THE V2O

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  1. [F]ottutamente~Stefy[89]
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    Titolo: The V2o
    Autrice: FottutamenteStefy
    Beta: Elliska
    Genere: Horror, paranormal.
    Avvisi: Blood, death fic.
    Note dell'autrice: Ciao a tutti!!! Questa storia inizialmente doveva essere una novella horror per un contest, ma pooooi mi sono fatta prendere la mano e non sono più riuscita a fermarmi. Non credo mi sia uscita proprio come la volevo... ma vabbé XD


    THE V2O






    image





    L’insegna “The V2o” era illuminata da un viola molto scuro. Dall’altra parte della strada, Rachel vide Linda entrare in quel locale con l’espressione più eccitata che le avesse mai vista dipinta sul volto. Dopo di lei, entrarono due ragazzi alti e robusti dai capelli neri e ricci racchiusi in codini bassi e gli occhi contornati da uno spesso strato di matita nera; avevano un’aria parecchio minacciosa. Rachel si strinse goffamente nella giacca di pelle borchiata che aveva comprato per l’appunto quella mattina e a piccoli passetti insicuri si diresse all’ingresso del pub -o a qualunque cosa fosse quel posto. Man mano che si avvicinava, avvertiva un’energia negativa impossessarsi dei suoi sensi. Forse era solo paranoica, non lo sapeva, ma doveva scoprire una volta per tutte che cosa accadesse all’interno di quel locale e, soprattutto, che cosa avesse fatto cambiare così radicalmente la sua migliore amica. Da quando frequentava il The V2o, Linda non era più stata la stessa; la ragazzina solare e allegra di un tempo, aveva lasciato il posto ad una Linda introversa e taciturna e Rachel era decisa ad andare fino in fondo a quella storia. All’inizio aveva pensato che l’amica stesse attraversando un semplice periodo di tristezza interiore per via dell’amore non corrisposto che provava per Vincent, ma poi si era ricreduta quando Linda aveva cominciato a frequentare quel locale più assiduamente: quando aveva preso a vestire sempre di nero, quando aveva iniziato ad ascoltare quello strano gruppo rock-metal-brutal che si esibiva ogni sera al The V2o, e infine quando aveva tinto i suoi splendidi capelli castani e li aveva fatti diventare di un biondo platino che sfociava nel bianco più accecante che Rachel potesse sopportare. E più i giorni passavano, più il viso di Linda diventava pallido come la luna, le labbra blu come l’oceano, gli occhi cupi e incavati, le braccia e le gambe sempre più scheletriche. Era irriconoscibile. E Rachel si azzardò a pensare che era come se il suo corpo si stesse essiccando, come se qualcuno o qualcosa la stesse prosciugando della sua vitalità, della sua anima.
    Deglutì e cercò di scacciare quei ridicoli pensieri dalla testa. Allungò un braccio tremante e aprì la porta dell’ingresso, sperando che il suo travestimento rock-glamour la facesse passare inosservata, e che la parrucca nera che copriva i suoi capelli ramati la rendesse irriconoscibile agli occhi di Linda. Non appena si richiuse la porta alle spalle, si ritrovò di fronte ad un corridoio buio e spettrale. Si morse le labbra e camminò lungo il pavimento rivestito da moquette nera, sentendo il proprio cuore battere all’impazzata e la pelle degli anfibi scricchiolare ad ogni passo. Era certa che a ragazzine come lei non fosse permesso frequentare quel genere di posti, ma forse in quel locale facevano delle eccezioni dato che Linda ci andava ogni giorno, e lei, così come Rachel, era ancora minorenne.
    Alla fine del corridoio trovò delle scale a chiocciola che portavano ad un piano inferiore con le luci soffuse. Rachel sbirciò di sotto e constatò che la stanza era stranamente vuota. Ma dov’erano tutti? Scese le scale, attenta a non cadere e rompersi l’osso del collo, con l’agitazione che cresceva sempre di più.
    In quel locale c’era qualcosa di sinistro e tenebroso, poteva percepirlo sulla pelle e sotto la pelle.
    Notò una porta che sfociava in un altro corridoio, e stavolta Rachel lo attraversò a gran falcate perché aveva come l’impressione di essere seguita. Fece scivolare lo sguardo oltre le sue spalle… e non vide nessuno. Era sola.
    Il corridoio terminò in una stanza con vari salottini e tavolini. C’erano dei ragazzi e delle ragazze che limonavano alla grande e alcuni che sniffavano cocaina. Rachel rabbrividì e si impose di non guardare nessuno negli occhi.
    Ora riusciva a sentire in sottofondo la band che suonava e cantava –o meglio, gridava. Sembravano posseduti.
    “Dio, Linda, ma in che giro ti sei mischiata?” pensò disperatamente. Trovò un’altra scala e Rachel scoprì che questa portava direttamente nella sala illuminata da fasci di luce rosso sangue, dove in quel momento si stava esibendo quel famoso gruppo. La prima cosa che notò fu il grande crocifisso capovolto che troneggiava sul palco e il cantante che urlava bestemmie varie contro il microfono e che faceva muovere selvaggiamente la sua fluente chioma da una parte all’altra. Sgranò gli occhi e quasi fu tentata di fare dietrofront e tornarsene a casa.
    Quelli erano satanisti!
    Prima di darsela a gambe, però, l’occhio le cadde su una testa bianca e brillante.
    «Linda!» mormorò Rachel. Era al bar e qualcuno le stava offrendo da bere, sembrava serena, sembrava che quella musica assordante e quelle grida non le dessero alcun fastidio. Sembrava addirittura rapita e affascinata dal suo accompagnatore.
    Con un coraggio che non sapeva di possedere, Rachel scese le scale, facendo vagare curiosamente lo sguardo sul resto della sala; alcuni ragazzi nelle prime file davanti al palco, erano impegnati a scatenarsi e a pogare, mentre altri cantavano semplicemente rimanendo sul posto e portando il tempo con la testa. Rachel non sapeva scegliere chi tra loro fosse più inquietante. Quando riportò lo sguardo sulla sua migliore amica, si accorse che questa era sparita. Rachel ebbe un fremito. L’aveva persa di vista!
    Dandosi mentalmente dell’idiota, si fece spazio in quella bolgia di corpi col respiro affannato. Tutti lì dentro sembravano pericolosi, e drogati, e ubriachi.
    Qualcuno le pestò un piede, qualcun altro le tirò una ciocca della parrucca, altri ancora si strusciarono sul suo corpo e Rachel si trattenne dal rimettere il resto della cena. Doveva trovare Linda, doveva capire che diavolo combinasse in quel posto, e poi l’avrebbe trascinata via anche per i capelli, se fosse stato necessario. Non le avrebbe permesso di cacciarsi in guai seri, anche se sembrava esserci ormai dentro con tutte le scarpe.

