Black Blood

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  1. *billaly*
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    Black Blood





    Titolo: Black Blood
    Autrice: Alessandra
    Rating: R
    Avvisi: AU;Twincest not related; Language; OFC; OMC.
    Genere: Commedia; Romantico; Angst; Lime; Fantasy e Paranormal per “esigenze di copione”; WIP.
    Disclaimers: Non possiedo nè i Kaulitz nè i Tokio Hotel, tutto ciò che ho scritto è frutto della mia fantasia e non è a scopo di lucro.

    Note dell’ autrice: Non lasciatevi ingannare dal titolo,come potete dedurre dagli avvisi, non sarà una storia di sangue, violenza e morte, ma solamente un’ altra delle mie strambe idee che spero sarà di vostro gradimento.



    Capitolo 1




    Che avesse bisogno di nuovi stimoli era fuori di dubbio. Quando a poco più di vent’anni si era già uno scrittore di successo, con quattro libri e due trasposizioni cinematografiche all’attivo, ci si poteva forse adagiare tra due morbidi guanciali e dormire qualche sonno tranquillo, permettersi di dettare le condizioni, prendersi una pausa, ma non era ciò di cui lui aveva bisogno. La sua preoccupazione era di tutt’altra natura: sentiva che aveva ancora molto da dire, ma la contempo non trovava le parole giuste per farlo.
    La saga di ‘Red Blood’ che narrava le vicende di affascinanti vampiri di origine aliena giunti sulla Terra alla ricerca di umani adatti a ripopolare il loro pianeta, era giunta ad una fase di stallo, Drell il protagonista, il capo di quelle creature che si cibavano di sangue umano, ma al solo scopo di evitare l’estinzione della loro specie, si era finalmente innamorato dopo la bellezza di oltre mille pagine scritte e sembrava deciso a voler continuare la sua esistenza accanto alla donna terrestre che l’aveva conquistato e alla figlia nata dal loro amore, rimanendo sulla Terra per di più.
    Il piccolo pianeta avrebbe eletto la sua nuova guida e forse lui avrebbe potuto continuare a scrivere di loro fino alla fine dei suoi giorni, inventando nuove storie e personaggi, - Aileen, il suo agente, gliel’aveva ripetuto fino allo sfinimento -, ma non era quello che desiderava.

    Sentiva che doveva allontanarsi da Drell, dal pianeta San ak lavi e da tutti i suoi abitanti e voltare pagina. Ma in che modo? Il vuoto creativo stava assumendo le proporzioni di un abisso che lentamente lo stava inghiottendo.
    Da giorni ormai continuava a fissare lo schermo del suo portatile, incapace di scrivere anche la più semplice delle parole e la frustrazione per la mancanza di ispirazione lo stava gettando della più cupa delle disperazioni. Si alzò dalla scrivania del suo studio e guardò fuori dalla finestra. L’estate era alle porte e probabilmente un po’ di vacanza gli avrebbe fatto senz’altro bene. Da mesi oramai non si recava più alla casa sulla spiaggia, il primo investimento fatto col denaro guadagnato con le vendite del primo libro, e Gordon sarebbe stato più che contento di averlo tra i piedi per qualche giorno.
    Prese il cellulare e fece partire la chiamata verso l’uomo che, sebbene geneticamente non lo fosse, considerava suo padre, in attesa di una sua risposta.
    “ Ciao Bill! Qual buon vento?” La voce gli era giunta frammentata e la linea era molto disturbata.
    “ Come stai papà?” Chiese, premendo l’apparecchio sull’ orecchio, come se quel gesto avesse il potere di migliorare la comunicazione.
    “ Bene! Sono a Turks and Caicos.
    “ Come?!”
    “ Turks and Caicos. Caraibi. Mare. Sole!”
    “ Ho capito! Ma che ci fai là?”
    “ La mamma non ti ha detto nulla?”
    “ Solo che sarebbe partita per qualche giorno, per lavoro…”
    “ Ok, ti ha mentito. La verità è che siamo qui in vacanza insieme, a tue spese!” Lo informò Gordon ridendo. Per il figlio questo non era certo un problema, considerato che il denaro guadagnato sarebbe bastato e lui e alla sua famiglia per tutta la vita, ma ciò che lo rendeva davvero felice era che i suoi genitori avessero deciso di riappacificarsi.
    “ Sono contento per voi papà! L’ ho sempre detto che non eravate fatti per vivere separati!”
    “ Ce la stiamo mettendo tutta! Ora devo salutarti, la nostra imbarcazione sta per partire… Tua madre ti saluta e dice che ti chiamerà quanto prima!” Gli comunicò l’uomo prima di congedarsi.
    “ Papà, vado per alcuni giorni alla casa sulla spiaggia, non ti dispiace vero?”
    “ Certo che no, è casa tua!”
    “ Ok, a presto allora…”

