Nobody said it was easy

In fase di scrittura

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  1. •Strange~Humanoid•
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    Disclaimers: Non possiedo né i Kaulitz né i Tokio Hotel, tutto ciò che ho scritto non è reale e non è a scopo di lucro.

    4° Capitolo

    Bill sbatté lentamente gli occhi, farfugliando qualcosa mentre si svegliava. Notò una luce forte abbattersi contro i suoi occhi, quindi li chiuse di riflesso. Mugolò contrariato, voltandosi dall’altro lato dove, con un po’ di fatica, riuscì ad aprirli. Davanti a se vide solo la stoffa nera di un divano. Aggrottò le sopracciglia: quella non era casa sua.

    Scattò a sedere spaventato, ma sentì una forte fitta allo stomaco che lo fece ristendere. Indossava la stessa maglietta che aveva messo la sera prima per lavorare ed un paio di boxer. Era però coperto da un plaid blu scuro abbastanza grande per due persone. Per terra vide i suoi jeans chiari, pieni di fango e con alcune chiazze rosse.

    All’improvviso gli sembrò ricordare tutto: gli ammiccamenti, i calci, i pugni ed il ragazzo che lo aveva salvato. Tom, giusto?

    Continuò a guardarsi attorno spaesato. Sentii poi dei mugolii accanto a sé e si voltò di scatto, trovando il ragazzo a petto nudo e ancora assonnato. Arrossì debolmente e si voltò dall’altro lato, cercando di concentrare la sua attenzione su qualcos’altro.

    «Ti senti meglio?» domandò Tom con la voce ancora impastata.
    «Sì, grazie.» sorrise leggermente.
    Il ragazzo con le treccine si alzò dal divano, raggiungendo piano quello di Bill. Si inginocchiò davanti ad esso e prese il mento del moro tra il pollice e l’indice, voltandolo verso di sé.

    Le ferite erano ancora tutte lì, nessuna esclusa.
    «Togliti la maglia, devo vedere come va il tuo addome.».
    Bill inizialmente esitò, ma poi, arrendendosi, alzò la maglietta di cotone mostrando dei lividi piuttosto scuri. Tom provò a pressare una parte di pelle vicino all’ombelico e Bill gemette di dolore.

    «Scusa. Ce la fai a camminare?» domandò alzandosi.
    Bill si rimise lentamente a sedere, abbassandosi la maglia e mugolando, strizzando gli occhi. Poggiò i piedi nudi sul pavimento gelido e sussultò per la sorpresa, ma non ci fece molto caso. Si fece leva con le braccia e con le gambe, ma era tutto inutile. La pancia gli doleva in un modo assurdo. Tom sospirò rumorosamente.

    “Forse sono solo una palla al piede.” si ritrovò a pensare Bill. Doveva mostrarsi forte, senza alcun punto debole. Fece di nuovo leva con le gambe, ma soprattutto con gli avambracci, riuscendo a mettersi in piedi. Non era molto stabile e per non urlare dal dolore doveva stare con il busto piegato in avanti, non troppo, ma in parte.

    «Sto bene.» lo guardò serio «Posso anche tornare a casa.».
    Tom lo fissò sbalordito. Come poteva stare male fino a due secondi prima ed ora dire di stare bene? Non lo capiva proprio. «Non è vero.» ribatté, facendolo stendere nuovamente sul divano.
    «Ma...».
    «Tranquillo.» lo interruppe «Tanto non avrei nulla da fare.».

    Bill si sentì strano, come se qualcuno gli avesse appena letto nel cervello, ma Tom sembrò non fare caso alla sua espressione sbalordita.

    Lo stomaco del moro brontolò e il ragazzo con le treccine si voltò stupito.
    «Hai fame?».
    «Sì, un pochino.» confessò.
    «Aspettami qui, torno tra mezz’ora.» disse prendendo la giacca che era appesa all’ingresso.
    «Do-Dove vai?» .
    «A prendere la colazione!» sorrise «A dopo!».

    *

    Tom tornò dopo poco tempo con alcune brioche nascoste nelle tasche della felpa. Notò subito che Bill si era riaddormentato, attorcigliato tra le coperte e con le sopracciglia leggermente aggrottate. Sorrise e cominciò a dirigersi verso il divano silenziosamente.

    Picchiettò gentilmente sulla sua spalla, ma niente. Bill era irremovibile.
    Lo chiamò un paio di volte, ma ancora non si era mosso. Stava per dargli uno scossone ancora più forte quando vide la testolina arruffata del moro fare capolino da sotto il plaid.

    «Alleluia!» esclamò finalmente Tom.
    Bill si stiracchiò, per quanto riuscisse, senza sentire troppo dolore.
    «Ho preso delle brioche per la colazione, vanno bene?».
    Bill gli dedicò un sorriso per poi annuire lentamente.

    Il moro si sedette lentamente, portando le gambe fuori dal divano e mettendosi i pantaloni, cercando di stare dritto con la schiena.
    «Marmellata o crema?» chiese Tom gentilmente.
    «Crema!».

    Si sedette accanto a lui ed entrambi iniziarono a mangiare.
    «Questa è casa tua?» chiese Bill, per smorzare quel silenzio imbarazzante che si era andato a creare.
    «No, questo è il covo della mia banda.».
    Bill sussultò «Banda?».
    «Sì.» sorrise Tom «Qualcuno qui deve pur far rispettare le regole.».
    Sgranò leggermente gli occhi «Regole?».
    «Sì.» disse con la bocca piena di marmellata «Sono per la maggior parte basate sulla fiducia o cose simili, ma tutte sono a favore della banda, ovviamente.».
    «E la polizia?» chiese Bill perplesso. Tutto ciò non lo stava spaventando molto, anzi: lo stava solo incuriosendo.
    «A quella devi fare attenzione.» esclamò ironicamente.

