Need.

One - shot [Yaoi]

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  1. ;HachiBLOOD™
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    Note iniziali: Buongiorno *O*
    Stamattina ho notato questo nuovo topic e devo dire che l'ho gradito parecchio *-*
    Inizio col dire che scrivo yaoi da poco tempo, dilettandomi soprattutto in Twincest.
    Questa è stata la prima FF non Twincest che ho scritto.
    I personaggi saranno completamente di fantasia, non aspettatevi celebrità xD
    Se non gradite questo tipo di racconti non siete obbligate a leggere ^.^
    Detto questo, buona lettura a chi leggerà xD




    Autore: Aurora
    Rating: NC17
    Avvisi: Yaoi (Boy's Love)
    Genere: Romantico; Erotico; Leggermente angst
    Disclaimers: I personaggi sono tutti frutto della mia fantasia. Ogni riferimento a fatti o persone realmente esistenti è puramente casuale.
    Questa storia non è scritta a scopo di lucro ma solo per divertimento.










    Need





    Faceva freddo quel giorno, nonostante fosse metà aprile.
    Lo constatò quando aprì la finestra della sua stanza, gustandosi la fresca e pungente aria mattutina, arieggiandola, espellendo dall’ambiente stretto e contenuto che era la sua camera quella leggera aria soporifera e calda, caratteristica dopo le lunghe dormite che era solito farsi la domenica mattina.
    Che poi mattina non era, erano quasi le tre del pomeriggio.
    Suo padre, come al solito, non c’era. Non sentiva sua madre da cinque o sei mesi, neanche ricordava più quanto tempo fosse passato dall’ultima volta che aveva udito la sua voce trapassare la cornetta del telefono.
    Mandava un sms ogni morte di papa, di solito a Natale o a Pasqua, per il resto non si disturbava più di tanto. Semplicemente non si curava dell’avvenire di suo figlio, se ne sbatteva le palle, come tutte le madri a cui importa solamente dell’estetica o del profitto lavorativo, donne che oramai hanno passato una certa, abbandonate dal marito forse a causa della loro presunta acidità, quasi infantile, in cerca di un nuovo “amore” o almeno di una nuova rivalsa.
    Ecco, sua madre era esattamente così.
    Considerando anche il fatto che lei non era pronta, oppure semplicemente non accettava, secondo la sua ottica di vedere il mondo, di aver allevato, solo per pochi anni, un figlio omosessuale.
    “Diverso”, lo chiamava lei quando parlava con le sue presunte amiche.
    Marco non si spiegava il motivo per cui sua madre non potesse semplicemente farsene una ragione, cominciare a convivere con questa realtà diversa dalla norma.
    Non capiva come il mondo o semplicemente la società potesse essere da una parte così chiusa, non ancora pronta o abituata ad accompagnare idee o altri modi di essere secondo loro inusuali.
    Marco aveva scoperto di essere gay a 11 anni.
    Da quel giorno, nonostante la sua età non gli garantisse una maturità così spiccata, aveva deciso di accettare questo suo modo di essere, essendo consapevole che avrebbe comportato dei rischi.
    Non era la classica mira dei bulli, semplicemente lui si faceva gli affari suoi, standosene a casa a rimuginare con la sua chitarra un po’ scordata.
    Durante il corso del tempo aveva imparato a catalogare le persone, quasi squadrandole.
    Aveva infatti pochi, ma buoni amici, i suoi compagni di gruppo.
    La musica era stata fin da piccolo la sua passione. Inizialmente era nata quasi come un gioco, il suonare la chitarra per divertimento.
    Durante l’adolescenza aveva intrapreso degli studi e la sua dote già naturale si era alquanto perfezionata.
    Adesso, al compimento dei suoi 19 anni, era il chitarrista di una piccola band di periferia.
    I ‘Look Out’, si chiamavano. “Un nome di merda”, diceva sempre suo padre.
    Ma lui non gli dava ascolto.
