From the Inside

by fromTOKIOtoMARS & !Moody | NC17, AU, Twincest not Related, Adult Content, Slash, Comico, Erotico, Angst (lieve)

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  1. Dakota.Auree.
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  4. fromTOKIOtoMARS
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    Buonasera ragazze!
    Scusate la mia inspiegabile assenza. Non vi propinerò stupide giustificazioni, visto tutto il tempo che è passato risulterebbero semplicemente inutili.
    Non ho dimenticato "From the Inside", assolutamente. La mia mente è tartassata da immagini su immagini, tanto che ormai tutti i personaggi di 'sta storia sono diventati parte di me. Sono una persona triste, lo so...la mia socia può dimostrarvelo tranquillamente u.ù La stesura del capitolo procede: decisamente a rilento, ma procede.
    Il "blocco dello scrittore" capita a tutti, prima o poi. No?!
    Spero che tutto si risolvi presto. Sono già sulla buona strada.
    Un saluto a tutte voi, che continuate imperterrite ad uppare. Mi fate sentire tremendamente in colpa, ma è giusto che sia così.
    A presto ♥
     
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    Perchè Ti Amo e Lo Farò Sempre. Anche Quando Ti Odierò Sarà Per Amore

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    Georg
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    beh è già qualcosa.. aspettiamo e up
     
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  6. persefone87
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    mi dispiace! :-(
     
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  7. fromTOKIOtoMARS
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    BUONE NOTIZIE CIURMA!!

    Il capitolo è finalmente concluso *partono cori angelici insieme al lancio delle bottiglie*
    Mi prendo il tempo di rileggere tutto e controllare eventuali errori, ma in teoria domani (oggi) pomeriggio posto!
    L'attesa è finita. Grazie a tutte, e scusatemi ancora.
     
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    Perchè Ti Amo e Lo Farò Sempre. Anche Quando Ti Odierò Sarà Per Amore

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    Georg
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    gooooooooooooooooooooooooooooood!!!
     
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  9. fromTOKIOtoMARS
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    Capitolo 8

    "Linea di confine"


    Ovviamente non poteva andare tutto come sperava. In un'altra vita doveva essere stato una specie di criminale, perchè ultimamente il Karma sembrava aver fatto comunella contro di lui.
    Il perchè fosse entrato in quel bar non gli era del tutto chiaro, ora più che mai.
    Sollevò gli occhi al cielo, maledicendo la gola che gli era venuta dopo lo shopping di quella mattina. A quanto pareva tutti i suoi buoni propositi erano letteralmente andati in fumo, e si chiese di nuovo perchè non si legava al letto, quando gli venivano in mente certe idee malsane.
    Si alzò piano, con cautela, cercando di attirare il meno possibile l'attenzione su di sé. Tom Kaulitz – quel dannatissimo Tom Kaulitz che era entrato un istante prima nella caffetteria – non doveva ASSOLUTAMENTE vederlo lì.
    Peccato che il suo "piano" non fu poi così piano, e lo capì bene la ragazza che se lo ritrovò improvvisamente addosso prima di vederlo cadere a terra con un tonfo secco, trascinandosi dietro il suo vassoio della colazione.

    L'istinto gli aveva suggerito di entrare comunque al "Melitta Sundström". Non sapeva effettivamente cosa doveva aspettarsi, quindi per ingannare l'attesa decise di ordinare un cappuccino e una paio di ciambelle – entrambe glassate al cioccolato, proprio come piacevano a Kyle.
    E poi, il segno divino si manifestò. Sotto forma di un urletto acuto, e un gran trambusto successivo che lo fece voltare incuriosito.
    I suoi occhi brillarono, maliziosi. Era lì.
    Sdraiato a terra con una smorfia dolorante a dipingergli il volto, e circondato da un mare di vestiti che dovevano essere volati insieme a lui. Era pure tutto sporco di caffè, e si pentì di non avere una macchina fotografica dietro, perchè quel momento era assolutamente così fuori da mondo da dover essere immortalato.
    Si avvicinò al moro con un sorriso divertito, mentre quello - dopo un primo momento di shock-, si risollevava in fretta e in furia, bofonchiando scuse di circostanza alla ragazza che si stava visibilmente trattenendo pur di non scoppiare a ridergli in faccia.
    - Serve una mano?- mormorò l'architetto, vedendolo raccogliere alla rinfusa tutti i suoi capi. Bill sollevò terrorizzato lo sguardo, voltandosi si scatto verso di lui. Merda!
    - Kaulitz! C-come... Cosa ci fa qui?-
    Tom scosse la testa sorridendo, piegandosi sulle ginocchia ed aiutandolo a raccogliere le ultime cose. Giurò di aver sentito un flebile "grazie" uscire dalla bocca del maestro.
    - Potrei farti la stessa domanda, ma non mi sembra il luogo adatto!-
    Vide il moro diventare rosso in viso, mentre si tirava su spolverandosi i jeans, e pensò che invece poteva essere proprio quello, il luogo adatto per conoscerlo meglio.
    Il "Melitta Sundström" si trovava esattamente sopra lo ShwuZ.
    Tom ci era tornato quella mattina per poter parlare con il proprietario. Doveva sapere chi era quel ragazzo, Catwoman. Doveva ritrovarlo!
    La sera prima era tornato a casa con l'asta in tiro per colpa sua, e non era stato affatto piacevole sfogarsi da solo, soprattutto se si era dovuto trattenere perchè nella sua stanza c'era Kyle, che se la dormiva beato nel letto.
    Purtroppo Matt non sapeva nulla, e Dio solo sapeva quanto avrebbe voluto farlo fuori per una simile inadempienza. Tuttavia il pensiero del ragazzo era passato in secondo piano, alla vista di Bill.
    Non poteva essere una coincidenza, se quella mattina si erano ritrovati proprio lì. Che anche il moro fosse un frequentatore dello ShwuZ? Magari c'era anche lui, al party!
    E poi, come trasportato da una folata di vento, sentì quel suo profumo così inconfondibile, e percepì la stessa fastidiosissima sensazione di déjà vu provata la sera prima.
    Eppure si convinse che non era altro che uno stupido collegamento fatto dalla sua mente, che non stava né in cielo né in terra.
    Bill non era Catwoman, punto.
    Scosse la testa, e solo in quel momento si accorse che il moro, dall'alto, lo stava fissando stranito, con una mano allungata verso di lui in attesa che gli restituisse la maglietta che aveva in mano.
    Con un colpo di tosse cercò di scampare alla figura di merda – gesto inutile visto che il maestrino, nonostante mantenesse quella maschera incazzosa sul viso, sembrava essersela spassata un mondo a vederlo in trance-, mentre si rialzava e gli restituiva l'indumento.
    Quello fece un cenno col capo che doveva sembrare un ringraziamento, poi si interrogò sul da farsi. E decise che doveva andarsene, anche alla svelta.
    Fece per salutare l'architetto, ma quello non sembrava intenzionato ad interrompere così il loro incontro. Lo afferrò per un braccio, trascinandoselo accanto mentre tornava al bancone, sempre con quel sorriso infame a dipingergli il volto.
    Bill sapeva che doveva liberarsi, che Tom non poteva permettersi di avere tutte quelle confidenze con lui, eppure lo lasciò fare. Però mise su il broncio così, tanto per fare scena. E per mantenere un minimo di contegno. All'apparenza, ovviamente.
    Con la coda dell'occhio lo vide sorridere sghembo, e il suo cuore perse un paio di battiti.
    Non sarebbe dovuta andare così. Dove Cristo ce l'aveva la dignità?
    Ma quella sembrava essersi presa un periodo di ferie, lansciandolo in balia delle sensazioni.
    E rivide Tom in tutta la sua magnificenza la sera prima, e al piacere in corpo che gli aveva lasciato, nonostante avesse scoperto che era lui, sotto la maschera di Zorro.
    Dannazione, la carenza di sesso lo stava facendo impazzire!
    - Non posso permettermi di lasciarti scappare, Bill. Devo pur sempre farmi perdonare!- disse l'architetto tranquillo, e il moro sbuffò.
    Era Tom Kaulitz quello con cui aveva a che fare, cazzo! Lo stesso famoso, che raccontava un sacco di balle pur di portarsi i ragazzi a letto.
    "Suvvia, un po' di contegno, Trümper!"
    - Non ricordo ci sia nulla di cui si debba far perdonare, Tom. Ed io in realtà avrei anche un po' da fare, quindi...- lasciò la frase in sospeso, sperando che la scusa avesse effetto. Tom lo liberò dalla presa, corrugando il viso in una smorfia di disappunto.
    Falsa, Bill lo vedeva benissimo.
    - E' un tale peccato. -

