From the Inside

by fromTOKIOtoMARS & !Moody | NC17, AU, Twincest not Related, Adult Content, Slash, Comico, Erotico, Angst (lieve)

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  1. Valii
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    Dici davvero? **
    Un bellissimo inizio dell'estate con il
    Nuovo capitolo!
    Non vedo l'ora, a presto! :3
     
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  2. fromTOKIOtoMARS
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    Capitolo 12

    "I got the fear"


    - Domani tieniti libero, sei impegnato col sottoscritto.-
    Bill rise, spostandosi il cellulare da un orecchio all'altro. - Devo forse preoccuparmi?-
    Sentì Tom sbuffare. - Ti pare? E' una sorpresa, e credo sarà anche piuttosto piacevole. E poi comincio a sentire la tua mancanza.-
    Il moro si ritrovò a sorridere al vuoto, le guance di un tenero color porpora. Se lo avesse avuto davanti in quel momento, le tanto discusse ragnatele non sarebbero più state un problema.
    Scosse la testa e cercò di darsi un contegno. - Ci siamo visti martedì...-
    - E quindi?- ribattè a sua volta piccato l'architetto, e Bill sogghignò. - E' giovedì!-
    - Dettagli assolutamente trascurabili. Solo una cosa, ci sarà Kyle con noi. So che non vedi l'ora di concederti a me, ma dovrai placare i bollenti spiriti ancora per un po'.-
    Entrambi risero, solo che Tom era tutto, meno che divertito dalla situazione. Altro che Bill, era lui che doveva farsi una doccia fredda ogni volta per non impazzire, nonostante la temperatura quasi polare del periodo.
    Aveva gli ormoni alle stelle e si chiedeva ogni giorno cosa avesse fatto di male per meritarsi una tortura simile. Concludere col moro si stava rivelando più complicato di quanto avesse pensato all'inizio, ma la cosa che lo mandava più in bestia era il fatto che, nonostante sporadici casi, non se ne stava preoccupando affatto.
    La giustificazione che si dava, quando si ritrovava a pensarci, era che c'erano stati dei contrattempi che gli avevano impedito di arrivare alla meta. Tutto lì. Perchè preoccuparsi?
    Solo che sapeva che non si trattava solo di quello. C'erano stati degli imprevisti sì, ma aveva avuto un sacco di occasioni per approfittarne, solo che non lo aveva fatto. Non aveva voluto.
    C'era qualcosa che lo bloccava, una sensazione di vuoto che sentiva sarebbe sopraggiunta, e che gli faceva dire "perchè mandare tutto all'aria?"
    Stava bene così. Non avrebbe forzato i tempi, avrebbe lasciato che gli avvenimenti facessero il loro corso, cogliendo ogni singolo attimo con Bill. Carpe diem.
    Lo sbocciare di quel sentimento nuovo, inaspettato, lo faceva sentire bene con se stesso, ma allo stesso tempo lo spaventava a morte.
    Cosa ne sarebbe stato di lui, allora?
    Tutto quello in cui credeva stava crollando sotto i suoi piedi, l'universo che si era creato inglobato dalla presenza del moro, e tutta quell'instabilità gli stava mandando in tilt il cervello.
    Avrebbe dovuto darci un taglio, prima o poi. Lo sapeva, e la prospettiva che gli si presentava davanti era come una boccata d'aria fresca.
    Ma da quando l'aria fresca faceva così male?

    Aveva fatto un sogno strano, Bill.
    Aveva sognato suo padre, dopo tanto tempo in cui non lo faceva più. Si trovavano nel bar vicino la vecchia macelleria, quello dove Gordon lo portava sempre nelle calde mattinate estive. Lui gli aveva sorriso così teneramente che al moro sembrava essere tornato indietro nel tempo, a quando lui bambino osservava il suo eroe da dietro la cassa, e il cuore gli si era stretto. Aveva afferrato le sue mani, calde e ruvide proprio come ricordava, e allora l'uomo lo aveva osservato intensamente, facendosi serio.
    Bill aveva notato un'ombra dietro la figura del padre, ma non riusciva a capire chi raffigurasse, sebbene avesse la sensazione di conoscerlo bene. Tuttavia aveva deciso di non farci caso, tornando a concentrarsi su Gordon. Avrebbe voluto chiedergli se aveva fatto qualcosa che lo avesse deluso, ma non aveva aperto bocca. In compenso lo aveva fatto l'uomo.
    - Ricordi Billie, che ti ho sempre detto di non giudicare un libro dalla copertina?- il suo tono era basso e gentile come era sempre stato, e a Bill venne da piangere. Aveva pensato di non poter più sentire la sua voce, e invece adesso si trovava proprio di fronte a lui, a parlargli come se non fosse mai successo nulla.
    Aveva annuito, e il padre gli aveva sorriso, ma il velo di tristezza nei suoi occhi lo aveva lasciato perlpesso.
    - Talvolta succede che la copertina rispecchi esattamente ciò che il libro è. Fidati anche delle prime impressioni, piccolo mio. Non è detto che siano sempre del tutto sbagliate.-
    E a quel punto si era svegliato, rendendosi conto del cellulare che squillava: era Tom, che lo avvisava che tra meno di mezz'ora sarebbe passato a prenderlo, e il sogno era passato in secondo piano.
    Solo che adesso davanti allo specchio, osservando quel volto così simile a quello del padre, gli tornarono in mente le sue parole.
    Ok che era solo un sogno, ma se avesse avuto un qualche riscontro con la realtà? A chi poteva riferirsi?
    Non ne fece parola con Ayèlen, gli avrebbe detto che si trattava sicuramente di Tom perchè era "il male", e lui non voleva affrontare l'argomento anche quella mattina.
    Solo che il senso di irrequietezza non si decise a svanire, e si maledì per non riuscire a lasciar correre. Forse perchè si trattava del suo papà, come poteva lasciar perdere?
    Il suono del clacson che udì qualche istante dopo riuscì incredibilmente nell'intento.

    - E' una... spa.- Bill osservò nuovamente l'insegna all'ingresso, fermamente convinto di aver letto male. Eppure no, per la terza volta era rimasto tutto uguale. Rivolse allora la sua attenzione a Tom. - Una spa.-
    L'architetto sbuffò per l'ennesima volta. - E quindi?-
    Il moro inarcò le sopracciglia, indicando infine Kyle. - Tu porti tuo figlio in una spa?-
    Tom prese in braccio il bambino ed entrambi lo guardarono con la medesima espressione piccata sul volto, e lui notò che sembravano davvero padre e figlio in quel momento.
    - Kyle è praticamente cresciuto nelle spa!- disse l'uomo risoluto e il bimbo annuì con convinzione, sebbene il maestro sospettasse fosse solo perchè il padre aveva aperto bocca.
    Sollevò le spalle poco convinto, stringendo il manico del borsone con tanta forza da fargli diventare le nocche bianche. Era l'ennesima prova che provenivano da due mondi completamente diversi: portare un bambino in un luogo del genere era inconcepibile per lui, ma magari non era del tutto strano a certi livelli.
    Odiava dover pensare al loro rapporto sempre dal punto di vista economico, ma era più forte di lui.
    Aveva fatto delle ricerche, e Tom era risultato uno tra i dieci architetti più influenti a livello mondiale...e lui? Un maestro dell'asilo.
    Un asilo prestigioso senza dubbio, ma il suo stipendio non gli consentiva certo di frequentare posti così esclusivi.
    Una parte di lui suggeriva di fregarsene e approfittarne – quando gli sarebbero mai ricapitate occasioni del genere? Doveva battere il ferro quando era caldo, e se poi non fosse durata pazienza, di esperienze significative fino ad allora ne avrebbe fatte a iosa. Eppure più ci pensava e più si sentiva amareggiato.
    La loro storia era senza via d'uscita, e questa precarietà con Tom era come un pugno nello stomaco.
    E ancora non sapeva se fidarsi o meno di lui. Cercava di ignorarlo, ma il campanello che lo metteva in guardia era sempre presente. Lì, come un'ombra alle sue spalle. Poteva far finta di niente, ma avvertiva continuamente la sua presenza.
    Però voleva farlo, voleva fidarsi. Lo stava facendo, stava dando a Tom Kaulitz una chance, e non era mai stato più felice di così in vita sua.
    Di cosa preoccuparsi, allora?
    Non lo sapeva neanche lui.
    Lascia perdere tutto e goditela finchè puoi.
    Lo avrebbe fatto. Tom ci teneva a lui, lo vedeva nei suoi occhi. Lo capiva dai suoi gesti, lo percepiva dalla sua voce, glielo suggeriva la sua pelle. Ogni centimetro di lui glielo urlava a squarciagola, e lui assorbiva come una spugna tutte quelle attenzioni, tutte le sue premure.
    Probabilmente si stava innamorando di lui.
    Non appena si ritrovò a pensarlo si sentì appeso ad un filo, completamente spoglio da ogni muro che aveva inutilmente tirato su.
    Se Tom si fosse voltato in quel momento, avrebbe capito tutto. Ne era certo.
    Cosa avrebbe fatto a quel punto?
    Sentì l'ansia farsi largo in lui, la stessa sensazione provata davanti al "Lorenz" la sera del loro primo appuntamento. Fu tentato di allontanarsi il più possibile da quegli occhi che prima o poi lo avrebbero scrutato, ma rimase immobile.
    Il calore della mano dell'architetto posata improvvisamente nella sua spazzò via ogni dubbio. Di nuovo.

    Tom continuava ad osservare di sottecchi Bill, che in quel momento era in balia degli attacchi acquatici di Kyle. Sembrava tranquillo, ma aveva il sospetto che avesse qualcosa che non andava.
    Ma cosa?
    Non sapere lo mandava ai matti, e con il moro stava succedendo sempre più spesso. Non aveva la minima idea di cosa gli passasse per la mente, aveva paura che il minimo errore potesse spazzare via tutto quello che era faticosamente riuscito a costruire.
    Sentiva come un orologio che batteva inesorabile le sue ore. Ancora poco, e sarebbe stato troppo tardi. Ancora poco, e allora si sarebbe trovato invischiato fin sopra i capelli.
    Fece una bracciata nella vasca ad idromassaggio e raggiunse Bill, che con un sorriso dolce lo accolse tra le sue braccia. Tom lo strinse forte, bisognoso di sentirlo. Di sentire la sua pelle, il suo cuore, le sue mani ad avvolgerlo come una madre. Sfiorò col naso il petto risalendo su, sul collo, lentamente su, occhi negli occhi. Ci si perse in quegli occhi così belli.
    - Allora, ti piace qui?- chiese languido, trascinandolo fino al bordo della vasca. Sentiva Kyle battere le mani sull'acqua e ridere, quindi capì di potersi dedicare tranquillamente al moro. Quello si abbandonò contro di lui, sfiorandogli piano le labbra con le dita. Lui ne baciò i polpastrelli, e Bill si sentì bene come non mai.
    - Sì. Avevi ragione, è davvero piacevole.-
    I loro corpi mossi dall'idromassaggio si lambivano come attratti da calamite, e a Tom tutto ciò friggeva i neuroni. E allora osò.
    Il figlio si trovava dall'altra parte della vasca, a giocare con il getto d'acqua. Conoscendolo, sarebbe rimasto lì per un bel po'.
    Le sue mani scesero come trasportate dalla corrente, percorrendo piano la schiena come un esploratore fin lì, al suo personalissimo El Dorado: afferrò con poco garbo il sedere di Bill, tanto che quello fu in un primo momento spaventato dal gesto, per poi abbandonarsi completamente al suo tocco.
    Tom ambiva il corpo del maestro come un trofeo che gli spettava di diritto e Bill lo lasciava fare, troppo eccitato anche per fingere di ribellarsi.
    Difatti assecondò il suo gioco, muovendosi su e giù aiutato dall'acqua contro l'inguine dell'architetto, che grugnì per dissimulare un gemito.
    L'angolo irrazionale del suo cervello stava odiando a morte il tessuto dei loro costumi, troppo ingombrante per i suoi gusti. Eppure, per quanto eccitante potesse essere farlo nell'acqua, la loro prima volta non poteva essere sprecata così, con Kyle a poche bracciate da loro.
    Se non fosse stato per il figlio, magari...
    No.
    Se la voleva giocare bene con Bill, anche perchè poi... Scosse la testa e affondò la bocca in quella del moro, che ricambiò voracemente mentre le sue mani scendevano giù, giù sul suo costume. Tom sgranò gli occhi mentre il maestro afferrava il suo membro da sopra il tessuto, percorrendo lentamente la sua lunghezza.
    Se ci avesse riflettuto un po', Bill non avrebbe mai fatto quello che stava facendo, ma ormai si era stancato di analizzare ogni sua mossa quando stava in compagnia dell'architetto. C'era Kyle lì con loro, ma per quanto il buonsenso cercasse di bloccarlo, il viso eccitato di Tom ad un palmo dal suo era una valida motivazione per fregarsene.
    - Per Dio Bill, prendilo in mano!- ringhiò l'uomo al suo orecchio, piano per non farsi sentire dal figlio. Il moro rise malizioso e la sua mano tornò dov'era prima, attorno il collo di Tom.
    Quello sgranò gli occhi. Scherzava, vero?
    - Bill...- cominciò, ma l'altro lo zittì con un dito posato sulle labbra. - Quanto mi desideri, Tom?- chiese sensuale al suo orecchio, mordicchiandogli poi il lobo.
    Tom inspirò profondamente. - Tanto.-, ed era vero. Bill gli lasciò dei piccoli baci sul collo, sulla mascella, sulla bocca. Poi lo fissò, tanto intensamente che l'architetto si sentì rabbrividire. - Non mi stai prendendo in giro. Vero?-
    Il mondo attorno a loro sembrò bloccarsi. La domanda del moro aleggiava nell'aria, un punto fisso nel tempo, la risposta bloccata nella gola di Tom.
    "Non mi stai prendendo in giro. Vero?"
    Vero?
    L'uomo fece quello che in quel momento sembrava più giusto fare. Unì la bocca a quella di Bill, impetuoso, come a volergli impedire di fare altre domande.
    Il moro lo lasciò fare, ma qualcosa cominciò ad incrinarsi impercettibilmente.
    Non aveva risposto alla sua domanda.

    - Papi, dov'è il maetto Bill?-
    Tom finì di sorseggiare la sua tisana calda, poi guardò il figlio.
    - Sta nella sauna, DoppiaK. Te lo ha anche detto!-
    Il bambino annuì, addentando un biscotto. Poi si andò a sedere accanto al padre, che lo circondò con il braccio.
    - Ti stai divertendo, cucciolo?- gli chiese apprensivo, sistemandogli i capelli umidi. Kyle gli regalò un enorme sorriso sdentato. - Sì!-
    L'uomo sorrise a sua volta. - E non ti da fastidio che ci sia Bill con noi?-
    Il bambino sembrò soppesare le sue parole, e Tom si ritrovò a trattenere il respiro. Non si era reso conto dell'importanza di quella domanda finchè non l'aveva posta. Si diede dell'imbecille per non averci pensato prima.
    Perchè non si era mai chiesto cosa pensasse suo figlio a riguardo?
    - No, non mi da fattidio.- rispose il piccolo infine, dopo quella che all'uomo sembrò un'eternità. - Voglio bene al maetto, mi piace. Pecchè non viene a vivere con noi, papi?- domandò poi, e Tom fu colpito da tanta naturalezza.
    Si ritrovò a riflettere davvero su quella semplice richiesta.
    Forse stava sbagliando tutto.