    Non più, oramai, nonostante l’uomo avesse diciamo accettato suo figlio.
    Ma Marco percepiva sempre quel senso di ribrezzo o prevenzione da parte del genitore. Lo mandava in bestia.
    Avrebbe fatto meglio a comportarsi come sua madre, essendo completamente indifferente.
    Evidentemente non era per lui avere l’appoggio dei proprio genitori.
    Dopo aver aperto le persiane, si infilò di fretta una maglia pulita presa dal cassetto, andando a coprire il suo torace nudo e abbastanza muscoloso.
    Prese dalla mensola sopra il letto il suo pacchetto di Malboro rosse, estraendone una per poi accenderla, sedendosi a gambe incrociate sul davanzale della finestra.
    Buttò fuori il primo tiro, cominciando a pensare.
    Quel giorno avrebbe suonato con il suo gruppo in una piccola piazza della sua città. Al mese facevamo sì e no due o tre esibizioni. Gli piaceva molto suonare in pubblico, riusciva a scaricare la tensione accumulata durante la settimana e magari a distrarsi, non pensando alla sua incasinatissima vita.
    Quel giorno però sarebbe voluto rimanere a casa più di qualsiasi altra cosa, magari rintanato sotto le coperte e dormire fino alla mattina dopo.
    Non aveva voglia di vederlo.
    Sapeva di certo che quel pomeriggio si sarebbe presentato lì e lui l’avrebbe visto, fra quella folla di scalmanati rockettari, guardare verso di lui.
    Avrebbe sorriso, con quel cazzo di sorriso tremendamente stupendo.
    Il vento gli avrebbe scompigliato i capelli biondo cenere e quella leggera frangetta che gli ricadeva sulla fronte.
    Sarebbe stato fottutamente bello.
    E lui avrebbe smesso di suonare, come un cretino.
    E naturalmente Giacomo si sarebbe incazzato.
    Si stava facendo un sacco di seghe mentali che nemmeno si accorse che la sigaretta era quasi arrivata alla fine e che una stecca piuttosto alta di cenere stava per rovinargli su un dito.
    Buttò il mozzicone nel posacenere, osservando il fumo salire verso l’alto, formando piccoli intrecci.
    Il cellulare squillò, acuto e odioso.
    Scese dal davanzale e corse verso i jeans neri che giacevano sulla sedia per poi pescare l’apparecchio dalla tasca posteriore.
    - Pronto?- rispose.
    - Marco, vedo che ti sei già svegliato. Bene, bene, è già un passo avanti, tra un’ora devi essere qua per le prove-
    Marco strinse i denti affinché non lo mandasse a quel paese. Giacomo era irritante come al solito, figurarsi appena sveglio e in giorno d’esibizione.
    E poi lui si era appena svegliato che cavolo, doveva fare ancora colazione.
    O pranzare?
    Guardò l’orologio: le due e mezza del pomeriggio.
    Ma quanto aveva dormito?
    Evidentemente troppo.
    - Sì, faccio una doccia e arrivo- ripose piatto, interrompendo bruscamente la chiamata.
    Era nervoso, cazzo. Il solo pensiero di poterlo vedere lo mandava in agitazione perpetua.
    Si diresse veloce verso il bagno, attivando il getto d’acqua della doccia, per poi togliersi quei pochi indumenti che aveva indosso.
    Entrò nella cabina, godendosi fin da subito il caldo e rilassante scroscio d’acqua che gli si riversava sulle spalle.
    Aveva perso il conto delle volte in cui, dopo una notte d’amore, aveva fatto la doccia con lui in quella cabina.
    Dei baci, dati sotto l’acqua e intrappolati fra i capelli bagnati e quei corpi caldi e vogliosi a contatto.
    Girò la manopola, rendendo l’acqua leggermente tiepida, con l’intento di svegliarsi del tutto, eliminando anche i momentanei ricordi.
    Si erano lasciati, stop.
    Perché doveva pensarci ancora?
    Perché non poteva semplicemente viversi il presente?
    Forse non voleva.
    Forse per lui, Alessandro, aveva ancora un’importanza determinante all’interno della sua vita.
    Forse l’amava ancora.
    Il problema era che non aveva il coraggio di ammetterlo neanche a se stesso.




