Incomplete

NC17 - Romance; Language; Twincest Not Related; AU.

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    Titolo: Incomplete
    Autore: Aliasphire
    Rating: NC17
    Genere: Romance
    Avvisi: Twincest Not Related; Language; Hurt/Comfort; AU.
    Pairing: Bill/Tom
    Side Pairing: Bill/Andreas
    Disclaimers: I Tokio Hotel non mi appartengono. Tutto ciò che è narrato in queste pagine è solo frutto della mia fantasia, pertanto nulla è realmente accaduto. Scrivo per puro piacere personale e non a scopo di lucro.
    Riassunto: “Non sculettare troppo o ti disarticoli”, esordì Tom dal fondo della classe, facendo ridere tutti gli altri. Professore compreso.

    Il moro gli fece una smorfia e lanciò il quaderno sulla cattedra.

    “Mi dica quello che devo fare e lo faccia in fretta, non ho tempo da perdere”, sputò in faccia al professore mentre cercava con tutte le sue forze di nascondere l’imbarazzo provocato da quella stupida battuta di quello stupido Tom. Anche se ormai quegli insulti gli rimbalzavano.







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    Incomplete by Aliasphire
    Creative Commons License
    This work is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 3.0 Unported License.
    Based on a work at Aliasphire's Archive.





    Incomplete









    Chapter 1.





    Sarebbe riuscito a distinguere il rumore di quei tacchi tra un milione.

    Alzò lo sguardo dalla sua canna ben fatta che teneva tra le dita da un paio di minuti per posarlo sulle gambe lunghe e snelle di quell’ombra nera che si trovava al centro del cortile.

    Scosse la testa. Era inutile continuare a pensarci.

    In quella scuola aveva una reputazione da mantenere e non poteva smettere di fare lo stronzo solo perché quella che pensava fosse la gnocca più arrapante del pianeta non era che quel frocio di Trümper.

    Dio, quanto lo faceva incazzare.

    “Terra chiama Tom!”, fece Georg scuotendo una mano davanti al suo viso. Il rasta riemerse dai suoi pensieri e sorrise. Un sorriso falso come un paio di banconote da venti che aveva nel portafoglio.

    “Hai intenzione di fumartela tutta?”, chiese guardando quella canna ormai poco più grande di un’unghia.

    Tom scosse la testa e fece un ultimo tiro, bruciandosi la gola col fumo che usciva dal filtro e tossendo forte, un sapore amaro in bocca e un brivido che lo scosse fino alle meningi.

    Georg rise, guardando David che, seduto sul muretto vicino a lui, ascoltava della musica e tentava improbabili mosse da rapper.

    “Fanculo, stronzi. A-aiutatemi”, mormorò Tom aggrappandosi alla spalla di Georg ed evitando di strozzarsi.

    L’amico gli mollò un pugno sulla schiena, facendolo smettere, e ridacchiò.

    “Meglio?”, chiese sghignazzando.

    “Bastardo. Me ne vado in classe”, concluse fulminando entrambi con uno sguardo e tirandosi il cappuccio in testa.

    Affondò una buona metà delle braccia nelle enormi tasche della sua felpa e si avvicinò verso l’entrata principale, non riuscendo a fare a meno di far cadere lo sguardo sulle mani di quel piccolo impertinente di Andreas posate sul culo di Trümper, mentre quest’ultimo si impegnava a succhiare la sua lingua.

    Fece una smorfia.

    Sfigato più sfigato uguale sfigato alla seconda, si disse mentalmente, pensando al compito di matematica del giorno prima.

    Immaginare quelle manacce sul culo di Trümper, in mezzo al cortile, praticamente davanti a tutti, gli fece perdere la voglia di mangiare almeno per l’immediato futuro. Che schifo.

    Troppo concentrato a guardare quel punto, non si accorse che Bill lo stava fissando, penetrandolo con quei due suoi occhi di ghiaccio, da dietro la spalla di Andreas.

    Il rasta spalancò gli occhi e riassunse la sua espressione seria, ghiacciata tanto quanto quella di Bill.

    Gli mostrò il dito medio prima di sparire nell’enorme atrio.






    **







    Come al solito, Bill era seduto all’ultimo banco, distanziato dagli altri e appartato nell’angolo. Lo sguardo fuori dalla finestra, concentrato a guardare le nuvole che cambiavano forma.