    Nella sala massaggi Kyle se ne stava seduto tranquillo su una sdraio in parte ai lettini, cuffie nelle orecchie, maschera allo yogurt sul viso e cetriolini sugli occhi.
    Bill non riuscì a non ridere di fronte a quell'immagine. Sembrava che padre e figlio si stessero impegnando con tutte le loro forze per prenderlo in giro, ma da come se ne stava buono e rilassato al suo posto il bambino si rese conto che forse era davvero abituato a trascorrere le sue giornate in posti del genere.
    - Tu e Nath siete dei criminali.- disse rivolgendosi a Tom, e lo sentì ridere.
    Entrambi si trovavano a pancia in giù, abbandonati alle cure di due massaggiatrici asiatiche.
    Se a Bill fosse anche solo minimamente interessato l'altro sesso, probabilmente avrebbe chiesto alla sua di sposarlo: era una ragazza molto carina. E incredibilmente, incredibilmente brava.
    Tom voltò la testa in direzione del moro, che aveva il viso nascosto tra le braccia.
    Vederlo toccare da qualcun'altro, sebbene innocuo come poteva essere una donna, gli lasciava una strana sensazione nel petto.
    La sua domanda lo aveva scosso, perchè era stata improvvisa.
    Sebbene stesse andando tutto magnificamente, era certo che sarebbe arrivata prima o poi: Bill era un uomo intelligente, e anche se aveva fatto finta di niente sapeva che il suo silenzio lo aveva turbato.
    E' che non sapeva realmente cosa rispondergli.
    Di sicuro non avrebbe potuto dirgli la verità, ma ormai non sapeva più neanche lui quale era. E di mentirgli non aveva la minima intenzione.
    Sbuffò.
    Da quando si erano complicate così tanto le cose?
    Si sollevò sulle braccia e fece cenno alle massaggiatrici, che in silenzio annuirono e se ne andarono.
    Scese piano dal lettino, e cercando di fare meno rumore possibile si avvicinò a quello di Bill, che se ne stava ancora tranquillo nella stessa posizione. Cominciò a massaggiarlo delicatamente, e sentì l'uomo reagire al suo tocco. Tempo prima aveva fatto un corso avanzato, probabilmente non era un esperto ma sapeva il fatto suo, e nessuno si era mai lamentato.
    Con agilità che non sapeva di possedere salì sul lettino, mettendosi cavalcioni sul moro, che in quel momento sollevò la testa rendendosi conto che effettivamente la persona che si stava prendendo cura di lui era cambiata.
    - Che stai combinando?- chiese piano, lanciando uno sguardo preoccupato a Kyle.
    - Fidati di me.- mormorò l'architetto al suo orecchio, e quel nonnulla di erotico che aveva il suo tono bastò per far gemere Bill sottovoce. Quella fu musica, per le orecchie di Tom.
    L'uomo continuò a massaggiarlo lentamente, l'olio a rendere fluido ogni movimento sulla sua pallida schiena. Partiva dal collo per arrivare giù, voluttuoso fino al bordo dell'asciugamano. Il respiro del moro era pesante, come se stesse cercando di trattenersi, e Tom sorrise malizioso.
    Gettò una fugace occhiata al figlio per assicurarsi che stesse ancora nel suo mondo, e poi si abbassò completamente su Bill, muovendo il bacino contro il suo sedere.
    L'affanno del moro riempì l'aria. L'architetto si sporse di lato per godere appieno dell'espressione di Bill, che rosso in viso se ne stava con gli occhi serrati e il labbro inferiore tra i denti. Gli morsicò piano il mento e il moro gli afferrò la testa, unendo bramosamente le sue labbra a quelle dell'uomo. Fu in quel momento che Tom si rese conto che Bill stava assecondando i suoi movimenti, e in un raptus di becera eccitazione spinse più forte, come se realmente lo stessero facendo lì, in quella stanza, senza costumi o asciugamani di mezzo.
    Il suo pene pulsava tanto da fargli male, e Tom non desiderò altro che il moro terminasse quello che aveva cominciato nella piscina. Voleva sentire le sue mani toccarlo, la sua bocca fargli quello che aveva immaginato da tempo. Voleva sentirsi un'unica cosa con il maestro, e sapeva che lo bramava anche lui.
    Voleva Bill tanto quanto non aveva mai desiderato qualcun altro.
    Il lettino sotto di loro cigolava, Tom lo sentiva bene. Era certo che riuscisse a sentirlo anche il figlio ma stranamente non gli importava, la sua mente era piena solo di Bill.
    - Voglio scoparti. Non c'è niente che desideri di più.- ringhiò piano al suo orecchio. Bill gemette ancora, inarcandosi di più. - Allora fallo.- rispose in poco più di un sussurro, la voce resa roca dall'eccitazione.
    Entrambi vennero pochi istanti dopo.

    Georg aveva programmato tutto, per quello che era il suo primo vero San Valentino in coppia.
    Una cena romantica al "Lorenz", una passeggiata mano nella mano con il suo amore al chiaro di luna, e per finire a casa di uno dei due, calici di champagne e petali rosa nella vasca da bagno.
    Sarebbe stato tutto perfetto, lo sapeva.
    E invece c'era stato un piccolo, piccolissimo dettaglio a cui non pensava di dover tener conto: Kyle, che in quel momento stava dando una foglia di insalata in pasto alla sua bestia infernale.
    Sbuffò poggiando la testa sulle ginocchia del biondo, che prese ad accarezzargliela lievemente.
    - Perchè dobbiamo tenere noi il moccioso mentre Tom se la spassa? DI NUOVO?-
    Gustav sollevò semplicemente le spalle e il bambino si voltò verso di loro, gonfiando le guance offeso.
    - Non 'tono un moccioso!-
    Il biondo scoppiò a ridere e lo prese in braccio, scacciando Georg che fissò Kyle in cagnesco. - No che non lo sei piccolo, è solo lo zio che è una bestia!-
    Il bambino rise, buttandosi in braccio al piastrato che gli diede un bacio sulla guancia.
    - Pecchè papino non c'è?- chiese a quel punto giocherellando con le frange della maglietta del castano, che sollevò gli occhi al cielo. - Perchè è un dannatissimo ninfomane egoista?-
    Gustav, che aveva già la mano pronta, gli lanciò con foga un cuscino in faccia, e Kyle li osservò confuso. - Cosa 'tignifica nifo-nifomae?-
    Il piastrato scoppiò a ridere sguaiatamente, stringendo forte il bambino a sé, mentre il biondo -diventato bianco come un lenzuolo- si portò le mani al viso, ripetendo a mo' di mantra "Tom ci ammazza, la Strega ci ammazza!"
    - Tuo padre ha un appuntamento oggi, cucciolo.- gli disse poi Georg, cominciando a coccolarlo. Kyle si accovacciò contro di lui, chiudendo gli occhi. - Col maetto Bill? Pecchè mi piace il maetto con papino.-
    Gustav sorrise intenerito, accarezzandogli la testolina bionda. - Sì, proprio con lui. E sarà una serata molto importante. Mi auguro solo che se ne renda conto, e non mandi tutto all'aria.-
    Il castano annuì, lo sguardo perso nel vuoto. - Almeno 'sta volta.-

    Tom spostò leggermente la cornice del quadro, facendo un passo indietro. Tornò poi a rimetterla nella posizione precedente, annuendo soddisfatto.
    Erano ore che stava sistemando. Non che ce ne fosse stato davvero bisogno, Bradelia era una domestica coi fiocchi, solo che quella volta aveva voluto contribuire lui stesso a rendere tutto perfetto.
    Probabilmente stava sfiorando il paranoico, ma poco importava: era un'occasione speciale, quella. Aveva addirittura cucinato.
    Si sentiva come un verginello alle prime armi, nonostante quella casa avesse visto una quantità spropositata di uomini.
    Era San Valentino. E non sarebbe arrivato un culetto qualsiasi di lì a momenti, ma Bill.
    Non poteva sbagliare, perchè di occasioni propizie non ce sarebbero più state.
    Accese le candele sul tavolo e abbassò leggermente le luci, rendendo l'atmosfera più suggestiva. Infilò la bottiglia di Masseto del 2000 nel secchiello del ghiaccio accanto al tavolo e posizionò la rosa rosso sangue che aveva comprato quel pomeriggio al posto del moro. Alla fine si diede una pacca sulla spalla per congratularsi con sé stesso.
    Casa sua sembrava più bella di quanto non fosse mai stata, ed ebbe voglia di tirare fuori la Reflex e fotografarla. Invece sfilò una sigaretta dal pacchetto e se la andò ad accedere alla finestra.
    Quella sera le nuvole coprivano il cielo berlinese. Non si vedeva neanche la luna, solo un suo debole riflesso. Voleva tenere la mente sgombra ma aveva la testa più incasinata che mai, e se solo avesse dato retta al suo cervello avrebbe annullato tutto. Se fosse andata come da una parte sperava andasse, allora lui... Scosse la testa, aspirando un'ultima boccata e abbandonando la sigaretta nel posacenere.
    Non chiuse neanche la finestra, sperando che il freddo potesse aiutarlo a districare il filo dei suoi pensieri.
    Era nato qualcosa di profondo con Bill. Era successo, sebbene non lo avesse programmato, e ormai era inutile mentire. Ne era assolutamente terrorizzato.
    C'era quell'affetto, quell'attenzione che fino a quel momento aveva dedicato solo a Kyle, e che invece adesso riceveva anche il moro. Si svegliava e Bill era il suo primo pensiero, andava a dormire e lui era lì, anche se non voleva ammetterlo. Radicato in un angolo della sua mente. Invisibile se non ci dava peso, ma c'era sempre.
    Non poteva sopportarlo.
    Il campanello suonò, e Tom sgranò gli occhi voltandosi in direzione della porta.
    "Vai via" pensò, mentre prendendo un respiro si avviava all'ingresso.
    "Vai via" pensò ancora, la mano che con lentezza disarmante girava il chiavistello. Senza più nessuna scusa spalancò la porta.
    Bill era di fronte a lui, i capelli legati e un filo di trucco sugli occhi, e si sentì paradossalmente felice. Si rese conto che se non si fosse presentato quella sera, avrebbe sofferto come un cane, e non riuscì a pensare a nient'altro se non che avrebbe voluto bearsi di quella visione per sempre.
    - Buonasera! Scusa, sono un po' in ritardo.- disse il moro e Tom rise, scuotendo la testa. - Prego.- sussurrò, prendendolo per mano e facendolo entrare in casa.
    Bill si guardò attorno estasiato stringendo con più forza la mano di Tom, che intanto lo stava portando in salone.
    - Dio mio, è splendida. Hai fatto tutto tu?- domandò curioso, sfilandosi il cappotto e accomodandosi sul sofà. L'architetto annuì. - Già. Tutti i mobili che vedi sono opere originali, e la struttura degli ambienti è una mia creazione. Sono contento che ti piaccia.- disse sincero, porgendogli un flûte di champagne. Si sedette accanto a lui, e Bill fece scontrare piano i calici. - A noi.- mormorò, e il suo tono fece ribollire il sangue nelle vene di Tom.
    Il moro aveva avuto il batticuore dalla mattina. Non era riuscito a pensare a nient'altro se non a quella serata, e al fatto che tutto sarebbe potuto cambiare tra loro.
    Era innamorato di Tom. Qualsiasi cosa di lui lo faceva impazzire: il suo sguardo, le sue labbra, le sue mani grandi, i suoi modi virili, e il fatto che lo faceva sentire come il gioiello più prezioso sulla terra.
    Non sapeva se riusciva a ricambiare anche solo un quarto di tutte le emozioni che gli faceva provare, però era certo che in quell'istante, su quel divano, occhi negli occhi, entrambi provassero le stesse cose.
    Posò delicatamente il flûte sul tavolino accanto a loro e prese tra le mani il viso di Tom, avvicinandolo piano al suo, azzerando la distanza unendo le labbra a quelle dell'architetto che ricambiò vorace. Sentì la sua mano tra i capelli, le lingue ricercarsi, i loro sapori mischiati.
    Si staccò e riprese fiato, gli occhi lucidi incatenati a quelli dell'uomo. - Ciao.- disse allora Tom, e entrambi scoppiarono a ridere.
    E di nuovo mano nella mano l'architetto gli fece fare il giro della casa, il suo studio, le stanze degli ospiti diventate ormai ufficialmente nido d'amore di Gustav e Georg, la camera di Kyle.
    Bill sorrise intenerito, soffermandosi su una foto incorniciata sul piccolo comodino: ritraeva Tom con in braccio quello che doveva essere il figlio appena nato. Lo sguardo dell'uomo era completamente rapito dalla creaturina minuscola che teneva tra le braccia, gli occhi pieni d'amore. Gli si strinse il cuore.
    - Dov'è Kyle?- chiese, scendendo le scale insieme a Tom.
    - Con Georg e Gustav. Hanno talmente insistito per tenerlo che a malincuore ho dovuto accettare.-
    Bill rise. Sapeva che era una balla. - Quindi oggi nessuna complicazione.-
    Il suo tono era volutamente cambiato, e Tom colse al volo l'allusione. Quando voleva il maestrino sapeva essere il dio del flirt, era una delle cose che più lo facevano impazzire di lui. Decise di stare al gioco, prendendogli la mano e baciandogliela delicatamente.
    - Nessuna.-

