neoclassico, con tanto di specchiere enormi e statuette greche. I lampadari erano sfarzosi, ma eleganti, senza mai cadere nell’ovvio o nel pesante.
    La scalinata centrale della casa era il maggior motivo di orgoglio di Edward Harrison Kaulitz.
    L’uomo, famoso imprenditore a livello mondiale, aveva fatto arrivare le ringhiere in ferro battuto direttamente dall’Italia, dove vi erano i migliori lavoratori in quel campo, così come il marmo, uno dei più pregiati al mondo.
    Edward voleva che la sua casa rispecchiasse un po’ la persona che era: raffinata, elegante, precisa e ordinata, forse un po’ all’antica.
    In quella villa, molto più simile ad un castello, alcune volte, come quella sera, dall’aria lugubre e spettrale, perfetto come set per un film dell’orrore.
    A Thomas Andrew Kaulitz, unico figlio di Edward, era stato raccomandato di rimanere nella propria camera, almeno per quella sera. In ogni caso, nella villa vigevano dure e severissime regole, delle regole che non facevano che aumentare la curiosità del ragazzo. Un gradino dopo l’altro, un passo e poi un altro. Le mani gli tremavano e con i denti si torturava il labbro inferiore, arrossato per le strette. Lasciava che il palmo scivolasse sul metallo freddo della ringhiera e ogni tanto si assicurava che nessuno lo vedesse.
    All’improvviso il cielo fu squarciato da un fulmine accecante, seguito subito dopo da un tonfo assordante. Il suo cuore si fermò di colpo, mentre il sangue scorreva gelido nelle sue vene. Rimase per qualche secondo immobile e per un momento pensò davvero di ritornare in camera sua, infilarsi sotto le coperte e fare proprio come il padre gli aveva intimato di fare. Ma la curiosità lo distruggeva, gli impediva di seguire quel minimo di buonsenso che la sua coscienza cercava di far prevalere.
    La voglia di scoprire quel segreto così occulto lo divorava e le sue gambe parevano attratte da una calamita che lo costringeva a scendere quegli scalini. Per non destare sospetti, aveva persino lasciato le luci spente e la luna che brillava tra quelle nuvole grigie era l’unica lampada luminosa che gli impediva di cadere.
    Eppure quell’enorme satellite naturale però dava un aspetto strano a quell’ambiente, arricchendolo di ombre sinistre, mentre qualche soffio di vento, infiltratosi da qualche spiffero di uno dei grandi finestroni, muoveva di tanto in tanto le tende di velluto, facendo sobbalzare il ragazzino.
    La sua casa, illuminata dalla luce del sole, sembrava proprio uno di quei castelli delle fiabe, o una regia imperiale. Ma la notte, quando la luna faceva i suo tetro ingresso nel firmamento, tutte le luci non sembravano abbastanza per levare quell’aspetto inquietante a quell’immensa dimora.
    Soprattutto nelle sere tempestose come quella, ogni rumore appariva spaventoso, ed era facile rabbrividire persino per il rimbombo dei propri passi.
    Dopo un lungo periodo di attesa, impegnato da profonde riflessioni che spartivano in due la sua volontà, Tom decise di continuare a scendere quella scala e scoprire il perché di tanta insistenza da parte del padre nel farlo rimanere obbligatoriamente nella sua camera.
    Dal piano di sotto provenivano risate, musica e, qualche volta gemiti strani, ma tutto ciò non dava l’idea di qualcosa di brutto. Le sue gambe si mossero di nuovo e lentamente iniziarono a venir giù, una dopo l’altra, arrivando fino a metà della scala, lasciandogli intravedere la porta del salone.
    La pioggia batteva impazzita sui vetri trasparenti e la luce argentea della luna scoloriva l’oro dei suoi capelli, così come faceva sembrare bianco quel sottile pigiamino azzurro.
    Tom continuava a scendere a passo lento e calcolato, fin quando non sentì dei passi farsi sempre più vicini, poi un’ombra scura si infiltrò nel buio della sala d’ingresso, dopo aver spalancato con forza la grande porta in legno scuro che portava al salone.
    Da quella sala proveniva un rumore assordante ed era ben udibile un chiassoso chiacchiericcio, misto a risate. Il ragazzino si sbrigò subito a risalire le scale e, rendendosi conto di non farcela a raggiungere la propria camera senza essere scoperto, si nascose dietro una delle tante tende rosse appese ai muri. Si raggomitolò intorno a se stesso, stringendosi le gambe al petto, cercando di trattenere il respiro affannato per la corsa.
    Il cuore gli batteva in petto in modo scomposto, i battiti erano accelerati, la paura lo stava soggiogando.
    Sperava con tutto se stesso che quell’ombra non appartenesse al padre e che, anche se fosse stato così, non salisse a controllare se stesse dormendo.
    Dopo pochi attimi, durante i quali Tom cerò di calmarsi e smetterla di fare il bambino spaurito, non sentì più nessun rumore. Facendosi coraggio, decise di sporgersi un po’ di più verso destra e sbirciare da dietro quel manto di velluto se ci fosse ancora qualcuno nell’atrio della sua casa.