    Non stava neanche più ascoltando il brusio delle voci di Tom e della sua combriccola di stronzetti che sembrava non conoscessero altri aggettivi al di fuori di “frocio”.

    Sbuffò, prendendo a dondolarsi sulla sedia.

    In realtà non gli importava sapere il motivo per cui lo facevano. Era convinto che, se avesse voluto, sarebbe riuscito a farli cadere tutti quanti ai suoi piedi. Come ci era riuscito con quell’imbranato di Andreas.

    Faceva parte di quella comitiva, ma da quando Bill era riuscito ad infilargli le mani nei pantaloni, l’avevano cacciato fuori a calci in culo.

    Traditore, l’avevano chiamato.

    “Trümper!”, tuonò il professore facendolo gelare seduta stante.

    Si voltò e poté ben distinguere la risata di Tom aleggiare per la classe, mentre Georg si staccava dal suo orecchio.

    Sicuramente aveva fatto uno dei suoi soliti commenti anche sul modo in cui si erano mossi i capelli mentre si girava.

    “Vediamo cosa sai dirmi della lezione per oggi”, esordì il professore con un sorrisetto sadico ad increspargli il viso e lanciando gli occhiali sulla cattedra.

    Bill roteò gli occhi. Se c’era una materia in cui non era mai andato bene, quella era di certo la matematica. “Merda!”, sibilò infatti a denti stretti mentre si alzava e si sistemava i pantaloni.

    “Il quaderno, Trümper”.

    Bill afferrò quella sua specie di quaderno con un paio di pagine striminzite all’interno e camminò svogliato fino alla cattedra.

    “Non sculettare troppo o ti disarticoli”, esordì Tom dal fondo della classe, facendo ridere tutti gli altri. Professore compreso.

    Il moro gli fece una smorfia e lanciò il quaderno sulla cattedra.

    “Mi dica quello che devo fare e lo faccia in fretta, non ho tempo da perdere”, sputò in faccia al professore mentre cercava con tutte le sue forze di nascondere l’imbarazzo provocato da quella stupida battuta di quello stupido Tom.

    Anche se ormai quegli insulti gli rimbalzavano.

    Il professore dettò l’equazione e Bill scrisse i numeri sulla lavagna, concentrandosi per rendere bella la sua calligrafia anche su quel materiale nero.

    Tom si morse un labbro mentre percorreva la linea della spina dorsale di Bill che si intravedeva attraverso la maglietta.

    Certo, se tutte le ragazze che si era portato a letto avessero avuto quel fisico, forse avrebbe già trovato qualche madre per i suoi figli.

    Già, i suoi figli.

    Guardare quanto Bill era tremendamente magro gli faceva venire in mente la fragilità dei suoi due frugoletti biondi che lo aspettavano a casa e questo gli fece tremare un labbro. Non erano passate neanche due ore e già non vedeva l’ora di spupazzarli.

    Maledetto Bill, pensò mentre si mordeva a sangue l’interno della guancia e pensava a qualche altra battutina da rifilargli.

    Un conto era pensare che i suoi figli fossero teneri, un altro era pensare che lo fosse Bill. Quel frocetto stronzo e cinico.

    Ma era inutile nasconderlo. Lo affascinava.

    Affascinava, ma nulla di più.

    Certo.

    Bill spostò il peso su di un piede e scarabocchiò qualche numero sulla lavagna, sperando di azzeccarne almeno qualcuno.

    “Che diamine stai facendo?” urlò il professore scandalizzato mentre spalancava gli occhi davanti a quello che aveva scritto il moro.

    Bill abbassò il braccio e lo guardò spaesato. Non era colpa sua se in matematica non ci aveva mai capito un cazzo e non sapeva neanche dove puntare il gesso.

    “Qualcuno viene ad aiutarlo?” chiese guardando la classe. Cosa che fece sì che gli sguardi di tutti saettassero ovunque pur di non incrociare quegli occhi color erba e quella barbetta bianca.

    Il professore squadrò ogni fila fin quando non trovò Tom Kaulitz che sghignazzava col suo amichetto.

    “Kaulitz, vuoi venire tu?”

    Tom si zittì per un momento e guardò verso Bill, le guance arrossate e i capelli scompigliati.

    Incrociò le braccia e sistemò meglio i piedi sul banco.

    “Tra parentesi x + 2 per x - 2, poi elimini tutte le x quindi dovrebbe restare solo un 4 e moltiplichi tutto per-, che razza di numero è quello?”