    Bill si poggiò allo schienale della sedia, sospirando beato. - Dio, era tutto ottimo. C'è qualcosa che non sai fare? E' frustrante stare con te!-
    Tom rise, posando il bicchiere vuoto sul tavolo. - Non so mantenere una relazione. Credo sia il mio unico difetto.-
    Il moro si portò un ciuffo di capelli sfuggito dalla coda dietro l'orecchio, incrociando poi le braccia al petto. Decise di sorvolare sulla sua poca modestia. - Quanto è durata la tua storia più lunga?-
    Tom ci pensò su, poi sollevo le spalle. - Da quant'è che usciamo insieme?-
    Bill sorrise e si sollevò, per poi andarsi a sedere sulle gambe dell'architetto. Quello lo strinse in vita, mentre il moro gli accarezzava il viso. - Non devi dirmi queste cose, Thomas...- mormorò piano, perso nell'osservarlo. - Già sono cotto di te, così complichi la situazione.-
    Tom sgranò leggermente gli occhi, il cuore ad esplodergli nel petto. E sentì che c'erano due parole che avrebbe voluto dire in quel momento, lì sulla punta della lingua.
    Ma non poteva farlo.
    Lo baciò, con tanta foga che gli sembrò di impazzire. Si nutrì di lui, delle sue labbra, della sua essenza. Il suo profumo nelle narici a stordirlo.
    Si sollevò tenendolo in braccio e Bill emise un gridolino eccitato, bloccato dalle labbra dell'architetto che lo ricercarono fremente.
    Salì di corsa le scale raggiungendo in fretta la sua stanza, e con quanta più grazia possibile lo posò sul letto. Bill lo guardò malizioso e si sollevò, mettendosi di fronte a lui. Prese a sbottonargli piano la camicia, senza fretta sebbene non vedessi l'ora di sentirlo dentro di lui. Un bottone dopo l'altro, senza mai staccare lo sguardo dal suo.
    Tom si chiese come facesse il suo petto a non esplodere, mentre le abili mani di Bill gli sfilavano la camicia, facendola cadere a terra. Infilò le mani sotto la maglietta del moro, sollevandola piano così da bearsi di ogni centimetro della sua pelle. Quello finì di togliersela, lanciandola poi dalla parte opposta della camera.
    Tom non potè fare a meno di osservarlo e Bill si sentì completamente nudo al suo sguardo. I suoi occhi avevano la capacità di penetrargli fino alle ossa, mettendo in disordine tutto.
    Fu in quel momento che l'architetto corrugò la fronte, per poi sgranare incredulo gli occhi. - Tu sei Catwoman!-
    Il moro fu preso alla sprovvista, ma poi sorrise suadente, artigliandogli la schiena come allo SwhuZ. Tom inspirò forte, mordicchiandogli il mento e Bill gemette, prima di avvicinarsi al suo orecchio e soffiare un sensualissimo "Meow".
    L'architetto lo buttò sul letto, senza più grazia ma offuscato dal desiderio. Gli baciò il collo, assaporandolo, nutrendosene come fosse stata questione di vita o di morte mentre Bill gli sbottonava i pantaloni, talmente impaziente da avere le mani tremanti. Non ci volle molto prima che braghe e mutante di entrambi andarono a fare compagnia agli altri vestiti per terra.
    Tom si prese un attimo per contemplare il corpo nudo di Bill sotto il suo, e rendersi conto che stava succedendo davvero. Gli spostò delicatamente i capelli da davanti gli occhi in modo che fosse tutto in vista, tutto alla sua mercè. Il suo sguardo era più bello che mai, lui era più bello che mai.
    Sembrava una divinità, e si sentì estremamente privilegiato in quel momento.
    Quell'essere perfetto era suo, si stava concedendo a lui. Si chiese cosa avesse mai fatto per meritare un simile regalo.
    Lasciò dei piccoli baci sulla fronte, sul naso, sul collo mentre il suo Bill ansimava e chiedeva di più, molto di più...e allora lo accontentò.
    Lo baciò con desiderio mentre la mano scendeva sul suo sesso già duro, accarezzandolo dapprima piano, poi sempre con maggiore intensità, e il moro sospirava sulle sue labbra, e per Tom non c'era suono migliore.
    Poi la mano del moro bloccò la sua, e con una forza che l'architetto non si sarebbe mai aspettato ribaltò le posizioni.
    - Sei mio.- sussurrò piano, e la bocca si soffermò sulle sue dita leccandole, poi più giù, sui capezzoli turgidi, il petto gonfio, quei dannatissimi addominali scolpiti fino ad arrivare lì: il tempio che aspettava di di visitare dalla notte allo SwhuZ. Prese il suo membro tra le mani e cominciò a leccarlo dalla base, assaporandolo come un gelato in procinto di sciogliersi, per poi passare alla cappella e poi giù, tutto in fondo.
    Tom si artigliò alla ringhiera del letto alle sue spalle per cercare di trattenersi il più possibile, anche se la lentezza disarmante del moro lo stava mandando ai matti, come se godesse nel vederlo soffrire così. E probabilmente era vero, perchè ogni volta che incrociava il suo sguardo vedeva un lampo di perfidia brillare nei suoi occhi.
    Era bravo. Esageratamente bravo. E il pensiero che avesse già goduto di lui senza saperlo gli fece capire che forse erano destinati, che era così che inevitabilmente doveva andare a finire tra loro due.
    Bill si staccò dal suo pene e tornò a baciarlo, i loro sapori mischiati a quelli del suo sesso, e le loro erezioni a scontrarsi in una battaglia senza fine.
    L'architetto gli chiese il permesso con gli occhi. In un'altra occasione non avrebbe esitato un attimo, ma adesso era tutto diverso: lui si sentiva diverso.
    Il moro annuì. - Solo, fa piano.- e Tom gli prese il viso tra le mani, e lo baciò con tanta dolcezza che a Bill vennero le lacrime agli occhi.
    Senza staccarsi dalla bocca dell'uomo l'architetto andò tastoni fino al cassetto del comodino, per tirarne fuori con fatica un paio di preservativi.
    Bill se ne accorse e sorrise, prendendogliene uno tra le mani e facendolo scivolare sulla lunghezza della'amante che ringhiò piano, per poi ricambiare il favore.
    Il moro si sollevò leggermente e Tom fece per prepararlo, ma quello lo fermò. - Adesso.-
    Sebbene un po' titubante, l'uomo non se lo fece ripetere due volte. Lo penetrò piano, stando il più attento possibile. Bill serrò gli occhi dal dolore e infilzò la schiena di Tom con le unghie. - Non farei mai nulla che possa farti male, Bill. Niente.- sussurrò piano l'architetto al suo orecchio, e lo pensava davvero.
    Quella notte, in quel preciso istante, non avrebbe fatto nulla che potesse anche solo minimamente ferire il suo tesoro.
    Bill si avvinghiò a quelle parole e si rilassò, e Tom gli fu completamente dentro, accolto dal calore del ragazzo.
    I loro respiri erano sincronizzati, gli occhi di entrambi chiusi, come fossero stati una macchina perfetta. Erano una cosa sola, e lo sarebbero stati per tutta la notte.
    Tom lo baciò, e nel bacio il moro ansimò perchè l'uomo aveva cominciato a muoversi, il dolore soppiantato dal piacere.
    - Ti amo.- sussurrò allora Bil al suo orecchio, le braccia attorno al collo dell'altro, il cuore in gola.
    L'architetto si aggrappò a lui, stringendolo forte, baciandolo quasi disperatamente, l'ombra di una lacrima all'angolo dell'occhio.
    E andarono avanti tutta la notte così, amandosi come se le loro esistenze non avessero bisogno d'altro.

    Le prime luci del giorno filtrarono dalle fessure delle serrande abbassate, illuminando, sebbene di poco, la stanza. Bill aveva la testa poggiata su di lui, il respiro caldo e regolare a infrangersi sul suo petto.
    Tom non aveva chiuso occhio, sperando così che la mattina non arrivasse mai. Aveva pregato che il tempo si fermasse a quella notte, ma non era stato ascoltato. Avvertiva il suo cuore rimbombargli sordo nella cassa toracica, e si chiese come il moro non venisse svegliato da quel trambusto. Per lui era un rumore assordante.
    Chiuse mesto gli occhi, stringendosi forte il moro a sé. Lo baciò tra i capelli arruffati stordendosi del suo profumo, desiderando che tutto rimanesse congelato in quell'attimo.
    Bill mugugnò e ricambiò la stretta, e sentì che era giunto il momento. E allora lo disse, piano, vicino al suo orecchio.
    - Vattene.-

    Note finali: Stappate lo spumante, finalmente ho postato! Sono una bestia e non ho più giustificazioni. Perdonatemi, di nuovo.
    Ci siamo. Dovete sapere che una delle prime scene pensate quando è nata "From" è stata quella finale. Sin dall'inizio sapevo già per certo che la questione tra Bill e Tom si sarebbe conclusa così. Scrivere questo capitolo è stato faticosissimo, c'è tanto sotto e spero che si riescano a capire tutti i sentimenti dei due protagonisti. Mi sono impegnata al massimo, mi auguro si capisca. E non odiate Tom, già ci pensa la socia.
    Mancano ancora un paio di capitoli, e poi si può dire conclusa "From the Inside". Ma non è il momento dei saluti, solo delle supposizioni.
    Al via le scommesse!
    Vi voglio bene, grazie a tutte per la vostra pazienza. <3
     
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  3. !Moody
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    #Tomdimerda
     
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  4. persefone87
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    è arrivato il capitolo! non vedevo l'ora di leggerlo! Complimenti bel capitolo, forse il più intenso tra quelli postati. comunque non capisco quel "vattene"! perchè? l'ultima parte oltre che passionale sembrava piena di sentimento...!
    sono perpelessa; forse è la paura di affrontare una situazione nuova che lo rende insicuro. si pentirà di ciò che ha detto?
    Sei crudele, lasciare il capitolo così, non è giusto! ho bisogno del prossimo, sono curiosissima e non so cosa aspettarmi sinceramente.
    up!!!
     
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  5. fromTOKIOtoMARS
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    CITAZIONE (persefone87 @ 9/7/2014, 02:53) 
    è arrivato il capitolo! non vedevo l'ora di leggerlo! Complimenti bel capitolo, forse il più intenso tra quelli postati. comunque non capisco quel "vattene"! perchè? l'ultima parte oltre che passionale sembrava piena di sentimento...!
    sono perpelessa; forse è la paura di affrontare una situazione nuova che lo rende insicuro. si pentirà di ciò che ha detto?
    Sei crudele, lasciare il capitolo così, non è giusto! ho bisogno del prossimo, sono curiosissima e non so cosa aspettarmi sinceramente.
    up!!!

    Lo so, sono molto cattiva. Ma Tom è Tom, quindi è così che doveva finire.
    O forse no?
    Grazie mille per il tuo commento, sono felice di vedere che tutti i sentimenti sono arrivati...temevo di aver scritto una porcheria, invece a quanto pare non è stato così.
    Chissà mai se ci hai preso o meno...
    <3

    CITAZIONE (!Moody @ 8/7/2014, 21:49) 
    #Tomdimerda

    Sempre, liebe u.ù
     
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  6. Valii
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    Finalmente il capitolo! Strepitavo per leggerlo **
    Come sempre scritto benissimo, la storia procede alla grande e Tom è uno schifoso lurido.
    attendo con ansia il prossimo capitolo :) :) :)
    Baci
     
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  7. !Moody
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    Eccomiiiiii :))
    Scusate se sia io che la socia siamo sparite così nel nulla ma le vacanze, bene o male, sono arrivate anche per noi e il tempo è stato (ed è ancora un po') poco..so che con questo nostro tira e molla siamo sfiancanti ma confido ancora un po' nella vostra infinita pazienza <3
    Comunque annuncio buone notizie: il capitolo è in fase di scrittura e le basi ci sono tutte, spero di riuscire di finirlo entro la fine della settimana, al massimo quella dopo..ma voglio finirlo il prima possibile!!
    A prestissimo <3
     
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  8. !Moody
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    Capitolo 13: "Equilibrio"



    Georg aprì la porta di casa usando i doppioni della chiave che aveva rubato a Tom mesi prima senza che l'amico se ne accorgesse.

    Kyle fu il primo ad entrare, spintonando sia lui che Gustav che reggeva in mano la gabbia del roditore infernale.

    Era da quando aveva aperto gli occhi quella mattina che insisteva per ritornare dal suo papi, e sia lui che il suo ragazzo si erano dovuti fare in quattro per inventarsi scuse quantomeno plausibili per non presentarsi lì troppo presto e trovare spiacevoli spettacolini. Spiacevoli per Kyle, naturalmente... Lui avrebbe volentieri assistito.

    Gustav gli diede una gentile pacca sul sedere per incitarlo a schiodarsi dall'ingresso.

    Aveva gli occhi felici. Nonostante l'inconveniente Kyle avevano passato una serata piacevole e romantica.

    Alla fine avevano deciso di uscire lo stesso ed erano andati al cinema a vedere uno di quegli stupidi cartoni animati per famigliole e il piccolo, seduto nel sedile in mezzo, aveva tenuto strette le loro mani per l'intera durata del film.

    Era stato un momento davvero dolce e Georg si era sentito la zia più realizzata di questo mondo. E poi era San Valentino, il suo nipotino lo adorava e il suo Gustav gli lanciava occhiate e sorrisi pieni d'amore.

    Dopo il cinema avevano fatto una passeggiata tra le vie principali di Berlino addobbate a tema.

    Non c'era stato niente di eccessivamente fisico o elaborato in quel San Valentino, e forse era stata proprio quella semplicità a rendere tutto così speciale.

    Era anche riuscito a far recapitare a Gustav le cento rose rosse che aveva ordinato con settimane di anticipo e ne era molto, molto orgoglioso.

    - Kyle rimani fermo!- la voce allarmata del suo uomo gli fece recuperare tutta la sua concentrazione.

    La casa era un disastro, come se fosse passato Taz a mo' di tornado.

    Le posate che dovevano essere state usate quella sera erano state tutte buttate a terra, tovaglia compresa, un coltello conficcato al centro della tavola.

    Qualche sedia rovesciata e un paio di cornici appese sul muro in parte alla scala erano abbandonate sui gradini, a pezzi.

    Una aveva anche un po' di sangue al centro, come se qualcuno l'avesse pestata.

    - Oddio!- esclamò Georg, mettendosi una mano sul cuore. - L'avranno mica fatto sadomaso?-

    Gustav gli tirò uno schiaffone dietro il collo e il piastrato pensò, con rammarico, di esserselo meritato...forse!

    - Tu resta qui, pronto con il telefono in mano in caso di emergenza. Non fare andare Kyle in giro!- ordinò il ragazzo posando la gabbietta di Napoleone ai suoi piedi. - Vado a controllare il piano di sopra.-

    Dopo quelle parole si fiondò su per le scale.

    Anche lì la situazione era disastrosa. Quadri e foto a terra e cioccolatini, alcuni calpestati, sparsi per il corridoio.

    - Tom?- Gustav pronunciò il suo nome a bassa voce, il cuore che batteva a mille.

    Aveva un bruttissimo presentimento all'altezza dello stomaco e la paura gli rendeva le gambe tremanti.

    Sperò con tutto se stesso che Georg avesse ragione e che dentro quella casa non fosse capitato niente di più grave di un po' di sano sesso violento.

    Si avvicinò cauto alla porta della stanza di Tom. Era socchiusa, ma non proveniva nessuna luce.

    Solo il buio più nero.

    Deglutì e la aprì piano, pronto ad urlare in caso di pericolo così che il suo ragazzo avrebbe chiamato la polizia – o almeno così sperava.

    Entrò con una lentezza esasperante. Oltre al buio, la stanza era pregna di odore di fumo e sesso.

    - Tom?- chiamò ancora, arrancando nel buio, attento ad ogni rumore.

    Forse quei due perversi stavano ancora dormendo. Insomma, i ritmi sessuali di Tom potevano essere estenuanti alcune volte. Anzi, sempre – così almeno sentiva dire in giro.

    Un fruscio proveniente dal letto lo fece squittire e balzare indietro con un principio di infarto in corso.

    Socchiuse gli occhi individuando una sagoma indistinta tra le lenzuola, e si calmò.

    Era Tom... Tom e qualcos'altro, ma non capiva se fossero cuscini o Bill.

    Ridacchiò per smorzare la tensione che si era creata. - Vecchio volpone maniaco!- biascicò, camminando dove sapeva esserci la finestra.