    Afferrò piano piano un pezzo di stoffa e lo spostò, per poi lasciare lo spazio ai suoi occhi ambrati che faticavano a distinguere gli oggetti in quel buio pesto. Tuttavia, dopo averci fatto l’abitudine, scorse la figura di una donna, vestita interamente di nero e i capelli raccolti sul capo, mentre armeggiava con dei bicchieri di cristallo, aggiustandoli uno vicino all’altro su di un grande vassoio d’argento.
    Tom esalò un sospiro di sollievo.
    Quella era solo Minnie, la cameriera.
    Il ragazzo si tranquillizzò all’istante e si trovò a ringraziare tutti i santi del paradiso per aver fatto sì che quella situazione si fosse risolta nel migliore dei modi.
    Fin troppo sollevato da quella scoperta, si fece scappare un risolino che, però, fortunatamente non fu udibile alle orecchie della donna, a causa della musica che proveniva dalla stanza a fianco a lei. Successivamente, quando Minnie finì di sistemare i bicchieri e riempirli con dell’altro aperitivo, sparì dietro la grande porta del salone, chiudendosela alle spalle.
    Tom aspettò ancora qualche secondo, giusto per accertarsi che nessuno più varcasse quella soglia, prima di uscire dal suo nascondiglio e riprendere a scendere le scale. I suoi piedi nudi, fino a quel momento riscaldati dalla moquette di quel piano, si gelarono a contatto con il marmo freddo della scalinata.
    Ma il ragazzino non ci fece molto caso e, questa volta, si affrettò a scendere le scale il più in fretta possibile. Appena superato l’ultimo gradino, si sbrigò a raggiungere una delle due pareti che affiancavano la porta e, dopo essersi fatto coraggio, decise di fronteggiare l’uscio. In quel momento, sentendosi ormai ad un passo dalla scoperta di quella verità scomoda, quasi quasi ci stava ripensando.
    Per un momento pensò di nuovo di andarsene via. E in un attimo si trovò a pensare che forse, se il padre era stato così rigido nell’intimargli di rimanere in camera, c’era un motivo. Ma le sue mani erano ormai disconnesse dal suo cervello e, tremanti, si avvicinarono alla maniglia circolare della porta, per farla ruotare leggermente e far scattare il fermo che la teneva chiusa.
    Il cuore aumentava sempre di più i battiti e Tom iniziò a sudare.
    Improvvisamente si accorse di avere caldo, quando sbirciò dalla porta semi aperta.
    Quello che c’era in quel salone era indescrivibile ai suoi occhi. C’era gente che rideva, che ballava. Donne che si baciavano con donne, uomini con uomini. La puzza di alcol misto a sudore era nauseabondo. I volti stravolti di quelle persone lo inquietavano, le parole che uscivano disconnesse dalle loro bocche e le oscenità che ne venivano fuori lo fecero rabbrividire.
    Qua e là giravano donne semi nude o nude del tutto.
    In un angolo della sala c’erano due bellissime ragazze, una bionda e una bruna che succhiavano avidamente i peni di due uomini che erano in piedi davanti a loro, scambiandosi di tanto in tanto qualche bacio vorticoso che fece venire la nausea al ragazzo che osservava, mentre altri due uomini le possedevano con forza.
    In un altro angolo di quella stessa sala, invece vi era una donna, circondata da tre uomini e la situazione era più o meno simile a quella di prima. Provando ribrezzo per tutte quelle squallide circostanze, stava per chiudere la porta e tornarsene in camera, realmente pentito di aver disobbedito al padre, ma proprio quando stava per farlo realmente, scorse di sfuggita proprio la figura del genitore che si dirigeva in una stanza adiacente al salone e, nonostante ne avesse abbastanza di tutto quello, non poté resistere alla tentazione di scoprire dove fosse diretto.
    Così, quando quello varcò la soglia, Tom si infilò nella stanza, stando bene attento a non farsi vedere dalla cameriera che, là dentro, era l’unica che ancora non fosse ubriaca e fuori controllo. Dopo essersi guardato intorno, si fece spazio tra tutte quelle persone barcollanti, stando bene a tento ad evitare di combinare guai, per poi raggiungere proprio la porta dietro cui era scomparso suo padre.
    In un attimo, con un abile gesto la aprì e vi entrò.
    Conosceva quel corridoio, conosceva quelle stanze che si affacciavano su di esso.
    Suo padre non aveva acceso tutte le luci, ma soltanto una bajour posta su un grande comò antico. Il ragazzino si fece forza e iniziò a percorrere quel corridoio, sperando di non esser scoperto.
    In tutte le stanze regnava il silenzio e tutto sembrava tranquillo, ma Tom sapeva bene che non era così. Ormai l’aveva capito.
    In ogni caso, dall’ultimo ambiente, proprio di fronte all’ingresso del corridoio, provenivano dei rumori ambigui, perciò il ragazzino dedusse che fosse proprio quella la stanza nella quale era entrato suo padre e perciò, lentamente, con il cuore in gola, raggiunse la soglia e notò che la porta era stata lasciata socchiusa.