    Rachel inciampò sui suoi stessi piedi e andò a sbattere contro un ragazzo alto e moro. Sollevò il viso per rifilargli delle patetiche scuse e fuggire via, ma lo sguardo magnetico di quel giovane la destabilizzò. I suoi occhi erano di un verde smeraldo con pagliuzze rosso fuoco ad abbellirgli le iridi. Quelli erano gli occhi più belli e inquietanti che avesse mai visto.
    “Sono delle lenti a contatto! Non possono essere veri” si disse scioccamente, indietreggiando.
    Il ragazzo ghignò amabilmente e accarezzandosi la piccola e uniforme cresta con un gesto sexy. Rachel si costrinse a chiudere la bocca e a passare oltre, ma prima che potesse fare solo un singolo passo, il ragazzo la spintonò, facendola entrare in quel groviglio di corpi.
    Rachel venne risucchiata e sballottata da una parte a l’altra, mentre tutti i ragazzi intorno a lei e su di lei, saltavano e si dimenavano come tori impazziti. La musica era sempre più forte e assordante, i chitarristi pizzicavano le corde con ferocia, e le luci rosse erano diventate psichedeliche. Troppo spaventata, confusa e stordita per poter reagire, Rachel si lasciò scuotere e spingere finché non arrivò nelle prime file. Il cuore stava per scoppiarle nel petto e le gambe non volevano smettere di tremare; temeva che sarebbe svenuta da un momento all’altro.