    La spalancò lasciando entrare l'aria fresca e tiepidi raggi di sole.

    - Mezzogiorno è passato e tuo figlio vuole vederti Kaulitz, sveglia la donzella e...- il sorriso gli morì sulle labbra.

    Tutto si era aspettato, ma non quello che gli si presentava davanti agli occhi.

    Tom era al centro del letto sfatto, a pancia in giù, nudo e con la faccia affondata nel cuscino.

    Una mano penzolava da un lato e stringeva ancora una bottiglia di Vodka ormai vuota, che faceva compagnia alle altre due abbandonate lì vicino insieme agli innumerevoli mozziconi di quello che sperava fossero solo sigarette.

    Sembrava morto.

    - TOM!- urlò Gustav, afferrando l'amico e voltandolo a pancia in su.

    Aveva una guancia leggermente gonfia e arrossata, e dei graffi sul collo ancora freschi.

    - Mh...pft...- biascicò il ragazzo aprendo un occhio, gonfio e rossiccio a causa della sbornia e del fumo.

    Gustav sospirò.

    Era vivo. Più o meno.

    Non era la prima volta che lo vedeva in quelle condizioni perciò il suo allarmismo iniziale scemò via.

    Lo trascinò in spalla nel bagno della camera e lo gettò nella doccia, aprendo l'acqua gelida.

    Tom scattò dritto, lanciando un urlo strozzato. - CHE CAZZO FAI?- fu il suo gentile ringraziamento per non averlo lasciato in quelle condizioni pietose.

    - Che cazzo faccio io? Che cazzo combini tu! La casa sempre lo scenario di una puntata di "Law&Order" e vieni a dire a me che combino?- sbottò Gustav incrociando le braccia al petto.

    Tom fece per risponde ma poi richiuse la bocca, gli angoli rivolti verso il basso a disegnare una smorfia.

    Il biondo sospirò e prese l'accappatoio. - Dai, vieni.- disse con pazienza.

    Tom ne aveva combinata un'altra delle sue, era tutto così chiaro!

    Ma questa volta aveva scelto la persona sbagliata.

    Lo riportò a letto e Tom vi si sedette, cercando qualcosa tra le lenzuola attorcigliate.

    Ne estrasse un pacchetto di sigarette ormai quasi del tutto vuoto, ma Gustav glielo tolse prontamente dalle mani, indicando quelle ormai consumate a terra. - Direi che per il prossimo mese sei apposto. Allora?-domandò, seccato.

    Tom sospirò. - Io...- si interruppe.

    Si sdraiò sul materasso, affondando il viso in uno dei cuscini.

    C'erano tracce di trucco sbavato sulla federa, e Gustav capì che doveva essere quello di Bill.

    Fece un lungo sospiro. Perchè Tom Kaulitz doveva essere così coglione?

    Era riuscito a rovinare un qualcosa di speciale e importante in una sola notte, impedendogli di nascere e sbocciare così come avrebbe dovuto.

    Stupido, stupido Kaulitz!

    - Perchè?- chiese solo.

    Non sapeva cosa altro dirgli, e questa volta non voleva neppure sforzarsi per trovare qualche parola di conforto: non le meritava, e si sentiva profondamente deluso da lui.

    Tom alzò gli occhi su di lui per poi riabbassarli subito dopo.

    Non rispose perchè un motivo vero e proprio non c'era.

    Era solo un idiota.




    Gustav scese le scale in silenzio, la gola che bruciava per via delle imprecazioni urlate a Tom.

    Possibile che dovesse ragionare sempre col pisello invece che con il cervello?

    Anche se iniziava a dubitarne che ne avesse uno.

    Georg per fortuna era rimasto fermo all'entrata, una mano che accarezzava la testa di Kyle spaventato dal trambusto che lo circondava e con l'altra reggeva il cellulare appoggiato all'orecchio.

    A giudicare dalla voce isterica che sentiva provenire da esso capì anche di chi si trattava: Ayelèn.

    - Sì piccola, lo so. Ma... No, non so perchè quel co...niglietto decerebrato lo abbia fatto ma... Sì, so anche questo ma c'è il bambino non posso dire parolacce o Gustav mi sculaccia! Il che potrebbe essere eccitante ma non in quest...ok, scusa. La pianto.- Georg cercava di calmare la ragazza come meglio poteva ma era evidente che stava miseramente fallendo.

    Con un sospiro stanco gli fece segno di passargli il cellulare e poi si chiuse in cucina.

    Quel giorno era iniziato male, malissimo e si stava giusto domandando se non fosse il caso di prendere un po' di Prozac, o darlo ad Ayelèn che continuava a strillare mischiando tra loro tedesco e colombiano.

    - Sono Gustav. Calmati, ti scongiuro...- implorò con una vocina lamentosa. Non ne poteva più di quelle urla assordanti.

    - Calmarmi?- continuò la ragazza – Le voy a quitar las bolas!-

    Gustav si accigliò pensieroso. Non aveva la più pallida idea di quello che Ayelèn gli avesse appena detto ma dedusse che, vista la situazione, non era niente di simpatico.

    Sospirò ancora. - Ok, ascoltami. Io non so che dirti, se non che Tom è un deficiente. Non capisco cosa gli passi per la testa in questi momenti, sul serio!- ammise scocciato. Voleva bene a Thomas ma se faceva il coglione andava detto e sottolineato.

    - Come sta Bill?- chiese poi, passandosi la mano sugli occhi. Gli stava venendo il mal di testa.

    - Ma come vuoi che stia?- sbottò la ragazza. - E' stato scaricato la notte di San Valentino, da quello stronzo che ormai amava e per di più dopo averci fatto sesso!-

    Il biondo sollevò gli occhi al cielo. Era stato scaricato in quel modo una miriade di volte, dopo le sbronze in discoteca, da sconosciuti con dei pettorali che gli facevano battere forte, forte il cuore.

    Georg gli aveva sempre fatto notare che si innamorava troppo facilmente mentre passava le notte intere a piangere per quei muscoletti, agonia che passava alle porte della sbronza successiva.

    Ormai, fortunatamente, era acqua passata. Ora era felice.

    Ma dedusse che quello non era il caso di Bill.

    - Avevate detto che Tom era cotto! Ne eravate convinti e io gli ho lasciato Bill, capisci? L'ho lasciato in quelle luride mani. Mi fidavo di voi!- continuò Aylèn.

    Si accigliò.
    Perchè ora aveva come il presentimento che la colpa di quel casino fosse passata a loro?

    Si sedette su una delle sedie del tavolo. - Hey, calma tigre!- esclamò offeso. - Tom è cotto di Bill! Altrimenti non lo avrei trovato quasi in coma etilico nel suo letto... Ascolta, quel ninfomane di solito dopo aver cacciato qualcuno è fresco come una rosa in primavera, non ha queste reazioni da emo depresso!-

    Aveva assistito una miriade di volte a Tom che buttava fuori a calci un ragazzo dopo una sfrenata nottata di sesso selvaggio, e lo aveva sempre fatto con una tranquillità unica da sembrare quasi spaventosa, o imbarazzante. Dipendeva dai punti di vista.

    Dopo cinque minuti già aveva dimenticato il volto del ragazzo di turno, non ne faceva parola e tornava alla vita di prima. Ma con Bill...con lui non poteva che essere diverso.

    Non era solo una scommessa o una questione di orgoglio, era qualcosa di più serio, di più profondo.

    Non aveva mai visto Tom guardare in quel modo una persona. Guardarla con desiderio, passione...addirittura amore.

    A Bill aveva regalato premure ed attenzioni che riservava solo a Kyle, o a loro due che erano i suoi migliori amici e non per secondi fini o altro, ma solo perchè lo voleva.

    Gustav ne era sicuro come non mai.

    Ayelèn rimase qualche attimo in silenzio, pensierosa. - Allora... Perchè, Gustav? Perchè gli ha fatto questo?- mormorò.

    Il biondo scosse la testa, disegnando ghirigori immaginari sul tavolo con un dito. - Io credo che sia...spaventato.- ammise.

    - Spaventato? E da che cosa, dalla fatina dei denti?- sbottò la ragazza nuovamente imbestialita e Gustav si morse un labbro. - Spaventato dall'essere veramente felice, Ayelèn.-




    Bill sbadigliò, raccogliendo la tazza vuota in cui la sera prima ci aveva versato del thè caldo.

    Erano passati un paio di giorni da quando Tom lo aveva lasciato e lui, in piena crisi isterica, gli aveva devastato mezza casa.

    Aveva un ricordo vago di quello che aveva combinato, quasi come se lo avesse solo sognato: ricordava urla, schiaffi e rumori sordi quasi a fatica, ma il dolore che aveva provato era stato devastante.

    Si era sentito travolgere da un'onda gelata proprio quando aveva sperato di toccare la felicità, di aver trovato qualcuno con cui essere sé stesso, qualcuno da amare dopo tanto tempo.

    Invece era andato tutto a puttane.

    Aveva passato gli ultimi giorni a piangere e disperarsi sul letto, vivendo esclusivamente di thè, biscotti e cioccolata, dando la colpa a Tom e a sé stesso per essere caduto come uno scemo nella sua stupida trappola per fotterlo. Letteralmente.

    Era stato così sicuro che l'architetto provasse qualcosa per lui.

    Di belle parole ne aveva dette un'infinità, e potevano essere state anche cazzate gigantesche ma i suoi occhi il tenero sorriso che gli regalava, le sue carezze e il modo dolce in cui avevano fatto l'amore la dicevano lunga sul fatto che provasse qualcosa per lui. Ne era stato così certo.

    Invece si era rivelato solo uno sciocco credulone e Tom un abile attore.

    Così alla fine aveva concluso che Tom era stato solo semplicemente sé stesso e che a fare schifo era l'amore in sè.

    L'amore aveva più difetti che pregi: era doloroso, infimo e bugiardo.

    Illudeva chiunque di aver trovato la metà sperduta della propria mela, incatenava a stupide convinzioni e sentimenti quando invece non era che una mera illusione.

    Se lui non si fosse innamorato di Tom, arrivati a quel punto avrebbe fatto infinitamente meno male.

    Certo, l'architetto era stato uno stronzo: un vero bastardo nel modo in cui lo aveva scaricato, ma continuare ad inveire contro di lui a quel punto gli sembrava inutile e controproducente.

    Era giovane ed era forte, doveva tirarsi su e smetterla di pensarci. Sarebbe stato difficile, ma era la cosa giusta da fare.

    Doveva seppellire Tom e i bellissimi mesi trascorsi insieme in un angolo remoto della sua mente e proseguire con la sua vita.

    Quello era l'unico modo per riprendere in mano la situazione, altrimenti sarebbe impazzito.

    Entrò in cucina, trascinando i piedi.

    Era mercoledì pomeriggio e si era dato malato al lavoro per i giorni prima. Si sentiva un verme ma non aveva voglia di stare con i suoi bambini, specialmente con Kyle.

    Ovviamente non ce l'aveva con il piccolo, sarebbe stato immaturo e meschino, ma non voleva mostrargli quanto soffrisse a causa del padre che tanto adorava - e poi aveva paura di incrociare Tom.

    La sua psiche non lo avrebbe sopportato.

    Aveva però deciso che l'indomani sarebbe tornato in classe a testa alta: lui per vivere doveva lavorare, e di sicuro se in quella situazione c'era qualcuno che avrebbe dovuto nascondersi, quella persona non era di certo lui.

    Ayelèn era china sul tavolo, intenta a costruire qualcosa di mostruoso.

    In mano teneva un guanto, di quelli che usavano per potare le rose che erano piantante nel giardino comune, e con una precisione quasi millimetrica ci stava attaccando con colla e scotch le lame di cinque coltelli.

    Ecco dove erano sparite le posate!

    - Tesoro...- la chiamò, e la ragazza alzò lo sguardo su di lui spostandosi una ciocca capricciosa dal viso sfuggita dalla coda disordinata che si era fatta per lavorare. - Ti rendi conto che dovremmo comprare tutti i coltelli nuovi? Dove è andato a finire il buon proposito di risparmiare?- le chiese, mettendo la tazza nel lavello dove erano ammucchiate delle stoviglie sporche.

    Fece una smorfia e aprì l'acqua deciso a lavarle.

    - Bill... Ti senti bene?- chiese l'amica cauta e il ragazzo annuì. - Sì, ora sì.- le sorrise. - Ma che stai combinando? Non mi dire che vuoi potare le piante con quell'affare!-

    La bionda finì di fissare l'ultimo coltello alla punta di un dito del guanto e poi se lo infilò, sfregando le lame tra loro.

    Bill sentì brividi freddi lungo la schiena.

    - No, meglio ancora Billie!- ghignò Ayelèn. - Ho fatto affilare tutte le lame. Le mie bambine adesso sono pronte per infilzarsi nella carne di Tom stupido idiota pervertito Kaulitz!-

    Bill sgranò gli occhi. Era per caso impazzita?

    Ok che Tom forse una bella ripassata la meritava, ma quello sembrava eccessivo.

    - Uhm... Lo sai vero che è ancora illegale uccidere una persona?- le domandò cauto, infilandosi i guanti per lavare i piatti.

    Ayelèn lo fissò accigliata. - Anche se è Tom?- domandò e Bill sorrise divertito. - Si, anche se è lui.- e si mise al lavoro, con spugnetta e detersivo.

    - Dovevo pur sfogarmi...- borbottò allora l'amica, con una nota imbarazzata nella voce. - Ad ogni modo, mi sembri stare bene. Davvero, intendo...è strano.- aggiunse poi.

    Bill si lasciò scappare un profondo sospriro, osservando le bollicine prodotte dal detersivo nell'acqua.

    Era logico che non stava bene ma si era ripromesso di farcela, di voltare pagina.

    Tom e tutta la sua storia doveva passare, scivolare via dal suo cuore e la sua mente.

    - Non posso fossilizzarmi su questa storia, Ay. Non posso, e non voglio.- mormorò, reprimendo l'ennesima lacrima bastarda pronta a sfuggirgli.

    Fortuna che era di spalle.

    L'amica si alzò dalla sedia, e lo raggiunse abbracciandolo da dietro e poggiando la guancia sulla sua schiena. Un abbraccio caldo, fraterno, pieno di parole che non sarebbe mai riuscita a dire a voce alta.

    Bill si lasciò sfuggire un sorriso piccolo che presto si tramutò in una smorfia, il viso nuovamente bagnato.

    Perchè diamine non riusciva ad arginare quel maledetto dolore che gli stringeva il cuore così forte da farlo soffocare?

    Perchè doveva essere così difficile amare, e ancora di più smettere di farlo?

    Maledetti, stupidi sentimenti.

    "E maledetto, stupido Tom" non riuscì a fare a meno di pensare, nonostante si fosse ripromesso di non farlo più.

    Ayelèn gli accarezzò dolcemente una spalla, con movimenti lenti. - Billie, io sono qui, lo sai. Non ti lascerò mai. E se devi piangere per quello stronzo fallo, e se non è per lui ma per qualsiasi cosa non trattenerti. E' giusto doversi sfogare.- gli disse dolcemente alzandosi sulle punte dei piedi e baciandogli una guancia bagnata.

