The night porter

Erotico – NC17 – Twincest not related – OOC – AU – Pwp – Bondage – Language – S/M (accenno)

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    Titolo: The night porter
    Autore: Redda
    Genere: Erotico
    Raiting: NC17
    Avvisi: Twincest not related – OOC – AU – Pwp – Bondage – Language – S/M (accenno)
    Riassunto: Non conoscevano niente di lui, nemmeno il suo nome, ma lui sapeva ogni cosa di loro.




    Creative Commons License
    The night porter by Redda is licensed under a Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Italia License.

    Vietato copiare!




    • ~ • ~ • ~




    Fare il portiere notturno era uno dei lavori più infimi che ci fossero al mondo: la paga era una miseria, venivi privato di preziose ore di sonno che non avresti mai più recuperato, e le persone ti trattavano come una pezza da piedi, ritenendoti un individuo non abbastanza degno di ricevere la loro attenzione.

    Lui aveva trovato quel lavoro tramite un amico di suo padre, che aveva deciso di aiutarlo in un momento di difficoltà economica. All’inizio si era dimostrato piuttosto titubante di fronte a quella proposta, perché aveva ben altri progetti per la sua vita; il suo più grande sogno, fin da quando non era altro che un marmocchio, era quello di diventare una rockstar internazionale e di suonare di fronte a migliaia di persone che urlavano il suo nome, ma l’affitto non si pagava di certo con i sogni di gloria, così era stato costretto a rimettere i piedi per terra e ad accettare quel lavoro, che portava avanti ormai da sei mesi. Sei lunghi mesi che gli erano sembrati infiniti.

    All’inizio era stata davvero dura; la sua vita sociale era colata praticamente a picco, e ormai non sapeva nemmeno più cosa facessero i suoi amici, che di sicuro si divertivano molto più di lui andando in giro per locali, a ubriacarsi e a rimorchiare qualche ragazza facile. Dover lavorare di notte e dormire di giorno si era rivelato straziante; mentre tu cerchi di riposare, sentendo tutta la stanchezza che ti preme contro ogni fibra del corpo, la città è già in piedi, e i rumori sembrano amplificarsi, tanto da rimbombarti nel cranio come in un rave party. Anche il semplice canto di un uccellino poteva diventare motivo di una crisi di nervi, con conseguente lancio di vari oggetti contro il muro. Gli ci era voluto un mese prima di abituarsi a quel ritmo, che non sentiva più gravargli sulle spalle come un macigno.

    Il palazzo in cui prestava servizio era uno dei più prestigiosi di Berlino. Si ergeva su dieci piani, e la prima volta che ci aveva messo piede dentro, era rimasto a bocca aperta di fronte a tutto quello sfarzo sfacciatamente ostentato; non aveva osato immaginare quanto pagassero di affitto i condomini che ci abitavano. Il pavimento era in lucido marmo italiano, bianco con delle venature nere e grigie, e veniva rigorosamente pulito quasi ogni giorno da una squadra di pulizie specializzata. Le pareti erano rivestite per metà da pannelli di legno di mogano, sempre brillanti e impeccabili; sull’altra metà a destra nell’ingresso c’era uno specchio lunghissimo che partiva dal portone e arrivava fino all’ascensore. Una moltitudine di piante sempre verdi rendeva quel posto una specie di giungla, e nei vasi in ceramica antica non mancavano mai mazzi di rose freschissime, che da sole costavano più del suo stesso appartamento.

    In una parte della parete c’era una struttura che fungeva da buca delle lettere. Era composta da diversi scompartimenti rettangolari, dotati di un sensore che avvisavano i condomini quando veniva inserito qualcosa al loro interno; a differenza di quelli dei comuni mortali, questi non si aprivano con una semplice chiave, ma tramite un codice d’accesso, come quello delle casseforti. Un tantinello esagerato? Era pur sempre roba da ricchi.

    Il suo gabbiotto si trovava sulla sinistra, poco distante dal portone d’ingresso. Lo spazio era quello che era, e a malapena potevano entrarci due persone contemporaneamente. C’era un bancone a mezzaluna in legno e un vetro alto fino al soffitto, che lo faceva sentire davvero in gabbia come un animale; sotto il piano c’erano una serie di monitor collegati alle diverse aree del palazzo, che lui avrebbe dovuto sempre tenere sotto controllo, in teoria, ma l’aver portato una piccola tv lì dentro lo aveva distratto più di una volta dal compiere i suoi doveri. Dietro le sue spalle c’era una porta tramite la quale si accedeva a una specie di spogliatoio, fornito di un cucinino, un bagno e una brandina particolarmente scomoda.

    In tutti e dieci i piani del palazzo si potevano trovare, oltre ai vari appartamenti, anche una spa, una palestra con tanto di sauna, una piscina al coperto e sulla terrazza c’era addirittura un campo da tennis.


    Non si poteva di certo dire che il suo palazzo fosse altrettanto bello e altolocato, ma almeno i suoi vicini erano tutti molto cordiali e con lui ci scambiavano sempre due chiacchiere, a differenza di quanto succedeva lì dentro.

    Faceva il portiere da sei mesi e a malapena qualcuno gli aveva rivolto la parola, se non per ovvie necessità; sembrava praticamente invisibile agli occhi di quegli uomini e quelle donne dell’alta società. Non conoscevano niente di lui, nemmeno il suo nome, ma lui sapeva ogni cosa di loro; lavorare di notte gli aveva permesso di scoprire i segreti più sordidi di ogni singola persona, ed essere invisibili si era rivelato piuttosto divertente. Un grande aiuto gliel’avevano dato anche le telecamere di sorveglianza, che erano diventate i suoi occhi laddove il suo sguardo non riusciva ad arrivare.

    Poteva fare un sacco di esempi; ogni dettaglio era impresso nella sua mente.

    C’era Nicole, la ragazza del terzo piano, davvero una gran gnocca, niente da ridire. Faceva saltuariamente la modella e frequentava l’università, o per lo meno così faceva credere agli altri, perché non brillava di certo per l’arguzia, anzi stando con lei per più di cinque minuti ci si domandava se il ronzio di sottofondo fossero le mosche dentro il suo cervello. Gli aveva fatto un paio di pompini dentro quello stesso gabbiotto, ma da quando si era messa con un calciatore famoso lo aveva snobbato, togliendogli addirittura il saluto. Aveva in progetto di chiamare qualche paparazzo per rendere ufficiale la loro storia, in modo da ripagarla per quel suo comportamento da stronza.