    Il cantante fece dei growl terrificanti al microfono, mostrando il dito medio e causando l’ilarità del pubblico. Tutti ruggirono in visibilio e Rachel non poté fare a meno di rimpicciolirsi su se stessa come un cerbiatto impaurito. Con orrore, poi, vide il cantante estrarre un crocifisso di legno da una sacca posata lì vicino: e a quel punto tutti i presenti aprirono la bocca e fecero guizzare fuori le loro lingue come tanti serpenti a sonagli. Il cantante guardò compiaciuto tutto il suo pubblico e diede una poderosa leccata alla croce, proprio nel punto in cui sarebbe dovuto esserci il viso di Cristo.
    Rachel spalancò gli occhi e con una mano tremante si coprì la bocca. La gente intorno a lei continuava ad agitare la lingua in modo scomposto e osceno. Il cantante dai lunghi capelli neri come la notte e i quattro piercing sul labbro sogghignò e, con un movimento del tutto naturale, si fece scivolare il crocifisso all’interno dei pantaloni ed infine nei boxer.
    Il cuore di Rachel scalpitò brutalmente, le gambe le tremavano come gelatina e lo stomaco si stringeva e si contraeva dolorosamente. Doveva andarsene via di lì; presto!
    Armata di tutta la sua buona forza di volontà, tornò indietro fregandosene di pestare i piedi a tutti e fregandosene se le ciocche della sua parrucca si impigliavano alle loro borchie. Quando finalmente riuscì ad uscire da quel miscuglio di serpi, si concesse di ritornare a respirare. La musica continuava a riecheggiare sempre più potente e implacabile, e i ragazzi a gridare e a saltare.
    Rachel si portò una mano al petto; la paura la stava attanagliando dentro. In quell’istante non era più sicura di voler scoprire cosa facesse Linda con i suoi nuovi amici; non dopo quello che aveva appena visto. Era troppo. Quelle persone non erano normali… e forse neanche Linda lo era.
    Adocchiò le scale a chiocciola e si precipitò su di esse come se quelle fossero state la sua unica fonte di salvezza, come se quelle fossero state l’unico modo per potersi svegliare da quell’incubo. Ma cosa le era saltato in mente quando aveva deciso di avventurarsi lì da sola? Che diavolo avrebbe potuto fare lei contro quegli omaccioni? Era solo una stupida ragazzina di diciassette anni che non riusciva nemmeno a sollevare una cassa d’acqua, figuriamoci a salvare qualcuno.
    Che poi…
    … Linda non sembrava nemmeno aver bisogno di essere salvata. Andava in quel locale di sua spontanea volontà, era cambiata di sua spontanea volontà, si era ridotta in quello stato di sua spontanea volontà. Non aveva chiesto aiuto a nessuno. A Linda piaceva la sua nuova compagnia, a Linda piaceva il The V2o…
    Rachel si ricordò la sua faccia eccitata pochi minuti prima e la sua espressione serena quando l’aveva vista in compagnia di quel giovane. Forse a Linda andava bene così. Forse era solo lei che pensava di dover salvare la sua migliore amica… forse era solo lei che rivoleva indietro la sua spensierata Linda, quella ragazza piena di vita e col sorriso sempre sulle labbra. Quella ragazza dalla carnagione rosea, l’aspetto sano, e i capelli castani che catturavano tutti i riflessi del sole, e dalle labbra piene e carnose.
    Semplicemente, rivoleva la sua migliore amica.
    Guardò il primo scalino che l’avrebbe condotta verso la libertà e si chiese se fosse giusto salirlo e lasciarsi alle spalle quel mondo inquietante e tenebroso, se fosse giusto lasciare a Linda la libertà di commettere i suoi errori, di sbagliare e cambiare…
    … la vita era la sua, dopotutto.
    Ma si chiese anche se fosse giusto lasciare che la sua migliore amica si facesse del male, perché lo stava facendo, anche se non se ne rendeva conto. Si chiese se fosse giusto scappare via e non provare nemmeno a farla ragionare…
    Rachel deglutì.
    Sollevò il piede… ma poi lo rimise giù.
    Si era recata lì con una missione ben precisa e non si sarebbe tirata indietro solo perché quattro farabutti con la faccia di Marylin Manson l’avevano spaventata a morte. Avrebbe scoperto in cosa si era immischiata Linda e l’avrebbe portata via da lì. L’avrebbe fatto per il suo bene.