    Alla fine, non sapeva come, era riuscito a convincerlo a tenergli compagnia. Ormai il suo cervello aveva appeso al chiodo il cartellino, di lui non c'era più traccia.
    Eppure, nonostante le crisi e l'autocontrollo andato a farsi friggere, non riusciva a pentirsi di trovarsi esattamente lì, quella mattina, con Tom.
    Doveva soffrire di disturbo bipolare, non c'era altra spiegazione.
    L'uomo aveva la capacità di rincoglionirlo completamente, e farlo sentire a suo agio nonostante fosse l'ultima persona che voleva vedere.
    Non lo sopportava, eppure era piacevole trascorrere il tempo con lui, sebbene ogni volta non faceva che rifilargli un mare di cagate.
    Bill si perse involontariamente ad osservarlo, mentre quello gli raccontava del perchè Kyle si trovasse a casa sua, e di quanto i suoi amici lo stessero aiutando...forse.
    Onestamente non lo stava ascoltando; la sua mente – infida bastarda!- era partita per la tangente, e si ritrovò catapultato alla notte prima. Sentì nuovamente le mani di Tom percorrere il suo corpo, e i suoi occhi scrutarlo da dietro la maschera, e il suo respiro caldo infrangersi sulla sua pelle nuda, e la sua bocca morbida lungo il collo, sulla mandibola, e poi impetuosa contro le sue labbra...
    E desiderò ardentemente poter rivivere tutto quello.
    Fu scosso da un brivido e arrossì, e in quel momento si accorse che Tom non parlava più, ma anzi lo fissava con un ghigno malizioso, e fu assolutamente certo che avesse capito tutto.
    Pregò che il pavimento si aprisse sotto di lui, così che potesse essere risucchiato dagli abissi. Non poteva aver fatto una tale figura di merda, Cristo!
    E soprattutto, non poteva aver pensato davvero a quello che aveva pensato.
    Il party era stato un errore, lo aveva archiviato! Non poteva tornarci su ancora, era sbagliato... Era sbagliato, perchè Tom era il padre di un suo alunno. Era sbagliato...
    Era sbagliato?
    Davvero non lo sopportava?

    Fu un momento. In preda al panico si sollevò, ed era certo che l'architetto gli avesse chiesto se c'era qualcosa che non andava, ma non gli rispose. Gli fece un sorriso di circostanza, freddo, e bofonchiò a mezza bocca qualche sorta di saluto, prima di uscire in fretta da bar, per allontanarsi da quell'atmosfera che lo stava opprimendo, e da Tom. Fottutissimo Tom che però, per la seconda volta in quella mattinata, aveva deciso di testa sua che quello non era ancora il momento di salutarsi e no, non potevano lasciarsi così, senza prima concludere nulla.
    E infatti lo rincorse fuori il bar, chiamandolo a gran voce, tanto che Bill desiderò nuovamente di sprofondare sotto terra.
    Si bloccò e prese un respiro, voltandosi poi quasi meccanicamente, trovando l'uomo sorridergli sghembo, nonostante il fiatone. Lo incitò a parlare.
    - Usciamo. Stasera.-
    Bill sgranò gli occhi, fissandolo perplesso, mentre il cuore gli esplodeva nel petto.
    - Dice sul serio?-
    Tom sollevò le spalle, facendogli l'occhiolino, cosa che gli diede talmente fastidio che provò l'impulso di andare lì e prenderlo a schiaffi. - Mai stato più serio di così.-
    Doveva essere davvero fuori di testa, da poter anche solo minimamente pensare che avrebbe accettato il suo stupidissimo invito!
    Eppure, passando quasi sicuramente da psicopatico, la sua bocca agì prima che la sua mente potesse formulare quel pensiero.
    - D' accordo.-
    Vaffanculo!