    C’era il signor Klaus, un politico di estrema destra che veniva sempre elogiato per la sua condotta impeccabile e per la sua etica religiosa; peccato che si sbattesse un diciassettenne quando sua moglie era via. Il caro signor “tutto casa e chiesa” era sempre talmente pieno d’amore da non riuscire mai ad aspettare di arrivare nel suo appartamento prima di mettersi l’uccello del suo amichetto in bocca; oltre a essere un’ipocrita del cazzo era anche una gran bella passiva.

    C’era la signora Annette, che alla veneranda età di ottantadue anni spacciava nel garage del palazzo, e per la miseria la nonnetta aveva anche un giro d’affari niente male. Una volta era stata così gentile da regalargli un po’ di erba per Natale, dicendogli che l’aveva sequestrata a suo nipote perché non voleva che fumasse quella porcheria. Poteva anche raccontare un sacco di balle, ma quello era stato un gran bel Natale per lui.

    C’era Melissa, la figlia della coppia che abitava all’ottavo piano, che pur avendo solo quindici anni era già portata per il mestiere più antico del mondo; quello scricciolo era davvero un demonietto, ma rendeva tanto felici i suoi numerosi amici, a giudicare dalle espressioni ebeti che avevano quando lasciavano il palazzo. Una volta gli aveva detto che con lui non ci sarebbe mai stata per via dei suoi cornrows, che a suo dire era una pettinatura da pezzenti, e per via del suo lavoro. Davvero simpatica la ragazzina.

    C’era Albert, il tizio strambo del quarto, che lo chiamava sempre alle ore più impensabili, facendogli richieste assurde. Soffriva di una forma acuta di cleptomania e più di una volta i condomini erano stati costretti a cambiare le combinazioni perché quel matto rubava loro la posta; a niente era servito mettere in mezzo gli avvocati, lui da quella casa non se ne voleva proprio andare.

    La signora Dena amava la compagnia dei ragazzi giovani e aitanti mentre suo marito era fuori per affari; e a suo marito piaceva vestirsi da donna quando sua moglie era in vacanza con le amiche. Una coppia davvero originale non c’è che dire.

    E poi c’era lui, l’inquilino che occupava il mega loft all’ultimo piano. Da quando lavorava lì l’aveva visto solo poche volte perché era il cantante di una band molto in voga in quel momento, e stava sempre via per fare concerti, promozioni e tutte quelle altre cose legate al business della musica.

    Il loro primo incontro era avvenuto a gennaio, ricordava perfettamente che quella notte stava nevicando e lui avrebbe dato di tutto per potersi rintanare sotto il suo piumone, al calduccio. In quel posto tanto chic non funzionava il riscaldamento proprio nel suo gabbiotto; che gran culo, no?

    Il citofono aveva squillato all’improvviso, risvegliandolo da quel suo stato di torpore, e quando aveva guardato sul monitor chi avesse suonato, si era ritrovato di fronte il viso di un autista in divisa scura e con il cappello imbiancato dai fiocchi, che gli aveva detto di aprire. Aveva aspettato di vedere chi avesse accompagnato a quell’ora e dopo una sfilza di facchini, che erano saliti sull’ascensore con un numero spropositato di valige, era comparso lui, con indosso una pelliccia di volpe bianca e un cappello coordinato; conciato in quel modo gli era sembrata una zarina. Vedendolo in viso lo aveva scambiato per una ragazza, per via dei lineamenti delicato e del pesante trucco scuro che gli ornava gli occhi. Quando si era tolto il cappello aveva osservato quella cascata di capelli neri, lucidi e liscissimi, ricadergli sulle esili spalle impellicciate. Le sue labbra erano rosse e invitanti, e ricordava di averle fissate molto a lungo; mai prima di allora gli era capitato di ritrovarsi di fronte a una simile bellezza. Chi poteva essere? L’amante di qualche ricco uomo d’affari? Una figlia in ritorno da una vacanza studio?

    Era rimasto lì imbambolato, incapace di fare qualsiasi cosa, fino a quando l’autista non lo aveva salutato, chiamandolo signor Kaulitz. Signor! Quella figa stratosferica era un uomo, da non crederci. Oh beh, ma per lui non aveva fatto alcuna differenza, perché essendo bisex non disdegnava la bellezza maschile. E poi avere a disposizione un uomo bello quanto una donna era come vincere la lotteria.

    Quando lo aveva visto scomparire oltre le porte metalliche dell’ascensore, aveva puntato lo sguardo sulla sua destra, verso il citofono interno, e aveva dato una scorsa alla lista dei condomini, fino a individuare il cognome del ragazzo, l’ultimo in cima.

    Da quel giorno, le poche volte i cui l’aveva rivisto, l’aveva sempre salutato; non che negasse il saluto agli altri condomini, perché lui era una persona educata a differenza di quel branco di cafoni con la puzza sotto il naso, ma con il moro ci metteva più enfasi del dovuto, nella speranza di essere preso in considerazione. Speranza ovviamente vana.

    In breve tempo aveva scoperto che non disdegnava le feste, dato che tornava a casa puntualmente ubriaco e sempre al fianco di qualche bel giovanotto, ben contento di sorreggerlo e di passarci la notte insieme. Dio quanto li invidiava! Loro potevano avere ciò che lui bramava con tanto desiderio; più di una volta gli era capitato di raggiungere l’orgasmo pensando al moro, immaginando che la mano che lavorava sul proprio membro fosse la sua.

    Anche quella sera stava aspettando il rientro di Bill, per godere della sua eterea bellezza almeno per quei pochi attimi che gli erano concessi. Quando era uscito l’aveva salutato come suo solito, e come suo solito non aveva ricevuto neanche un misero cenno.

    Nel momento in cui il citofono squillò, il cuore gli batté all’impazzata perché era certo che si trattasse di lui. Lo osservò dal monitor e aprì il portone, ascoltando il rumore prodotto dai suoi tacchi. Gesù si sentiva alla stregua di una groupie adolescente in piena tempesta ormonale.

    Si stupì di vederlo da solo e perfettamente stabile sulle proprie gambe; a quanto pare non si era dato alla pazza gioia.

    «Buonasera signor Kaulitz, bentornato», lo salutò educatamente, scrutandolo da dietro il vetro.

    Bill si bloccò all’improvviso e si voltò verso di lui, calandosi gli occhiali da sole sul piccolo naso – sì, portava gli occhiali da sole alle quattro del mattino, roba da divi –; sembrò soppesarlo con attenzione e a lui mancò il respiro. Era la prima volta che lo guardava in faccia, e sentire quegli occhi nocciola su di sé gli provocò i brividi lungo tutto il corpo.

    Il ragazzo si allontanò senza dire una parola e raggiunse l’ascensore, dentro il quale salì pochi istanti dopo, ma Tom ebbe il tempo di ammirare quel suo bel sedere sodo stretto in un paio di aderentissimi pantaloni di pelle, che lasciavano ben poco all’immaginazione.