    Annuì con decisione per convincersene, e ritornò a guardarsi intorno: la sala era affollata e semibuia, se non per quelle fastidiosissime luci rosse. Rachel raggiunse il piano bar, sperando di trovare qualche traccia dell’amica. La maggior parte delle persone che frequentavano quel locale avevano i capelli neri, quindi suppose che non sarebbe dovuto essere poi così difficile focalizzare una testina biondo platino.
    Si alzò sulle punte dei piedi facendosi leva sul bancone del bar, e controllò tutta la sala.
    Linda sembrava essersi volatilizzata nel nulla.
    Stava per dare un’occhiata anche tra i ragazzi che si sbattevano come uova di fronte al palco quando, con la coda dell’occhio, intravide una porta sulla destra.
    La porta era completamente spalancata e buia, accessibile a chiunque, ma stranamente tutti sembravano starne alla larga.
    Rachel si accigliò.
    Che fosse andata lì dentro?
    Decise di andare a dare un’occhiata.
    Più si avvicinava a quella porta, più sentiva un moto di paura e terrore crescerle dentro. Quell’ingresso era buio pesto; era quel genere di buio che creava gli scenari dei tuoi incubi peggiori, quel buio che sembrava inghiottirti in un buco nero senza fondo, quel buio che ti faceva arrivare il cuore in gola e soffocare.
    La stanza era talmente priva di qualsiasi tipo di luce che a Rachel parve di camminare con gli occhi chiusi, mentre ci entrava.
    Non sapeva dove stesse mettendo i piedi, non sapeva cosa ci fosse in quella stanza -o corridoio?- non sapeva nemmeno che cavolo stesse facendo lì dentro, ma continuò a camminare. Nonostante non riuscisse a vedere un palmo dal suo naso, Rachel mise un piede tremante davanti all’altro, mentre la musica diventava via-via più lontana. Il rumore irregolare del suo respiro e i battici frenetici del suo cuore l’accompagnarono lungo il tragitto, mentre allungava le mani in avanti per paura di andare a sbattere contro qualcosa o qualcuno. Ma dubitava seriamente che ci fosse qualcuno lì dentro… solo ad una sciocca come lei sarebbe venuto in mente di entrare in una stanza fottutamente buia.
    “Oddio, ma che sto facendo?!” si disse, tremando dalla testa ai piedi.
    E poi, all’improvviso, una lucina in lontananza.
    Rachel perse un battito.
    Quella luce sembrava la debole fiamma di una candela.
    Non sapeva cosa ci facesse una candela lì in mezzo al… nulla! Ma Rachel decise di raggiungerla, e il più in fretta possibile. Non riusciva più a sopportare tutto quel buio; si sentiva osservata, si sentiva vulnerabile, si sentiva cieca. Aveva urgentemente bisogno di un po’ di luce.
    Stando attenta a non cadere, corse verso la candela poggiata su quello che sembrava un mobiletto.
    Rachel la prese e si leccò le labbra, desiderosa come non mai di un bel bicchiere d’acqua per riprendersi. Non aveva mai provato così tanta paura come quella sera. Agitò la candela di fronte a sé e si accorse che c’è n’era un’altra poco più in là, sul pavimento. Era una candela nera di media grandezza e Rachel la strinse forte intorno alle dita. Appena la toccò, ne individuò un'altra e Rachel era più che sicura di non averla vista, prima. C’era solo una candela, prima. Da dove stavano sbucando le altre?
    Rachel deglutì un sasso che le si era formato in gola. Raggiunse anche quella candela, ma stavolta non la toccò, si guardò semplicemente intorno.
    C’era qualcuno.
    Sentiva una presenza.
    “Oddio”
    Un fruscio alle sue spalle.
    Rachel si girò di scatto e agitò da una parte all’altra le due candele che aveva in mano, con gli occhi spalancati. Non vide nessuno ma quella cosa era ancora lì; la sentiva muoversi furtivamente nell’ombra. La sentiva ghignare.
    Il cuore batteva veloce contro la sua gabbia toracica, come se quella cosa stesse cercando di strapparglielo dal petto con la sola forza del pensiero.
    La cosa si mosse di nuovo, facendo spostare l’aria.
    Rachel non riusciva a pensare più a niente se non al fatto che sarebbe morta. Quella cosa l’avrebbe presa e lei sarebbe morta. Ne era sicura.
    Poi quella cosa le respirò sul collo e Rachel si sentì paralizzare dalla testa ai piedi. Le fiammelle delle tre candele tremarono e nel giro di un secondo divenne tutto di nuovo buio. Rachel trattenne il respiro, e sentì gli occhi riempirsi di lacrime.