    *




    Arrivò trafelato a casa di Giacomo, sgommando sul vialetto di casa sua con la vecchia Lancia di suo padre.
    Prese la chitarra e suonò il campanello.
    Fu subito accolto dal forte odore di “cucinato”, di sugo, in particolare.
    I pranzi domenicali della mamma dell’amico erano qualcosa di pazzesco, era possibile che ti rimanesse intrappolato l’odore delle pietanze tra le fibre dei vestiti anche per giorni.
    Attraversò l’ingresso, sbirciando in cucina. Vide Mara, la madre dell’amico, intenta a rigirare con il mestolo in una grande pentola.
    - Buon giorno signora- la salutò. La donna si voltò verso la voce, sorridendo radiosa.
    Conosceva Marco da quattro anni, lo considerava un bravo ragazzo, perciò si era molto affezionata a lui.
    - Ciao caro, ben tornato!- gli rispose, forse con un po’ troppo di calore per i suoi standard.
    Sorrise.
    - Giacomo è in garage?-
    - Sì certo, ti sta aspettando con Riccardo e Tommaso- le rispose Mara, cordialmente.
    - Oh bene, manco solo io- rise.
    - Non preoccuparti, è mio figlio che è un pignolo!- gli rispose roteando gli occhi con finta aria di sufficienza.
    - Allora io vado, arrivederci signora-
    - Ciao Marco, buona fortuna per l’esibizione di oggi-
    “Ce ne vorrà parecchia, di fortuna” pensò Marco con un filo di acidità.
    Uscì dalla cucina e si avvicinò al retro della casa che portava nel piccolo garage scardinato che usavano per fare le prove con il gruppo.
    Cercò di rilassarsi, almeno per un po’.
    Tutta quella agitazione non gli avrebbe fatto per niente bene.