    “Un 2” rispose cordiale il professore, stupito, ma già consenziente del fatto che Kaulitz sapeva farla a mente e che avrebbe potuto dargli la risposta, la prova e se il risultato del libro era sbagliato, sarebbe riuscito a farlo diventare come diceva lui. Senza fare una piega.

    “Moltiplichi tutto per 2. Il risultato è…” fece due calcoli veloci a mente mentre ripeteva i numeri a voce alta e si grattava un punto tra i rasta.

    “2x alla seconda. L’equazione puoi anche fartela da solo”

    Bill spalancò gli occhi e strinse forte i pugni, aggrottando le sopracciglia. Quel piccolo stronzetto era un fottuto genio in matematica e questo gli dava fastidio non poco.

    “Visto, Bill? Bello sapere che te ne tornerai a casa con un altro…”

    Il professore scrisse qualcosa a penna sul registro e sorrise soddisfatto.

    “Tre e mezzo” proferì.

    “Vaffanculo, stronzo bastardo!” urlò il moro rivolto a Tom, anche se in realtà l’aveva solo aiutato. Il problema era che l’aveva fatto con una tale facilità che gli aveva fatto salire i nervi a fior di pelle.

    “Trümper!”

    “Sei tu che passi le tue giornate a scoparti Andreas, checca isterica” sbottò Tom, senza neanche muoversi dalla posizione di prima.

    “Kaulitz!”

    “Ringrazia il tuo dio che sono in classe, altrimenti ti avrei già spaccato la faccia”.

    Tom e il resto della classe iniziarono a ridere di gusto, mentre Bill sentiva di non riuscire più a controllare il suo ego.

    Ed era perfettamente cosciente di star facendo un’emerita figura di merda e questo non poteva permetterselo.

    “La madre degli idioti è sempre incinta”, concluse Tom tra una risata ed un’altra.

    A quelle parole Bill sentì un groppo invadergli la gola e due enormi lacrimoni premere ai lati degli occhi.

    Purtroppo, quello era un tasto dolente.

    Fece cadere il gesso a terra e lo fulminò con lo sguardo. Uno sguardo che Tom sentì penetrargli fin dentro lo stomaco tanto era profondo e indecifrabile.

    “Mia madre è morta, stronzo!” urlò il moro prima di uscire dalla classe correndo e sbattendosi con violenza la porta alle spalle.

    Tom restò con la bocca spalancata per qualche secondo, togliendo i piedi dal banco. Il silenzio dei compagni gli faceva male alle orecchie e lo sguardo accusatorio di Georg gli bruciava sulla pelle.

    Perché era così cretino? Se Bill, bene o male, lo attraeva perché doveva sempre comportarsi da coglione?
    Sapeva cosa significava vivere senza un genitore. Lo sapeva bene.

    Il professore incrociò le braccia sul tavolo e lo guardò scuotendo la testa.

    “Kaulitz, fammi il favore di accomodarti fuori dalla classe” mormorò con molta calma.

    Tom riprese a respirare e si alzò di scatto, lasciando che la sedia stridesse e cadesse a terra con un tonfo sordo.
    Aggrappò le mani ai jeans e in un attimo si trovò fuori dalla classe, con l’intento di mettersi a cercare quella checca e… forse scusarsi. Forse.

    Non lo sapeva, ok? Non sapeva che quella piccola arpia aveva dei sentimenti e non conosceva di certo nulla della sua vita. Nulla.

    Ma poiché non era lo stronzo che tutti credevano e per una cosa del genere avrebbe anche potuto lasciare da parte la sua reputazione, aveva deciso di farlo.

    Insomma, Bill non gli aveva mai fatto nulla al di la di sculettargli davanti e fargli fare pensieri poco casti.

    Era uno stupido. Lui che si riteneva così maturo perché a diciotto anni aveva a carico due bambini, non era nient’altro che un coglione se pensava che prendere in giro gli altri avesse aumentato la sua fama.

    Poi con Trümper non aveva speranze visto che spesso gli rispondeva a manetta tanto quanto lui.

    Percorse velocemente il lungo corridoio e si soffermò all’entrata del bagno dove, per sua fortuna, vi trovò due spalle ricurve sul lavandino che sussultavano ad ogni singhiozzo.

    Lo fissò per qualche secondo mentre si grattava una guancia e decideva sul da farsi.

    “Vattene!” urlò Bill senza voltarsi.