    Era di nuovo tutto oscuro, e lei era sola, e inerme, e indifesa come un pulcino nelle grinfie di una pantera.
    Aspettò che accadesse qualcosa mentre il silenzio veniva interrotto solo dai suoi miseri e patetici singhiozzi. Quella cosa era dietro di lei, alta e imponente. Rachel poteva percepire il suo odore e la sua stazza.
    Attese che chiunque si trovasse dietro di lei la sgozzasse e mettesse fine alla sua vita, ma non successe nulla. Non ancora, perlomeno.
    Per un momento pensò che forse quella cosa l’avrebbe risparmiata, che forse poteva ancora mettersi in salvo e scappare, che forse per lei c’era ancora speranza. Inghiottì un groppo di saliva e con uno scatto improvviso iniziò a correre più veloce di quanto non avesse mai fatto in vita sua. Il buio la circondava e non aveva idea di dove stesse andando, la cosa più importante però era allontanarsi da quella cosa.
    Pianse forte e la gola si strinse dolorosamente mentre fuggiva via, spedita, terrorizzata, affranta.
    E poi una voce. Due voci. Tre voci. Quattro voci. Dodici voci che sembravano quelle di monaci iniziarono ad intonare una canzone lenta e inquietante; una nenia, una litania, una preghiera… rivolta a chissà chi. Le loro parole erano incomprensibili e il canto prese forma e potenza e Rachel buttò via le candele per coprirsi le orecchie mentre continuava a correre come un’ossessa.
    Qualcosa la afferrò per la vita e Rachel urlò e scalciò per liberarsi dalla sua presa ferrea, con scarsi risultati. Una mano ruvida si posò sulla sua bocca, attutendo le grida- forse per non interrompere quel momento idilliaco.
    Nonostante avesse la vista appannate per tutte le lacrime che stava versando, Rachel riuscì a vedere l’uomo che la teneva ben ferma: aveva un mantello nero e il cappuccio calato sulla testa con una lunga punta verso l’alto. Sbatté le palpebre senza smettere di gridare e piangere, e si rese conto che la sala ora era illuminata. C’erano tantissime candele di ogni forma sparse un po’ ovunque; Rachel si chiese come avessero fatto ad accenderle tutte in un solo colpo. Poi vide che le altre undici persone indossavano lo stesso medesimo mantello del suo aggressore, ed erano tutti disposti intorno ad un cerchio tracciato con un gessetto bianco, compresi loro. All’interno del cerchio vi era una stella asimmetrica con le due punte rivolte verso l’alto e strani simboli che Rachel non riuscì a decifrare.
    I monaci misteriosi terminarono il canto con dei sussurri sconcertanti e poi nella stanza calò un religioso silenzio.
    La mano intorno alla sua bocca era salda, e Rachel sentì la sua stessa saliva scivolare lungo il mento e mischiarsi alle lacrime. Non poteva essere vero. Tutto quello non poteva essere vero.
    I monaci posizionati in direzione delle due punte della stella, si inchinarono profondamente e si fecero da parte per lasciar passare un altro monaco che sembrava essere il più importante di tutti. Reggeva una lancia nera e lunga e in cima ad essa vi era un grosso esagono dorato su cui erano incise delle parole in latino.
    L’uomo batté per tre volte lo scettro fuori dal cerchio, mentre gli altri riprendevano compostamente le loro posizioni.
    Rachel non riusciva a vedere nessuno di loro in volto… ma non sapeva effettivamente come, riusciva a sentire gli occhi di quel monaco puntati addosso: gialli e perfidi.
    «Il nostro Signore ha fame!» esordì l’uomo con un ghigno. Le dodici persone si inginocchiarono automaticamente e anche Rachel fu costretta a farlo. Il suo aggressore la stringeva ancora forte.
    «Avete portato dei doni al nostro Signore?» chiese con un tono falsamente dolce. Tutte le teste si voltarono verso Rachel e lei spalancò gli occhi.
    «Oh…» disse estasiato, esaminandola come un falco farebbe con la sua preda. «Meraviglioso… un dono meraviglioso. Il nostro Signore lo apprezzerà.» commentò con una voce vellutata. «Mettetela qui.» ordinò poi, indicando il centro della stella col suo bastone.
    L’uomo la sollevò facilmente e Rachel si dimenò con tutte le sue forze.
    «NOOO!» gridò scalpitando.
    Con estrema riverenza la posò a terra e la mise in posizione fetale, per poi imbavagliarla e legarle gambe e polsi. Rachel pianse sentendosi completamente distrutta e in trappola.