    Dovette allentarsi leggermente il nodo della cravatta per riuscire a respirare bene.

    Continuò a guardarlo mentre saliva fin sopra all’ultimo piano e una volta entrato in casa lo perse definitivamente di vista.

    Quella era una piccola vittoria per se stesso; Bill Kaulitz lo aveva degnato di uno sguardo! Non tutti potevano vantarsi di una cosa simile, si sentiva particolarmente onorato.

    Stava ancora gongolando quando sentì un bip; era il suono prodotto dal citofono interno quando qualcuno dei condomini lo chiamava. Lì dentro lo trattavano come una specie di factotum, e gli facevano fare proprio di tutto, dal gettare l’immondizia al sturare un cesso.

    Gli prese un colpo quando vide che la lampadina che si era accesa corrispondeva all’appartamento di Bill. Rischiava di entrare in iperventilazione da un momento all’altro se non si dava una bella calmata.

    Con mano tremante cliccò sul pulsante adiacente.

    «S-sì, signor Kaulitz?», gli chiese, non riuscendo a mantenere la voce ferma.

    «Ho bisogno che salga da me, ho un problema con il riscaldamento».

    Per lui sì che avrebbe fatto di tutto, anche lavargli il pavimento con la sua stessa lingua.

    «Arrivo subito».

    Uscì dal gabbiotto e, dopo aver chiuso a chiave la porticina, salì in ascensore, premendo il tasto che riportava il numero dieci.

    Si mangiucchiò nervosamente le unghie durante quel breve tragitto, e provò a fare dei profondi respiri per calmarsi. Doveva mantenere un comportamento professionale, ma sarebbe stata un’impresa piuttosto ardua.

    Quando le porte si aprirono gli apparve il corridoio; non era mai salito fin lassù. La porta del loft era l’unica presente e vi era una piccola targa in ottone con il nome di Bill scritto sopra, identica a quelle di tutte le altre famiglie.

    Si diede una veloce sistemata alla divisa e bussò, sentendo poco dopo il ragazzo dirgli che era aperto.

    Nel momento in cui fece un passo in avanti la sua bocca si spalancò; quel posto era enorme e indescrivibile. Di fronte a lui non trovò nessuna parete, ma solo un’immensa vetrata che mostrava Berlino in tutta la sua bellezza notturna. Sulla destra c’era la cucina in marmo nero e mobili dello stesso colore; sui ripiani erano disposti elettrodomestici all’avanguardia, talmente lucidi che faticava a credere che fossero mai stati usati. Poco distante vi era un tavolo in vetro e ferro battuto, e le sedie riprendevano lo stesso stile; avrebbe avuto paura a poggiarci sopra il culo, perché di sicuro avrebbe trovato il modo per mandarle in pezzi.

    Di fronte a un divano in pelle, sul quale ci sarebbero state comodamente sedute almeno venti persone, c’era un televisore al plasma; non voleva nemmeno sapere quanti pollici avesse. Poco più in là vi era un impianto stereo che gli fece venire letteralmente la bava alla bocca; lui possedeva solo una radio che funzionava a giorni alterni.

    Il letto si trovava su una specie di piattaforma e bisognava salire due scalini per raggiungerlo; aveva una forma tonda e di sicuro le lenzuola che lo ricoprivano dovevano essere di seta molto costosa.

    Il mobilio era molto minimalista, ma alle pareti c’erano quadri bellissimi, compreso quello di un uomo completamente nudo, e decisamente ben messo.

    Vi erano due sole porte; una doveva essere sicuramente quella del bagno e l’altra portava a una stanza che fungeva da armadio, per lo meno così ipotizzava dato che non ne aveva visto nessuno in giro.

    «Signor Kaulitz?», lo chiamò, pensando che si fosse nascosto.

    Bill uscì dal bagno con indosso un kimono in seta nera che gli arrivava giusto a metà delle cosce. Inutile dire che dentro le sue mutande si scatenò il carnevale di Rio. Se i pantaloni di pelle erano stati una visione, quello non lo si poteva descrivere a parole.

    «Ha fatto presto», gli disse il moro, avvicinandosi.

    «Ho fatto prima che ho potuto», rispose, cercando di rimanere calmo e di reprimere i propri istinti, che gli suggerivano di saltargli addosso senza troppe cerimonie. «Mi dica pure qual è il suo problema».

    «Il sistema di riscaldamento dev’essere difettoso, qui dentro si gela. Non sembra anche a lei che faccia eccessivamente freddo?».

    A lui ribolliva il sangue nelle vene, nemmeno se si fosse trovato al polo nord avrebbe sentito freddo, anzi sarebbe stato capace di sciogliere un ghiacciaio.

    «In effetti…», commentò, dandogli pienamente ragione.

    «Può fare qualcosa? La mia gola è molto sensibile».

    «Certamente, vedo quel che posso fare per risolvere il problema».

    Si avvicinò al pannello centralizzato, dove si potevano regolare le luci, il riscaldamento e l’impianto del gas. Smacchinò sul touch screen e arrivò alle impostazioni che riguardavano il riscaldamento; gli si aprì una nuova schermata e in un batter d’occhio sistemò il guasto.

    «Il temporizzatore era stato impostato male», spiegò al ragazzo al suo fianco.

    «La ringrazio signor… - Bill si sporse appena in avanti per leggere la targhetta appuntata sulla divisa - Trümper, è stato davvero gentile».

    «Mi chiami pure Tom», rispose lui, arrossendo leggermente.

    «Va bene, Tom. Mi permetta di offrirle qualcosa da bere, o deve subito tornare di sotto?».

    «Ho il tempo per un drink», disse, facendogli un sorriso; mica era tanto scemo da sprecare un’occasione simile! In quel momento il palazzo avrebbe anche potuto essere preso d’assedio dallo squadrone della morte, non gli sarebbe importato.

    «Si sieda pure sul divano, io torno subito».

    Tom si accomodò e tamburellò le dita sulle ginocchia, guardandosi attorno; notò che c’erano diverse fotografie di Bill in bianco e nero appese qua e là, e ne avrebbe volentieri rubato qualcuna talmente erano belle.

    «Ecco qui», gli disse il moro, porgendogli un bicchiere. «È whiskey invecchiato trent’anni, spero che le piaccia».

    Lui era più un tipo da birra, ma gli andava bene tutto, avrebbe bevuto anche il cianuro se solo gliel’avesse chiesto.

    «Va benissimo, grazie. Mi dia pure del tu, la prego, in fin dei conti abbiamo la stessa età».