    *





    Il terzo gruppo aveva appena finito si suonare.
    Loro erano il quinto. La tensione si poteva percepire tra i quattro ragazzi, aleggiava come fumo denso di sigaretta.
    Marco si guardava in giro, insistentemente.
    Non lo aveva ancora visto.
    O forse non c’era.
    Non si accorse che Tommaso lo stava guardando con insistenza, lanciando sguardi furtivi alle sue mani, nervosamente intrecciate sul manico della chitarra.
    Sorrise sbieco, mordendosi un labbro per evitare di ridere.
    Marco era proprio strano, almeno secondo lui.
    -Ehi,- si rivolse al ragazzo, battendogli un dito sulla spalla –sei agitato per l’esibizione?-
    -Eh?- rispose Marco, evidentemente distratto.
    -Lui non c’è?-
    -C-cosa?-
    -Sì, Alessandro non è venuto?-
    Per Marco il tempo si fermò un istante. Come aveva fatto Tommaso ad accorgersi del suo malumore?
    -Beh,- tentò di rispondere in modo rilassato –no, almeno, io non lo vedo-
    -Invece secondo me c’è- rispose l’amico, con un leggero ghigno dipinto sulle labbra.
    -Come?- Marco invece, non ci stava capendo nulla.
    -E’ laggiù, seduto accanto al muretto-
    Il ragazzo spostò lo sguardo verso il punto indicatogli da Tommaso.
    Rimase come pietrificato.
    I capelli, una volta leggermente lunghi solo sul davanti, adesso scendevano per un paio di centimetri lungo le larghe spalle di Alessandro.
    Il fisico in genere magro adesso era decisamente più muscoloso e tonico, messo in risalto dalla maglia nera aderente.
    Una sigaretta penzolava tra le labbra del giovane, la quale veniva raccolta da due dita, permettendogli di buttare fuori il fumo.
    Era semplicemente divino.
    -E tu come hai fatto a vederlo?- chiese sorpreso a Tommaso.
    -Se solo tu a volte mettessi gli occhiali o le lenti a contatto, invece di fare sempre le cose a cavolo, vedresti qualcosa al di là del tuo naso-
    Marco lo guardò male, e riprese la sua osservazione. Era veramente cambiato, in così poco tempo poi.
    Non si rese conto, a causa del tempo passato a fissarlo, che Alessandro aveva distolto lo sguardo da terra e lo stava guardando negli occhi.
    Se ne accorse dopo, fin troppo tardi per spostare lo sguardo ed evitare l’incredibile figura di merda che oramai aveva fatto.
    Alessandro sorrise. Sorrise a lui.
    Marco sobbalzò, stringendo di più la presa attorno al manico della sua Gibson.
    Il biondo allargò istintivamente il sorriso, buttando il mozzicone di sigaretta a terra, calpestandolo poi con la punta della converse.
    Marco non si rendeva conto dell’esterno, non ascoltava neanche più la musica che aleggiava intorno a lui.
    I suoi occhi erano puntati solamente su di lui.
    Sulla persona che amava.
    Si destò solo quando Giacomo lo prese per la manica della maglietta, soffiandogli all’orecchio che era giunto il loro turno.
    Come un automa salì sul piccolo palco posto al centro della piazza, mentre Francesco, l’organizzatore dello spettacolo, presentava la band.
    Prese postazione, cominciando a fare il soundcheck insieme ai suoi compagni di gruppo.
    Non si accorse che Alessandro si era pian piano avvicinato pericolosamente al palco e che si era appoggiato con i gomiti proprio al bordo, davanti a lui, insieme ad altra gente.
    Lo stava fissando assiduamente, stupendosi di come ancora il ragazzo di fronte a lui non se ne fosse minimamente accorto, tanta era la concentrazione sulla chitarra.
    Solo quando il chitarrista levò lo sguardo verso il cielo, limpido e azzurro, si accorse di due occhi color nocciola che lo fissavano dal basso.
    Puntò i suoi occhi verdi in quelli dell’altro, in uno sguardo che non lasciava spazio a parole.
    Alessandro distolse lo sguardo.
    Faceva il duro sì, ma infondo era timido anche lui.
    Iniziarono con il primo bravo, una cover degli Horrors, Death in the chapel.
    Giacomo cantava bene, come al solito, non gli si poteva dir nulla a tal proposito.
    Finito il primo brano, preparandosi per il secondo, Tommaso si avvicinò a Marco.
    -Ehi, tutto bene?-
    -Sì, tranquillo è tutto a posto- rispose all’amico.
    Tommaso era leggermente in apprensione, se il chitarrista avrebbe per caso sbagliato mezzo accordo, Giacomo li avrebbe fucilati tutti.
    Dovevano suonare due brani in tutto, l’esibizione doveva essere molto breve.
    E almeno quei due, dovevano essere eseguiti al meglio.
    Il secondo brano era una loro canzone.
    L’aveva scritta Giacomo, pensando a quando si era lasciato con la sua ragazza.
    Quella troia, per meglio dire.
    I primi accordi partirono veloci, prodotti dalle dita agili ed esperte di Marco, andando a mischiarsi con le note del basso di Riccardo, creando una melodia dolce e quasi perfetta.
    La voce di Giacomo si espanse nell’aria, come tanti coriandoli tirati da un bambino il giorno di carnevale.
    Ognuno di loro metteva più passione possibile quando suonava. Era la loro vita.