    E Bill si sentì così fortunato ad avere accanto una persona stupendamente pazza, dolce e saggia come lo era la sua migliore amica.

    Perchè Ayelèn riusciva a perfettamente a capirlo in ogni occasione, a strappargli un sorriso quando da sorridere non c'era nulla, ad asciugargli le troppe lacrime, a coccolarlo quando era malato come solo una sorella attenta e iperprotettiva poteva farlo.

    Se c'era qualcuno in grado di risollevarlo di morale era senza ombra di dubbio lei, come ogni altra volta.

    Si levò velocemente i guanti e voltandosi la abbracciò, lasciandosi cullare dal suo calore e profumo che riuscirono a calmarlo quasi all'istante.

    - Hai ragione. Ma questo è un capitolo che devo chiudere, e non posso riuscirci se continuo a piangere, ok?-le disse sciogliendo quell'abbraccio fraterno.

    L'amica si portò le mani sui fianchi magri, con un sorrisetto furbo stampato su quel viso di porcellana che si trovava. - Puoi superarlo prendendo a calci qualche culo, no?-

    Bill non poté fare altro che scoppiare a ridere, seppellendo un po' quella sensazione dolorosa radicata dentro il suo petto.

    Con il tempo quel male si sarebbe sciolto, lasciandogli liberi cuore e mente.

    Bastava solo che pensasse più a se stesso.

    Basta amore, ma soprattutto basta Tom.




    Tom soffocò un gemito rabbioso sul collo del ragazzo che aveva appena sbattuto sulla porta di casa sua.

    Era appena che mezzanotte e lui aveva sentito il bisogno di ritornare a casa con una certa fretta, in compagnia dell'ennesimo sconosciuto rimorchiato in un bar dove si era rifugiato a bere litri di birra e alcolici vari.

    Negli ultimi giorni la sua vita era un inferno, gli sembrava di essersi infossato in una pozza nerissima di lerciume e di non riuscire a venirne fuori nonostante tutti i suoi sforzi.

    La cosa peggiore era che ci si era infilato con le sue stesse mani.

    Da quando Bill era uscito dalla sua vita, prendendolo a schiaffoni e rompendogli mezza casa infuriato, niente era più stato lo stesso.

    Al lavoro non era produttivo, e aveva delegato qualsiasi questione riguardasse Kyle ai due amici, non dedicando più al bambino le attenzioni che meritava.

    Georg e Gustav si erano stancati di urlargli dietro quando era coglione, e si limitavano a tappare pazientemente gli innumerevoli vuoti che lasciava dietro di sé, specialmente con il figlio.

    Si lasciò andare al bacio del moretto davanti a sè, lasciando che la mente vagasse lontana.

    Quei baci erano così ipocriti e sporchi, non erano lontanamente simili a quelli di Bill.

    I suoi baci erano dolci, invitanti a tratti addirittura timidi.

    Morse un labbro al ragazzo, costringendolo a staccarsi da lui con un gemito ma Tom mantenne gli occhi chiusi.

    Diavolo, non riusciva a smettere di pensare a Bill, che gli stava succedendo?

    Aveva ottenuto quello che voleva e si era comportato esattamente come aveva sempre fatto. E allora perchè si sentiva così uno schifo? Perchè non riusciva a continuare normalmente la sua vita?

    Era conscio che forse per Bill aveva iniziato a provare qualcosa di più forte, ma era anche sicuro di aver troncato tutto in tempo.

    Lui non si innamorava, lui non si legava a nessuno.

    La vita di coppia, noiosa e così problematica, non era una sua prerogativa...eppure più pensava a Bill e più la voleva quasi con disperazione.

    E la cosa lo terrorizzava come nient'altro al mondo.

    Aveva cacciato Bill dopo averci fatto sesso ("l'amore", lo corresse il suo cuore) e lo voleva disperatamente indietro.

    La sua solita vita solitaria aveva ricominciato a scorrere, e lui bramava quella di coppia.

    Stava impazzendo, non riusciva a darsi altra spiegazione.

    Tirò piano i capelli scuri del ragazzo cercando a tastoni la maniglia della porta di casa, che sapeva fosse aperta.

    Bill gli mancava terribilmente, si sentiva come un naufrago assettato circondato da acqua salata che non poteva bere.

    Quella mattina, mentre portava dopo tanto tempo Kyle a scuola, lo aveva visto all'entrata dell'edificio sorridere dolcemente ai suoi piccoli alunni e regalare loro piccole carezze sulla nuca.

    Era bellissimo nonostante l'aria un po' smunta, e aveva quasi pianto mentre stampava la sua bellissima figura nella mente. Gli sembrava persino di aver percepito il suo profumo.

    Si era stupito di notare con una disarmante facilità quando il sorriso del maestro fosse spento, piccolo e insignificante rispetto a quelli che era solito regalare.

    Si sentì uno schifo.

    Quando Kyle gli era corso incontro felice Bill lo aveva abbracciato, dicendogli qualcosa all'orecchio continuando a sorridere; poi con piccoli movimenti si era guardato attorno. Forse lo stava cercando, o probabilmente controllava che non ci fossero più bimbi fuori.

    Poi aveva scrollato le spalle e tenendo Kyle per mano era rientrato.

    Tom, nascosto in macchina dall'altra parte della strada come i peggiore dei vigliacchi, aveva sentito qualcosa incrinarsi dentro di lui.

    Aveva rovinato tutto: la sua vita, quella di Bill e anche la vita insieme che sarebbe potuta nascere. Tutto perchè aveva paura.

    Paura di non essere all'altezza.

    Paura di provare sentimenti veri.

    Paura di legarsi e avere responsabilità verso qualcun altro che non fosse sé stesso.

    Bill gli mancava e non poteva averlo indietro, perchè non ne era più degno.

    Era un vigliacco.

    Solo uno schifoso vigliacco.

    Così, dopo una giornata infernale e poco produttiva, si era rintanato in quel maledetto bar di cui neanche ricordava il nome e aveva rimorchiato l'ennesimo insulso ragazzo da scoparsi con la speranza di dimenticare tutta lo schifo che aveva gettato ai suoi piedi.

    E non ci riusciva.

    Perchè ogni bacio, ogni carezza, ogni parola, ogni tocco lo riportava a quella sera di San Valentino.

    Ogni bacio diventava uno di Bill, ogni parola era detta con la sua voce gentile, ogni tocco era dato dalla sua piccola mano curata.

    Quando riuscì ad aprire la porta di casa afferrò il polso della mano del ragazzo che si trovava dentro i suoi pantaloni e lo trascinò dentro.

    Passando davanti al salotto si stupì di vedere Kyle ancora sveglio, in braccio a Georg che lo cullava con dolcezza mentre Gustav leggeva una favola.

    Si allontanò dal ragazzo facendo qualche passo verso di lui, ma si bloccò davanti alle occhiatacce dei due amici. - Thomas vai, tuo figlio non riesce a dormire ma ci pensiamo noi. Vedo che hai di meglio da fare.- grugnì il piastrato.

    Tom fece per aprire bocca ma poi la richiuse, non sapendo cosa dire.

    Non aveva giustificazioni.

    Non era mai stato in casa quei giorni, e a parte quella mattina non aveva dedicato un solo istante alla creaturina più importante della sua vita.

    Abbassò le spalle, sconfitto e deluso ancor di più da sè stesso.

    Kyle allungò una manina verso di lui. - Papi, vieni qui...- implorò con la vocina piccola e un po' tremolante.

    Tom si morse un labbro e Gustav scosse la testa. - Piccolo lascia stare, il papà ha da fare, vedi? Dai, allora...dove eravamo rimasti? Ah sì! "Ariel accarezzò i pezzi distrutti della statua del principe e pianse, come voleva essere un umana e avere due bellissime gambe..."- riprese a leggere, senza neanche più degnarlo di uno sguardo.

    Kyle sospirò e tornò a concentrarsi sulla favola e a Tom non restò altro che riprendere la mano dello sconosciuto e andarsene in camera con la coda tra le gambe.




    Quando riaprì gli occhi il sole filtrava dalle tapparelle aperte.

    Sembrava essere una bella giornata, era sabato e non doveva ne andare al lavoro ne portare Kyle a scuola.

    Il ragazzo di quella notte era già sparita, gli unici segni del suo passaggio erano i leggeri graffi sulle spalle e sulle braccia.

    Non ricordava neanche quando gli aveva detto di andarsene.

    Sospirò, mettendosi supino.

    Si era appena svegliato e già aveva voglia di bere qualcosa.

    Qualcosa di forte, possibilmente.

    Si massaggiò le tempie e decise di alzarsi, prima di impazzire già di prima mattina.

    Passò nella stanza di Kyle. Dormiva nel suo lettino con il pollice in bocca, una brutta abitudine che sia Nathalie che lui non riuscivano a fargli passare.

    Si lasciò scappare un sorriso triste. Kyle era il suo bene più prezioso e non era giusto che pagasse per i suoi errori, eppure era proprio quello che stava succedendo.

    Lui era distrutto e stava evitando anche suo figlio che non c'entrava assolutamente niente con quella storia.

    Sapeva che doveva riprendersi, darsi una calmata e ricominciare a camminare in equilibrio anche se i sensi di colpa lo schiacciavano.

    Doveva farlo per Kyle.


    Anche se gli sembrava impossibile doveva smetterla di pensare a Bill e a tutto quello che gli girava attorno, avrebbe provato a non pensarci più, a smettere di...amarlo.

    Doveva liberarsi di tutto quello che sentiva dentro o, ne era certo, avrebbe perso anche suo figlio.

    E non avrebbe più potuto vivere.

    Uscì dalla stanza, animato da una forza che sapeva essere finta ma a cui doveva aggrapparsi disperatamente per non finire nel baratro più nero.

    Avrebbe chiamato anche Georg e Gustav e avrebbe chiesto scusa per essere stato un tale coglione anche con loro.

    Notò in quel momento, mentre prendeva il cellulare abbandonato sul mobiletto vicino alla porta che sopra c'erano delle buste.

    Probabilmente i suoi amici avevano ritirato la posta che lui da giorni non controllava.

    Senza neanche pensarci prese il piccolo blocco e iniziò a controllarle, dividendo le solite pubblicità dalle bollette e cose più importanti.

    Quando tra le mani si ritrovò una busta argentata con scritto a mano il suo nome si accigliò.

    "Che diavolo è?" si chiese, mentre con attenzione la apriva.

    Dentro c'era un cartoncino colorato con lettere stampate in argento.

    Sgranò gli occhi mentre leggeva le poche righe.

    Era un invito.

    Un invito alla mostra di Ayelèn.




    Bill prese posto al bancone delle piccola caffetteria aspettando pazientemente che gli preparassero la colazione da portare via.

    Quella mattina si erano svegliati scoprendo che la dispensa era quasi del tutto vuota e Ayelèn lo aveva implorato di scendere a prendere thè e brioche o quello che gli pareva.

    Mentre aspettava però si era già ordinato un caffè: era talmente rincoglionito che gliene serviva assolutamente uno prima di arrivare a casa.

    Si era svegliato abbastanza bene, nonostante poi la sua mente bastarda fosse comunque volata a Tom.

    Rassegnato al fatto che per un bel pezzo sarebbe accaduto si era ritrovato a chiedersi come stesse. Non che gliene importasse poi molto visto quello che gli aveva combinato, ma da quando era tornato all'asilo aveva visto un velo di tristezza calato sul bel visino di Kyle.

    Se il bambino stava male, conoscendolo, era per via di Tom.

    Gli aveva chiesto cosa avesse e il piccolo, con vocina flebile, gli aveva risposto che il suo papino era sempre strano, e non aveva più detto altro.

    Gli era venuto spontaneo chiedersi se Tom non si fosse un minimo pentito di quello che aveva combinato e se, di conseguenza, ne stesse soffrendo.

    Bhè, ben gli stava allora.

    Stava raccogliendo i frutti di quello che aveva seminato.

    Di tutta quella situazione gli dispiaceva per Kyle, però: era un bambino adorabile e stava subendo le conseguenze di quella loro maledettissima storia finita a puttane.

    Si sentiva un po' in colpa per questo, anche se era consapevole che non era colpa sua.

    Quasi sussultò quando sentì una presenza improvvisa al suo fianco.

    Voltò lentamente la testa e i suoi occhi ne incrociarono un paio di incredibilmente verdi e brillanti fissarlo con interesse.

    Il proprietario di quegli occhi sorrise.

    -Ciao.-



    NOTE: Salveeeeee :D
    Eccoci tornate!! Ancora una volta il ritardo è stato fin troppo lungo però almeno sono riuscita a mantenere la promessa di postare entro a settimana :)
    Okay, il capitolo può risultare più corto rispetto agli altri ma, dato il tema trattato, avevo para di diventare troppo noiosa.. anche se a dire il vero temo di esserlo comunque stata a lascio giudicare a voi!!
    E con questo ci avviciniamo sempre di più alla fine..il prossimo capitolo è l'ultimo e poi ci sarà l'epilogo... olèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèXD
    A prestissimo, un bacio <3
     
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  9. .raven_
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    cioè. io arrivo solo ora ma va beh.
    comunque, tom è un coglione, anche se sono soddisfatta del fatto che bill l'abbia picchiato. direi che non me l'aspettavo, ma sono fierissima di lui.
    va beh che io l'avrei direttamente ammazzato, ma son dettagli.
    comunque.
    ayelèn che sclera e si incazza è un mito, se fossi stato bill quei guanti glieli avrei fatti usare lol
    ma ora sorge un quesito.
    CHI CAZZO È OCCHI VERDI?
    io ho la sensazione che sia qualcuno di nuovo, ma spero vivamente che sia georg che proverà a far fare pace a lui e al coglione.
    poi il fatto che manchino due capitoli non mi rassicura, e ho paura che finisca male.
    se finisce male mi suicido, sappiatelo.

    va beh, mi dileguo.
    baci baci,
    anja.
     
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  10. persefone87
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    il nuovo capitolo è arrivato prima del solito! per fortuna, perchè morivo dalla curiosità!
    non mi aspettavo una reazione di bill così devastante ma forse è stato giusto così! spero che cambi qualcosa nel prossimo capitolo, visto l'invito ricevuto per la mostra, ma essendo l'ultimo capitolo, ho un brutto presentimento, soprattutto dopo la comparsa del proprietario degli occhi verdi!
    non ci sarà l'happy ending, giusto? parto prevenuta, così se non dovesse esserci, non ci resto troppo male :-P
    comunque, complimenti e up per il prossimo!!
     