    Rimase per qualche istante ancora ad osservare il panorama fuori dalla finestra. L’elegante quartiere in cui abitava era uno dei più esclusivi della città e anche uno dei più tranquilli, sotto ogni punto di vista. Il massimo della vita era Scooby, il cane dei vicini, che rovesciava il bidone dell’ immondizia in un eccesso di vitalità, o Emily, la figlia dei Sanders che suonava per ore Mozart al pianoforte, con la finestra aperta. Doveva cambiare aria prima che tutto questo lo sopraffacesse.
    Mise alcuni indumenti e qualche effetto personale nella sacca, il PC nella custodia e si affrettò verso il bagno per fare una rapida doccia. Se non avesse trovato molto traffico, sarebbe giunto a destinazione prima del tramonto e avrebbe potuto gustare quindi una lauta cena a base di pesce nel locale di Sweetie. Una delle poche persone a conoscere la vera identità di B.T. Truman, -quello era lo pseudonimo da lui utilizzato-, l’autore della più famosa saga sui vampiri dell’ ultimo ventennio.
    La decisione di non svelarsi al pubblico, era stata una scelta che si era rivelata vincente, considerato il suo carattere un po’ schivo e che al momento della pubblicazione del primo libro della serie, “Landing on Earth”, era uno studente all’ultimo anno di scuola superiore e ancora minorenne. L’alone di mistero che Aileen e la casa editrice avevano creato intorno a lui, aveva innescato una sorta di curiosità morbosa nei suoi confronti ed incrementato le vendite in pochissimo tempo. Per un giovane scrittore agli esordi poteva definirsi già un punto di arrivo vedere il proprio libro andare in ristampa per la terza volta nel giro di pochi mesi, ma la fortuna l’aveva nuovamente baciato quando era stato contattato da un famoso regista perché la sua creazione diventasse un film. Erano trascorsi già sette anni da allora e Bill Trumper continuava ad essere l’ombroso quanto affascinante ragazzo, neolaureato in lettere, che abitava in quella magnifica casa al numero 12 di Manson Street e B.T.Truman, il famoso, quanto misterioso scrittore di fama mondiale.
    A volte non gli sarebbe dispiaciuto apparire in pubblico, autografare le copie dei libri dei suoi fedeli lettori, quelli che quotidianamente commentavano il suo blog e lo seguivano ormai da anni.
    Il blog era l’unico modo per parlare con loro, oramai divenuti per lui una famiglia. Una sorta di meravigliosi critici sinceri e spietati, a volte fonte di ispirazione o di riflessione. Aileen si era sempre dimostrata contraria, affermando che l’alone di mistero una volta scemato, avrebbe avuto ripercussioni negative sulle vendite. I lettori amavano immaginarlo come una sorta di affascinante scrittore alieno, magari proveniente anch’egli da San ak lavi, che altro non significava che ‘sangue e vita’ in creolo haitiano, come i vampiri di cui narrava le vicende.
    Più volte gli era stato chiesto come si chiamasse e aveva riso per davvero davanti allo schermo del suo fedele PC, di fronte alle fantasiose ipotesi dei lettori, ai quali non aveva mai rivelato che le iniziali erano quelle del suo vero nome, mentre Truman era stato preso nientemeno che da “The Truman Show”, quanto di più banale ci potesse essere sulla faccia della Terra.