    Tom gelò sul posto e si avvicinò lo stesso, provando a toccargli una spalla con la mano.

    “Trü… Bill, i-io…”

    “Ho detto vattene!” sbottò il moro schiaffeggiandogli una mano e voltandosi per guardarlo negli occhi.

    Due lunghe strisce di matita nera gli percorrevano il viso fino al mento e Tom si sentì mancare.

    Bill Trümper stava piangendo e lui ne aveva l’esclusiva.

    Il moro si vantava spesso con gli altri di non piangere mai, apparentemente era un duro, uno a cui non importava nulla degli altri e che se voleva poteva schiacciarti anche solo guardandoti.

    Probabilmente non era così. E Tom sapeva che vedere Bill piangere l’avrebbe fatto innervosire non poco.

    “Non mi servono le tue scuse. Lasciami in pace!”

    Corse verso la porta dando una spallata a Tom e sparì dietro l’angolo, lasciandolo lì.

    Il rasta abbassò il braccio e guardò il lavandino dove prima era poggiato il moro.

    Esatto, aveva appena visto Bill Trümper piangere.





    **






    “Sono a casa” esclamò Tom mentre gettava lo zaino a terra.

    “Papààààà”

    Una piccola scheggia bionda comparve dalla cucina correndo con le braccia aperte e saltò addosso a Tom che, con il sorriso sulle labbra, si era già inginocchiato per accoglierlo.

    “Cucciolo” mormorò baciandogli la fronte e accarezzandogli i capelli. “Dov’è Lulu?” domandò guardandosi in giro. Di solito quando tornava a casa entrambi i bambini gli saltavano addosso e quasi litigavano per accaparrarsi il posto migliore tra le sue braccia.

    Il biondino si portò un ditino sulla guanciotta arrossata e sporca di cioccolata, pensieroso.

    “In cameetta con nonna pecché avea la febbe”

    “LA FEBBRE?” urlò Tom con gli occhi spalancati, alzandosi e correndo verso le scale.

    “Vieni qui, Didi” fece prima di salire, così che non restasse giù da solo a combinare guai.

    Il biondino corse verso il suo papà e gli afferrò la mano, lasciandosi trascinare su per le scale con non poca fatica.

    Entrarono nella stanza e trovarono Simone che rideva con la piccola e le faceva il solletico.

    “Oh Tom, sei tornato”

    Tom sorrise e si avvicinò al letto, pronto ad accarezzare i capelli lunghi di sua figlia.

    “Che ha?” chiese a Simone, prendendo Denny in braccio.

    La donna fece spallucce e sorrise, alzandosi dal letto per andare a preparare il pranzo. “Questa mattina aveva qualche linea di febbre, ma ora è tutto a posto, vero Lulu?” disse allegra mentre faceva qualche smorfia alla sua nipotina.

    La biondina fece si con la testa e guardò Tom, mentre si piegava per farle qualche pernacchia sul collo.

    “Anch’io, anch’io” urlò Denny saltandogli addosso e strattonandolo per l’enorme maglietta.

    “Piano, Didi” rise Tom, mentre sovrastava anche lui e prendeva a fargli il solletico.

    Simone incrociò le braccia e si poggiò sul ciglio della porta, guardando tutti e tre giocare allegri e si mordicchiò un labbro.

    Si era rimproverata tante volte per non essere stata una buona madre. Quando Tom aveva quindici anni doveva lasciarlo a casa a giocare con la Playstation, ma era tremendamente troppo impaurita di sembrare paranoica agli occhi di suo figlio che lo aveva lasciato fare.

    Quelle amicizie sbagliate, quella ragazza incantevole, quei genitori senza scrupoli l’avevano fatto cambiare e maturare anche se non tutto era filato liscio come l’olio.

    Solo dopo un paio d’anni, in un eccezionale momento madre-figlio, Tom le aveva raccontato tutto.

    Ann Kathrin Brömmel gli aveva completamente fottuto il cervello. L’aveva conosciuta in uno dei soliti locali che frequentava quando aveva una vita completamente senza futuro.

    Forse all’inizio l’aveva presa un po’ come una puttana, poi era cambiato tutto. Avevano iniziato a frequentarsi, a conoscersi e, col tempo avevano imparato ad amarsi.

    C’era solo un problema: la vita di Ann era agli sgoccioli. Leucemia, gli aveva detto.