    Gustav lo osservava perplesso, sprofondato nell'elegante divanetto di velluto rosso del negozio.
    - E quindi...hai un appuntamento?-
    Tom si sistemò la giacca del completo, sollevando un po' il mento e scrutando il suo riflesso allo specchio, decidendo infine che sì, il Valentino era la scelta giusta per quella sera.
    Quella sera...
    Si voltò verso l'amico, con un sorriso a trentadue denti. - E' perfetto!- disse, ma captò lo sguardo del biondo e sospirò, alzando gli occhi al cielo e perdendo un po' dell'entusiasmo iniziale. - Una mezzaspecie, sì.-
    Gustav si portò una mano sotto il mento, scuotendo la testa confuso.
    Che Bill fosse un bel ragazzo non lo metteva in dubbio, da quel poco che aveva visto, ma non capiva affatto perchè Tom – lo stesso Tom che poteva tranquillamente avere chiunque volesse allo schiocco delle sue dita, ma nonostante tutto si trovava in quel negozio a spendere un mucchio di soldi per un costosissimo Valentino che non si sarebbe più rimesso per uscire con lui – fosse così affascinato dal maestro.
    Avevano un appuntamento.
    Un appuntamento, per Dio! Era certo che non sarebbe vissuto abbastanza da assistere ad un tale evento, eppure si trovava lì. Si chiese cosa ci fosse davvero sotto, perchè non poteva credere che si trattasse solo di quella scommessa cretina che aveva fatto con sé stesso.
    E poi una piccola, stupidissima lampadina si accese nella sua testa, e il suo volto dapprima perplesso si aprì in un ampio sorriso.
    Tom intercettò il mutamento nell'espressione di Gustav dallo specchio, e inchiodò il suo sguardo con un'occhiataccia degna di Nathalie.
    - Non ci provare nemmeno, Gu. Non me ne frega nulla di lui.-
    Gustav sorrise ancora, inarcando un sopracciglio a mo' di sfottò.
    - Sei sicuro, Tom?-
    Il problema era che Tom non ne era affatto sicuro, ma non poteva certo dirglielo. Non poteva dirgli che era molto interessato al moro, che si era ritrovato a pregare che Bill accettasse il suo invito, perchè un rifiuto non lo avrebbe sopportato.
    Non poteva dirgli nulla, perchè neanche lui capiva cosa c'era di sbagliato nel suo cervello. Non riusciva a spiegarsi cos'erano quelle emozioni.
    Emozioni?
    Fanculo, Kaulitz!

    Fortunatamente a salvarlo dai suoi pensieri arrivò Kyle, che gli era corso incontro non appena aveva messo piede nel negozio.
    - DoppiaK! Allora, come è andata con la zia?- gli chiese dolce, prendendolo in braccio e stampandogli un bacio sulla guancia. Il bambino gli dedicò uno dei suoi migliori sorrisi.
    - Bene! Mi ha compato tante cose, e anche a te!-
    Tom ridacchiò, voltandosi verso il piastrato che aveva fatto la sua entrata trionfale nel negozio, pieno di buste e bustine come ogni Diva che si rispetti, e si era accasciato teatralmente sul biondo, portandosi il dorso della mano sulla fronte.
    - Oh Thomas, sono così stanco! Il tuo pargolo è adorabile e diventerà un gaio uomo coi fiocchi, ma è così difficile stargli dietro! Il mio ruolo da babysitter è ufficialmente concluso, mi licenzio!-
    L'architetto fece un mezzo sorriso prima di tornare a concentrarsi sul figlio, e Georg guardò confuso Gustav sotto di lui, che scosse la testa e si avvicinò al suo orecchio.
    - Ha un appuntamento con Bill, stasera!-
    Se volevano mantenere un minimo di contegno, quello fu ufficialmente spazzato via dall'urlo acuto del piastrato, che fece tremare anche i vetri del negozio.