    - Meglio. - pensò compiaciuto, sbrigandosi a sbirciare al suo interno, divorato dalla curiosità.

    Quindi non perse tempo e, dopo aver preso un bel respiro, si sporse leggermente verso quella piccola fessura, stando bene attento a non fare nessun rumore che avesse potuto spostare l’attenzione su di sé. Ci mise qualche secondo a mettere bene a fuoco una dozzina di uomini nudi che circondavano un’esile figura, stesa su un letto matrimoniale al centro della camera.
    Suo padre, in un angolo di quella stanza, era intento a slacciarsi la cravatta, non distogliendo lo sguardo da quello spettacolo.
    Il ragazzo rabbrividì quando vide il padre avvicinarsi alla figura stesa sul letto e, facendosi spazio tra gli amici, le afferrò i capelli e la costrinse ad accogliere tra le sue labbra il proprio membro eretto. Tutti gli altri uomini, nel frattempo, si accarezzavano ossessivamente i propri peni, in estasi, come ipnotizzati da quella visione. Uno di questi copriva la visuale a Tom che inutilmente cercava di scorgere il viso della figura longilinea che ormai era chiaro stesse facendo un pompino a suo padre.
    Cercò allora di muovere la testa un po’ verso l’alto e un po’ verso il basso, aprì poco in più la porta, attento ad essere silenzioso, e dopo alcuni minuti, tra i varchi creati dai corpi degli uomini in movimento, riuscì finalmente a vedere con relativa chiarezza l’oggetto di tanto desiderio.
    Era un ragazzo, anzi, un ragazzino. Tom sbatté più volte le palpebre incredulo, ma superato lo shock iniziale, continuò a muovere la testa a destra e a sinistra, cercando di vedere qualcosa in più che il sedere peloso di uno di quegli uomini disgustosi, mentre imprecava mentalmente contro la fortuna che proprio non lo stava aiutando.
    D’un colpo, però, appena ebbe finito di infierire, sempre mentalmente, contro quell’uomo che gli occupava la visuale, quello, come se avesse sentito le sue parole, si spostò, lasciando che quella figura scarna e sottile fosse ben visibile agli occhi del biondino che ne rimase folgorato, per quanto fosse disgustato dall’intera situazione.
    Eppure quel ragazzo era davvero l’essere più bello che avesse mai visto.
    La sua pelle bianca e pallida lo rendeva così delicato agli occhi, le sue spalle erano sottili, così come le sue lunghe gambe. Il sedere era sodo e rotondo, mentre un manto di lunghissimi capelli nerissimi gli ricopriva tutta la superficie delle spalle.
    I suoi occhi erano dipinti di un nero profondo e il volto di Tom si rattristò quando notò che quel trucco, troppo pesante per la sua età, era colato morbido sulle sue guance diafane, segno che aveva pianto.
    Il suo naso era carinissimo, i suoi zigomi alti al punto giusto, mentre le sue labbra erano le più invitanti che Tom avesse mai visto nella sua breve vita.
    Un conato di vomito.
    Perché gli veniva da vomitare ora?