    E i suoi occhi erano sempre lì che lo fissavano insistentemente.
    Ma lui non poteva perdere la concentrazione, non doveva dopo un inizio così perfetto.
    Nonostante i buoni propositi però, non poté fare a meno di abbassare lo sguardo verso il ragazzo.
    E fu in quel momento che, incontrando quegli occhi così caldi e profondi, capì che erano ancora tutto ciò di cui aveva ancora bisogno.
    E come per abitudine, gli sorrise.
    Un sorriso che non si sarebbe mai aspettato di rivolgere a lui, dopo tutto quel tempo passato quasi ad odiarlo.
    Suonò così le ultime note della loro ultima canzone.
    Conclusero il brano fra le urla del pubblico, mentre il vocalist ringraziava la folla al microfono.
    E proprio quando stava per rivolgere di nuovo lo sguardo verso di lui, una mano possente e forte lo tirò verso il basso, prendendolo per la manica della maglia.
    Si ritrovò improvvisamente con le labbra attaccate a quelle di lui, le quali pressavano dolcemente sulle sue, leggermente dischiuse per lo stupore. In quel frangente di tempo tenne gli occhi spalancati e fissi su un punto al di là della spalla di Alessandro, preso veramente alla sprovvista.
    Quando la presa di lui scemò dal suo braccio, vide chiaramente i suoi occhi che lo guardavano con uno sguardo pieno d’amore.
    Il suo sorriso da schiaffi però, troneggiava sempre sul quel bellissimo viso.
    -Co-cosa…- riuscì solo a balbettare, portandosi una mano alle labbra umide.
    Alessandro sorrise.
    Il resto della gente non sembrava affatto curarsi di ciò che stava accadendo ai margini del piccolo palco dove pochi minuti prima la band di Marco aveva suonato.
    I suoi compagni di gruppo erano rimasti però alquanto basiti.
    Tutti, tranne Tommaso.
    Lui sapeva che prima o poi Alessandro ci avrebbe riprovato, era a conoscenza che, nonostante gli errori fatti da lui in passato, amava ancora follemente Marco.
    Quest’ultimo vide il ragazzo allontanarsi, andando a sedersi sul solito muretto.
    Decise in quel momento, quale sarebbe stata la mossa da fare.
    Scese dal palco, rimbalzando quasi sulla piccola rampa di scale di lato ad esso.
    Attraversò la limitata folla presente nella piazza e, con un po’ di fiatone, lo raggiunse.
    -Beh, che vuoi?- gli disse Alessandro, distogliendo l’attenzione dalla sigaretta appena accesa.
    -No, cosa vuoi tu,- rispose, alzando un sopracciglio –che…che significa?-
    -Che significa cosa?-
    -Quel cazzo di bacio che mi hai dato trenta secondi fa!-
    Alessandro rise, di fronte alla reazione di Marco.
    -Non dirmi che ti è dispiaciuto-
    -Ora questo non c’entra! Cavolo, vuoi spiegarmi che cazzo ti succede? Prima mi lasci, anzi ci lasciamo e poi vieni a vedere le mie esibizioni con la band e inoltre mi baci pure quasi nel bel mezzo dell’esibizione! Ma dico sei imp- -
    non fece in tempo a finire la frase, che Alessandro si era alzato, e l’aveva baciato di nuovo.
    Il ragazzo portò le mani sulla sua vita, attirandolo di più a sé e a Marco non restò che rimanere di nuovo spiazzato.
    Finalmente chiuse gli occhi, non dopo un attimo di esitazione e, dopo pochi secondi, sentì un paio di mani che gli afferravano i polsi dolcemente, portando le sue braccia dietro il collo di lui.
    Senza fretta, fecero incontrare le loro lingue, le quali si accarezzarono lente e soavi, finché il bacio non divenne passionale e forte.
    Alessandro strinse di più la presa attorno alla vita dell’altro ragazzo, gemendogli sommessamente in bocca.
    Marco fece lo stesso, tirando leggermente i morbidi capelli biondi che gli si arricciolavano sul collo.
    Era la sensazione più bella che avesse mai provato, forse addirittura meglio di fare l’amore.
    Quando si staccarono ansimavano leggermente, con le labbra rosse a causa del lungo bacio.
    Gli ingranaggi del cervello di Marco si muovevano veloci, elaborando teorie o ipotesi sul perché si fosse tanto facilmente lasciato andare a quel bacio così dolce.
    Forse proprio per questo.
    Perché quel bacio era di una dolcezza agonizzante e, dopo mesi, sentiva il bisogno di quelle labbra, della dolcezza della sua lingua che gli esplorava famelica, ma allo stesso tempo leggera come il tocco di una piuma la bocca.
    Aveva bisogno di sentire di nuovo il sapore dal tabacco quando lo baciava.
    Aveva ancora un disperato bisogno di tutto ciò e così, si era improvvisamente ritrovato a ricambiare quel bacio tanto ardito, immaginato e sognato per intere notti.
    Si accorse che le dita di lui si stavano muovendo leggere e calde sulla sua guancia, afferrando un suo ricciolo nero.
    Alzò lo sguardo verso di lui e lo abbracciò.
    - Stasera vieni da me?- gli sussurrò il ragazzo all’orecchio, stringendo di più la presa sulle sue spalle, come se volesse urlare al mondo che Marco era suo, soltanto suo e di nessun altro.
    - Sì- rispose d’istinto.
    Non gli importava se fosse stato solo sesso.
    Lui ne aveva bisogno.
    Alessandro era la sua aria.