    Un giorno era tornata a casa piangendo e urlando in faccia a Tom che aspettava un bambino e che quel bambino sarebbe morto insieme a lei, picchiandolo e urlandogli contro che era stata tutta colpa sua e di quei suoi fottuti preservativi alla menta.

    Tom l’aveva solo abbracciata e calmata, dicendole che sarebbe andato tutto bene e che quel bambino avrebbe cambiato le loro vite per sempre. Insieme sarebbero stati una famiglia fantastica, anche se avevano solo quindici anni, si.

    Inutile dire che la gravidanza era stata una tragedia, poiché si era scoperto che erano due gemelli. Avevano lasciato la piccola Ann Kathrin inchiodata ad un letto per tutti quei mesi e i genitori di lei, seppur la odiassero per quello che aveva fatto, non permettevano a Tom di vederla e lui era stato costretto a corrompere gli infermieri per farlo entrare di notte.

    Otto mesi dopo, prematuro, Ann Kathrin diceva addio al mondo mentre dava alla luce i gemelli, sotto gli occhi di Tom.
    Con la mano stretta nella sua.

    E ora si ritrovava lì, con un figlio cresciuto forse troppo in fretta e i suoi due piccoli nipotini, mentre giocavano su quel letto senza più brutti pensieri in testa.

    Erano una famiglia e stavano benissimo così.

    Da quando Tom era riuscito ad ottenere l’affidamento, i nonni materni non si erano più fatti vivi e forse era meglio così.

    Ann Kathrin aveva lasciato questo mondo col sorriso sulle labbra e Simone si era stupita di come Tom aveva combattuto fino alla fine pur di non lasciare quegli angeli in mano a quei due pazzi schizofrenici.

    E si era stupita per i nomi che suo figlio aveva dato ai gemelli, poiché la piccola Ann, purtroppo, non ne aveva avuto l’occasione.

    Denny e Lullaby.

    Ma non aveva mai voluto dirle il perché.

    Sospirò e si staccò dalla porta, battendo le mani. “Bene, vado a preparare il pranzo”.

    Tom annuì e tornò a giocare con i suoi bambini.





    **






    Bill sbatté la porta dietro di sé con violenza. Non perché voleva farlo, ma perché era il suo modo di avvertire quell’imbecille di suo padre che era arrivato.

    “Bill?” domandò l’uomo dal salotto per sicurezza.

    “No, sono il tuo assassino” sbuffò Bill, lanciando le chiavi nel portaoggetti e producendo un rumore abbastanza fastidioso.

    Jörg premette le dita sulle tempie e scosse la testa.

    “Perché ho fatto un figlio così stronzo?!” mormorò a bassa voce, ma non così tanto che Bill non riuscisse a sentirlo.

    “Me lo chiedo anch’io” pigolò infatti il moro dalla cucina mentre prelevava una confezione di prosciutto dal frigo.

    Jörg si alzò dal divano e lo raggiunse, sedendosi al tavolo mentre guardava Bill che si preparava un panino.

    “Dove sei stato?” chiese gettando un’occhiata all’orologio e costatando che erano le dieci passate.

    “Non sono affari tuoi”

    In realtà era stato a casa di Andreas, ma, ovviamente, suo padre non sapeva nulla del suo orientamento sessuale, né di chi frequentava, figurarsi se glielo diceva pure.

    “Dovresti tornare ad un orario decente durante la settimana” proferì Jörg con molta, molta calma.

    Bill chiuse il panino che aveva appena fatto e si leccò le dita laccate di nero sporche di molliche.

    “Non sei tu a dovermi dire cosa devo fare” sbottò fulminandolo con lo sguardo. Quello sguardo che sapeva usare per imbambolare la gente e farla stare zitta, compreso suo padre che, infatti, non rispose.

    Lasciò la cucina con un perfido ghigno sul volto e salì le scale fino alla sua stanza.

    Salutò velocemente Mopsy, il suo gatto, l’unico che lo capiva in quella casa e gettò la borsa a terra.

    Sfilò tutti i suoi anelli e si sedette sul bordo del letto, addentando il suo panino con le lacrime di sonno agli occhi.
    Per l’ennesima volta, si maledì mentalmente per aver pianto davanti a Tom Kaulitz.

    Non che gli importasse molto, ma ci teneva ad apparire bello agli occhi degli altri - Tom compreso - e averlo visto con la matita colata e gli occhi rossi non faceva certo parte dei suoi standard di bellezza.

