Una contraddizione è il primo passo verso una vittoria.

[BillxBushido] - Slash, Lemon, NC17.

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  1. Francine.
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    Autore: Francine.
    Rating: NC17.
    Avvisi: Adult Content, Violence, Lemon, Non-Con.
    Genere: Erotico, Angst, One-Shot.
    Disclaimers: Bill Kaulitz non mi appartiene in nessun modo, così come Bushido. Tutto ciò che è narrato in queste pagine è solo frutto della mia fantasia, e ovviamente non ci guadagno assolutamente nulla.

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    Una contraddizione è il primo passo verso una vittoria.


    15 agosto 2009, Berlino. Ore 12:30.


    Berlino non era mai stata così afosa. Le persone sono solite credere che in Germania faccia freddo persino in estate, ma in realtà non è affatto così. O meglio, non è sempre così.
    Quella, per esempio, era una delle estati più calde a memoria d’uomo. Una delle più calde secondo il mio modesto parere, eppure il caldo che si sentiva fuori non riusciva a compensare il freddo che avvertivo dentro il mio essere.
    Erano passati ben otto giorni da quando avevo litigato con il mio gemello, Tom. Non potevo fare a meno di pensare che avesse ragione lui, ma sono abbastanza noto per la mia testardaggine.
    Ebbene sì, signori e signore, Bill Kaulitz è un insopportabile ed isterico frocio del cazzo. Almeno è così che mi aveva chiamato lui, quando mi scoprì a letto con un ragazzo di cui non ricordo nemmeno il nome. E come potrei? Ero ubriaco e mi stavo facendo scopare da chissà quale pervertito sessuale con chissà quale malattia. Tom non ha retto lo shock; è rimasto imbambolato a fissarci per un tempo indefinito e poi ha iniziato ad urlare come un pazzo. Ha sbattuto letteralmente fuori dalla camera d’albergo quel ragazzo, prima di avvicinarsi a me e tirarmi uno schiaffo in pieno volto. Ancora adesso se tento di posare il palmo della mia mano sulla guancia, riesco a sentire il dolore che ho provato quando mi ha colpito. Mi ha urlato contro una miriade di insulti, ma sono riuscito a captare solo ‘sei la mia delusione più grande’ e ‘frocio del cazzo’. Non credevo che facesse così male perdere il proprio gemello, anche se avrei dovuto immaginarlo. Io non sono abituato a vivere senza Tom, ho bisogno come l’aria di lui. Nonostante ciò, questo non è bastato a trattenerlo o meglio, non è bastato a convincerlo a farmi restare. Siamo tornati ad Amburgo, a casa nostra e poi mi ha cacciato fuori di casa. Rimpiango di essere entrato in quel maledetto locale a Colonia per festeggiare il compleanno di un nostro amico in comune, di aver bevuto come un idiota e di essermi portato un coglione qualsiasi nella nostra camera d’hotel. Dio, sono stato veramente un deficiente. Come potevo pretendere che Tom non sarebbe tornato in camera? Era anche la sua. Forse però è proprio questo che fa l’alcool. Ti trasforma in un cerebroleso privo di qualsiasi neurone e intelligenza.
    Così era proprio lì che mi trovavo, a Berlino. Avevo deciso di comprare un appartamento in questa città molto tempo fa, perché sapevo che mi sarebbe stato molto utile prima o poi. Bene, ora che lo stavo utilizzando vorrei non averlo mai acquistato, così Tom non mi avrebbe sbattuto fuori di casa, perché in fondo lui sapeva che avevo un posto dove andare e che non avrei vagato allo sbaraglio come un senzatetto, per questo ha osato farlo. Prima di chiudermi letteralmente la porta in faccia mi ha riferito che non era tanto il fatto che io fossi gay ad infastidirlo, ma che facevo uso di sostanze stupefacenti. Mi sono chiesto come facesse a saperlo, e lui da bravo gemello, mi ha come letto nella mente e mi ha risposto con un secco ‘il comodino era pieno di pillole’. Era inutile che negassi, perché tanto non mi avrebbe creduto. E poi perché avrei dovuto giustificarmi inutilmente? Quelle pillole saranno pure state del tipo che me lo stava mettendo al culo, ma io mi drogavo tanto quanto lui o forse peggio. Non ricordo quando ho iniziato a farmi di cocaina, ma credo di aver incominciato più di un anno fa.
    Ai Comet, per la precisione.
    Maggio 2008.
    Ed era stato Bushido a convincermi. Lui e la sua combriccola di rapper cafoni servitori del Re del ghetto.
    Ed io di quel Re, che mai mi avrebbe considerato, mi ero follemente innamorato.
    Un uomo più grande di me mi aveva completamente fottuto il cervello. Ero diventato matto, non trovavo altra spiegazione più logica di questa.
    Non potevo farne a meno, però.
    Lui era la fiamma che incendiava il mio cuore.