    «Allora devi farlo anche tu, altrimenti mi farai sentire vecchio», replicò Bill, facendogli un sorrisino.

    Oh sì, gli avrebbe dato tutto quello che voleva.

    «Toglimi una curiosità», continuò il moro, dopo aver bevuto un sorso. «Cosa ci fa un ragazzo di appena ventidue anni nei panni di un portiere notturno?».

    «Ci paga l’affitto», rispose sinceramente Tom, facendo ridacchiare il suo interlocutore. (Aveva fatto ridere Bill Kaulitz!!).

    «Dev’essere un lavoro piuttosto faticoso», commentò il ragazzo.

    «Anche fare il cantante non dev’essere una passeggiata; tutti quei concerti in giro per il mondo».

    «Ci si fa l’abitudine», rispose Bill, scrollando le spalle. «Ormai sono nel giro da sette anni, e ho i miei buoni metodi per non sentire la stanchezza. Ciò che mi annoia profondamente sono le interviste; sempre le solite domande, nessuno che abbia un briciolo di fantasia».

    «T’invidio molto», confessò Tom, in imbarazzo. «Fin da piccolo ho sempre sognato di voler fare il chitarrista di professione, ma evidentemente sulla mia testa non brilla alcuna buona stella».

    «Il mio professore delle medie mi aveva detto che non sapevo cantare, e guarda ora dove sono arrivato, quindi non smettere di sperare, non si può mai sapere cosa ci accadrà nella vita».

    Wow… e chi l’avrebbe mai detto che Bill Kaulitz era un essere umano come tutti gli altri?! Con questo non voleva di certo dire che non era capriccioso e snob, perché lo era, ma aveva anche un briciolo di umanità in sé.

    «Ciò che la fama toglie sono gli affetti sinceri, perché cominci a domandarti se le persone vogliono starti accanto perché ti vogliono bene o se vogliono solo sfruttare la tua popolarità».

    «Dev’essere difficile», commentò, compatendolo; quell’insicurezza doveva essere davvero tremenda, non sapere se qualcuno ti è amico oppure no, non poter contare veramente su nessuno. Poverino…

    «Oh in realtà non m’interessa, a me basta che la fama continui a portarmi un sacco di bei cazzi».

    Alla faccia della sincerità! E lui che si era pure dispiaciuto.

    Bill rise divertito, probabilmente notando la sua espressione. «Ti ho forse turbato?».

    «No no, affatto, è che sei stato molto schietto», rispose Tom, facendo un sorrisino.

    «Non dico che ho deciso di fare il cantante per poter scopare quanto voglio, ma sfrutto a pieno questo privilegio che mi è stato concesso. Non sono così sciocco da fare vita monacale o da intraprendere una relazione con una sola persona», gli spiegò Bill, facendo spallucce

    «Beh beato te, almeno ti diverti», commentò lui.

    «Mi stai forse dicendo che non batti chiodo? Guardandoti sei piuttosto carino, certo ho visto di meglio, ma non mi sembri del tutto da buttare via».

    «Non ho molto tempo per rimorchiare qualcuno, col lavoro che faccio», rispose, grattandosi appena il collo. (Bill Kaulitz gli aveva detto che era piuttosto carino!! Il resto della frase l’aveva volutamente omessa).

    «Non c’è bisogno di tempo per rimorchiare», replicò Bill, inclinando il viso, «ma di a.c.p : aspetto, carisma e pacco. Per l’aspetto e il carisma non credo ci siano problemi, non resta che il pacco. Come stai messo ad attrezzatura?».

    «Co-come?», domandò, rischiando di versarsi addosso il whiskey. Gli aveva davvero fatto quella domanda?!

    «Ti ho chiesto come stai messo», ripeté il ragazzo, divertito. «Non mi dire che tutto a un tratto sei diventato timido?».

    «N-no, io…», balbettò, completamente in tilt. Non si era preparato a un risvolto del genere; quando parli con una persona non ti aspetti di certo che ti chieda quanto ce l’hai lungo.

    «Ho capito, devo pensarci da solo».

    Prima ancora che Tom arrivasse a capire cosa stava per succedere, si ritrovò con una mano del cantante in mezzo alle gambe, che tastava il prodotto come se fosse stato un melone sul banco dell’ortofrutta. Il sangue gli schizzò dritto alle guance, facendole diventare incandescenti.

    «Notevole», commentò il moro, osservandolo con una nuova luce negli occhi.

    Mormorò un paio di parole sconnesse, ancora sotto shock. (Bill Kaulitz gli aveva appena palpato l’amichetto!!).

    «I-io dovrei to-tornare di sotto».

    «Non hai nemmeno finito il tuo drink», gli fece notare Bill, sorridendo in modo suadente.

    Cominciavano a sudargli le mani e lì dentro faceva decisamente troppo caldo. Aveva immaginato una scena simile, ma dal fantasticarci su al viverla gli era sembrato un passo praticamente impossibile; invece ora si trovava sul divano di casa Kaulitz, con Bill che lo osservava come se fosse stato un pezzo di carne succulenta. Aveva bisogno di un Xanax…

    «Sai qual è un altro aspetto negativo della fama?», mormorò Bill. «Sentirsi soli… Ed io mi sento davvero tanto solo in questo momento», gli disse, sfiorandogli il braccio con un dito.

    (Oh Gesù Cristo, Bill Kaulitz ci stava spudoratamente provando con lui!!).

    «Dev-dev’essere davvero bru-brutto», commentò, allargandosi il colletto.

    «Bruttissimo» rispose il ragazzo, risalendo fino alla sua spalla. «Non poter dividere con nessuno quel grosso letto vuoto e freddo».

    La sua mano arrivò fino al suo collo, e prese ad accarezzarlo con la punta delle dita, provocandogli la pelle d’oca.

    «Tu ti senti mai così solo?», gli domandò quasi in un sussurro, che lo colpì con la stessa forza di un’onda d’urto.

    «Ogni giorno», rispose, trattenendosi dal fare le fusa.

    «Mi piacciono i tuoi espansori», disse Bill, sfiorandogli il lobo con un’unghia smaltata di nero.

    A lui piaceva ogni singolo centimetro del suo corpo!

    Lo sentì farsi più vicino e togliergli il bicchiere dalla mano, che poggiò sul tavolino da caffè in cristallo. Gli levò anche il cappello della divisa, lanciandolo dietro le sue spalle.

    «Ti va di sentirti un po’ meno solo questa notte?».

    Lo aveva appena detto? Non era solo il frutto della sua fervida immaginazione, vero? Bill Kaulitz gli si era appena offerto, a lui, che a malapena prendeva novecento euro al mese!

    «I-io…».