    Bill continuava a fissare mesto il cd di "Born This Way" tra le sue mani, prendendo dei profondi respiri e preparandosi psicologicamente a quello che sarebbe successo da un momento all'altro.
    Ma non fu abbastanza perchè, anche se la porta sbattuta con una violenza inaudita non l'aveva sentita, la scarpa che gli era arrivata addosso un istante dopo sì, e gli fece un male cane.
    - Cristo santo, Ay!- piagnucolò, massaggiandosi la spalla colpita.
    - Dimmi che il messaggio è una cazzata, Bill! Dimmi che non ho letto davvero quello che ho letto!- urlò isterica quella, puntandogli il cellulare dritto in faccia.
    Bill non rispose, e la ragazza sentì le braccia cadergli per la disperazione.
    - Dico, ma sei serio? Un appuntamento? CON KAULITZ?-
    Il moro cercò di allontanarsi dalle grinfie dell'amica, ma fallì miseramente, anche perchè quella dannata aveva una presa di ferro.
    - Io...sono stato preso alla sprovvista! Non me lo aspettavo!- tentò di giustificarsi lui, con voce piccola. Fallì anche in quello.
    - E certo, perchè un cervello non ce l'hai, no? Dio, sei l'incoerenza fatta persona, Bill! Stamattina eri tutto "è stato un errore! E' stato un errore!", e ora mi vieni a dire che hai un appuntamento? Ma ci sei con la testa?-
    Bill si sollevò, puntandole minaccioso un dito contro. - QUESTO...è stato un altro errore.- sbuffò poi, tornando seduto.
    Ayelèn malgrado tutto si mise a ridere, dandogli uno scappellotto dietro la nuca. - Sei allucinante, veramente.- mormorò, poi lo fissò seria. - Che hai intenzione di fare adesso?-
    Il moro sollevò le spalle, mordendosi il labbro inferiore. Aveva una confusione tale che non riusciva più a pensare a nulla. - Credo che annullerò tutto. Non posso fare una cosa del genere.-
    Si sollevò lentamente e prese il cellulare dal divano, cercando poi in rubrica il numero che l'architetto gli aveva lasciato quella mattina.
    Si mise a fissare lo schermo.
    La cosa che gli dava più fastidio era che sapeva cosa doveva fare, ma non aveva nessuna voglia di farlo. Non voleva chiamare Tom per annullare tutto, perchè con lui si sentiva bene. Voleva uscire con lui, voleva conoscerlo. Eppure era sbagliato.
    Non poteva farlo, andava contro tutti i suoi principi.
    Scosse la testa come per scacciare ogni pensiero e prese un respiro profondo, mentre il suo dito diede l'invio della chiamata.
    Stava facendo la cosa giusta.
    La risposta arrivò talmente in fretta che quasi si spaventò. Non era pronto a parlargli davvero!
    - Bill! Ti avrei chiamato io più tardi!- la voce di Tom era così squillante e allegra che provò l'impulso di prenderlo a schiaffi. Come poteva essere così tranquillo?!
    - Io...l'ho chiamata per stasera.- buttò fuori con fatica, guardando di sottecchi Ayelèn che lo stava incitando a chiudere in fretta la questione.
    - Umh, ok...tutto confermato? Ci sono problemi?-
    Bill arrossì senza alcun motivo, il cuore che batteva talmente forte che sembrava volergli uscire dal petto.
    Che stava facendo?
    - Emh...- si morse il labbro, stringendo il cellulare con entrambe le mani. - Io...- poteva farcela, poteva farcela! - A che ora è l'appuntamento?-
    Ayelèn si schiaffò una mano in faccia, desiderando di avere abbastanza forza per potergli tirare il tavolo addosso.
    Si accese affranta una sigaretta, sentendo Bill continuare a parlottare al telefono, e scosse rassegnata la testa.
    Che emerito imbecille.
    Quando il ragazzo chiuse la chiamata, sollevò un sopracciglio. - Allora, a che ora dovete vedervi?- domandò, sarcastica.
    Bill si lasciò cadere esausto sul divano, coprendosi il viso con le mani. - Sono una persona orribile, eh?-
    La donna sbuffò del fumo, sollevandosi e raggiungendo l'amico. Si buttò a sedere accanto a lui, e il moro poggiò la testa sulla sua spalla.
    - Secondo me sei solo abbastanza cotto. - mormorò semplicemente, passandogli la sigaretta.
    Il ragazzo sgranò gli occhi, borbottando un "cosa dici!" sottovoce, ma Ayelèn sentì di aver centrato il segno. Era palese ormai, probabilmente solo lui non aveva il coraggio di ammetterlo a sé stesso.
    Lo strinse forte a sé, lasciandogli un leggero bacio sulla nuca, e poi gli sorrise. - Andiamo va', devo renderti perfetto per stasera!-