    *



    16 agosto 2009, Berlino. Ore 23:00.

    Non mi era mai successo di sgattaiolare prima da una festa per colpa del mal di testa. Stiamo scherzando? Io sono Bill Kaulitz, il Principe delle feste e non posso sfigurare andandomene un’ora prima della mezzanotte da un party stracolmo di droga, alcool e bei ragazzi. Questo era quello che volevo disperatamente credere; invece me ne sono andato per un motivo molto più serio. Mi era venuta una dannatissima crisi di pianto. Mi mancava Tom e volevo solo starmene da solo a piangere. Ho preso le scale che portavano all’attico di quel palazzo e mi sono messo a sedere sul parapetto in cemento a fissare Berlino dall’alto, illuminata e più bella del solito. Tralasciando il fatto che mi era venuta una strana voglia di buttarmi di sotto e farla finita per sempre, perché la vita era diventata alquanto insopportabile senza Tom, la vista era molto suggestiva. Ed erano passati solo nove giorni. E non riuscivo a piangere. Quale maledetta crisi di pianto può venire a qualcuno se non si buttano fuori le lacrime? Volevo piangere, ma non ci riuscivo ed era tutto irritantemente stupido e ridicolo.
    “Ti stai chiedendo quanto è alto il palazzo?”
    Quella voce l’avrei riconosciuta tra mille. Mi sono irrigidito più del cemento sul quale stavo seduto che quasi non riuscivo più a respirare, se fosse passata una folata di vento sarei caduto giù in picchiata come niente.
    “Mi stavo domandando quanto potesse essere ingiusta e crudele la vita, in realtà.” gli dissi, ma non avevo assolutamente il coraggio di voltarmi a fissarlo.
    “Qualcosa non va?”
    “Tutto non va, Anis.”
    Mi è sempre piaciuto il suo nome.
    E poi ho sentito la sua mano poggiarsi sulla mia spalla, eppure non ero riuscito a sentirlo mentre si avvicinava. Ho sbarrato gli occhi e le lacrime hanno iniziato a scorrere lungo le mie guance, come se aspettassero solo un comando per iniziare a farlo e quel comando gli era stato dato dalla meravigliosa e possente mano di Bushido. L’uomo che amavo. Avrei tanto voluto farmi stringere da lui in quel momento.
    “Vieni. E’ pericoloso stare qui.”
    Mi aiutò ad alzarmi e mi guidò verso un paio di blocchi di cemento che si trovavano al centro del perimetro di quel tetto. Ci sedemmo lì ed io mi sfogai con lui.
    Dopo quasi due ore in cui io parlavo e lui stava zitto ad ascoltarmi, si offrì per accompagnarmi a casa. Non aveva detto nulla, non aveva fatto nemmeno un commento. Eppure credevo che avesse capito più di qualsiasi altro.
    “Una Principessa bella come te non dovrebbe piangere.” disse e la sua voce profonda e calda mi inebriò i sensi; poi fece una lunga pausa. “Comunque, mi dispiace.”
    Sapevo che non si riferiva alla mia situazione con Tom. Sapevo che si stava scusando per avermi fatto conoscere il sapore della cocaina e per avermi fatto del male, me lo sentivo. Mi tornarono alla mente un sacco di ricordi, iniziai ad odiarlo e volevo solo scappare via ed allontanarmi da lui.
    Gli diedi la buonanotte e me ne andai.
    Non avevo più voglia di guardarlo in quel momento. Avevo solo bisogno che lui ricambiasse il mio amore.
    Non sarebbe successo, però. Non quella notte, perlomeno.