    Chi era il loro Signore? Che cosa volevano farle? Che significava essere un dono?
    Il suo aggressore ritornò al suo posto fuori dal cerchio e l’altro riprese parola.
    «Che la celebrazione abbia inizio!» annunciò sollevando lentamente il bastone mentre gli altri si inchinavano e baciavano la terra sotto i loro piedi.
    «Nostro Signore, re di tutti i re, accogli il nostro umile sacrificio. Noi ti lodiamo, ti glorifichiamo, ti adoriamo.»
    Rachel tremò da capo a piedi e la vescica le cedette per la troppa paura. I pantaloni neri si bagnarono, e non poté far altro che piangere per l’umiliazione, il terrore e la rabbia.
    «Ti rendiamo grazie. Accetta il nostro dono. Saziati della sua carne e del suo sangue!»
    Rachel sgranò gli occhi. L’aria non arrivava più ai polmoni.
    Il monaco fece il giro del cerchio, dando un colpo alle cinque punte della stella.
    «Mostrati a noi, Signore!»
    Alcune candele si spensero e la stanza divenne più buia.
    «Vieni, Signore, vieni per noi…»
    Un rumore. Un soffio di vento.
    Rachel sussultò.
    Una strana scia di fumo sbucò da chissà dove e fluttuò nell’aria, diventando man mano più densa e uniforme, formando la sagoma di una persona. Quella sorta di vapore prese sostanza e apparvero delle braccia, delle mani, delle dita…
    Rachel guardò tutta la scena con la bocca spalancata e la saliva che inumidiva la fascia tra le labbra.
    Il Signore prese forma: un uomo alto e longilineo dai capelli neri come il buio che l’aveva circondata pochi minuti prima e dagli occhi rossi e fiammeggianti come le luci psichedeliche dell’altra sala.
    Rachel cercò in tutti modi di strisciare via e fuggire ma quegli occhi penetranti la inchiodarono per terra.
    «Nostro Signore!» mormorò il monaco inginocchiandosi pateticamente al suo cospetto.
    Quello gli rivolse uno sguardo serio, mostrando leggermente i denti lunghi e affilati.
    «Nostro Signore…» ripeté tremante. «Accetta il nostro dono. Dissetati del suo sangue.»
    Il Signore tornò a guardare Rachel, appallottolata su se stessa. Si mosse verso di lei senza poggiare i piedi per terra e poi si chinò, osservandola.
    Rachel vide il suo sorriso da squalo e la pelle raggrinzita e grigia del suo volto. Era terrificante.
    Quel coso l’avrebbe mangiata, succhiata, sbranata, svuotata.
    Sentì un conato di vomito salirle su per la gola e gli occhi lacrimare senza sosta.
    «IL SIGNORE HA ACCOLTO LA NOSTRA OFFERTA!» sentì proclamare.
    Il cuore fece una capriola e a quel punto tutti i presenti si calarono i cappucci, mostrando i loro volti.
    Rachel scoprì che il suo aggressore non era altro che il ragazzo con la cresta nera, quello dagli occhi verdi e rossi. Gli altri non erano altro che uomini rozzi e disturbarti. Poi i suoi occhi incontrarono un paio di iridi azzurre e dei capelli biondi come la luna.
    «L-linda…» farfugliò attraverso la stoffa, e sentendo il mondo crollarle addosso. «Linda…»
    Linda la guardò, inespressiva, impassibile, imperturbabile.
    Il signore avvicinò il viso al suo ma Rachel continuò a tenere gli occhi puntati sulla sua migliore amica… su quella che credeva fosse la sua migliore amica. Come poteva permettere che le facessero quello? Perché non interveniva? Perché non l’aiutava?
    Rachel aveva rischiato la sua vita per lei…
    Il signore le respirò addosso e le leccò il collo, assaporando il gusto della sua pelle.
    Linda era fredda come il ghiaccio, bianca come la neve, magra e minuta come una ragazzina del terzo mondo che non si nutriva da anni.
    Il signore premette piano i lunghi e affilai canini contro la sua giugulare, e prima che Rachel potesse formare qualsiasi pensiero coerente e avere la forza di odiare e detestare Linda per tutto quello che aveva fatto, sentì i denti affondare nel suo collo e il sangue fuoriuscire a fiotti.
    Il Signore la strinse tra le sue luridi braccia, mangiando e succhiando come una belva feroce e affamata.
    Rachel venne investita da un dolore allucinante, sentendo la sua pelle che veniva lacerata e la sua carne strappata via a morsi.
    E mentre il suo corpo sanguinante veniva scosso rudemente e azzannato e divorato, Rachel guardò un ultima volta Linda e si fece una promessa…