    In effetti, era stato stupido da parte sua piangere per qualcosa di già archiviato e quasi dimenticato.

    Quasi, se non fosse stato per quel cretino.

    Pensò che forse si era solo innervosito per quel voto in matematica, anche se non gliene importava poi molto.

    Sbuffò e ingoiò l’ultimo pezzo del suo panino, levandosi le scarpe con i piedi e lasciandole rotolare sul pavimento.
    Raggiunse il cuscino e ci si sdraiò sopra, chiudendo gli occhi e rimanendo vestito.

    Lo abbracciò e affondò la faccia in esso.

    Beh, Tom non c’entrava nulla per davvero. Anzi, aveva anche tentato di scusarsi - almeno così gli era sembrato -.

    Scosse la testa a quel pensiero ridicolo e decise che, forse, era meglio dormirci sopra e non pensarci più.






    **






    “Ma non hai sentito proprio niente, Tom?”

    “Ti ho detto di no, cazzo. Dammi quei fottuti compiti!”

    Tom era al telefono con Georg e lo stava pregando di dargli i compiti assegnati per il giorno dopo. Voleva chiamare David, ma gli sembrava parecchio improbabile che li avesse scritti. In matematica e nelle materie scientifiche era una specie di piccolo genio, gli faceva piacere studiarle e, quindi, contava di cavarsela grazie a quelle materie.

    Sapeva che quegli esercizi non sarebbe mai riuscito a farli. In mente aveva solo il riflesso di Trümper e delle lacrime che gli aveva visto lungo le guance.

    “Studiare da pagina 250 a quanto ti pare e fare gli esercizi a pagina…”

    “Ma perché sta con lui?” lo interruppe. Georg, dall’altro lato imprecò ad alta voce.

    “Uhm, di chi stiamo parlando?”

    Tom si maledì mentalmente, se Trümper riusciva in qualche modo ad affascinarlo, di certo non poteva pensare di andarlo a sperperare ai quattro venti.

    “Di Bill e Andreas”

    Ma lo fece lo stesso.

    Sentì Georg sospirare forte dall’altro lato e poi non sentì più nulla per un po’.

    “Uhm, Ge?”

    “Perché ti interessa?”

    Tom fece spallucce, come se stessero parlando faccia a faccia.

    “Per stare a posto con la coscienza, forse?” mormorò, alzando di poco il tono di voce, innervosito. Da dove gli era uscita quella frase?

    “Non lo so, so solo che Andreas è uno stronzo e che comunque tu hai esagerato oggi”

    Concluse il ragazzo, riprendendo a sfogliare le pagine del diario.

    “Dici?”

    “Esercizi a pagina trecentoventiquattro numeri…”

    “DICI?”

    Ripeté di nuovo, ma Georg sembrò non dargli retta.

    “No, era dal numero venti al venticinque e…”

    “Georg!”

    Lo interruppe ancora. Il ragazzo, dall’altra parte, sbuffò e abbassò le palpebre.

    “Tom, non mi sembra il caso di mettermi a spiegarti queste cose a quest’ora di sera. Hai detto una bastardata, punto.”

    “Ma cosa vuoi che ne sapevo che sua madre era morta? Piantala di farmi sentire in colpa” rispose fermamente.

    Già si era sentito male di suo per averlo offeso a quel modo, figurarsi se ci si metteva anche Georg.

    Aspettò una risposta e prese a pizzicare le corde della chitarra poggiata sul muro davanti a lui.

    “Meglio che lo lasci perdere”

    “Ma perché?”, si adirò.

    Georg scosse la testa e si morse un labbro pensando ad una scusa, ma sua madre al piano di sotto lo avvertì che era pronta la cena - giusto in tempo -. Sapeva che Bill era uno stronzo e che Tom ci sarebbe facilmente cascato con tutte le scarpe.

    “Scusami, Tom. Devo andare. Ci vediamo lunedì”

    Attaccò senza dargli la possibilità di rispondere.

    “Georg!”

    Tom guardò lo schermo del cellulare e poi lo lanciò con violenza contro il muro.

    “Ah, fanculo” pigolò innervosito, abbandonando la testa sulle mani e cercando di concentrarsi sull’equazione che gli si parava davanti.

    Anche se era sicuro che non l’avrebbe mai neanche iniziata.

    “Papààà” urlò Denny irrompendo nella stanza e gettandosi addosso a Tom, facendolo sussultare. Il rasta sorrise, aprì le braccia e se lo strinse al petto.