    *



    23 maggio 2008, Oberhausen. Ore 23:30.

    “Devi andarci piano con quella roba, sei un novellino.”
    “Sono in grado di badare a me stesso, Anis.”
    “Oh, la gattina si sta rivelando una pantera.” sghignazzò Kay One, dando una pacca sulla spalla al suo grande amico Bushido. Lo guardai così male che temé di prendere fuoco da un momento all’altro. Eravamo in cinque e ci stavamo facendo di cocaina da almeno una mezz’oretta. Tom era sparito con qualche troia.
    Quando scoccò la mezzanotte eravamo ormai completamente ubriachi e fatti. In quel momento Anis mi alzò il viso prendendomi dal mento con due dita e mi baciò con una foga ed una passione così marcata che credevo di non riuscire a sopportare l’emozione. Ricambiai ovviamente; le nostre lingue si intrecciavano come in una danza. Gustavo il suo sapore e lui gustava il mio. Ci stavamo divorando le bocche; io già ansimavo come una troia del cazzo e se non ci fosse stata la gamba del tavolo a dividerci mi sarei strusciato su di lui senza la minima vergogna né dei suoi amici né del resto della gente presente a quel dannato after-show. Lui allungò la mano verso il mio fondoschiena e serrò la presa su un mio gluteo, facendomi sussultare. Non smettevamo neanche un secondo di baciarci, neanche per riprendere fiato. Io appoggiai la mano sulla sua erezione e sentii che era già durissima. Un brivido di eccitazione mi percorse tutta la spina dorsale. Ma quel gesto parve risvegliarlo da un sogno, perché interruppe il bacio e mi scostò con violenza la mano, spingendomi in seguito contro lo schienale dei divanetti e stringendomi in un attimo la mano attorno al collo. Mi stava guardando con odio e non riuscivo a respirare. Non capivo cosa avevo fatto di sbagliato ed avevo paura di lui. Poi però mi lasciò andare e mi ordinò di andarmene, cosa che feci, sotto lo sguardo scioccato dei suoi compari e sotto il suo, colmo d’ira.

    *



    30 maggio 2008, Berlino. Ore 16:00.

    Era riuscito a scoprire che tenevo un servizio fotografico a Berlino quel pomeriggio e si era fatto trovare nel mio camerino poco prima dell’inizio.
    “Io non sono frocio, Bill.”
    “Allora forse dovresti evitare di baciare un ragazzo che lo è la prossima volta.”
    “Credevi davvero che avremmo avuto una storia, io e te? Credevi davvero che quel bacio potesse significare qualcosa? Ero drogato e ubriaco, Bill! Usa quel cazzo di cervello!”
    Mi stava urlando addosso e mi aveva spinto di nuovo. Stavolta contro il muro, la sua mano sempre attorno al mio collo.
    “N-non riesco a re-respirare…” mormoravo mentre cercavo di staccargli la mano dal mio collo, aiutandomi con la mia, ma era un gesto del tutto inutile. Lui però mi lascio e diede un forte pugno contro la parete facendomi sobbalzare.
    “Devi sparire dalla mia vita.” sussurrò contro il mio orecchio. “Perché io non sono frocio, ma tu mi piaci. E non puoi piacermi. Devi sparire.”
    Piegai la testa e cercai di guardarlo negli occhi. Lui parve prendere la cosa come una sfida.
    “E’ questo che mi piace di te. Sei coraggioso, forte. Sei donna e uomo allo stesso tempo.” disse.
    Allungai la mano per accarezzargli la guancia, ma lui mi diede un forte schiaffo, facendomi voltare la testa dall’altra parte.
    “Non toccarmi. Sparisci dalla mia vita, Bill.” il suo tono di voce era così duro e recava una cattiveria così evidente che mi venne da piangere.
    Eppure lui non fece niente, se ne andò dal camerino e mi lasciò lì a piangere. Forse fu proprio in quel preciso istante che mi innamorai di lui.