    Pochi secondi dopo, suo padre staccò bruscamente il ragazzo dal proprio membro, scaraventandolo sul letto a pancia in giù e entrando immediatamente dentro di lui, in un‘unica e forte spinta.
    Tom sussultò, quando il moro contorse il viso in una smorfia di dolore, prima che gli altri uomini lo circondassero più strettamente e mentre uno lo costringeva a succhiargli il pene, altri due lo obbligavano a stringerlo tra le sue mani. Tutti gli altri, invece, lo toccavano con troppa avidità, lasciando profondi segni rossi sulla sua pelle.

    Tom sentì il bisogno di coprirsi la bocca con una mano e subito si allontanò dalla porta semiaperta, non potendo resistere all’ennesimo conato di vomito. Svelto corse in un angolo del corridoio e, dopo aver poggiato saldamente i palmi alla parete che gli stava di fronte, vomitò tutto quello che aveva messo nello stomaco a cena.
    Sentiva di rigettare tutto, persino l’anima e lo schifo che aveva provato solo assistendo a tutto quello strazio. Aveva tredici anni e non era estraneo al mondo del sesso. Non aveva mai avuto rapporti sessuali, certo, ma era abbastanza informato su come funzionasse e anche lui covava già le sue tenere fantasie erotiche, ma tutto quello, tutto quello era semplicemente disgustoso. Tom, infatti, era sicuro che il ragazzino che stava subendo in silenzio tutte quelle sevizie, non avesse più dei suoi anni.
    Suo padre … come aveva potuto?
    Voleva dimenticare tutto e in fretta, ma appena si sentì meglio, avvertì una forza, una forza irrefrenabile che lo spingeva di nuovo a sbirciare in quella stanza.
    Con passi lenti si fece avanti, non sentiva nessun rumore, se non quello degli ansimi rochi di quegli uomini e i lamenti del ragazzino ormai sfinito, stanco persino di gridare.
    Quando fu di nuovo di fronte alla porta aperta in due, il suo sguardo si concentrò sul
    volto del moro, stravolto e con gli occhi pieni di lacrime.
    Fu allora che Tom iniziò a perdersi, si estraniò da quella situazione orrenda che non avrebbe mai dovuto vedere. I suoi occhi ormai non vedevano quasi più suo padre, tutti gli altri uomini nudi. Le sue orecchie non sentivano più né gemiti e né lamenti. Esistevano solo lui e quel ragazzo che, sì, doveva essere certamente suo coetaneo.
    Gli venne la pelle d’oca.
    Già, mentre lui a tredici anni viveva spensierato in una casa che valeva miliardi di euro, con piscina, sala cinema e palestra incluse, quel ragazzino era costretto a a quella vita, chi sa da chi e per chi sa quale motivo. Era chiaro che non gli piacesse, così com’era chiaro che a quegli uomini non importasse.
    Il dolore che gli stavano provocando doveva essere disumano, Tom non riusciva neanche ad immaginarlo, consapevole che il lavoro della propria mente non sarebbe stato neppure minimamente paragonabile a tutto ciò che stava provando in quel momento quel ragazzino indifeso. Forse era un dolore simile a quello che aveva provato lui quando sua madre era andata via, quando lo aveva lasciato così d’un tratto, senza spiegarsi, senza concedergli nemmeno il tempo di capire. Eppure era sicuro che non fosse la stessa cosa, anche se non riusciva a coglierne le differenze con completa chiarezza.
    Poi ritornò alla realtà, in un attimo, come se fosse svanita quella magia scadente che lo aveva distratto per qualche secondo. E fu allora che, mentre il corpo di quel ragazzo si muoveva, o meglio, era mosso freneticamente da quegli uomini, Tom notò una lunga cicatrice che gli solcava la spalla destra. Doveva essere stato un brutto taglio e quando i muscoli al di sotto di esso si contraevano, stringendo quella poca pelle che ricopriva le ossa, il biondo aveva come l‘impressione che quella ferita si riaprisse. Ogni volta un po’ di più, come a simboleggiare lo strazio di quell’anima lacerata, spezzata, consumata, abusata.
    Iniziò a girargli la testa, lo stomaco cominciava a contorcersi per la millesima volta in quella notte. basta, non ne poteva più, sentiva di stare per svenire. In un attimo con le mani tirarò indietro la maniglia della porta, chiudendola. L’ultima cosa che vide, fu il rilascio di un uomo rude che stava in piedi davanti al moro ricoprirgli tutto il viso, fino a macchiare le labbra con qualche spruzzo.
    Aveva fatto rumore? Non gli interessava, in quel momento non desiderava altro che essere molto lontano da quel posto, nel suo letto magari. Sarebbe stato bello svegliarsi e realizzare che tutto quell’orrore al quale aveva assistito non era stato altro che un bruttissimo sogno, che aveva immaginato tutto. Ma come sarebbe mai potuto essere possibile? Avrebbe, forse, mai potuto sognare qualcosa di cui non conosceva neanche l’esistenza?
    Quelle perversioni, quella cattiveria, quegli sguardi non curanti, persi nella libido. Quelle mani sporche di peccato e quelle orecchie sorde alle urla di dolore … di pietà. La sua voce implorava un po’ di pace, Tom avrebbe giurato di averlo sentito con chiarezza. Il suo cuore batteva troppo forte per essere normale, le sue gambe tremavano così forte da dargli l’impressione di cadere da un momento all’altro e la sua vista sembrava offuscarsi.
    Aveva decisamente sbagliato a farsi vincere dalla curiosità, e aveva pagato a caro prezzo la sua disubbidienza. Quella sua voglia di scoprire sempre tutto lo spingeva verso situazioni più grandi di lui, dalle quali avrebbe dovuto soltanto stare lontano.
    Ancora perso e scosso da quelle immagini che si ripresentavano con prepotenza, sempre più vicine, sempre più reali. Come un fulmine percorse tutto il lunghissimo corridoio e poi il salone, per poi correre velocemente su per le scale e infilarsi dentro la sua camera da letto.
    Le calde coperte invernali sembravano proteggerlo anche se minimamente da tutto ciò che aveva visto, il silenzio che regnava sovrano in quell’ambiente fece da calmante per sua anima inquieta. Poi iniziò a piangere, ma non ci riusciva, era come se qualcosa lo trattenesse. Si sentiva stupido. Perché stava piangendo? Cosa mai lo aveva ferito così tanto da piangere? Quanto potevano valere le sue lacrime in quel momento?
    Si coprì il volto con i palmi delle mani, per poi infilare la testa sotto il cuscino. I singhiozzi che cercava di trattenere gli riempivano il petto e nelle sue orecchie risuonava ancora l’eco di quei lamenti strazianti, emessi da una bocca stanca di pronunciare suoni e parole che nessuno mai avrebbe ascoltato.
    In quel momento il rumore incessante della pioggia che implacabile batteva sul vetro della sua finestra e la luce della luna che incupiva l’aspetto della sua camera non lo turbavano, né impaurivano. Anzi, sorprendentemente fragore diventò piacevole, simile alla musica di un carillon. Era forte, deciso, costante e brutale e sembrava coprire i boati che rimbombavano nel suo cervello. Così, dopo pochi minuti cadde in un sonno per niente tranquillo.