    «Ti va, Tom?», gli sussurrò all’orecchio.

    Il suo nome non gli era mai sembrato tanto erotico fino a quel momento.

    Gli andava, eccome se gli andava! Nella sua mente era già nudo e in una posizione del Kamasutra.

    «Sì», sfiatò, ormai del tutto perso.

    «Allora lasciati andare».

    Il moro gli si sedette a cavalcioni sulle gambe e gli cinse il collo con le braccia. Aveva un profumo così buono… Inspirò a fondo, riempiendosi i polmoni di quella gradevole fragranza.

    Si lasciò stregare da quelle iridi nocciola, che lo fissavano vogliose, e le sue palpebre si chiusero da sole quando percepì che il viso di Bill si stava avvicinando al suo. Ma il moro non lo baciò, come invece aveva immaginato, bensì gli leccò una guancia, partendo dal mento fino a raggiungere la tempia.

    «Mh… sei buono», commentò con voce roca, che gli provocò uno scossone nelle mutande e un mezzo infarto, dovuto anche al piercing sulla lingua, di cui, fino a quel momento, aveva ignorato l’esistenza.

    Gli permise di mordicchiarlo e leccarlo senza dire nulla, completamente schiavo del volere del cantante, e finalmente, dopo che gli ebbe lavato per bene la faccia e il collo, si decise a baciarlo. Gli fece dischiudere le labbra con prepotenza e fece scivolare la lingua dentro la sua bocca.

    (Bill Kaulitz lo stava baciando!!).

    Per la miseria, se baciava tutti in quel modo doveva avere una sfilza di cadaveri sulla coscienza. Quello non era affatto un semplice bacio, era sesso tra lingue! Cercò di stargli dietro e di imporsi almeno un pochetto, ma a quanto pare il cantante voleva avere il controllo della situazione, e a lui non rimase che rispondere docilmente.

    Lasciò che gli risucchiasse via l’aria dai polmoni, mentre lui si premurò di divertirsi con quel simpatico gingillo sulla lingua del moro, perché quando mai gli sarebbe ricapitata una simile occasione? Gli prese la lingua tra le labbra e cominciò a succhiarla; Bill parve gradire il gesto perché fece le fusa come un gatto e lo ripagò strusciandosi contro il suo bacino.

    Non ci fu bisogno di quel suo gesto per risvegliare il ragazzo lì sotto, era già scattato sull’attenti da un pezzo, ed era pronto a entrare in azione.

    Quando il moro decise che era arrivato il momento di tornare a respirare, si staccò da lui, sollevandosi dalle sue gambe. Gli porse una mano e gli sorrise in modo suadente, invitandolo a seguirlo. Tom l’afferrò e si lasciò guidare verso il letto rotondo, sopra il quale fu buttato con una spinta.

    Bill lo osservò dall’alto, come una specie divinità onnipotente, e cominciò a sbottonargli dal basso la camicia blu scuro della divisa, risalendo fino al nodo della cravatta, che sciolse con abilità. Separò le due parti e mostrò la canotta bianca celata sotto di esse.

    Dal suo sguardo intuì che doveva essere troppo vestito per i suoi gusti. Lo aiutò a liberarsi di quegli indumenti e restò a petto nudo; Bill parve gradire la visuale perché si leccò le labbra con un gesto famelico, e in quel momento sembrò un predatore pronto a saltare addosso alla sua vittima.

    «Gnam…», mormorò, graffiandogli appena gli addominali scolpiti.

    Passò poi ad armeggiare con la cintura, e ben presto si ritrovò con i soli boxer indosso, che non celavano per niente la sua crescente erezione; se non li avesse portati sarebbe stata la stessa cosa.

    Bill si allontanò di un passo e, senza smettere di guardarlo negli occhi, sciolse il nodo della cinta che teneva unito il kimono. Se lo lasciò scivolare lungo le braccia e Tom sgranò gli occhi vedendo che lì sotto era già completamente nudo.

    (Aveva Bill Kaulitz nudo a un palmo dal naso!!).

    «Ora ci divertiremo un po’», disse il moro, avvicinandosi al comodino, dal quale estrasse un paio di manette in acciaio e due corde.

    Solo in quel momento si accorse che c’erano tre paletti di metallo che spuntavano oltre il materasso; evidentemente il cantante li aveva fatti mettere apposta per divertirsi, come aveva detto lui.

    Polsi e caviglie furono saldamente ancorati e la sua mobilità fu drasticamente ridotta al minimo, ma non gli dispiaceva poi così tanto.

    «Torno subito».

    Lo vide sparire dietro la seconda porta e tornare solo qualche minuto più tardi; la vista che gli si presentò di fronte rischiò di farlo venire nelle mutande in quello stesso istante.

    Bill aveva indossato un paio di lunghi stivali in pelle, alti fino alle cosce, e con almeno dodici centimetri di tacco, in più reggeva una frusta in mano, che continuava a far sbattere ritmicamente contro il palmo aperto.

    Il suo sorriso sadico lo spaventò e lo eccitò allo stesso tempo.

    Lo guardò salire sul letto e puntargli un tacco in mezzo al petto, che premette leggermente verso il basso, in modo che lasciasse un segno visibile sulla sua pelle. Non riuscì a trattenere una piccola smorfia di dolore; non era poi così divertente.

    Il moro gli avvicinò la punta dello stivale alla bocca e si mordicchiò il labbro.

    «Leccalo».

    Tom batté le palpebre, leggermente confuso; doveva fare cosa?

    Evidentemente il cantante non era un tipo a cui piaceva aspettare, perché gli premette la suola contro la bocca, muovendo appena il piede.

    «Ti ho detto di leccarlo».

    Lui non era un feticista e quel genere di perversioni non gli piacevano per niente, ma tirò comunque fuori la lingua e la passò sulla pelle lucida dello stivale, facendo sorridere il moro.

    «Così, esatto».

    Bill gli si sedette nuovamente a cavalcioni, e quella pressione contro il suo membro lo fece gemere. Gli accarezzò piano il collo con entrambe le mani, muovendosi poi verso le spalle; arrivato a quel punto gli piantò le unghie nella carne e dovette mordersi con forza le labbra per non farsi sfuggire alcun suono. Il suo aguzzino fece scivolare gli artigli lungo la sua pelle, fino a far convergere i graffi al suo sterno. Alcuni cominciarono leggermente a sanguinare e il moro si chinò per leccarli lentamente, soffiando poi sui piccoli tagli quasi avesse voluto dargli un po’ di sollievo.

    Gli sfiorò il petto con la frusta e lo guardò con dolcezza.

    «Sei il mio bravo schiavetto, mh?».