    *



    27 luglio 2008, Amburgo. Ore 22:00.

    Non so perché si trovasse lì quella sera. Forse il suo desiderio di me era così forte che aveva deciso di correre ad Amburgo solo per soddisfarlo.
    Io però non lo volevo.
    Non avevo intenzione di farmi umiliare ancora.
    Ma lui fece molto di peggio quella sera.
    Bushido, in quella notte di fine luglio, mi violentò. Forse dopo quel trauma iniziai a farmi fottere da chiunque, per colmare il vuoto che lui mi aveva dato e per cercare di riprendermi la verginità e fare finta di donarla a qualcuno che avevo scelto io. Invece quella verginità mi era stata strappata con la forza, non sarebbe più tornata e faceva male, soprattutto perché ero innamorato dell’uomo che mi aveva stuprato.
    Mi trovavo in un night club, quindi era pieno di camere nelle quali ci si poteva appartare se si voleva e nessuno avrebbe mai pensato che quell’uomo non mi stava tenendo per mano, ma mi stava spingendo con forza al piano di sopra, stringendomi per un polso e la musica era troppo alta e nessuno avrebbe sentito i miei lamenti.
    Era inutile supplicarlo di smetterla e di lasciarmi andare. Era venuto lì con l’intenzione di sfogarsi, credeva che se mi avesse scopato almeno una volta, la sua attrazione nei miei confronti gli sarebbe passata.
    Inutile dire che mi fece un male cane e che se ne fregò altamente, inutile dire che le mie lacrime non gli fecero né caldo né freddo. Non facemmo nemmeno in tempo ad entrare in camera, che mi spinse violentemente verso il letto con una mano, stringendomi i capelli nell’altra.
    “Stai fermo.” premette il mio viso contro il materasso senza lasciarmi i capelli ed ormai avvertivo il cuoio capelluto indolenzirsi, per non parlare della sensazione di soffocamento che mi dava restarmene in quella posizione. Mentre sentivo il rumore della sua cerniera lampo abbassarsi, sentii gli occhi farsi colmi di lacrime e li chiusi, cercando di immaginarmi che quello fosse solo un brutto incubo e che mi sarei presto svegliato di soprassalto. Purtroppo era tutto reale. Anis si abbassò di fretta i pantaloni ed i boxer, poi fece in modo di posizionarmi meglio a novanta davanti a lui e con la ferocia di un animale quasi mi strappo i miei jeans e il mio intimo. Non fu niente in confronto al dolore che provai quando con un colpo secco dei fianchi, infilò tutta la sua erezione dura e pulsante in un colpo solo dentro alla mia apertura stretta lacerandola e facendomi urlare dal dolore. Il sangue scorreva copiosamente sulle lenzuola mentre lui iniziava a muoversi con foga e violenza dentro di me, come a voler scavare a fondo nel mio essere. Mi scopava sempre con più velocità ed intensità, tirandomi dai capelli verso di lui così da far inarcare la mia schiena e la mia testa, mentre con l’altra mano stringeva il mio fianco che mano a mano si riempiva di lividi viola per la troppa pressione esercitata.
    “Sei una fottuta troia.”
    Stavo piangendo come non avevo mai fatto in vita mia e lui continuava a scoparmi. Si piegò su di me ed ansimò come un maiale contro il mio orecchio, ignorando le mie lacrime. Potrei giurare di averlo anche sentito ridere. Mi irrigidii tantissimo in quel momento e lui parve non gradire perché mi tirò uno schiaffo così forte da farmi uscire il sangue dal labbro e dal naso e poi lo rifece quando lo mandai a farsi fottere, e quell’ennesimo schiaffo mi provocò un occhio nero. Continuava a sbattermi il cazzo con forza nel sedere, gemeva ed io mi lamentavo dal dolore. Alla fine venne inondandomi del suo sperma caldo. Sfilò il membro, si rivestì e se ne andò. Non disse niente, mi lasciò lì da solo con il mio dolore.
    A Tom raccontai di non ricordare nulla, perché non volevo denunciare l’uomo che amavo, ma quell’esperienza mi segnò per sempre e mi fece veramente diventare la fottuta troia di cui lui parlò quella notte.