    *



    La naturalezza dei movimenti, del ritrovarsi e del perdersi fra le lenzuola fu quasi disarmante.
    Mentre Alessandro entrava dentro di lui, si sentì finalmente completo e pieno come non lo era da tanti mesi.
    I gemiti, soffocati sulle labbra l’uno dell’altro, erano qualcosa di sublime e si chiese come avesse fatto a rinunciare a quei momenti per tutto quel tempo.
    Come avessero fatto a rinunciare.
    Si rese conto che il bisogno primario di sentirlo, in tutti i sensi, era qualcosa di fortissimo e quasi assurdo, come se senza la sua costante presenza, sia fisica che sentimentale, lui non avrebbe avuto una vita completa, bensì a metà, quasi come fosse un vegetale.
    Le sue mani scorrevano lente e morbide su di lui, donandogli un piacere indescrivibile.
    Ma non era solo piacere fisico, anche la sua anima, il suo cuore sembravano completamente appagati.
    Lo sentì venire attraverso la gomma del preservativo, avvertendo un improvviso calore.
    Alessandro spinse verso di lui poche ultime volte, accarezzandolo più velocemente, ed anche lui raggiunse l’apice.
    Rimanendo collegati, si accasciarono l’uno sull’altro, sudati e caldi.
    Un sorriso, quasi da ebete, spuntò sulle labbra di entrambi.
    Marco si sollevò leggermente, facilitando così l’uscita dell’altro dal suo corpo.
    Quest’ ultimo, lo accolse tra le sue braccia, coprendo entrambi con la leggera trapunta blu scuro, godendo del leggero solleticare dei capelli del suo ragazzo sotto il mento.
    -Ti amo ancora, lo sai?- gli sussurrò a fior di labbra.
    Marco si destò per un attimo dal dolce torpore del dopo amore, alzando il collo verso di lui, guardandolo teneramente.
    - Anche io ti amo ancora, non ho mai smesso.-
    Si sdraiò di nuovo sul suo petto, disegnandoci linee immaginarie con la punta dell’indice.
    Lo sentì tirare i muscoli e un piccolo sorriso si disegnò sul suo viso.
    - Ti va di riprovare?- chiese infine.
    - Prometti che non mi tradirai mai più?- rispose alzando di nuovo il collo, appoggiando un gomito sul cuscino accanto a lui.
    - Scusa, per tutto.- gli disse lui, attirandolo a se per la nuca a baciandolo.
    Si ritrovarono di nuovo stesi sul letto, scambiandosi dolci baci.
    - Prometto. Lo prometto perché ti amo più della mia stessa vita.-
    Le lacrime salirono agli occhi inevitabilmente.
    Cercando di trattenerle per non rovinare con la sua eccessiva sensibilità quel momento così bello, lo baciò di nuovo, premendo le mani sulle sue guance.
    Lo amava.
    Così tanto da morirne.







    Fine.



    Edited by ;HachiBLOOD™ - 13/6/2009, 13:11
     
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  2. NeideLunare
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    Trovo che le originali siano molto più difficili di qualunque altro scritto. Devi crearti personaggi tuoi, con caratteristiche peculiari, con delle personalità e in più ci sono tutte le altre cose per fare un buon scritto.
    Ecco, questo è un ottimo scritto.
    Mi è piaciuta un sacco, davvero davvero bella. Complimenti =)
     
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  3. Vitto_LF
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    Sono un po' disabituata a leggere yaoi fuori dal mondo tokiohotelliano, ma la storia mi è piaciuta e tu scrivi bene! In certi punti mi sembrava di leggere una twincest i cui personaggi avessero cambiato nome XD

    Piccolo consiglio: "se stesso", non "sé stesso" =)
     
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  4. ;HachiBLOOD™
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    Grazie Neide e Vitto, sono molto felice che vi sia piaciuta <33
    E sì, in effetti in alcuni punti sembrava pure a me di parlare di Bill e Tom, ho fatto un po' di fatica a cambiare i nomi, sono abituata alle Twincest xDD
    CITAZIONE
    Piccolo consiglio: "se stesso", non "sé stesso" =)