    «S-sì…», rispose lui.

    La fronte del moro si aggrottò appena e la frusta lo colpì con forza, lasciandogli delle strisciate rossastre sulla pelle già dolorante.

    «Cristo!», gemette, sgranando gli occhi; non aveva di certo pensato che l’avrebbe usata, credeva che l’avesse tirata fuori solo per fare un po’ di scena.

    «Non è questa la risposta che voglio sentire», gli disse in tono autoritario. «Ti ho chiesto se sarai il mio bravo schiavetto!».

    «Sì padrona», rispose Tom, capendo finalmente che gioco avesse in mente il ragazzo.

    «Molto bravo». Gli accarezzò gentilmente una guancia. «Il mio schiavetto è molto eccitato, me ne compiaccio. Vorresti che te lo succhiassi, non è vero?».

    «Oddio sì». E glielo chiedeva anche?

    La seconda frustata arrivò dura e precisa. Evidentemente stava diventando un masochista, perché dopo il dolore iniziale, che lo lasciò stordito per qualche secondo, sentì una certa eccitazione invadergli il corpo, facendolo fremere.

    «Sì padrona, la prego».

    «Bene, bene… ti accontenterò, oggi mi sento particolarmente magnanima».

    Bill si sollevò con un gesto elegante e gli abbassò i boxer fino alle ginocchia, liberando finalmente la sua erezione da quella prigione di cotone.

    Gli poggiò la frusta sullo stomaco arrossato e afferrò la base del suo membro con una mano, facendolo poi sparire dentro la sua bocca senza perdere altro tempo.

    Dentro la testa di Tom risuonarono le campane a festa (Bill Kaulitz gli stava facendo un pompino!!), e ogni cosa gli apparve improvvisamente più bella; avrebbe anche potuto rinchiuderlo dentro la vergine di Norimberga in quel momento, sarebbe stato capace di ringraziarlo. Quasi non ci pensava più al fatto che fino a quel momento l’aveva praticamente seviziato.

    Sentì la lingua di Bill lavorare su tutta la sua lunghezza, e ogni volta che gli sfiorava la punta sensibile con il piercing era un’apoteosi di piacere. La sensazione di sentirla sulla sua pelle era indescrivibile; ogni suo movimento era meticolosamente calcolato e riusciva a farlo impazzire.

    Tutto il sangue presente nel suo corpo sembrava essersi riversato in quel determinato punto, e riusciva addirittura a percepire le pulsazioni accelerate del proprio cuore.

    Socchiuse le palpebre, in uno stato di totale beatitudine, e non provò nemmeno a trattenere i gemiti che, uno dopo l’altro, uscivano dalla sua gola, man mano sempre più forti. Quello doveva essere il Paradiso, ne era certo! E a proposito di gola, quando colpì il fondo di quella di Bill seppe di essere scampato per un pelo alla morte istantanea.

    Spalancò gli occhi e seguì con lo sguardo il capo del moro, che si alzava e abbassava velocemente, sfiorando ogni volta la sua pancia con la punta del naso. Ora capiva perché era un cantante tanto apprezzato dalla critica, sapeva usare bene, anzi benissimo la bocca!

    Lo sentì incavare maggiormente le guance attorno al suo membro, in modo da creare maggiore attrito nei movimenti, e succhiargli con forza la punta, assaporando quel piccolo rilascio pre-orgasmo; successivamente si allontanò all’improvviso, ripulendosi le labbra con il dorso della mano.

    «No no, per favore, continua!».

    Non poteva lasciarlo proprio lì sul più bello, e che cazzo! Un po’ di umanità in certe situazioni è dovuta.

    «Non posso farlo, perché ora ho tutta l’intenzione di scoparti. Tu vuoi che io lo faccia?».

    «Sì… padrona», si affrettò ad aggiungere quando gli vide sollevare la frusta, pronto a colpirlo un’altra volta.

    Lo scavalcò per avvicinarsi nuovamente al comodino, dal quale tirò fuori un preservativo ancora incartato e una boccetta di lubrificante. Tornò successivamente al suo posto e si versò qualche goccia su due dita, ungendole per bene. Si posizionò poi di fronte a lui e si assicurò che lo stesse guardando, prima di spingerle oltre la propria apertura, preparandosi a un’intrusione ben più fastidiosa.

    Ogni suo gemito era come una coltellata in pieno petto; di quel passo sarebbe venuto nel giro di pochi secondi.

    Non poteva che restare lì inerme, incapace di compiere anche il più piccolo movimento, a fissarlo mentre godeva grazie a se stesso. Vide poi il moro restituirgli lo sguardo, lucido e voglioso, e stirare le labbra in un sorriso sensuale.

    «Bill!», lo chiamò a un certo punto, decisamente frustrato.

    Il ragazzo ghignò ed estrasse le dita, che portò alle proprie labbra, leccandole avido. Quel gesto lo uccise definitivamente.

    Strappò l’involucro dorato del preservativo con i denti e lo srotolò lungo il suo membro, sopra il quale si sedette pochi istanti dopo, facendolo scivolare lentamente dentro di lui.

    Lo vide spalancare gli occhi e dischiudere la bocca, dalla quale uscì un piccolo verso di stupore; non si era aspettato di sentirsi completamente riempito, quasi il suo corpo fosse stato creato appositamente per contenere proprio quello di Tom.

    Attese qualche istante prima di cominciare a muoversi, giusto il tempo di abituarsi a quella nuova presenza.

    I suoi muscoli, contratti contro la sua carne come una morsa ferrea, gli stavano facendo vedere le stelle, letteralmente! Aveva fatto sesso con altri ragazzi, ma quello era decisamente tutta un’altra storia, non c’era proprio paragone.

    Bill spinse il proprio corpo in alto, arrivando quasi al limite, e ridiscese verso il suo bacino, dapprima lentamente, poi pian piano mutò il ritmo facendolo diventare più veloce e costante, riducendo la distanza tra una spinta e l’altra.

    (Stava scopando con Bill Kaulitz!!).

    Nella stanza non si sentivano che i loro gemiti; voci che si mischiavano, diventando una sola.

    Tom era estasiato dalla vista del moro, che in quel momento gli sembrava una visione celestiale, anche se dubitava che un angelo avrebbe gridato un “Oh sì ti prego, scopami più forte”, come stava facendo Bill in quel momento.

    Ci mise anche del suo, sollevando il bacino per quel che il ragazzo gli permetteva, ma raggiungere la sua prostata da quella posizione era un compito piuttosto complicato. Se solo avesse potuto usare le mani avrebbe guidato lui stesso il suo bacino, ma dovette andare a tentativi. I primi furono solo buchi nell’acqua, che sortirono comunque il loro effetto; quando finalmente riuscì a centrarla, strappò al moro un gemito degno di un soprano.