    Quando Tom gli aveva nominato Unter den Linden, a Bill era venuto il sospetto che non si sarebbero visti in un normale ristorante.
    Era stato soggiogato dall'ansia appena messo piede fuori dall'auto – parcheggiata decisamente lontano rispetto al luogo d'incontro, dannati tedeschi!-, ma quando vide ergersi la luminosa insegna del "Lorenz Adlon Esszimmer" davanti ai suoi occhi, l'ansia si era tramutata in dolore fisico, come se un meteorite lo avesse centrato in pieno.
    Quel locale lo aveva sempre osservato da lontano con riverente ammirazione, e invece adesso stava per entrarci. E nel suo petto si fece largo l'eco di un'altra sensazione, molto più profonda e amara: ineguatezza.
    Cosa ci faceva lì?
    Solo in quel momento sembrò rendersi conto davvero di quello che la sua mente gli stava suggerendo da tempo, inascoltata: lui e Tom non appartenevano allo stesso mondo.
    Lui e Tom non potevano essere nulla, e quella consapevolezza fece più male di quanto si sarebbe mai aspettato. Si trovò a pregare che la Quadriglia sulla Torre prendesse vita a lo trafiggesse con tutta la sua forza, mentre la tentazione di tornare alla macchina e sparire si faceva sempre più forte.
    E lo stava per fare, ma quando scorse la figura di Tom all'entrata del "Lorenz" qualcosa nella sua mente si bloccò.
    Lo osservò da lontano, cogliendo e assimilando ogni suo più piccolo particolare. I cornrows raccolti in una morbida crocchia, il paletot a fasciarlo elegantemente, e il suo sorriso...quel dannato sorriso che riusciva a stordirlo ogni volta, da un paio di mesi a quella parte.
    Lo vide salutare cordialmente un vecchio barbuto e la sua compagna, e poi guardarsi intorno alla ricerca di qualcuno. Perse un battito, quando capì che stava cercando lui.
    Quello lo convinse definitivamente a non andarsene. Si aggrappò a quel piccolo gesto con tutte le sue forze, giustificando la sua debolezza al fatto che non poteva fargli quello.
    Lo stava aspettando.
    E lui voleva stare con Tom. Per quella sera almeno, concedendosi di vivere quel sogno che aveva capito non poter essere altro.
    Prese un respiro profondo, chiudendo gli occhi e stringendosi nel cappotto. L'aria era pungente e il cielo carico di neve, e Bill si chiese quanto avrebbe resistito.
    Sapeva di star perdendo tempo inutilmente, ma sentiva di aver bisogno di qualche momento ancora solo per lui. Stava cercando di convincersi che quella sera non avrebbe significato nulla, ma più ci pensava e meno ci credeva. Era ben cosciente del fatto che non appena avesse varcato la soglia del "Lorenz", sarebbe cambiato tutto.
    Ne era certo, per questo una parte di lui – sfortunatamente non più proponderante – era ancora convinta che avrebbe fatto meglio ad andarsene, tornare a casa e rimanere sotto le coperte fino alla fine dei suoi giorni.
    - Che melodrammatico...- borbottò tra sé e sé, e in quel momento gli venne da sorridere. Ayèlen aveva ragione, c'era davvero qualcosa che non andava nella sua testa.
    Attraversò velocemente la strada che lo separava dal ristorante, e gettò un'occhiata sbrigativa alla vetrina. Si morse il labbro inferiore, e con un sospiro entrò.
    Il calore emanato dall'arredamento in stile classico riuscì stranamente a rilassarlo, mentre si guardva attorno estasiato. Non aveva mai visto un lusso simile.
    Si sentiva come un bambino che andava al parco-giochi per la prima volta. Il suo era un parco-giochi decisamente costoso, ma riuscì a fregarsene.
    Sembrava tutto talmente bello che si diede un pizzicotto sulla mano, per accertarsi che non fosse davvero un sogno. Eppure ogni cosa rimase esattamente lì dov'era, e il sorriso di Bill si allargò, mentre il maitre si palesava di fronte a lui con un'espressione gentile, e senza neanche aspettare che si presentasse si faceva seguire.
    Nel trambusto che c'era nella sua testa, il moro riuscì a notare che su un palchetto rialzato si stava esibendo un pianista, e trovò tutta l'atmosfera estremamente romantica.
    Quando il maitre gli annunciò affabile che era arrivato al suo tavolo, a Bill sembrò di cadere dalle nuvole.
    E in piedi, con il solito sorriso beffardo sul viso, c'era lui.
    Tom, ancora più bello del solito. Bello quasi da star male, nel suo completo firmato e con i suoi modi da perfetto gentiluomo, mentre con un leggero baciamano lo faceva accomodare al suo posto e gli sfilava la giacca, cercando di non perdere mai il contatto visivo.
    - Sei splendido.- gli disse suadente poi, riaccomodandosi di fronte a lui, e a Bill mancò il respiro.
    Non era psicologicamente pronto a tutto quello. Non poteva pensare davvero di riuscire a resistergli, se Tom quella sera aveva deciso di essere così...così perfetto!
    Mormorò un flebile "Anche tu", certo però che fosse stato colto da Tom, che infatti sorrise gentile.
    Dannazione. Ogni volta che sorrideva una parte della sua dignità - ne era poi rimasta davvero? - andava a farsi friggere.
    Arrivò un cameriere che versò loro del vino rosso, e il moro si sentì in dovere di fare un brindisi. Sollevò leggermente il bicchiere, seguito dall'architetto che lo guardava incuriosito, e sorrise. - A questa serata.-
    Lasciò sottointendere un mondo, mondo che Tom sembrava aver compreso, mentre con un "Cin" andava a scontrare lievemente il calice contro il suo.
    Il sapore del vino era intenso, corposo, e a Bill tornò in mente la sera prima allo SchwuZ, quando le sue labbra si erano unite languide a quelle di Tom. Sorrise al ricordo, cercando si scacciare il desiderio di poter ripetere il gesto.
    - Ti vedo di buonumore,- mormorò Tom posando il mento sulle mani giunte, - ne sono felice.-
    Bill sollevò piano le spalle, poggiando il bicchiere sul tavolo. - Sinceramente ho avuto attacchi di panico fino a poco fa. Continuo a pensare che non è proprio una buona idea essere venuto, oggi.
    L'architetto sghignazzò, poggiandosi allo schienale della sedia. - E cosa ti ha fatto cambiare idea?-
    Il moro lo fissò, decidendo che non avrebbe avuto senso mentire. Sembrava non importargli più nulla dell'orgoglio, della dignità, dell'autocontrollo... Aveva deciso di vivere quel sogno, e lo avrebbe fatto in grande stile.
    - Tu.-
    Tom non fu certo di aver capito. Il tono del maestro era stato fin troppo tranquillo, e si chiede se non si fosse immaginato quella risposta. Ma sembrava di no, e nel suo petto sentì farsi largo un grido di gioia.
    Aveva vinto, ed era stato fottutamente facile.
    Quello che non capiva però era quella sensazione che trascendeva dalla consapevolezza di aver trionfato, e sembrava essere addirittura più forte. Era un sentimento diverso.
    Era semplicemente radioso.
    - Questo mi rende ancora più felice.- soffiò sensuale, e Bill sorrise. Tom pensò di non aver visto mai qualcosa di più bello dei sorrisi del moro, dopo quelli di Kyle.