    *



    28 agosto 2009, Colonia. Ore 9:00.

    “Come mai sei qui?”
    “Sai, suonare con un gemello che non ti parla più deve essere stata dura. Ho pensato di venirti a fare un po’ di compagnia.”
    “Senti, Anis.” mi schiarii la voce. “Non devi essere gentile con me solo perché ti senti in colpa. E’ passato un anno, va tutto bene, l’ho quasi rimosso.”
    “Non è vero. Lo sai bene.” rispose secco lui. “Tuo fratello dov’è?” aggiunse poi.
    “Lui e gli altri hanno preso un altro albergo. Io sono qua da solo.”
    A quel punto si avvicinò lentamente a me e mi prese il viso tra le mani; non potei fare a meno di sussultare e il respiro mi si mozzò in gola.
    “Non mi è passata, Bill. Io credo di provare qualcosa di molto forte per te.”
    Improvvisamente tornai in me e mi sentii più arrabbiato e forte che mai.
    “Sei rozzo e presuntuoso. Dopo quello che mi hai fatto pretendi pure che tra noi vada tutto bene?” gli urlai, allontanandomi dalla sua presa e guardandolo negli occhi con odio e disprezzo.
    “Permettimi di farmi perdonare come si deve. Mi rendo conto che le scuse di pochi giorni fa non possono bastare.”
    “Vorrei ben vedere, Anis.”
    La voce mi tremava, ma non volevo mostrarmi debole e fragile davanti a lui.
    “Ti prego. Io so che mi ami.”
    “E’ questo che mi fa male. Amare un uomo che ha approfittato così crudelmente di me. Lasciami in pace.” feci per andarmene, ma lui mi bloccò per un polso impedendomi di camminare.
    “Devi darmi un’altra possibilità, perché anche io ti amo.”
    In quel momento non sapevo nemmeno se voltarmi o meno e fissarlo negli occhi per scoprire se mentiva o se diceva sul serio. So solo che persi tutte le forze e che mi abbandonai completamente a lui.
    Facemmo l’amore in hotel, questo era il nome giusto stavolta. Amore. Anis fu gentile come non mai ed io mi innamorai ancora di più di lui. Ero stranamente felice e tutto quello che mi aveva fatto parve scomparire per sempre, come se stessi davvero donando la mia verginità a lui per la prima volta ed in fondo lui se l’aveva già presa, quindi andava bene. Inoltre aveva il mio cuore e quella era la cosa più importante di tutte.

    *



    1° gennaio 2013, Berlino. Ore 13:00.

