Il semplice

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  1. pulcetta th
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    Note iniziali: E' un tema di religione che devo consegnare domani, appena concluso. Mi sembra un vagheggiamento di un filosofo mediocre, ma volevo condividerlo con voi ^__^

    Il semplice


    Una definizione per descriverlo non c’è; preso da solo sembra una parola vuota, senza significato. È difficile trovarla in sostantivo proprio perché, appunto, “messa lì” in solitaria rimane un po’ sospesa tra le righe, in attesa del giusto vocabolo che la possa accompagnare. È quando questo accade che, finalmente, il semplice può indossare quei suoi magnifici abiti da aggettivo, e mutare come un trasformista esperto, senza mezze misure.
    È interessante come questa parola riesca a cambiare, senza nemmeno che lo stesso lettore si renda conto dei suoi molteplici atteggiamenti. Se dovessimo affibbiargli un calore non saprei quale scegliere – il nero è troppo cupo, il rosso troppo passionale, il giallo troppo geloso; su una cosa però sarei d’accordo: che sia una tonalità cangiante; quale questa debba poi essere, è un altro discorso.
    In frasi, romanzi, discorsi da manager, sproloqui di un pazzo, la parola “semplice” è utilizzata spesso. Tuttavia semplice può essere quell’atteggiamento genuino o il modo di fare sobrio, l’animo franco e modesto. Interessante è che questo vocabolo possa assumere significati totalmente in contrasto tra loro: come misurato e spontaneo, od ovvio e comprensibile. Se fosse una cosa ovvia non ci sarebbe bisogno di renderla comprensibile, giusto? E ancora … semplice può essere anche sinonimo di banale, ma a volte sono proprio quelle situazioni che annegano nella semplicità più totale che ci rendono riflessivi e pensierosi, ed il pensiero – a mio parere – è un qualcosa di terribilmente complicato e contorto, che di sicuro non può essere collegato a qualcosa di elementare come lo è il semplice. Insomma, la contraddizione dilaga imperatrice, e non è finita qui.
    Un giorno qualcuno mi ha detto: “Bisogna cercare di semplificare per arrivare in profondità”*; in un primo momento si pensa di essere davanti ad una proposizione senza capo né coda, decisamente stramba e troppo ‘fuori’ per capirla. Invece, se ci si sofferma un pochino di più, è chiaro fin da subito che non c’è nulla di più vero. Quando si deve studiare si sottolinea semplificando il tutto, quando si affrontano equazioni c’è la scomposizione – la quale non è altro che una riduzione della quantità numerica in parti più piccole –, quando i sentimenti prendono il dominio su tutto e creano una massa informe di quelle che, in gergo, sono ben conosciute come ‘pare mentali’ – per non utilizzare qualcosa di più incisivo. Insomma, è o non è una tendenza diffusa della disperata ricerca dell’elementare? Allora l’uomo tende al semplice, anche se più va avanti e più si complica la vita; e allora ha anche lui una natura contraddittoria, e possiamo quindi identificarlo con la stessa parola “semplice”. Curioso è quindi come l’essere umano tende di carpire quel disperato concetto di ‘semplicità’, il quale sembra così lontano, quando invece è prossimo più di una parte del nostro corpo. Il punto sta che la semplicità è dentro di noi, ed è risaputo che l’uomo in generale, quando si tratta di scavare all’interno, tende a cadere nel panico e crea l’effetto contrario, fuggendo come un vigliacco. Siamo destinati, quindi, a rincorrere la coda come un cane impazzito, senza prendere in considerazione però che possiamo sentirci in pace senza il bisogno di raggiungere un qualcosa che non si può catturare – perché, poco da fare, la coda proprio non ci arriva alle labbra – fermandoci soltanto e ascoltando il silenzio che è dentro di noi. Quello brutto, quello tetro, quello che fa paura: quel semplice cuore che batte frenetico come le ali di una farfalla fuori di senno.



    *Bisogna cercare di semplificare per arrivare in profondità, [prof. Aragona cit. – anno scolastico 2oo8/2oo9]
     
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0 replies since 4/12/2009, 22:42   33 views
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