    Quel pensiero lo infastidì, e cercò di richiamare all'ordine il suo cervello, mentre un altro cameriere arrivava al tavolo, chiedendo loro le ordinazioni.
    Il maestro prese su il menù, riabbandonandolo immediatamente dopo. Non voleva fare il taccagno ma cavolo, quei prezzi erano esorbitanti!
    - Cosa prendi?- gli domandò Tom, sottointendendo che doveva stare tranquillo. Era suo ospite.
    Bill si costrinse a sorridere, sentendosi come catapultato in "Pretty Woman". Odiò il paragone infame che aveva formulato la sua mente. - Quello che prendi tu.-
    L'architetto lo osservò giulivo, una punta di malizia nei suoi occhi d'ambra. - Continui a darmi del "tu".- mormorò con un velo di soddisfazione nella voce.
    Il moro sgranò dapprima gli occhi, poi sollevò le spalle sorridente. - Ormai non ho più scuse per non farlo.-
    C'era un qualcosa di suadente nel suo tono, nel suo sguardo, che Tom sentì vibrare le corde dell'anima. E desiderò ardentemente di poterlo sbattere sul tavolo e farci l'amore sotto gli occhi di tutti. Che li guardassero pure, cosa gli importava? Voleva solo sentirsi tutt'uno con lui, e al diavolo il resto.
    L'immagine creata dalla sua mente sembrava così reale che ne rimase estasiato. Sentiva il suo profumo – quel profumo! - avvolgerlo, e il suo corpo caldo su di lui, e non si accorse di non aver pensato alla parola "sesso" neanche per una volta.
    Quandò sentì il moro schiarirsi la gola, capì di essersi perso nelle fantasticherie un po' troppo a lungo. Scuotendo la testa ordinò brasato in salsa goulash per due, e liquidò velocemente il cameriere con un sorriso di circostanza.
    Tornò a concentrare tutte le sue attenzioni sul maestro.
    - Allora Bill, raccontami di te. Da dove vieni?-
    Quello si abbandonò sulla sedia, portandosi un pezzo di pane alla bocca. - Vengo da Magdeburg.-
    Tom sollevò un sopracciglio, perplesso. Agitò una mano, incitandolo a continuare. Voleva conoscerlo il più possibile, voleva conoscere ogni dettaglio della sua vita. Si disse che ora ovviamente per studiare la preda, ma non ci credeva neanche lui.
    Dal canto suo, Bill stava valutando se raccontargli o meno tutto. Non era facile per lui aprirsi così liberamente, ma c'era qualcosa nel suo sguardo...così limpido, sinceramente curioso, che decise di fidarsi. Di nuovo.
    - Magdeburg è una piccola cittadina, di quelle che si vedono nei film, dove tutti conoscono tutti. Non mi è mai pesato però, adoravo quell'atmosfera. Mia madre era casalinga, e mio padre...- si bloccò, fissando un punto indefinito sul tavolo. L'architetto sentì come una morsa sullo stomaco, e capì che doveva essere successo qualcosa di brutto. Lo capì da suo sguardo che si era fatto improvvisamente vacuo, e quasi si pentì della sua stupida curiosità. Contro ogni sua aspettativa, il moro riprese a parlare. - Mio padre aveva una piccola macelleria in centro; qualche volta, quando ero più piccolo, andavo a fargli compagnia. Papà era una persona estremamente gentile, riusciva a trovare il buono in tutti. Sapevo che era benvoluto, lo vedevo negli occhi delle persone.- Prese un respiro profondo e sollevò gli occhi su Tom, sorridendogli malinconicamente. - Lo hanno ucciso. Me lo hanno portato via per pochi marchi.-
    Sentì la mano calda dell'architetto posarsi delicata sulla sua guancia, e in quel momento si rese conto delle lacrime salate che erano sfuggite incontrollate. Il suo sguardo era mortificato, e Bill si sentì quasi in colpa. Allontanandosi da quel tocco così dolce cercò di risollevare la situazione, per quanto possibile.
    - Con mamma ci siamo rimboccati subito le maniche, cercando di non annegare nella disperazione, proprio come avrebbe voluto papà. E ce l'abbiamo fatta. Mamma ha trovato posto come bidella, ed io ho proseguito con gli studi. Mi sono laureato in psicologia infantile e mi sono trasferito qui a Berlino con la mia migliore amica. Lei è una sottospecie di artista, vive nel suo piccolo mondo fatato. E' stata e continua ad essere la mia forza. E niente, il resto è storia di tutti i giorni!- concluse, cercando di risultare più allegro di quanto in realtà non fosse.
    Quello che ne seguì fu silenzio. Tom cercò di assimilare quanto più possibile le sue parole, sentiva di averne bisogno. Provò una sensazione strana nei confronti dell'amica di Bill. Chi era? Come era riuscita ad essere così importante per lui?
    Ad interrompere il flusso dei suoi pensieri arrivò il cameriere con la loro ordinazione. Il brasato aveva un aspetto delizioso, e Bill si leccò involontariamente le labbra.
    Tom colse quel piccolo gesto, e inspirò profondamente. Quel dannato lo voleva morto, ne era certo.
    Bill, come sentendosi preso in causa, sollevò lo sguardo su di lui e gli sorrise.
    - E tu...stupiscimi. Raccontami qualcosa che non sa tutto il mondo. Voglio conoscere il vero Tom-
    L'architetto pensò che glielo avrebbe fatto conoscere volentieri, il vero Tom, ma evitò di dirglielo. La cena, nonostante tutto, stava procedendo bene, e non voleva vanificare tutti i suoi sforzi.
    - Mi spiace deluderti, ma sono esattamente come vengo descritto. Dettaglio in più, dettaglio in meno.- si portò un boccone di carne alla bocca, e sentì Bill ridere.
    - Dovrò accontentarmi. Come hai conosciuto la signorina Nathalie?-
    Tom ci pensò su, masticando lentamente. - In un'agenzia di moda, se non ricordo male. A quattordici anni sono scappato di casa, e per riuscire a mantenermi lavoravo in un fast-food, oltre a puntare a far pena alla gente. Lì un giorno mi ha notato un agente di cui ormai ignoro anche il nome, e mi ha ingaggiato. Io e lei ci siamo conosciuti in quell'occasione. Con Nathalie ho praticamente fatto di tutto. Credo anche che sia l'unica donna con cui io abbia mai fatto sesso, tra l'altro.- concluse tranquillo, e Bill gli invidiò la capacità di parlare così liberamente di tutto. Ma proprio tutto.
    Fu tentato di chiedergli se Kyle era nato in quella circostanza, ma il solo pensiero che quell'angelo poteva essere stato un errore gli diede talmente fastidio che preferì crogiolarsi nella sua ignoranza. Gli chiese invece di Georg e Gustav.
    - Quelle due checche isteriche le ho incontrate in discoteca, ci ero andato con Nath per festeggiare la mia laurea in architettura. Loro tre, insieme a mio figlio, sono le persone a cui tengo di più al mondo. Questo non gliel'ho mai detto a voce, ma loro sanno che è così.- disse Tom sorridendo dolcemente, e Bill quasi si sciolse, mentre un'inaspettata sensazione di gelosia sembrava divampare nelle sue viscere.
    Si chiese cosa gli stesse succedendo, perchè non era normale essere gelosi per qualcuno di totalmente insignificante.
    Perchè non gli importava niente di lui, vero?
    Vero?