    “Didi, che ci fai ancora sveglio?” mormorò con uno dei suoi soliti, vani tentativi di essere un padre severo, pensando che usare quel soprannome lo facesse sembrare tale.

    Il biondino arricciò le labbrucce e lo guardò con i suoi due occhioni azzurri, che a Tom ricordavano terribilmente quelli di sua madre.

    “Possho dommire con te?”

    Si ciucciò un dito e Tom non poté resistere dal dargli un enorme bacio sulla fronte. Lo rimise a terra e gli arruffò i capelli, sorridendo.

    “Infilati sotto le coperte, arrivo subito” disse, facendogli lanciare un gridolino di gioia e lasciando che andasse nel suo letto.

    Impugnò la penna e, senza neanche starci a ragionare troppo, completò le sue equazioni su due piedi. Questo era decisamente il vantaggio migliore dell’essere un genio in matematica. E poi voleva andare da suo figlio e sbaciucchiarlo finché non si sarebbe addormentato, non poteva perdere troppo tempo dietro a quei numeri.

    Chiuse il quaderno e si spogliò velocemente. Anche se si moriva dal freddo, non riusciva comunque a dormire con qualcos’altro oltre i boxer. Si infilò sotto le coperte vicino a suo figlio e lo abbracciò stretto, lasciando che si accoccolasse al suo petto.

    “Domani nonna compa le caamelle?”

    Domandò, alzando gli occhi e catturando il suo sguardo.

    “Uhm, si. Così papà te la fa mangiare e diventi il bimbo più ciccione del mondo, contento? Mi raccomando, lasciane un po’ anche a Lullaby”, sussurrò ridacchiando e facendogli il solletico.

    Il piccolo rise allegro e chiuse gli occhietti, intento ad abbandonarsi nel mondo dei sogni.

    “Notte, cucciolo”

    Sorrise, accarezzandogli i capelli finché non fu sicuro che si fosse addormentato. Cosa che gli fu confermata quando vide un rivolo di bava colargli dalla boccuccia aperta.

    Si perse guardandolo e, percorrendo con lo sguardo tutti i suoi lineamenti, si rese conto per l’ennesima volta di quanto potesse essere identico a sua madre. Soprattutto gli occhi, azzurri come i suoi. Lullaby invece li aveva presi da Tom.

    Ad appena diciotto anni non aveva molto da offrire ai suoi figli: né la sua compagnia, né un buon futuro, niente. Solo il suo amore e aveva intenzione di tenerseli stretti e dargliene quanto più poteva.

    Gli lasciò un ultimo bacio sui capelli, sorridendo e coprendo entrambi con quelle coperte profumate.

    C’era solo una cosa che in quel momento impregnava la sua coscienza: Bill Trümper.










    Chapter 2
    Chapter 3
    Chapter 4
    Chapter 5.1
    Chapter 5.2
    Chapter 6


















    Note: Ok, ammetto che ho un ansia pre/post postaggio che non si sa. Ho aspettato un sacco per iniziare a postare questa storia, sia perchè ci tengo particolarmente sia perchè intanto avrei dato modo di farvi conoscere il modo in cui scrivo postando qualche shot. L'intento era quello di non creare la storia di Bill farfallina e Tom drogato e bullo, ma di farli entrambi dello stesso calibro. Poi per non renderla neanche una lagna e per cercare di darle una trama e un'idea diversa allora è uscito fuori Tom con due figli. Tenete in considerazione tutti i personaggi che appariranno, compreso il gatto, perchè tutti avranno un ruolo importante nella storia. Non si sa quanto ci ho messo per scegliere il titolo, in realtà, visto che l'ispirazione era partita tutta da questo video, doveva essere "Lonely Souls", ma non ci stava molto bene. Non mi dilungo oltre, aggiungo solo che negli avvisi non ho specificato né Fluff né Angst: è principalmente una Fluff, ma visto che il genere in cui rendo meglio è l'Angst, non vi prometto niente. Senza dubbio non preferisco scrivere le Not Related, ma stavolta, vabbè, sarà un'eccezione XD. Incomplete non ha molti capitoli da parte, ma cercherò di mettercela tutta per postare regolarmente. Enjoy (:

    Edited by xAliasphire - 18/4/2011, 19:22
     
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    YunJae

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    Ancora io (:
    Non ho ancora letto xD ma volevo comunque lasciare un commentuccio xD
    Già il riassuntino ha tutto il suo dire xD e mi ha attirato qui .. disarticoli .. ahahah
    BillxAndreas .. non mi piacciono i pairing alternativi .. ma vedrò sul da farsi .. a dopo la lettura ;D
     
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  3. Life.Dream.Today.
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    Ma direi che è bellissima e che soprattutto scrivi benissimo, è una storia molto intrigante mi affascina.
    aspetto il secondo capitolo.
    complimenti (:
     
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    YunJae

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    .. sono stata la solita scema .. sarà l'effetto della febbre. ._.