    °°°



    “ Mon Chériiiii!!! Da quanto tempo! E dimmi, come se la passa il mio scrittore preferito?” L’esuberanza di Sweetie era proverbiale, tanto da sollevarlo di qualche centimetro da terra e stritolarlo in un forte abbraccio. Adorava quei cento chili per i quasi due metri di altezza di quello che era diventato uno dei suo più cari amici. Sweetie era il soprannome che da tempo Alexandros Petropulakos si portava dietro e più precisamente da quando aveva messo piede in quel ristorante, dichiarando di essere il miglior chef gay dell’universo. L’allora proprietaria l’aveva messo subito alla prova, constatando come il suo orientamento sessuale non pregiudicasse affatto la riuscita dei suoi ottimi piatti e ben presto si era ritirata per lasciare il locale nelle sue mani, limitandosi a dividere con lui parte dei profitti. Sweetie era un mago ai fornelli e con le persone. Era praticamente impossibile non rimanere affascinati dai suoi racconti esotici su terre misteriose e lontane che lui vantava di aver visitato in uno dei suoi innumerevoli viaggi e intratteneva volentieri i numerosi avventori che a fine cena rimanevano nel locale ad ascoltarlo, continuando a consumare bevande al bar. Sweetie era anche il nome di un cocktail da lui inventato a base di frutta, acqua e ouzo, un liquore tipico della sua terra d’origine: la Grecia.

    “ Va molto bene, Sweetie. ‘Final choice’ sta andando alla grande e presto cominceranno le riprese di ‘Life goes on’. Non potrei desiderare di più, non credi?” Esordì Bill, sciogliendosi dall’abbraccio.
    “ Non lo so dimmelo tu, Chéri. I tuoi occhi non sanno mentire.” Rispose l’uomo, guardando dritto nelle sue iridi color dell’ambra e dirottandolo poi al bar per continuare a parlare. Era ancora presto e i primi clienti non sarebbero arrivati che prima di un’ ora.
    “ Ho bisogno di svagarmi, di nuovi stimoli. Sento che oltre alla scrittura non c’è più nulla che mi interessa per davvero, e purtroppo sto attraversando un periodo in cui mi è sempre più difficile mettere in parole ciò che mi frulla nella testa. Potrei continuare a narrare le vicende di Drell & Co. all’infinito, ma sento che sarebbe forzato e non sono affatto sicuro che il prossimo libro sarebbe un successo. Ho bisogno di uscire dal mondo di ‘Red Blood’ o rischierò di diventarne schiavo per sempre.” Spiegò accorato all’amico che ascoltava attento, sorseggiando una birra.
    “ Aileen che dice?” Chiese lo chef perplesso.
    “ Aileen pensa che un po’ di riposo non potrà che giovare alla mia mente e che presto sfornerò un nuovo best seller che sia l’ennesimo sequel o una nuova storia originale. A dire il vero lei non ha preso molto sul serio questo mio vuoto creativo –“
    “ Prenditi tutto il tempo che vuoi, allora.” Lo interruppe Sweetie, “hai scritto quattro libri di successo in sette anni e sei uno degli scrittori più famosi del pianeta, non succederà il finimondo se ti fermerai per un po’.”
    “ Lo spero… Scrivere è comunque la mia vita e non è certo mia intenzione finire i miei giorni in un liceo di provincia ad insegnare letteratura ad un branco di adolescenti ignoranti.”
    “ Non succederà. Piuttosto ti assumerò io qui al locale a declamare i versi del sommo Omero per intrattenere i clienti!” Esclamò l’uomo, ridendo della sua stessa stramba quanto assurda idea.
    “ Hai intenzione di farli addormentare per poi servir loro una lauta quanto costosissima colazione il mattino dopo?” Lo punzecchiò Bill, sapendo quanto ci tenesse a trarre profitto da ogni singola attività che era possibile svolgere nel ristorante.
    “ Potremo metterci in affari Chéri, sul serio. Io li rimpinzo di cibo e tu di poesia. Potrebbe funzionare!” Scherzò lo chef, gettando lo sguardo al pacchiano orologio a forma di timone, posto all’ingresso del ristorante.
    “ Devo tornare in cucina, Bill. Rimani a cena vero? Stasera zuppa di pesce, pasta al sugo di cozze, involtini di pesce spada e orata alla provenzale. Modestamente credo che nessuno uscirà scontento da qui, vista la bravura dello chef.” Si autocelebrò, posando sulla massa di capelli ribelli, legati con una coda alquanto instabile, il cappello da cuoco.
    “ Vada per la pasta, l’orata e un buon bicchiere di vino bianco. Se l’ispirazione se ne è andata, almeno mi riempirò la pancia!” Esclamò il giovane scrittore allo chef. Aver parlato con Alexandros gli aveva fatto bene e già si sentiva meglio. Guardò verso l’oceano e respirò a pieni polmoni l’aria intrisa di odore del mare, ritrovando un po’ di quella pace che pensava aver perduto per sempre.



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    Edited by *billaly* - 26/2/2017, 12:12
     
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