    I due sembravano non accorgersi del mondo che li circondava, che continuava inevitabilmente a muoversi. Non sembravano accorgersi di nulla, come se fossero soli in quel locale. Quello che gli importava era che c'erano loro, l'uno per l'altro.
    Quello che gli importava erano solo le loro occhiate complici, i loro tocchi fugaci, le loro voci che sembravano rincorrersi sensuali, e si fondevano in un'unica risata che li faceva sentire così bene, così in pace con loro stessi, così perfetti ed invincibili.
    Solo loro ad ardere dentro di desiderio passionale, animale, velato tuttavia da quell'orgoglio che li rendeva ciechi. Perchè sembravano non capire che quello che provavano andava oltre all'interesse, oltre la scommessa di Tom o il desiderio di vivere un sogno di Bill. E se lo avessero analizzato un po' di più, probabilmente si sarebbero spaventati per quello che sembrava.
    Sembrava amore.

    La neve era cominciata a scendere abbondante da circa un'ora, ma Bill se ne accorse solo quando mise piede fuori dal locale, seguito subito dopo da Tom.
    Allungò una mano in avanti, sorridendo sotto la sciarpa di lana, e rabbrividì leggermente quando un piccolo fiocco vi si posò sopra.
    Tom lo osservò e sorrise candidamente, desiderando di poterlo abbracciare. Solo abbracciare.
    Bill aveva qualcosa... Un qualcosa che riusciva a fargli attorcigliare le budella, che lo faceva sentire bene e male allo stesso tempo.
    La serata era andata magnificamente, meglio di qualsiasi sua previsione, e adesso che stava per finire sentiva un vuoto nel petto, un vuoto che non aveva mai provato. Una mancanza che non sapeva di poter provare.
    Voleva stare con Bill.
    Di più. Molto di più.
    Quasi inorridì quando la sua mente gli inviò l'immagine di lui e il moro insieme, e non per una sola serata.
    Proprio insieme.
    Si chiese cosa non andava nella sua testa, perchè tutto ciò andava contro i suoi ideali. Questo non era lui.
    Non poteva essere lui.
    Era sul punto di aggrapparsi alla sua dignità proponendo a Bill un'insulsa scopata, quando il moro si voltò verso di lui, sorridendogli. Tom notò che quando sorrideva – quando sorrideva davvero -, gli occhi gli si illuminavano.
    - Devo poterti ricompensare, in un modo o nell'altro...- iniziò, avvicinandoglisi pericolosamente. - Vieni, voglio portarti da una parte.-
    Gli prese la mano delicatamente, fissandolo negli occhi che sembravano dirgli "Fidati di me". Tom ricambiò lo sguardo malizioso, sentendo che era arrivato il momento, finalmente. Accorciò ulteriormente la distanza tra loro, tanto che bastava davvero un nonnulla per baciarlo. Davvero nulla.
    - Dovunque tu voglia. - soffiò sensuale.
    Bill strinse di più la presa, umettandosi le labbra. Tom si fece trascinare lentamente, non lasciando mai la sua mano.
    Entrambi pensarono che non c'era altro posto dove volevano trovarsi, in quel momento.

    Tom sgranò gli occhi, mentre sentiva la mascella cedergli per lo sconforto.
    Ok che gli aveva detto di poterlo portare ovunque, ma non avrebbe mai pensato che sarebbero finiti proprio lì.
    - L-la pista di pattinaggio?-
    Bill si voltò entusiasta verso di lui, battendo le mani. - L'ho vista mentre venivo al ristorante! Non è fantastico?-
    L'architetto non sembrava tanto convinto, ma l'allegria di Bill lo fece sorridere involontariamente. Il moro lo prese come un sì.
    Lo trascinò quasi di peso al baldacchino dei pattini, prendendone un paio per lui ed uno per Tom, che adesso non rideva più, anzi perdeva pian piano un po' del suo colorito.
    Indossò lentamente i suoi pattini vicino al bordo pista, e poi si sollevò flemmatico. Il moro intanto pareva aver preso il volo, piroettando con una grazia incredibile, la sua risata cristallina che sembrava sovrastare il brusio di sottofondo.
    - Avanti, Tom!- lo chiamò a gran voce, e l'architetto si ritrovò a maledire quell'angelo senza ali anche in aramaico antico. Se c'era una cosa che non sapeva fare, e che odiava con tutto il cuore, quella era senza dubbio pattinare. Che fosse sul ghiaccio o su strada, poco cambiava.
    Portò cautamente un piede davanti l'altro, agganciandosi alla ringhiera metallica con tutte le sue forze.
    Solo in quel momento Bill si rese conto dei seri problemi di Tom. Lo raggiunse aggraziato, soffocando una risata.
    L'architetto sollevò la testa dai suoi piedi al viso divertito di Bill, e lo fulminò con lo sguardo. - Ops!- disse quello, e Tom desiderò avere abbastanza equilibrio per poterlo strangolare tranquillamente. Ma non avendo neanche la forza di allungare una mano, si limitò a sbuffare.
    - No, non so pattinare, se è quello che ti stai chiedendo!- ringhiò frustato. Bill rise, ma Tom capì che non era una risata di scherno. Riuscì a rilassarsi, anche se di poco.
    Lottando contro la sua presa d'acciaio, Bill riuscì a prendergli le mani. Lo guardò intensamente, di nuovo.
    - Fidati di me, Tom.-
    L'architetto sembrò smarrirsi, annegare in quel mare color cioccolato e gli sorrise, ancorandosi a lui. - Mi fido.-
    I ruoli sembravano essersi invertiti, mentre Tom si abbandonava completamente al moro, seguendo i suoi movimenti, accostandosi a lui più di quanto avesse sperato per quella serata. Per la prima volta in vita sua si stava affidando totalmente a qualcun'altro, e si sentì bene come non mai.
    Bill non si oppose quando le mani di Tom scesero sui suoi fianchi. Lo lasciò fare, beandosi del suo tocco quasi rude, e sorride chiudendo gli occhi.
    Un bambino poco più in là strattonò la gonna della madre, chiedendo innocentemente se quelle due strane persone stessero facendo l'amore. La donna lo fissò imbarazzata e lo allontanò, bisbigliandogli che quei due non stavano facendo l'amore, erano solo due persone che si volevano molto bene.
    Ed era proprio quello che sembravano.
    Se Tom avesse osservato la scena dall'esterno, probabilmente si sarebbe odiato, deridendo crudelmente ciò che vedeva.
    Eppure si trovava lì, con le braccia di Bill attorno al suo collo, uniti in un unico movimento. In effetti non stavano pattinando, non più. Si tenevano in equilibrio ognuno nelle braccia dell'altro, muovendosi cautamente, come se seguissero una melodia tutta loro.
    Di nuovo soli.