    «Slegami», gli disse, con il poco fiato che gli era rimasto in corpo.

    «No», rispose il moro, muovendosi in modo frenetico sopra di lui, quasi fosse stato posseduto da Lucifero in persona.

    Contrasse talmente tanto i muscoli che gli fu praticamente impossibile trattenersi dal venire, ma diede fondo a quel briciolo di autocontrollo che gli era rimasto per resistere.

    «Slegami ti ho detto!».

    Dalla gola del cantante risalì una specie di ringhio; non sembrava particolarmente propenso a prendere ordini da qualcuno, soprattutto quando stava facendo sesso, ma smise di muoversi e si sporse per cercare la piccola chiave dentro il cassetto. Nel momento in cui gli liberò i polsi, Tom lo gettò con poca grazia sul materasso, e il ragazzo sgranò gli occhi.

    Slegò rapidamente delle corde che gli bloccavano le caviglie, schiacciando Bill sotto il proprio corpo. Si avventò sulle sue labbra, baciandolo in modo rude; con uno come lui era evidente che la dolcezza, in un simile gesto così intimo, non andava minimamente presa in considerazione.

    Gli sollevò una gamba e la posizionò sopra alla propria spalla; il moro, capendo le sue intenzioni, si aggrappò all’altra spalla con le unghie, in modo da avere un appiglio. Tom spinse il proprio bacino contro le sue natiche ed entrò completamente in lui, senza pensare al fatto che in quel modo avrebbe potuto anche fargli male.

    Si mosse in modo quasi violento, ma a Bill quel trattamento sembrava piacere, di fatti cominciò a gemere come una puttana della peggior specie e arrivò addirittura a esortarlo a fare di più, quasi avesse voluto sfidarlo, perché ciò che gli stava dando evidentemente per lui non era abbastanza.

    I loro sguardi s’incrociarono, e ognuno vide, nelle iridi dell’altro, il fuoco che sembrava bruciarli dentro, rendendoli nient’altro che cenere.

    «Scopami», gli sibilò il moro, stirando le labbra gonfie e lucide di saliva nel sorriso più sensuale che avesse mai visto in tutta la sua vita.

    Lo afferrò saldamente per i fianchi e cercò la giusta angolazione per centrare la sua prostata; quando fu sicuro di averla trovata si spinse indietro, uscendo quasi del tutto dal corpo di Bill, e successivamente mosse in avanti il bacino, colpendola con forza e precisione millimetrica.

    «DIO!», urlò Bill, sgranando gli occhi.

    «Di’ il mio nome», gli ansimò contro il viso, ripetendo ancora una volta quel movimento.

    «Tom!».

    «Urlalo».

    Colpì la sua prostata una, due, tre volte di seguito, mentre piccole goccioline di sudore gli percorrevano la pelle accaldata, finendo sulle costose lenzuola di seta.

    «TOM, TOM, TOM, CRISTO SANTO!».

    Venne pochi istanti dopo, invocando ancora una volta il suo nome, e quell’ultimo sforzo costò anche a lui l’orgasmo, che lo travolse come un vero e proprio uragano, privandolo anche del più piccolo grammo di forza che gli era rimasto.

    Crollò letteralmente addosso al moro, ormai senza fiato e con i polmoni in fiamme. Bill lo spinse con una mano contro il materasso e poggiò il capo contro il suo petto, riprendendo fiato a sua volta. Il suo profumo, se possibile, gli sembrò anche più buono di prima in quel momento. Sapeva di lui, sapeva di loro, e sapeva di sesso, meraviglioso sesso.

    «È stato grandioso», gli disse senza fiato, sforzandosi di sollevare il capo quel tanto che gli permise di baciargli le labbra. «Tom…».

    «Tom».

    L’ennesimo colpo contro il vetro della guardiola lo fece ridestare dal suo sonno. Batté le palpebre confuso e si ritrovò di fronte Dennis, il portiere che prestava servizio di giorno.

    «Cosa…», mormorò con la voce ancora impastata.

    «Ti sei addormentato ragazzo», gli disse l’uomo, ridacchiando divertito.

    Si era trattato solo di un sogno, bellissimo ed eccitante, ma restava comunque solo un sogno. Sollevò in alto le braccia e stiracchiò i muscoli indolenziti a causa di quel pisolino fuori programma.

    «Va’ a casa e riposati».

    «Ne ho bisogno».

    Tom entrò nello stanzino per cambiarsi e lasciò le chiavi a Dennis, che si sedette al suo posto, pronto a cominciare quella nuova giornata di lavoro.

    «Ci vediamo questa sera», gli disse, sollevando una mano.

    «Buonanotte Tom».

    Dennis gli aprì il portone, e quando lo tirò verso di sé, si ritrovò di fronte proprio Bill, di ritorno da qualche serata, accompagnato dall’ennesimo bamboccio di turno, uguale a tutti gli altri.

    Si fece da parte per farli passare e tenne il portone aperto, da vero gentiluomo.

    «Buongiorno signor Kaulitz», lo salutò cordiale.

    Il ragazzo si voltò a osservarlo per qualche istante, prima di continuare il suo cammino, voglioso di poggiare la testa sopra il cuscino per concedersi qualche ora di meritato riposo, a differenza di quanto sperava il biondino al suo fianco.

    Tom uscì dal palazzo e si mise le mani in tasca, stirando le labbra in un sorrisino. Forse quella sera avrebbe manomesso il riscaldamento dell’appartamento al decimo piano…