    Sono passati tanti anni. Io ed Anis ci siamo messi insieme subito dopo aver fatto l’amore in hotel. Me lo chiese proprio in quella stanza ed io credo che l’avesse previsto, perché sapeva che non avrei potuto negargli quello che voleva. Tirò fuori una scatolina con un anello dentro e mi chiese di diventare il suo ragazzo. Una persona normale non avrebbe più voluto vedere il suo stupratore nemmeno in foto, ma la nostra era una storia diversa. A parte il dolore che provai quando si prese la mia verginità con la forza, fu come se una coppia avesse deciso di fare sesso in modo violento, perché io l’amavo e lui anche, solo che non voleva ammetterlo a se stesso, e scoprii che quello che mi fece male di più non era stato lo stupro in sé, ma il fatto di non poter stare con lui. Quanto poteva essere contraddittorio tutto ciò? Gli dissi di sì senza pensarci due volte, in ogni caso.
    Abbiamo passato il Capodanno a Berlino quell’anno. Ormai erano già due anni che avevo fatto pace con Tom, successe proprio a Capodanno del 2011 per la precisione. Gli ci volle molto per perdonarmi, ma aspettai con pazienza, perché per lui avrei aspettato anche per tutta la vita. Era mio fratello gemello. In più adesso avevo un fidanzato che amavo. La mia vita era improvvisamente migliorata; nemmeno mi drogavo più. Non ce n’era bisogno.
    Avevamo fatto le ore piccole, quindi io ed Anis ci eravamo svegliati per l’ora di pranzo; il problema era che nessuno dei due aveva intenzione di alzarsi dal letto. La cosa buffa era che ci trovavamo tutti nella sua villa. Sia Tom, che Georg e Gustav avevano preso una delle stanze degli ospiti di Anis. Io e lui invece stavamo nella sua bellissima camera da letto, che ormai era diventata anche la mia. In più c’erano tutti i membri della sua gang in giro per casa. Avevamo fatto un bel casino la notte prima, direi.
    “Principessa.” mi sussurrò all’orecchio, mentre mi accarezzava delicatamente il viso. Io lo guardai negli occhi e gli sorrisi, posando le mie mani sul suo possente petto. Mi avvicinai maggiormente a lui e presi a baciargli lascivamente il collo, succhiandogli la pelle di tanto in tanto fino ad arrossarla. Lui si fece scappare un gemito e poi mi diede una lieve spinta facendomi stendere e premere la schiena contro il materasso. Si mise sopra di me e mi strinse a sé, prima di iniziare a baciarmi con foga. Io ricambiai il bacio e come volevasi dimostrare finimmo per fare l’amore. Mi fece suo con una gentilezza esasperante. Il suo membro entrava in me ed usciva lentamente più e più volte ed io riuscivo ad avvertire un piacere che mi fotteva completamente il cervello. Ansimavo di piacere sulle sue labbra e lui in seguito, avvertendo il limite, iniziò a spingersi più velocemente in me fino a venire nella mia apertura. Il liquido seminale colava lungo le mie cosce e nell’avvertire quella piacevole sensazione, venni anche io. Respirai con affanno, mi sentivo sfinito. Lui si allontanò da me e si sdraiò al mio fianco; poi mi strinse in un abbraccio e mi spostò delicatamente delle ciocche di capelli dal viso. Mi sorrise e mi baciò le labbra. Io sospirai.
    “Ti amo.”
    Chiusi gli occhi ed assaporai quel momento. Avevo tanto atteso e sognato una vita insieme a lui. Non avevo bisogno d’altro. Né della droga e nemmeno di Tom a dirla tutta, ora che avevo lui. Certo, Tom era il mio gemello, ma con Anis accanto potevo cavarmela anche senza di lui. Prima ero solo. Ora esisteva un noi.
    “Anche io ti amo.” riaprì gli occhi e gli sorrisi. Uno spiraglio di luce entrò attraverso le persiane, nonostante fuori fosse nuvoloso quel piccolo raggio di sole riuscì a penetrare nella nostra camera.
    Quella la considerai la massima espressione di felicità a cui potessi aspirare e forse la natura voleva proprio rendergli onore, alla mia felicità intendo. Baciai di nuovo Anis e mi riaddormentai sfinito tra le sue braccia; lui fece lo stesso subito dopo. Ero al sicuro e nulla mi faceva più male, ora.

    ---



    E' la prima Billshido che provo a scrivere e spero sia venuta bene, perché mi sono impegnata più che potevo. E' un pairing che amo dal 2008, ma non avevo mai scritto nulla prima d'ora.
     
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