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  11. fromTOKIOtoMARS
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    Grazie mille per i commenti ragazze! Chiedo scusa io da parte della socia per non avervi risposto, lo farà il prima possibile! <3



    Capitolo 14

    "Fine dei giochi"


    Bill quella notte non aveva chiuso occhio, per colpa di Ayelèn. La ragazza si era lamentata tutto il tempo e lui l'aveva odiata troppo per andare da lei ed esserle anche solo minimamente di conforto.
    Quindi, dopo quelle che a lui erano sembrate ore interminabili ad osservare il soffitto, aveva deciso di andare a correre.
    Non che fosse una persona particolarmente sportiva o atletica, anzi - solo che a volte il suo "io" salutista riemergeva dal mare di cibo spazzatura e pigrizia che era la sua vita, e allora decideva di assecondarlo.
    Si era infilato un pantalone della tuta sgualcito, una felpa tre volte la sua taglia e le scarpe da ginnastica che non vedeva da secoli ed era uscito, facendosi inghiottire dalla notte berlinese.
    L'aria a quell'ora era ancora pungente, ma a Bill non dispiaceva. Aveva percorso silenzioso i marciapiedi costeggianti le vie principali della città, diventando testimone passeggero del popolo della notte.
    La musica nelle orecchie dava ritmo alla sua falcata, e nonostante il fiatone aveva deciso di non fermarsi, le stelle che andavano e venivano uniche testimoni della sua personalissima impresa.
    Il tempo non era dei migliori: grosse nubi celavano la luna alla sua vista, e il vento trasportava quel particolare sentore di pioggia insieme alle foglie sradicate dagli alberi.
    Le strade così poco affollate le aveva viste raramente, ma nonostante quel dettaglio si era stupito di come tutto fosse rimasto uguale a sé stesso. Non che si aspettava chissà quale cambiamento, ma si sentiva così diverso dentro che trovare tutto simile a come ricordava lo aveva destabilizzato per un attimo, tanto che si era chiesto se tutto quello che aveva vissuto fosse stato realtà o solo un sogno.
    Era uscito intenzionato a vedere l'alba, ma il tempo non glielo aveva concesso. Bagnato dalla testa ai piedi aveva cercato rifugio in un bar nelle vicinanze e lì, con una tazza di caffè fumante tra le mani, si era messo ad osservare la pioggia.

    Salì piano le scale del condominio, i muscoli delle gambe indolenziti dalla corsa. Fece scattare la serratura della porta ed entrò cercando di fare meno rumore possibile, ma Ayelèn era già al tavolo, thè bollente di fronte a lei e sguardo perso nel vuoto. Sollevò la testa non appena sentì la porta richiudersi.
    - Sembri uno zingaro finito in una pozzanghera. Da dove salti fuori?-
    Bill rise, lanciandole la busta di cornetti. Quella la afferrò incerta.
    - Sono andato a correre. Sarei stato via di più ma è cominciato a piovere.-
    Ayelèn si portò lentamente un pezzo di croissant alle labbra. - Per fortuna. C'era il rischio che venissi visto in queste condizioni.-
    Il moro sollevò un sopracciglio. - Attenta, potrebbe esserci del veleno nell'impasto.- si sedette di fronte a lei, le mani intrecciate sotto il mento. - Nottataccia?- domandò sarcastico, e l'amica grugnì. A Bill bastò come risposta.
    Quella sera ci sarebbe stata l'inaugurazione della mostra. Si chiese se l'ansia di Ayelèn fosse dovuta solo a quello, o c'entrava il fatto che finalmente avrebbe conosciuto Mr. Dixon, il proprietario della villa, che sarebbe tornato dall'America solo per lei.
    Non lo avrebbe mai ammesso ma si era presa una cotta devastante per il tizio nel momento stesso in cui aveva visto la sua foto appesa, e aveva tartassato Tom per farsi dare il suo numero, e da allora... Il flusso dei suoi pensieri si interruppe.
    Tom.
    Da quanto non pensava più a lui? Gli sembravano trascorsi secoli, invece quant'era – tre settimane?
    Si stupì della fitta allo stomaco provata, soprattutto perchè era tranquillo. Non provava più rabbia, non provava più risentimento nei suoi confronti.
    Gli era passata.
    Vero?
    - Verrà Ian?-
    Rivolse la sua attenzione all'amica, e le sorrise. - Naturalmente. Ha detto che non si perderebbe la tua mostra per niente al mondo.- Ayelèn annuì soddisfatta, e Bill prese una sigaretta dal pacchetto abbandonato sul tavolo.
    Avrebbe dovuto chiamarlo, più tardi. Un ghigno spuntò sulle sue labbra al pensiero del loro primo incontro.
    Si era sentito come sprofondare in un baratro di disperazione, e Ian si era rivelato l'ancora per tornare alla normalità. La prima cosa che lo aveva colpito di lui erano stati gli occhi, di un verde così intenso da avvolgerlo. Occhi gentili, allegri. Ci aveva provato con lui fin da subito e quasi spudoratamente, ma a Bill non era dispiaciuto. Però si era reso conto di non riuscire più ad arrossire, ad emozionarsi come un tempo. Come faceva con lui. E allora si era spaventato: sarebbe riuscito a buttarsi tutto alle spalle?
    A quanto pareva, sì. E tutto grazie a quello stupendo ragazzo dagli occhi verdi.
    Erano usciti per un appuntamento la sera stessa. Ian lo aveva ascoltato tranquillo, senza giudicarlo, e a lui non era servito altro. Si erano baciati a lungo, fino a rimanere entrambi senza fiato. E da allora, quasi un mese dopo, continuavano a frequentarsi.
    Era grato per la luce che il ragazzo aveva riportato nella sua vita, si sentiva felice e sereno...ma incompleto. Per quanto si sforzasse, era una sensazione che non riusciva a cambiare.
    Ma si stava sforzando, ed era estremamente orgoglioso dei risultati raggiunti.
    Ayelèn osservò l'amico di sottecchi, sbocconcellando quello che rimaneva del secondo cornetto. C'era qualcosa che continuava a non andare in lui, per quanto si affaticasse a far credere a tutti il contrario. Indossava una maschera con chiunque, persino con lei, e questo le faceva male da morire.
    Era uscito così devastato dalla relazione con l'infame che non riusciva più a fidarsi completamente di nessuno.
    L'arrivo di Ian era stato una ventata di aria fresca. Ayelèn lo aveva conosciuto, era un tesoro e si vedeva che teneva davvero a Bill, e Dio solo sapeva quanto l'amico meritasse una relazione del genere...ma non era felice. Lo vedeva in quei dannati occhi che erano come un libro aperto per lei.
    E per quanto avrebbe preferito ammazzarsi piuttosto che accettarlo, non poteva non concordare con Georg e Gustav: l'unica persona che apparteneva a Bill era Tom, e viceversa.
    Li aveva visti, quando ancora si frequentavano. Erano perfetti l'uno per l'altro, si completavano come le due metà della stessa mela.
    Perchè, perchè una persona così sbagliata era allo stesso tempo l'unica che potesse rendere davvero felice Bill?
    I ragazzi erano fermamente convinti che se si fossero incontrati di nuovo, quei due sarebbero tornati insieme. E la cosa che la faceva andare fuori di testa era il fatto che lo pensasse anche lei.
    Gustav non faceva che ripeterle quanto Tom fosse distrutto e lei lo sperava. Voleva che quell'uomo soffrisse. Voleva che si svegliasse ogni giorno con la consapevolezza di aver mandato a puttane l'unica occasione di stare bene.
    Aveva un peso all'altezza del petto di cui non riusciva a liberarsi, di cui non poteva liberarsi: l'invito recapitato a Tom. Aveva agito di testa sua e se ne era pentita mezzo secondo dopo, ma Georg e Gustav avevano osannato la sua scelta.
    Bill non lo sapeva e non avrebbe dovuto saperlo, almeno fino a quella sera. E quella bugia nei suoi confronti aumentava l'ansia che già aveva per i cazzi suoi.
    Lo vide sollevarsi e sorriderle, mentre spegneva il mozzicone nel posacenere. - Vado a farmi una doccia e a riposare un po', poi mi vedo con Ian. Ci vediamo direttamente alla mostra stasera, ok?- Ayelèn annuì, e Bill le lasciò un bacio tra i capelli arruffati. - Andrà tutto magnificamente, piccola.-
    Lo osservò sparire nella sua stanza e sprofondò sulla sedia, portandosi alle labbra la tazza di thè ormai freddo.
    Lo sperò ardentemente per entrambi.

    Kyle fu molto attento mentre saliva le scale con in mano la tazza del caffè per il padre, tanto che quando fu in cima senza averne rovesciato neanche una goccia ebbe voglia di urlare dalla gioia.
    Si avviò ciabattando verso la camera dell'uomo. Lo zio Georg lo aveva aiutato a preparare tutto, perchè lui voleva fare una sorpresa al suo papi: ultimamente lo aveva visto davvero poco, e quelle poche volte era sempre nervoso e a lui mancava tanto.
    Entrò piano nella stanza buia e sentì il lieve russare del padre. Tenendo stretta con una mano la tazza, con l'altra si aiutò a scalare il letto, avvicinandosi poi carponi al corpo completamente avvolto dell'uomo.
    Kyle lo chiamò piano un paio di volte, scuotendolo per quella che doveva essere la spalla. Sentì il padre inspirare forte e mugugnare, e poi la sua grossa mano sgusciare fuori dalle coperte per cercare tastoni l'abat-jour.
    - Kyle...- biascicò assonnato, una mano sugli occhi ancora impastati dal sonno a difenderlo dalla luce. Il bambino gli sorrise, porgendogli la tazza.
    - Ti ho fatto il caffè, papi! Tutto io!- esclamò fiero, ma il tono della sua voce fu come una coltellata nella testa di Tom, che comunque si sforzò di sorridere.
    - Sei un tesoro, cucciolo.- mormorò, mettendosi con difficoltà seduto contro i cuscini e prendendo un sorso di caffè. Era disgustoso, e fu quasi certo che la colpa fosse tutta da attribuire ad una certa checca dai capelli lunghi.
    - E' buonissimo DoppiaK, grazie.- mentì, poggiando la tazza sul comodino. Kyle gli sorrise prima di buttarsi addosso a lui. Tom ebbe voglia di urlare: sentiva dolore ovunque, ma non trovò il coraggio di allontanare il figlio da sé.
    Fu in quel momento, in un barlume di inaspettata lucidità, che si rese conto di quanto avesse fatto soffrire il suo bambino.
    Si era ripromesso di cambiare, ma dopo un paio di giorni completamente sobrio il ricordo di quello che aveva fatto era tornato a perforargli il cervello come un trapano, e non era riuscito a sopportarlo.
    Cosa ci aveva guadagnato?
    Fisico devastato e la mente ridotta in poltiglia, ma ciò che era peggio era che aveva fatto tutto sotto gli occhi innocenti di Kyle. Cosa aveva pensato di lui il figlio in quei momenti?
    Non avrebbe mai voluto saperlo, il senso di colpa che provava in quell'istante era più che sufficiente.
    Cosa gli era preso?
    Si era ripromesso di essere un buon padre. Cosa lo aveva ridotto in quel modo?
    La risposta riaffiorò bastarda, e fece più male di quanto non avrebbe mai ammesso.
    Si riaccasciò sul letto, stringendo il suo tesoro a sé. Come aveva potuto dimenticarsene?
    - Cosa vuoi fare oggi, DoppiaK?- gli chiese. Era a pezzi ma sentiva che glielo doveva.
    Quello sollevò la testa, sorridendogli. Tom si accorse che gli mancava un altro dentino, e il suo cuore fu stretto in una morsa dolorosa.
    - Voio andae a fare compere! Le zie hanno detto che 'tasera c'è la mottra, e dobbiamo facci belli!-
    La mostra, giusto.
    Era stato sorpreso quando aveva ricevuto l'invito. Ed era stato anche tentato di buttarlo subito nel caminetto, ma per qualche strana ragione non lo aveva fatto. Quando non era completamente sbronzo si ritrovava a pensarci.
    Forse non sarebbe dovuto andarci. Ma se quella mostra poteva essere inaugurata era anche per merito suo. Era stato dannatamente combattuto, e lo era tutt'ora.
    C'erano Georg e Gustav che non facevano altro che insistere perchè lui ci andasse. Avevano legato fin troppo con la donna per i suoi gusti, ed era tentato di non presentarsi solo per ripicca.
    Ma se ci fosse stato lui?
    Si sollevò di scatto, rischiando quasi di far cadere Kyle dal letto.
    - Andiamo a farci belli, DoppiaK!-

    Quel negozio era di un trash che Gustav quasi si vergognava a farsi vedere lì, ma era uno dei preferiti del suo uomo quindi non gli era stato permesso lamentarsene. Lo aveva implorato di andare in una delle boutiques di sua proprietà, ma Georg aveva fatto finta di non sentirlo.
    E adesso gli sembravano ore che era sprofondato su quell'orribile poltroncina di velluto usurata dal tempo e dai culi, in attesa della principessa che terminasse finalmente il viavai dai camerini.
    Tom e Kyle erano andati in uno dei negozi di giocattoli del centro commerciale, e il biondo li invidiò: preferiva di gran lunga farsi spiegare dal bambino la storia di ogni personaggio dei cartoni animati piuttosto che sopportare ancora un minuto di quell'interminabile tortura.
    - E di questo, che ne pensi?-
    Georg sfilò di fronte a lui con fare da diva, roteando su sé stesso. Gustav si sforzò di non scoppiargli a ridere in faccia.
    - E tu vorresti davvero venire alla mostra conciato così?-
    Amava il suo ragazzo con tutto il cuore, ma non aveva il minimo concetto di classe: indossava dei pantaloni attillati color cremisi, una canottiera a rete che lasciava ben poco all'immaginazione e sopra un'orribile pelliccia di dalmata, quasi sicuramente finta. Non che stesse male, anzi lo trovava paradossalmente sexy...ma non per quella occasione.
    - Dici che è esagerato?- disse Georg con vocina delusa, osservandosi nello specchio di fronte a lui.
    Gustav si sollevò, andandolo poi ad abbracciare da dietro.
    - Giusto un tantino. Amore, perchè non ti riprovi quel completo grigio di prima? Ti stava davvero bene!- Georg fulminò il suo sguardo riflesso. - Adori uccidere la mia favolosità.-, e il biondo si ritrovò ad abbracciare il vuoto.
    Sbuffò sconfitto e fece per rimettersi seduto, ma si congelò sul posto. Sbattè più volte le palpebre convinto di aver visto male, ma la scena che gli si presentava davanti agli occhi non cambiò di una virgola. Si fiondò nel salottino prova dove si trovava Georg e lo trascinò fuori per un braccio, ignorando le sue proteste.
    - Si può sapere che c'è?- urlicchiò lui, le mani sui fianchi nudi. Gustav gli fece cenno di stare zitto, indicando poi davanti a loro. Il piastrato seguì il suo sguardo, e poi si portò entrambe la mani sulla bocca spalancata.
    - NON CI CREDO!- bisbigliò, un tantino troppo forte per le orecchie del biondo.
    Di fronte a loro, a qualche scaffale di distanza, c'era Bill. Bill mano nella mano con un altro.
    Georg e Gustav si guardarono, e nei loro sguardi carichi di confusione era celata una domanda: perchè?
    - Ayelèn non ci ha detto niente, o sbaglio?- chiese il piastrato dopo un po', non perdendo mai d'occhio la coppia che vagava per il negozio, e i sorrisi che si scambiavano.
    - Neanche una parola.- confermò il biondo. - Secondo te da quanto va avanti?-
    Georg si lasciò cadere sulla poltroncina accanto, grattandosi la testa in un gesto meccanico. Quel ragazzo era davvero carino, inutile negarlo, e Bill sembrava sereno...ma lui era di Tom. Sapeva che non aveva il diritto di pensare una cosa del genere, ne lui ne Thomas erano dei pupazzi da manovrare a piacimento, però non poteva farne a meno.
    Perchè Ayelèn non gliene aveva parlato?
    - Secondo te lo conosceva già? Nel senso...quando lui e Tom si frequentavano?- Gustav lo fissò, gli occhi quasi lucidi. - No, neanche voglio pensarci!- poi gli si sedette accanto, prendendolo per mano. - Non è che lo ha già dimenticato?-
    Il piastrato non voleva prendere in considerazione un'opzione del genere, non dopo aver visto l'amico ridotto in quello stato. Si sentiva come una fangirl in piena crisi mistica per la sua coppia preferita.
    Corse a prendere il cellulare nella borsa. - DEVO CHIAMARLA!-

    - Ve lo ripeto, non va avanti da tanto. Forse neanche due settimane!-
    - Giuralo!-
    Ayelèn sollevò gli occhi al cielo. Già aveva i nervi a fior di pelle, ci mancavano solo quei due e le loro paranoie su Bill!
    - Lo giuro. E per quanto odi ammetterlo, è con Tom che Bill dovrebbe stare. Per l'amor di Dio Gus, fa smettere di piangere quell'altro!-
    Chiuse la telefonata lanciando il cellulare sul divano, e prese un profondo respiro. E urlò. Forte, fregandosene dei vicini e di chiunque avrebbe potuto sentirla. Cercò di tirare fuori tutto: ansia, rabbia, preoccupazioni...qualsiasi cosa, e le sembrò quasi di esserci riuscita.
    Con il fiatone sorrise al vuoto, poi prese il vestito per la sera e le chiavi della macchina e uscì di casa.
    Il cellulare che aveva ricominciato a squillare stava benissimo dove stava.