    Note Autrice: Buongiorno!! :D Sono sfinita, stressata, stanca, esaurita e chi più ne ha più ne metta ( be', periodaccio, se non si è capito :patpat: ), ma sembra che mi sia tornata quantomeno la voglia di buttar giù qualche riga.
    Che dire di Pezzi di vetro? Eccovi, anche se con molto ritardo, la storia di cui parlavo tanto tempo fa.
    Avevo detto che l'avrei postata solo nel momento in cui fosse stata interamente scritta, ma successivamente ho pensato che non ne sarebbe valsa la pena, perché in quel modo, probabilmente, non l'avrei postata mai! :nono:

    Comunque, con l'ombra di A luci spente ho paura ad intraprendere qualsiasi nuovo lavoro, ma questa è una storia a cui tengo veramente molto.
    C'è stato un " piccolo " accenno alla pedofilia in questo primo capitolo, non so se a qualcuno di voi dia fastidio, ma ci tenevo a dire che è solo un prologo e questo tema non sarà, perciò, costate in tutta la fanfiction, la cui trama effettiva è sviluppata un po' di anni dopo.
    La storia sarà comunque molto forte, molto di più della mia "creazione" precedente ( ho messo in atto la mia vena più sadica )
    Va bene, basta, ora mi cucio la bocca, altrimenti vi svelo tutto :ph34r:

    Ecco, non so con quale frequenza aggiornerò, sicuramente per il momento ho scritto altri quattro capitoli, escluso questo!