    Uh, è vero xDD grazie per avermelo fatto notare, così correggo *-*
     
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  5. Sekunden**
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    Allora...premetto che prima di oggi non ero mai stata in questa sezione.
    Mi annoiavo a morte e ho cominciato a vagare per sezioni mai esplorate prima.
    Ed esplorando i miei occhi si sono posati sul titolo di questa OS.
    Dal titolo sono passata direttamente alla lettura vera e propria, e ne è valsa davvero la pena.
    E' bellissima, profonda, originale, si vede che è frutto della tua fantasia in ogni minima virgola.
    Mi sono emozionata con l'ultima scena, l'ho trovata dolcissima e sono arrivata quasi alle lacrime.
    Ma questa storia è stata molto importante anche dal punto di vista personale.
    Anche io come Marco e Alessandro non posso più illudermi di non amare ancora tantissimo una persona.
    Non voglio nemmeno provarci a non amarlo più, è tempo perso.


    Bravissima, davvero.
     
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  6. ;HachiBLOOD™
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    Oh cavolo, qua dentro le cose si fanno a rilento xDD
    A parte il fatto che non vengo qua da giugno dell'anno scorso, tu il commento l'hai fatto a marzo e mi dispiace risponderti così in ritardo ._.
    Ma meglio tardi che mai, orsù xD

    Questa OS l'ho scritta praticamente un anno fa, togliendo i pochi giorni che mancano per fare un anno preciso u.u, e devo dire che un po' di sorpresa l'ho avuta vedendo un commento o.o mi ha fatto veramente piacere, visto che rileggendola mi rendo conto che... *si tappa la bocca*
    Insomma, ho fatto un po' di cambiamenti stilistici xDD

    Grazie, grazie mille davvero <3
     
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  7. ;Reden™
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    Salve (:
    Prima di tutto vorrei dire, wow, 181 visite e pochissimi commenti, bene ._.
    Detto questo, neanche io ero mai entrata in questa sezione, ma sono rimasta piacevolmente soddisfatta.
    Non avevo letto altre yaoi al di fuori del TWC ma questa mi ha davvero colpito.
    Il fatto che tu, come ha detto Neide, ti sia creata personaggi tuoi con delle caratteristiche determinanti e il fatto che le abbia descritte in modo davvero realistico rende questa storia davvero bella.
    Mi è piaciuta, è completa.
    Ci sono i sentimenti, le azioni, è vita.
    Quindi, ancora complimenti Hachi (:
     
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  8. ;HachiBLOOD™
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    CITAZIONE (;Reden™ @ 2/7/2010, 17:19)
    Salve (:
    Prima di tutto vorrei dire, wow, 181 visite e pochissimi commenti, bene ._.
    Detto questo, neanche io ero mai entrata in questa sezione, ma sono rimasta piacevolmente soddisfatta.
    Non avevo letto altre yaoi al di fuori del TWC ma questa mi ha davvero colpito.
    Il fatto che tu, come ha detto Neide, ti sia creata personaggi tuoi con delle caratteristiche determinanti e il fatto che le abbia descritte in modo davvero realistico rende questa storia davvero bella.
    Mi è piaciuta, è completa.
    Ci sono i sentimenti, le azioni, è vita.
    Quindi, ancora complimenti Hachi (:

    Intanto scusa se ti rispondo così in ritardo c_c
    E poi ti ringrazio molto per il commento, sono felicissima che ti sia piaciuta, visto che - come ho già detto ad altri - l'ho scritta più di un anno fa xD
    Grazie, Grazie davvero ((:
    <3
     
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    Cotton Candy Sky

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    weeee, bella sta storia XD
    Marco sembra Tom e Alessandro Bill, ma fa niente, è bellissima.
    Hai avuto molta originalità, non mi son pentita di essere entrata in questa sezione ^^
     
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  10. ;HachiBLOOD™
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    CITAZIONE (Dragona @ 31/8/2010, 22:16)
    weeee, bella sta storia XD
    Marco sembra Tom e Alessandro Bill, ma fa niente, è bellissima.
    Hai avuto molta originalità, non mi son pentita di essere entrata in questa sezione ^^

    Grazie x]]
     
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  11. KiKi93
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    davvero bella!!complimenti ;D
     
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  12. ;HachiBLOOD™
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    Thanks ; )))))
     
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11 replies since 11/6/2009, 15:45   332 views
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