    Bill si guardò intorno estasiato, la mano stretta in quella di Ian. C'era tanta gente, molta di più di quella che immaginava, e il cuore gli si riempì di gioia.
    Un cameriere si avvicinò loro con un vassoio di calici di spumante ed entrambi ne presero uno, facendoli poi scontrare tra di loro. - Ad Ayelèn!- esclamò entusiasta Ian, e Bill annuì.
    Oltre alla quantità di gente, la cosa che saltò all'occhio del moro fu che sembravano tutti esponenti della Berlino bene. Si sentiva così orgoglioso dell'amica che non riusciva a smettere di sorridere.
    Ian si era messo ad osservare con minuzia quasi scientifica ogni opera appesa alle pareti, e Bill colse l'occasione per cercare con lo sguardo Ayelèn. La trovò circondata da un gruppo di giornalisti, splendida nel suo tubino nero di taffetà e pizzo. Decise di non disturbarla ma non appena lei incrociò il suo sguardo abbandonò i giornalisti con un sorriso, per raggiungerlo quasi di corsa.
    - Sta andando benissimo!- gli disse allegra, buttandosi tra le sue braccia. Bill la strinse forte, baciandola sulla guancia.
    - Avevi dubbi? E' tutto splendido, e il posto poi! Avevi ragione, è perfetto.-
    Quella gli sorrise, stringendosi al suo braccio. - Ho già venduto diversi quadri, ma se ne sta occupando Floris- disse, - e fatto un paio di interviste per altrettante riviste d'arte. Spero che non mi abbiano filmato, perchè stavo nel pallone e non so cosa ho detto. Ah, e ho conosciuto Mr. Dixon, finalmente!-
    I suoi occhi brillarono sognati, e Bill rise. - E dov'è il rubacuori? Devo conoscerlo!-
    - Oh, è appena uscito, ma torna tra poco. Dice che vuole portarmi fuori a cena, una volta terminata la mostra oggi. E' così bello, Bill! E galante...- sospirò. Il moro annuì, costringendosi a sorridere. Le sue parole furono come un dejà-vu, e non riuscì a condividere la felicità dell'amica. Se Dixon si fosse rivelato l'opposto di come si presentava Ayelèn avrebbe sofferto, e lui non poteva permetterlo.
    Ian si avvicinò loro, circondandoli entrambi con le braccia. - Complimenti, Ay. Ogni quadro è più bello dell'altro, è incredibile! Se potessi permettermelo li comprerei tutti!- quella gli sorrise grata e poi si congedò, raggiungendo un altro gruppo di persone che reclamavano la sua presenza.
    Bill circondò il collo di Ian, stampandogli un bacio sulla bocca. - Ti piacciono davvero?-
    Il ragazzo annuì. - Soprattutto quelli astratti, li trovo più intimi e coinvolgenti. E poi mi sembra di scorgere il tuo viso in ogni tratto.-
    Il moro approfondì il bacio precedente, lusingato.

    - Oh mio Dio, è tutto così bello!- urlicchiò giulivo Georg, battendo le mani tra loro. - Trovo fantastico che Griffin abbia accettato di farla fare qui, la mostra. E' così azzeccata questa villa!-
    Si voltò verso Tom, che sembrava completamente disinteressato a ciò che lo circondava.
    - Lo sai che si sta sentendo con Ayelèn?- gli disse Gustav, e l'architetto annuì, prendendo in braccio Kyle che voleva vedere i quadri da più vicino. - Me lo hai detto non so quante volte. Come se la cosa potesse davvero interessarmi.-
    Georg lo incenerì con lo sguardo. - Mi chiedo che cazzo sia venuto a fare tu oggi, qui. Non hai fatto altro che lamentarti da quando siamo usciti da casa.-
    Tom fissò il vuoto, spento. Non sapeva perchè era andato. Quella mattina si era convinto che sarebbe stata una buona idea, adesso non più. Aveva voglia di bere, ma quei due lo avevano praticamente minacciato per dissuaderlo. Si chiese perchè continuava a dar loro retta.
    Fece scendere il figlio e mano per la mano procedettero per le stanze che conosceva bene. Qualche testa si voltò al suo passaggio, qualcuno provò anche a scambiare qualche parola, ma l'aura negativa che emanava parlava per lui. L'unico a cui probabilmente avrebbe risposto era Griffin, ma del proprietario di casa non c'era neanche l'ombra.
    Nell'ultima stanza, quella adiacente al giardino, c'era un piccolo buffet. Alla vista del cibo Tom si accorse di avere fame; forse quel giorno non aveva mangiato, non lo ricordava. Ormai non ricordava più niente.
    Riempì un piattino per Kyle, che fremeva per assaggiare tutti gli stuzzichini, e prese una pizzetta per sé, lasciando poi con un sorriso il figlio dare spettacolo accanto al tavolo.
    Fu in quel momento che il suo sguardo fu catturato da un dipinto appeso di fronte a lui. Ci si avvicinò lentamente, con il cuore in gola e la sensazione del mondo svanire ad ogni passo.
    Su uno sfondo onirico fatto di pennellate indefinite si fondeva un viso etereo, una bellezza senza tempo dallo sguardo così vero, così penetrante che si sentì rabbrividire.
    - Ma questo è Bill.- sentì dire da Gustav, arrivato chissà quando. Il tempo, che fino a quel momento sembrava essersi bloccato, torno a scorrere lentamente.
    "Certo che è lui, stupido idiota" avrebbe voluto urlargli. Non poteva che essere lui, quella divinità impressa nella tela. Voleva mettere a tacere tutte le voci che sentiva di sottofondo. Voleva essere lasciato in pace, lui solo con quel quadro. Nessuno avrebbe potuto godere della sua bellezza, gli apparteneva.
    - Devo averlo.-
    Gustav lo guardò confuso. - Cosa?-
    - Questo dipinto.- rispose, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Si voltò a destra e a sinistra come un pazzo, in febbrile ricerca di Ayelèn. Doveva trovarla e obbligarla a togliere quel ritratto, nasconderlo alla vista di tutti.
    Si sentì afferrare per il colletto del suo completo Dolce & Gabbana, e lo sguardo furente del biondo piantato nel suo. - Dico, ma sei serio?-
    - Ormai ho rovinato tutto, con Bill. Se non posso averlo, devo avere almeno quel quadro!-
    Georg gli diede una pacca dietro la testa. E lui quando diavolo era arrivato?
    - Ti è andato di volta il cervello? Sei ridicolo, dove ce l'hai l'orgoglio?-
    Si allontanò con uno strattone dalla presa dell'amico, e fissò entrambi stremato. Gustav provò l'assurdo impulso di abbracciarlo.
    - Ho sempre fatto riferimento solo all'orgoglio. Guarda dove sono arrivato.-
    Il piastrato, a differenza del suo ragazzo, aveva smesso di farsi intenerire. - Lo hai voluto tu, Thomas.-
    Il silenzio che ne seguì fu pesante. Tom si ritrovò esausto, come se avesse appena concluso una maratona.
    Era vero. Lo sapeva, Cristo. E loro che non facevano altro che ripeterglielo non miglioravano certo la situazione.
    Aveva bisogno di alcool. Tanto alcool, fino a perdere completamente la cognizione di sé stesso. Si sentiva un involucro vuoto, ma anche il nulla cominciava a pesargli. Voleva solo smettere di sentirsi.
    Si voltò con il serio intento di andarsene, ma ciò che vide davanti ai suoi occhi lo bloccò sul posto, il cuore una furia dolorosa di battiti.
    - Tom?-
    La voce di Bill fu poco più che un sussurro carico di confusione. Sentì una mano invisibile serrargli la gola, faceva quasi fatica a respirare. E lui era così bello, dannazione! Tanto bello da fargli male, proprio come ricordava. I suoi occhi velati lo scrutarono tesi, quegli occhi che non lo avevano mai abbandonato, neanche nei periodi di buio totale.
    - Bill. Come...come stai?- era una domanda stupida, lo sapeva, ma il suo cervello bloccato non trovò di meglio da dire.
    Bill lo fissò duramente. "Come stai", era serio?
    Ebbe voglia di prenderlo a pugni.
    - Sto bene.- disse, e sentì la mano di Ian stringere di più la sua. Il fastidio che provò per quel gesto lo destabilizzò. Provò il desiderio di allontanarsi da lui e stare solo con Tom.
    Tom che non stava bene. Cosa gli era successo? La luce nei suoi occhi ormai circondati da violacee occhiaie si era spenta, il viso scavato.
    Che avesse sofferto anche lui?
    Lo sperava.
    Eppure ebbe voglia di toccarlo, e si odiò per quello. Ian si schiarì la gola, e a Bill fu perfettamente chiaro che lui sapeva. E come non avrebbe potuto?
    La tensione tra loro due era palpabile, e la cosa lo disgustò.
    Gli era passata, dannazione. Ci aveva lavorato duramente per andare avanti, lo aveva fatto!
    - Ian, lui è Thomas Kaulitz. Il padre di un mio alunno.-
    Falso, falso, falso, falso...
    Il ragazzo annuì, allungando una mano verso l'architetto. Tom si sentì profondamente ferito dalle gelide parole del moro, ma non riuscì a pensare a nient'altro se non alle mani unite di quei due. Desiderò allontanarli, porre fine a quel contatto così sbagliato. Come osava toccarlo, quell'essere insulso?
    Nonostante tutto, l'ultimo briciolo di razionalità rimasta lo costrinse ad allungare la mano verso quella del tizio. Aveva voglia di spaccaglierle, quelle dita.
    - Piacere. E tu saresti...?- la cortesia delle sue parole cozzava con l'espressione dura che non poteva evitare di avere sul volto. Era una domanda a cui non avrebbe voluto risposta.
    Una domanda a cui Bill non avrebbe voluto dare risposta, non a Tom. Perchè Ayelèn gli aveva fatto una cosa del genere? Sapeva che c'entrava tanto quanto Georg e Gustav, e gli venne da piangere dalla rabbia.
    La risposta gli sfiorò le labbra senza che se ne rendesse conto.
    - Il mio ragazzo.-

    - Fortuna che sarebbero dovuti tornare insieme! Bill mi evita, e da quel che so pare che non senta neanche Ian. Che cazzo è successo quella sera?-
    Gustav passò il telefono a Georg, che aveva appena finito di smaltarsi le unghie.
    Non sapevano che pensare, tutti e tre. Erano certi che sarebbe finita bene tra Bill e Tom, ma dalla sera della mostra sembrava essere peggiorato tutto.
    - Non so che dirti, dolcezza. So solo che Thomas non fa assolutamente nulla. Neanche bere, e la cosa mi preoccupa!-
    Il biondo lanciò uno sguardo di traverso al salone, dove l'architetto stava giocando con il figlio. L'amico era spento, ancora più assente di quando non faceva altro che bere e drogarsi.
    Era come una marionetta mossa da fili invisibili: faceva quello che doveva fare, ma nulla più. Le sue giornate erano diventate un susseguirsi delle stesse azioni, e la cosa li spaventava a morte.
    Tom non era così.
    Ultimamente era diventato lo spettro di sé stesso. E quando non era costretto a fare qualcosa si chiudeva in camera, intimando di non essere disturbato da nessuno.
    - Non so che pensare. Toglietemi una curiosità, voi sapete chi ha comprato il ritratto di Bill?-
    I due ragazzi si guardarono. Tom aveva messo in mezzo tutte le conoscenze che aveva per acquistare quel dipinto senza che si riuscisse a risalire a lui.
    Evidentemente aveva fallito.
    Il loro silenzio fornì ad Ayelèn la risposta che cercava.
    - Capito. Chissà come, ma lo immaginavo. Adesso vi lascio zuccherini, c'è Griffin che mi aspetta.-
    Georg sghignazzò prima di chiudere la telefonata, e stampò un bacio sulla guancia del ragazzo. - Sai che dobbiamo prendere provvedimenti?-
    Gustav sbuffò, poggiando la testa sulla spalla del piastrato. - Odio questa situazione. Quasi quasi rimpiango il Tom pre-Bill...sarà vero che quei due sono fatti per stare insieme?-
    Georg sorrise, spintonandolo. - Non fare lo scorfano brontolone, Gus-Gus. Va tu a parlarci, che sei tanto bravo...io rischierei di soffocarlo con un cuscino.-
    In quel momento Kyle li raggiunse in cucina, con Napoleone tra le mani. Il piastrato si allontanò disgustato.
    - Papi è andato a letto.- disse, accarezzando il muso peloso della bestia una volta salito sullo sgabello tra di loro. - Pecchè è sempre così triste?-
    La cosa che sorprese il biondo fu la rassegnazione nel tono del piccolo. In quel momento ebbe voglia anche lui di soffocare l'amico col cuscino.
    - Tuo padre ha finalmente capito di essere un idiota, ciccino!- urlicchiò Georg, prendendolo in braccio. Sia Gustav che Kyle lo guardarono male.
    Il biondo li lasciò bisticciare tra loro e salì piano le scale, inspirando profondamente.
    Odiava entrare in camera di Tom. Si sentiva opprimere dalla tristezza dell'amico, non era abituato a vederlo in quello stato.
    Trovò l'architetto riverso nel letto, con la sigaretta lasciata a consumarsi stretta tra le dita, intento a fissare il quadro.
    - Sei inquietante, Thomas.-
    Solo in quel momento Tom si accorse della presenza del biondo nella sua stanza. - Pensavo di essere stato chiaro, Gustav. Non dovete venire a rompermi il cazzo, non qui.- il suo tono non ammetteva repliche, ma l'amico non si lasciò intimorire e si andò a sedere accanto a lui.
    - Kyle non sa più che pensare. Se non vuoi tirarti su per te, fallo almeno per tuo figlio.-
    Tom si sollevò di scatto, le mani chiuse a pugno, la sigaretta finita chissà dove. - Chiamate Nathalie, allora. Ditele che non sono più in grado di prendermi cura di lui.-
    Il biondo guardò a terra preoccupato. Ci mancava solo un principio di incendio in quella camera! Ma forse Tom la aveva già calpestata nella foga di alzarsi, perchè non vedeva fumo né fiamme.
    Le sue parole non lo toccarono minimamente.
    - Tu sei un buon padre. Devi solo ricordartene.- poi lo guardò apprensivo, desideroso di prendersi cura di lui. - Perchè te la stai prendendo così, Thomas?-
    Quello si buttò sul letto, poggiando la testa sulle sue ginocchia. Gustav gli accarezzò piano la testa, e Tom si lasciò cullare da quel gesto.
    - Non lo so.- disse dopo un po', la voce ridotta in un sussurro. - O forse sì. Mi manca, Gus. Mi sono reso conto di aver fatto una puttanata, ma ormai è troppo tardi...lui è andato avanti.-
    Il biondo non aveva mai sentito Tom così triste, rassegnato. Si era aperto come mai aveva fatto, e lui non sapeva come reagire, come aiutarlo. Solitamente era lui che con il suo cinismo dispensava consigli a tutti. Ma adesso?
    - Forse non è troppo tardi.- provò, sperando di avere ragione. - Hai provato a parlarci, Tomi?-
    Quello lo guardò, e Gustav si accorse che aveva gli occhi lucidi. Si trattenne dal dargli uno schiaffo per farlo riprendere.
    - No. E poi hai visto anche tu, no? Ha il ragazzo.- l'ultima parola la disse con un disprezzo tale che al biondo sembrò avere di fronte Georg, e non quello che era rimasto dell'architetto sessuomane che conosceva. Decise di tirare fuori tutte le carte che aveva a disposizione.
    - Ayelèn dice che non è una cosa seria. Pare che non lo stia più sentendo.-
    Tom si risvegliò, e sembrò ritornare quello di un tempo. Si sollevò, fissandolo con aspettativa
    - Davvero?-
    Gustav sorrise. Gli faceva quasi tenerezza. - Vai a riprendertelo, Thomas. Non rinunciare alla possibilità di essere felice.-