    Un grazie enorme a tutti coloro che anno letto e a tutti quelli che mi seguiranno in questa nuova " avventura ".

    Seabreeze




    ELENCO CAPITOLI:
    Prologo
    Chi sei tu?
    Pieces of memory
    Strane visioni
    Che il gioco abbia inizio!

    Edited by »Seabreeze. - 11/2/2015, 04:26
     
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    CITAZIONE (Lìlìth; @ 31/1/2012, 18:36) 
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    Genere: Triste, Drammatico, Romantico.
    Avvisi: AU, Twincest Not Related, Language, Non-con, Smut, Violence, Abuse.

    Io ti AMO.
    Prima! Ora leggo u.u

    Eheh, questo è merito della nostra vena sadica!! :rox:

    I love you too :love:
     
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    CITAZIONE (Lìlìth; @ 31/1/2012, 22:22) 
    Ho letto u.u
    Oddio, c'è, posso dirti ancora che ti AMO?!
    Una serie di gangbang in giro per la casa di Tom suona quasi comico, però xD
    Oddio povero Bill >.< Già a tredici anni, che gioventù bruciata D:
    Però hai ragione su questo u.u
    CITAZIONE
    questo è merito della nostra vena sadica!!

    Bill soffre sempre come un animale ç___ç LOL
    No ma davvero, me gusta! *fa la faccina del me gusta*
    Non vedo l'ora di leggere il seguito *www*
    Up Up Up Up Up Up Up Up Up Up!

    Be', per dire, quando ci sono i soldi...
    Mmh, questo poi è solo un precedente necessario a tutto il resto della storia :)

    Amore, grazie! :superlove:
     
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    Nuova lettrice ^^ mi piace molto il modo in cui scrivi e come trama é davvero interessante.complimenti :)
     
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    CITAZIONE (Black light @ 1/2/2012, 09:41) 
    Nuova lettrice ^^ mi piace molto il modo in cui scrivi e come trama é davvero interessante.complimenti :)

    Ciao cara!
    Grazie mille :love:

    CITAZIONE (Lìlìth; @ 1/2/2012, 10:31) 
    CITAZIONE
    Mmh, questo poi è solo un precedente necessario a tutto il resto della storia

    Yuhùùù! :agitato2:
    *salta per aria*
    Comunque Uuuuuuuuuuuup!

    :rofl: :rofl: :rofl:
    Mettiti al lavoro anche tu :addict:
     
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    Uff, c'era un messaggino per te :tet:
     
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  7. PinaKaulitz88
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    Appena posso leggo cara :wub:
     
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    Mancavi qui :tet:
    Non ti preoccupare, prenditi tutto il tempo del mondo :love:
     
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  9. PinaKaulitz88
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    :superlove:
    Ma "Going Crazy" dov'è finita? Sono io che non la vedo? o.O
     
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    Tom
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    Ci sono stati dei problemi tecnici, non so da cosa è dipeso, ma il link non funzionava bene .__.
    Quindi ho dovuto farla cancellare. Ora però non la trovo più nel mio archivio!!! :cry:
     
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  11. PinaKaulitz88
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    Sì, ma da qualche parte deve pur essere finita, non può essere scomparsa nel nulla <_<
     
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  13. PinaKaulitz88
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    Chiedi a qualcuno dello staff del forum.
     
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    Tom
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    Va be', ma loro in questo non c'entrano nulla, è un problema dell'archivio del mio pc!
    Spero solo non si sia cancellata del tutto!
     
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  15. Dakota.Auree.
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    E' da un po' che aspettavo di leggere questa storia che ho scoperto grazie a quello che c'e' scritto nella tua firma.
    Pur essendo un inizio rude e forte a primo impatto, non riesco ad immaginare cosa aspettarmi da questa storia. Mi piacciono molto le descrizioni, dagli oggetti, alle azioni, ai sentimenti, allo stato d'animo di Tom. Davvero molto brava. Aspetto con ansia il prossimo capitolo, quindi up up : )
     
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340 replies since 31/1/2012, 18:25   5261 views
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