    Non ho finito di leggere il capitolo, mi dispiace. Mi aspettavo qualcos'altro, sto diventando una megalomane .. ma niente da fare, purtroppo la storia non ha tenuto alto l'euforia iniziale.
    Mi dispiace dirtelo, e correggimi se sbaglio, ma questa storia ha molto in comune con altre storie leggermente (per non dire molto) famose e postate precedentemente nei forum.
    Se proprio volevi rendere stronzi i personaggi non dovevi nè far piangere Bill, nè far crepare di sensi di colpa Tom. Così hai solo descritto due ragazzi privi di carattere o forse affetti di Borderline.
    Secondo gli standard a cui sono abituata potevi, almeno, aspettare qualche altro capitolo per provare che non sono due figli di buona donna col carattere di merda e che forse dietro al loro stato di malessere ci sono ragioni più profonde.
    Avresti potuto tenere un po' di suspance.

    Nel complesso è ben scritta, non ci sono grandi errore, anzi a dirla tutta è piuttosto semplice .. purtroppo a non piacermi è la trama sconatta, ti assicuro letta e riletta con ogni condimento .. ovviamente non so come continuerà ma immagino già alcuni risvolti quindi evito di rimanere delusa o altro.

    Mi dispiace ma non continuerò la lettura ..
    Eire
     
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  5. Capricorn2187
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    Mi piace mi piace,si legge anche scorrevolmente.
    Anche se è Angst la leggo lo stesso,però ti prego il 90% fa che sia fluff xD
     
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  6. xAliasphire
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    CITAZIONE
    Così hai solo descritto due ragazzi privi di carattere o forse affetti di Borderline.

    Hai detto bene, Borderline. Probabilmente ce ne sarà. Comunque ok, meglio non continuare, tranquilla, lo prendo come un commento costruttivo u.u
     
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  7. Capricorn2187
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    CITAZIONE
    Borderline

    Oh bene
     
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  8. xAliasphire
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    CITAZIONE
    Oh bene

    Nel senso: questo capitolo non dice molto, non ho ancora neanche descritto le differenze tra i personaggi. Borderline nel senso di "essere per apparire" cioè loro sono "stronzi" non perchè lo sono veramente, ma perchè vogliono e devono esserlo per cause di forza maggiore e saranno proprio i sensi di colpa a far maturare la storia. Ok, ho detto troppo .-.
     
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  9. Capricorn2187
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    Nono non hai detto troppo v.v xD
     
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    YunJae

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    Io intendevo Borderline per malattia ._.
     
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  11. xAliasphire
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    CITAZIONE
    Io intendevo Borderline per malattia

    Nah, nessuna malattia allora, solo... crisi adolescenziali, diciamo u.u
     
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    Dalle mutandine di miss Bill Kaulitz u.u

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    *__*ma che dolzeeeeeeee Tom con due babini *__* cucciolo ni ricorda un po' Loveless ;)
    Bill che sculetta???Tom??come fai a resistere o.o ma Andreas??non si capisce è il ragazzo di Bill o un "ragazzo di passaggio?"
    Comunque scrivi ben v.v moolto bene:la lettura e scorrevole e ben descritta,poi mi piace che arrivi dritto al punto non ci giri intrno rendendo il tutto noioso v.v
    Brava complimenti^___^
     
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  13. Sasha.Bkey
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    A me come inizio piace un sacco e Tom con due figli è ammmoreee **, credo sia finalmente arrivato il momento di innamorarsi di una storia.. vedremo come seguirà XD
     
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  14. vam zimmer 483
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    UUUUUUh Tom papi single figoooo...
    Mi piace tantissimo si legge in modo scorrevole ed 'è scritta bene a parer miooo...
    Continua prestoo sono curiosaa
     
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  15. Sasha.Bkey
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    up u.u
     
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