    Salì le scale del condominio del moro velocemente, rischiando più volte di spaccarsi i denti. Ma una volta che fu di fronte alla porta esitò.
    Cosa stava facendo?
    Stava cercando di riconquistare Bill.
    Bussò forte, mani sudate, cuore in gola. Ebbe voglia di urlare, di chiamarlo a gran voce e fargli capire che era stato un idiota, ma non voleva umiliarsi più di quanto non avesse già fatto.
    L'ultimo pugno battè a vuoto. Di fronte a lui, in tutta la sua statuaria bellezza il moro lo guardò pieno di confusione.
    - Cosa ci fai qui?- chiese, il tono della voce duro come la roccia. Aveva una maschera imperscrutabile sul volto ma i suoi occhi, onice incastonato in un mare di giada, gli parlavano come avevano sempre fatto.
    - Ciao Bill. Posso entrare?- ostentava una sicurezza che non aveva, ma il moro lo capì. Si fece da parte per farlo passare, richiudendosi la porta alle spalle una volta che fu dentro.
    Era la prima volta che vedeva casa di Bill, ma era proprio come se l'aspettava. Quasi sperò che il moro gli facesse fare il giro, ma non osò chiederglielo.
    Era un appartamento di media grandezza e disordinato, ma accogliente. Si chiese come sarebbe stato passare le notti lì, con il maestro al suo fianco.
    Bill continuava a fissarlo con calma esasperante, e non gli disse niente neanche quando si sedette sul divano di sua volontà.
    Perchè era così calmo?
    - Cosa ci fai qui, Tom?- chiese di nuovo, e l'architetto lo guardò. Continuava ad esserci qualcosa che non andava in lui. La fiamma che brillava nei suoi occhi quando si frequentavano sembrava essersi spenta, e lui sapeva esserne la causa. Una morsa stretta gli attanagliò lo stomaco.
    Il quel momento si rese conto che Bill era truccato e vestito.
    - Stavi uscendo?- domandò, evitando per la seconda volta di rispondergli. Quello lo fulminò con lo sguardo, e annuì.
    - Con lui?-
    Non ricordava come si chiamasse il ragazzo che aveva visto in sua compagnia quella sera. Non voleva ricordarlo. Era solo un tizio insignificante che si era messo tra di loro, nulla più.
    Bill prese da un mobiletto in cucina il pacchetto di sigarette, tirandone una fuori e portandosela alle labbra. Tom seguì ogni suo movimento come ipnotizzato, in attesa di una risposta che non avrebbe voluto arrivasse.
    - Certo.- sibilò il moro insieme al fumo, poggiandosi allo stipite della porta. - Ha un nome, lui.-
    Il cuore di Tom battè lento, rimbombando nel suo petto.
    Ian, così si chiamava. Un nome insulso per un essere insulso.
    - Lascialo.-
    Il moro strabuzzò gli occhi. Una crepa nella maschera. - Chiedo scusa?-
    L'architetto si sollevò, andando verso di lui. Si era fidato di quel cazzone di Gustav, ma adesso non gli rimaneva che giocarsi il tutto per tutto. Cuore in mano, nessuna scusa.
    Bill arretrò come lo vide avvicinarsi.
    - Non andare da lui. Lascialo. Torna con me.-
    Il moro sentì il cuore in gola. Gli occhi presero a pizzicargli ma non poteva, non poteva dargliela vinta.
    - Tu non stai bene con il cervello, Tom.-
    Sentiva il suo profumo, e il cuore accelerò i battiti. Si ritrovò a sbattere contro il frigorifero. In trappola, di nuovo - come aveva potuto permetterlo?
    - Probabilmente hai ragione. Devo essere stato completamente pazzo per averti cacciato via. Torna con me, Bill.- il suo tono era implorante, come se la sua vita fosse dipesa dalla risposta che gli avrebbe dato.
    Le sue braccia lo incatenarono. Occhi negli occhi, respiro contro respiro.
    Non voleva trovarsi lì, eppure il suo corpo reagiva diversamente. Si rese conto che gli mancava da impazzire, e la cosa lo distrusse.
    Sentì lacrime calde sforzarsi per uscire ma Bill le ricacciò indietro quasi con ferocia.
    Non doveva farsi vedere in quello stato da Tom, non se lo meritava. Si meritava solo lo schiaffo che gli diede pochi istanti dopo, in pieno viso.
    - Ti aspetti davvero che io torni a fidarmi di te, dopo quello che mi hai fatto?- gridò quasi isterico, battendo i pugni contro il suo petto. - Vaffanculo, Tom!-
    La voglia di picchiarlo era più forte che mai. La mano pizzicava ancora per il gesto di poco prima.
    L'architetto non reagì. Rimase immobile a subire i suoi colpi, gli occhi che brillavano di attesa, di speranza.
    Perchè ci credeva ancora?
    - Perchè dovrei tornare con te? Non sono stato altro che una scopata...- scivolò a terra lentamente, pugni sugli occhi, le labbra strette tra i denti.
    Stava cedendo, Tom riusciva a vederlo chiaramente. Si inginocchiò di fronte a lui, spostandogli delicatamente le mani dal viso. Gli occhi annacquati di lui furono più dolorosi della sberla ricevuta.
    - Non sei mai stato "solo una scopata".- il suo tono era basso, e al moro sembrò di essere circondato dallo stesso calore che aveva provato quella notte tra le sue braccia. - L'ho capito fin da subito che eri speciale, Bill. E ne ero terrorizzato. Ho vissuto credendo in qualcosa, poi sei arrivato tu e hai sconvolto tutto. Perchè sono qui? Per dimostrarti quanto stronzo sono stato. Mi sto umiliando di fronte a te, e non l'ho mai fatto per nessuno in vita mia... Tutto per farti capire che noi due siamo fatti per stare insieme. Non ho mai provato quello che ho provato con te, e continuo ad avere una paura fottuta, ma questa volta non scapperò. Non se tu sarai al mio fianco.-
    Il moro fece fatica a respirare. E allora le lacrime ebbero la meglio, cominciando a sgorgare roventi sulle sue guance.
    Si portò una mano alla bocca, singhiozzando.
    - Come puoi esserne certo? Come puoi credere che siamo fatti per stare insieme? Io sto con Ian...- riuscì a tirare fuori con fatica, la voce rotta dal pianto.
    Tom tremò. Non lo sapeva per Dio, non lo sapeva!
    Eppure allo stesso tempo ne era sicuro. - Hai detto di amarmi.- gli portò una mano al viso, carezzandogli delicato la guancia umida. - E non mi avresti fatto entrare, se non ti fosse importato. Sento di non poter vivere senza di te, sei l'unica persona che voglio.-
    Tutte le difese di Bill crollarono in quel preciso istante.
    Si gettò tra le braccia di Tom con disperazione, lambendo come ossigeno quelle labbra che gli appartenevano, ora e per sempre. L'architetto lo strinse a sé, le mani tra i suoi capelli, sulla sua pelle.
    Era tutto vero, il calore del corpo di Bill era reale.
    - Quanto mi sei mancato...- riuscì a dirgli Tom a fior di labbra, tempestandolo di piccoli baci ovunque. - Così tanto, così tanto...-
    Bill lo trascinò nella sua stanza, spogliandolo con foga nel tragitto, non staccandosi mai da lui. Non lo avrebbe lasciato andare, questa volta.
    Tom si sentiva in paradiso, vivo come non mai. Crollò sul letto mezzo nudo, tirandosi dietro il moro. Il sentore di nicotina mischiato al suo sapore lo stordiva, mentre le mani percorrevano quel suo corpo perfetto.
    Era tutto reale.
    Se si fosse trattato di un sogno, Bill non voleva essere svegliato. L'architetto lo penetrò con forza e al moro non sembrò neanche di percepire dolore. Si trovava proprio dove voleva essere: tra le braccia di Tom, invaso dalla sua presenza.
    Erano entrambi senza fiato ma continuarono a baciarsi ancora, e ancora, e ancora... I loro gemiti riempirono l'aria, e tutto sembrava così giusto, e le lacrime che bagnarono il viso di Bill erano espressione della sua gioia.
    Si sentiva completo.
    Tutta la paura di Tom fu un ricordo lontanissimo. Stralci di un'altra vita che non avrebbe più avuto bisogno di ricercare, non adesso che aveva finalmente trovato la sua personalissima fonte della felicità.

    - Allora?- quello di Tom fu poco più che un sussurro, ma Bill lo percepì lo stesso.
    - Allora cosa?- chiese stringendosi a lui, la mano ad accarezzargli il braccio leggera come una colomba.
    Tom esitò, stampandogli un casto bacio sulle labbra.
    Il vento ululava intenso oltre la finestra, facendo sfrusciare i rami contro il vetro. Poteva sembrare un'atmosfera pesante, ma il moro ultimamente si era ritrovato ad apprezzarla: tanta confusione fuori lo faceva sentire meno incasinato dentro.
    - Adesso cosa siamo?- sputò fuori con difficoltà l'architetto, e fu il momento del moro ad esitare.
    Si ritrovò a guardarlo. A guardarlo davvero. I suoi caldi occhi color cioccolato, le labbra gonfie, il sesso ancora turgido. Lo fissò e sospirò, e Tom gli lasciò un bacio tra i capelli.
    Si lasciò avvolgere dal suo abbraccio, certo che avesse capito.
    - Non lo so.-

    Note finali: Ci siamo. Col prossimo capitolo scriveremo la parola "fine" a questa storia. Un po' me ne dispiace, anche se sto facendo sempre più fatica a scrivere i capitoli e vabbè, i tempi di postaggio per quanto mi riguardano ne sono la prova tangibile. Coooooomunque questo ultimo capitolo è stato per me un parto, l'ho scritto completamente e cancellato tante e tante volte, e non sono neanche del tutto convinta di come sia uscito ma devo dire che ne sono stranamente soddisfatta (non tanto, ma un po'). Spero che per voi ne sia valsa l'attesa, ci ho messo quello che è rimasto del mio cuoricino. Spero vi abbia emozionato come a me ha emozionato scriverlo. Grazie a tutte voi per aver seguito "From the Inside" fino a qui, ci vediamo presto con l'epilogo.
    Cosa succederà?

    Edited by fromTOKIOtoMARS - 19/10/2014, 01:16
     
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  12. !Moody
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    Chiedo venia per non aver risposto ai vostri commenti come di solito faccio.. scusatemi ragazze!!
    Dato che il capitolo successivo è stata postato molte delle vostre domande hanno ricevuto risposta tra queste righe.
    Per quanto riguarda il capitolo prima ringrazio: .raven_ e persefone87 per aver letto e commentato.
    Grazie infinite :)
    E scusate ancora se non vi ho risposto prima
     
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  13. persefone87
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    non preoccuparti per la risposta :-)
    comunque questo capitolo è il top!!! forse il più emozionante, l'ulima parte poi è stata di una dolcezza disarmante. Ho adorato tom in questo capitolo; finalmente ha gettato la maschera. non so che altro commentare, non ho più parole, apetterò impazientemente il prossimo anche se è tristissimo pensare che la storia ormai sia giunta al termine. Scriverete altre storie come questa?? lo spero ;-)
    bacio!! :*
     
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  14. !Moody
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    Siamo felici che ti sia piaciuto :)
    Io continuo a pensare a Tomdimerda, la mia socia me lo ha fatto odiare come non mai ahaha
    Uhhm pensiamo di scrivere ancora assieme..ma non posso assicurarti niente anche se le basi ci sono :)
     
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  15. fromTOKIOtoMARS
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    CITAZIONE (persefone87 @ 16/10/2014, 03:14) 
    non preoccuparti per la risposta :-)
    comunque questo capitolo è il top!!! forse il più emozionante, l'ulima parte poi è stata di una dolcezza disarmante. Ho adorato tom in questo capitolo; finalmente ha gettato la maschera. non so che altro commentare, non ho più parole, apetterò impazientemente il prossimo anche se è tristissimo pensare che la storia ormai sia giunta al termine. Scriverete altre storie come questa?? lo spero ;-)
    bacio!! :*

    Grazie, grazie e ancora grazie per il commento. Non sai che gioia mi hai dato facendomi sapere che il capitolo ti è piaciuto così tanto. Sono io a non avere parole, seriamente.
    Per quanto riguarda altri lavori insieme con la socia...chi lo sa? Non una storia come questa, ma forse forse qualcosa bolle in pentola. Staremo a vedere come va.
    Grazie ancora tesoro, a presto <3
     
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