    Bill continuava a ridere sguaiatamente, il braccio attorno a quello di Tom. - Non pensavo facessi così schifo!- disse, asciugandosi una lacrima dovuta alle risate. L'architetto sbuffò, e una nuvoletta di vapore si formò dalle sue labbra.
    Le chiappe gli facevano ancora un male cane, e Tom pregò che non gli rimanesse il livido. Era stato talmente rincoglionito da tutta l'atmosfera da non ricordarsi che lui effettivamente non sapeva pattinare, e puntuale come un orologio svizzero la figura di merda si era palesata nell'istante esatto in cui avevano deciso che era ora di andarsene, e Tom era volato a terra talmente veloce che Bill non si era neanche accorto di quello che fosse successo.
    L'architetto andò a tastarsi il fondoschiena per accertarsi che fosse ancora lì, mentre il moro si fermava accanto ad una Ford grigia, e slacciava il braccio da quello dell'uomo.
    - Io sarei arrivato.- mormorò piano, poggiandosi con la schiena sulla portiera. Tom annuì, sfregandosi le mani tra di loro.
    Il lampione sopra le loro teste li illuminava ad intermittenza, e l'architetto pensò che mancava solo la musica, e poi sarebbe stata una Darkroom perfetta.
    L'aria di era fatta improvvisamente strana; c'era dell'elettricità tra loro, elettricità che non riuscivano a percepire, ma sentivano che c'era.
    Tom si avvicinò piano a Bill, gli occhi fissi nei suoi. Talmente piano che una vocina nella testa del moro gli suggeriva di attirarlo a sè e baciarlo come se non ci fosse stato un domani, ma quello la soffocò immediatamente. L'architetto posò le mani ai lati del suo viso, come a volerlo imprigionare.
    Non voleva farlo scappare. Non ora.
    Si avvicinò ancora e Bill chiuse gli occhi, pronto ad accogliere quelle labbra che bramava da quando lo aveva visto quella sera.
    Baciami.
    Bacialo.

    A pochi centimetri dalla sua bocca, Tom si bloccò. Fissò avido il suo viso perfetto, seguendo i suoi lineamenti delicati e ammirando la sua pelle diafana, che sembrava risplendere sotto la luce della luna.
    E in quel momento capì di non poterlo fare.
    Accarezzò dolcemente la sua guancia morbida e Bill spalancò gli occhi, trovando il suo sguardo scrutarlo tanto intensamente che sembrava volesse leggergli anche l'anima.
    Posò la mano sulla sua, abbandonandosi contro il suo palmo, e Tom sorrise caldamente.
    - Buonanotte, Bill.- mormorò piano, e con un'ultima carezza si allontanò.
    Il moro fissò con gli occhi spalancati di fronte a sè, una mano sulla guancia bollente, l'ultimo battito del suo cuore perso nel freddo invernale.
    'Notte, Tom.

    Note finali: Ed eccolo, finalmente. Dopo mesi interminabili (non ho neanche il coraggio di vedere quanto è passato) sono riuscita a postare il capitolo. E' stato durissimo scriverlo, ho attraversato - e attraverso tutt'ora - un periodo in cui odiavo qualsiasi cosa scrivessi. Effettivamente neanche adesso sono totalmente certa che sia uscito un buon capitolo ma credetemi, ho fatto del mio meglio. Mi scuso ancora mille volte per il tempo che è trascorso, spero che almeno sia valsa la pena aspettare. Mi auguro con tutto il cuore che questo capitolo vi sia piaciuto, e vi abbia anche solo un poco emozionato. A presto, e grazie infinite a tutte voi ♥

    PS: Il "Lorenz Adlon Esszimmer" è un ristorante di lusso che esiste davvero, e si trova davvero a Unter den Linden. Ora non so se ha gli arredamenti in stile classico, però mi sono permessa di giocare un po' di fantasia. Se volete rosicare come ho fatto io, QUESTO è il sito del ristorante u.u

    Edited by fromTOKIOtoMARS - 18/6/2013, 18:01
     
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  10. Mad_Queen
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    O.D.D.I.O: hai postato hai postatoo!!!
    Attendevo questo capitolo da mesi e finalmente é qui, non riesco ancora a crederci.
    Mi é piaciuto molto, é scritto come al solito molto bene e scorrevole.. il tema é leggero ma anche impegnato nell'ultima parte.. l'ho letto tutto d'un fiato e non vedo l'ora di sapere come continua!

    Speriamo di avere il prossimo capitolo in tempi più brevi
     
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    ma questo è ammmmoreeee *_* quanto diavolo adoro tom quando si fa tutto figo e si autoesalta e invece mi va in brodo di giuggiole davanti a due occhioni da cerbiatto.. adoVo!
     
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  12. fromTOKIOtoMARS
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    CITAZIONE (Mad_Queen @ 17/6/2013, 19:20)
    O.D.D.I.O: hai postato hai postatoo!!!
    Attendevo questo capitolo da mesi e finalmente é qui, non riesco ancora a crederci.
    Mi é piaciuto molto, é scritto come al solito molto bene e scorrevole.. il tema é leggero ma anche impegnato nell'ultima parte.. l'ho letto tutto d'un fiato e non vedo l'ora di sapere come continua!

    Speriamo di avere il prossimo capitolo in tempi più brevi

    Eh già, non ci credo neanche io di essere finalmente riuscita a postare xD
    Grazie per il commento, sono contenta che nonostante il tempo trascorso il capitolo sia piaciuto. Spero anche io che il prossimo arrivi prima.
    Grazie <3

    CITAZIONE (ComeBack @ 18/6/2013, 11:09)
    ma questo è ammmmoreeee *_* quanto diavolo adoro tom quando si fa tutto figo e si autoesalta e invece mi va in brodo di giuggiole davanti a due occhioni da cerbiatto.. adoVo!

    AHAH, tu non hai idea di quanto godi io a strapazzarlo! Perchè, ammettiamolo...così è dannatamente adoVabile u.ù
    Grazie mille per il commento :)
     
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