    Se ci fosse stata un’altra vita dopo la morte, non avrebbe mai più rischiato niente per una amica.
    E se avesse rincontrato Linda…
    …l’avrebbe uccisa con le sue stesse mani.


    FINE.

    Edited by [F]ottutamente~Stefy[89] - 14/3/2011, 11:35
     
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  2. jandira
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    OH mio dio ma sei pazza? èp meravigliosa spaventoso, e un asia tremda maledettae , voglio un continuo ora, Mi piace il modo in cui hai descritt il locale ( per un momento ho immagna queer as folk nella darkroom ) mentre lo leggevo riuscivon a vedere il posto come se fossi lòa protagonista..... sei stata davvero brava.... Paura? si molta soprattutto qundo si trva nel buio totale quando la luce è la sua speraza anche se poi si rivela la sua morte, e quei occhi che cercano quelli ch l'hano portata all morte quasi come supplica una speranza che ance la sua linda per lei avrebbe rischiato lavia c delusione paura di sapere che la verità è un altra.... odeos bella mi piace stefy brava poi ti chiamo quando toro a casaok? un bacio brava
     
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  3. [F]ottutamente~Stefy[89]
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    waaaaaaaaaaaaaa sono contenta che ti sia piaciuta jandyyyyyyyyyyyyyyyyyy.. cioè mi vorresti dire che sono riuscita nel mio intento???? :rofl:
    Cazzo allora mi stimo XDDDDDDDDDDDDDD

    Per il sequel non lo so >.< me l'hanno già chiesto nell'altro forum maaaaa boh, se mi viene un'idea originale in mente perché no?
    Se non mi arriva niente allora penso proprio che la lascerò così XD


    Grazie per aver letto e commentato *W* <3
     
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2 replies since 14/3/2011, 00:43   81 views
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