    • ~ • ~ • ~




    Note finali: Dopo innumerevoli ere geologiche sono finalmente tornata a scrivere una one shot, quasi mi viene da piangere *tira su col naso*. Saranno stati i crampi, sarà stata l’insonnia, sarà stato il dio dell’ispirazione che finalmente ha accolto le mie disperate preghiere, ma alla fine ce l’ho fatta *fuck yeah* XD mi viene un po’ da ridere a pensare che la prima one shot che scrivo dopo mesi/anni (?) sia proprio una pwp, ma in tempo di crisi non si rifiuta nulla e da molto non mi capitava di avere un tale impeto nel voler scrivere qualcosa. Non so nemmeno da dove sia venuta fuori questa storia a dirla tutta; mi trovavo nel mio lettino, al buio, a pensare a qualche possibile trama da scrivere, con il mio blocchetto di fogli sempre accanto, e dopo averne scartate tante, ma tante, è venuto fuori questo portiere notturno, dopo quello c’è stato un bum XD Gesù mi son pure presa un colpo! Ho acceso la luce fregandomene del fatto che fossero le tre, ho acchiappato i fogli e ho cominciato a scrivere; è stata una così bella sensazione risentire la mano che andava da sola e le idee che fluivano senza problemi. Arrivata a un certo punto (saran state le sei) ho deciso di fare una pausa, magari per dormire un pochino visto la notte passata in bianco, ma ogni tre secondi mi rialzavo per annotare una frase che mi veniva in mente. Alla fine ho continuato a scrivere fino alle sette e mezza XD con mia mamma che è entrata e mi ha beccato seduta a letto con il cellulare in mano a farmi luce, e scioccata mi ha chiesto se stessi ancora scrivendo, perché mi aveva già beccato alle cinque; io gliel’ho detto che quando c’è l’ispirazione non ci si può fermare altrimenti si è fregati.
    La trama non sarà certo questa apoteosi di originalità, ma a me va più che bene, dopo mesi e mesi di crisi, dove non riuscivo a prendere un foglio senza provare un rifiuto per la scrittura, anche una pwp può riempirmi il cuore di gioia, perché mi fa pensare che non tutto è perduto, e che la mia piccola passione è ancora lì che scalpita.
    Se siete arrivate fino a qui vi faccio i miei più sentiti ringraziamenti, vuol dire che non mi ci avete mandato dopo la terza riga XD Nella speranza di poterci risentire presto con qualche nuova one shot (sì tranquille che il sequel di ALS lo sto portando avanti), au revoir!

    PS: Se qualcuno ha qualche patente/amico/vicino/conoscente ecc che fa il portiere non me ne voglia a male, scherzavo sul fatto che sia un lavoro infimo u-u
     
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  2. °Ric@
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    Mignottona mia *ççççççççççç* kjsmssdmcsrnhjvkhcnqkjmcjcwjhcmckjqwcnhcnjwqhckmfjmr ewkm inm CIAO.
     
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  3. Redda
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    XDDD te pareva che ti beccavo nel primo forum che controllavo, sembra fatto apposta. Ciao pure a te!
     
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  4. °Ric@
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    Dillo che i miei commenti PREGNI non ti deludono mai!
     
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  5. Redda
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    I tuoi sono i miei preferiti in assoluto, lo sai
     
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  6. *Nowaki*
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    Wow Tom che fa il portiere notturno...
    Bill sadomaso secondo me è cosi anche nella realta *O* hahaha
    Bellina questa one shot : )

    CITAZIONE
    Forse quella sera avrebbe manomesso il riscaldamento dell’appartamento al decimo piano…

    Buona idea...cosi Non sarà solo un sogno xD
     
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    Oddio!! Circa tre ore fa su facebook dicevo di voler leggere una di quelle pwp porno porno ed eccola qui!!!*-* Oddio questa va aggiunta alla lista delle os porno!! È semplicemente fantastica io l'adoro! L'unica cosa è che alla fine è tutto un sogno DD: ma povero Tom! Mi dispiace così tanto!
    Poi tutto il resto va benissimo*-*Bill puttanaaaa'Q' stomalestomalestomalestomalestomaleeeeeeee
     
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  8. [F]ottutamente~Stefy[89]
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    Ho amato come non mai questa shot. Di solito le pwp non mi fanno impazzire, ma ho voluto comunque provare a leggerla, e devo dire che non sono rimasta per niente delusa.
    Mi è piaciuta da impazzire :superlove:
    Ho adorato il personaggio di Tom, i suoi pensieri, la sua goffaggine... e ho adorato tutti i "segreti" di quel palazzo. Fantastica la nonna che spaccia! :rofl:

    Oddio poi la scena con Bill è stata sublime, non riuscivo a smettere di ridere e squittire! Non mi capitava da tanto, sai?!!
    Spero che l'ispirazione non ti abbandoni di nuovo perché voglio assolutamente leggere quello che le tue manine d'oro hanno da offrirci!

    Peccato che alla fine sia stato tutto in sogno, la mia faccia era tipo così--> D: nuoooooooooooooo
    Però l'ultima frase mi ha rincuorata parecchio, buahaha. Vai Tom, datti da fare XD

    Bravissimaaaa <3
     
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  9. TokioDeadDoll
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    CITAZIONE (**stern** @ 8/9/2011, 00:18) 
    Oddio!! Circa tre ore fa su facebook dicevo di voler leggere una di quelle pwp porno porno ed eccola qui!!!*-* Oddio questa va aggiunta alla lista delle os porno!! È semplicemente fantastica io l'adoro! L'unica cosa è che alla fine è tutto un sogno DD: ma povero Tom! Mi dispiace così tanto!
    Poi tutto il resto va benissimo*-*Bill puttanaaaa'Q' stomalestomalestomalestomalestomaleeeeeeee

    ahahahaha stella ahahaha



    beh, lei me l'ha detto e io sono corsa a leggere... **

    Beh, Redda, che dire?
    sei sempre bravissima... e sono così contenta che l'ispirazione è tornata xDD


    scusa il commento di merda... ma va beh... :(
     
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  10. Redda
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    CITAZIONE
    *Nowaki*

    Bill sadomaso è la realtà di tutti i giorni XD noi lo sappiamo anche se lui non lo dice u-u Grazie (:

    CITAZIONE
    **stern**

    XD allora è cascata a fagiolo! Però almeno è stato un bel sogno su, non può lamentarsi; e poi magari quella notte è anche accaduto per davvero, chi lo sa. Grazie (:

    CITAZIONE
    [F]ottutamente~Stefy[89]

    XD la nonnina è la mia preferita in assoluto, è diventata il mio idolo. XD Tom l'ho fatto diventare per davvero una groupie di 15 anni xD Grazie mille (:

    CITAZIONE
    TokioDeadDoll

    Ma quale commento di merda! A me i commenti piacciono sempre tutti, quindi anche il tuo va benissimo u-u Ti ringrazio (:
     
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    hahahah publicizzo le tue ff u.u vabé lo meritano u.u
     
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  12. °Ric@
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    Pò porno po porno po porno po po po porno....
     
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  13. Redda
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    CITAZIONE
    **stern**

    Troppo gentile (:

    CITAZIONE
    °Ric@

    Vai via tu XD
     
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  14. Sarah TH
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    La mia mente non è in grado di fare commenti decenti e con la giusta grammatica dopo aver letto questa OS pwp, dato che il Bill sadomso l'ha mandata a farsi fottere in meno di 5 secondi.
    =D
     
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    sei tu troppo brava a scrivere u.u e basta. Spero solo che ti venga ispirazione al più presto per un'altra pwp possibilmente! Ma mi accontento di tutto se scritto da te xD
     
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18 replies since 7/9/2011, 12:19   973 views
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