    Bill distolse lo sguardo, intento a chiudere lì quella conversazione.

    “Sono quindi dei delinquenti?” Si chiese continuando a mangiare silenziosamente.

    Eppure Tom era stato così gentile con lui e lo aveva aiutato. Che volesse forse approfittarsi di lui? Spalancò gli occhi spaventati e scosse lentamente la testa, nel tentativo di dimenticare quello che aveva appena pensato, ma non ci riuscì. Chiuse quindi gli occhi, cercando di calmarsi.

    Sentii un respiro dolce abbattersi delicatamente sulla sua pelle. Aveva un profumo dolciastro, non di quelli pesanti e quasi nauseanti, ma di quelli delicati che ti mandano in visibilio. Aprì lentamente gli occhi e ne trovò altri due fissarlo, pericolosamente vicini.

    Aveva gli occhi color del cioccolato, di una bellezza eterea e capaci di ammaliare chiunque.

    Non si erano mossi di un millimetro, non si erano né allontanati spaventati, né avvicinati per un bacio. Si guardavano solamente negli occhi, cercando di imprimerli nella mente, come se cercassero di prenderli e non abbandonarli mai più.

    Il rumore metallico della serratura li fece voltare, spezzando quell’armonia che si era creata.

    *

    Georg entrò tranquillamente nel covo, con la convinzione che fosse vuoto, ma capì che non era così quando vide Tom ed un altro ragazzo seduti sul divano. Stranamente vicini. Aggrottò le sopracciglia e si avvicinò a loro.

    «Chi sei tu?» disse a colui- o colei?- che teneva lo sguardo fisso ai suoi piedi.
    «Lui è Bill.» rispose Tom al suo posto.
    «Quello nuovo? Non avevi detto che non volevi averci niente a che fare?» domandò ancora Georg incuriosito.
    Bill avrebbe voluto sotterrarsi dalla vergogna in quel preciso istante.
    «Non si può cambiare idea?» lo sfidò Tom con lo sguardo truce, avvicinandosi sempre più a Bill che aveva il volto in fiamme. Lo alzò verso lo sconosciuto e scoprì che lo stava fissando incuriosito.

    Bill aveva il labbro tagliato a sinistra e alcuni graffi sulla fronte, ma soprattutto sugli zigomi.
    «Ha dormito qui questa notte. È stato picchiato.».
    Bill sussultò a quelle parole e si voltò verso Tom che lo stava guardando dolcemente, nonostante tutto.

    «Bill, ti ricordi vagamente chi è stato?» chiese in una maniera stranamente confortante Georg.
    «Non-Non li conoscevo. Erano in cinque mi sembra. Uno aveva dei capelli biondi abbastanza lunghi, con un po’di barba, un altro aveva dei capelli neri e corti, uno praticamente non li aveva e poi gli altri non li ricordo...» confessò Bill.
    Georg e Tom si lanciarono un lungo sguardo, come se stessero comunicando in segreto.
    «È sufficiente, grazie.» sorrise Tom.

    «Io vado a dormire.» annunciò Georg.
    «Adesso?» domandò Bill perplesso.
    «Eh già. A quanto pare qualcuno sta notte ha fatto colpo.» disse Tom ammiccando verso l’amico.
    «Vi saluto. Bill, è stato un piacere conoscerti.».
    «Grazie, vale lo stesso per me.».

    Bill e Tom rimasero soli nella stanza, senza dire nulla.
    «Forse è ora che vada anche io.» sussurrò Bill «Che ore sono?».
    «Le tre del pomeriggio.».
    Bill sgranò gli occhi «Oddio! Mia madre sarà preoccupatissima per me!».
    «Abiti lontano da qui?».
    «Ma se non so nemmeno dove siamo!» urlò nel panico.

    Tom non rispose, ma si limitò a prenderlo in braccio mentre scalciava.
    «Si può sapere che stai facendo?» .
    «Ti porto in macchina, se non riesci a camminare, no?» .
    Bill smise di scalciare e si calmò «Grazie.» sussurrò dolcemente prima di posare il capo sul suo petto.

    *

    Tom aprì la porta della sua Cadillac nera e lo fece sedere sul sedile del passeggero. Fece poi il giro della macchina e si sedette al posto del guidatore.

    «Tutto bene?» chiese Tom con fare premuroso.
    Bill tremò e annuì, portandosi le ginocchia al petto e stringendosele come se fossero riuscite a scaldarlo di più. Tom si allungò sul sedile posteriore alla ricerca di qualcosa.

    Bill si ritrovò tra le mani una costosissima pelliccia bianca, non troppo grande.
    «Mettila, hai soltanto una maglietta.» lo incoraggiò Tom.
    Evidentemente la sera prima gli era caduta la giacca dalle mani quando aveva incontrato quei tizi. «Grazie.» sorrise.

    Era la seconda o la terza volta che lo ringraziava in meno di tre ore e Bill pensò che forse doveva ricompensarlo con qualcosa. Si mise la pelliccia e cominciò a pensarci, mentre Tom mise in moto la macchina.

    *

    Quando arrivarono, a Bill non era ancora venuto in mente nulla e, rassegnato, aspettò che Tom gli aprisse la portiera e lo prendesse in braccio. Ancora.

    Lo portò fino al suo piano, bussando poi alla porta. Sentirono qualcuno correre in fretta e furia per poi sgranare gli occhi.
    «Bill!» esclamò Stefy abbracciandolo, nonostante il fatto che fosse ancora in braccio a Tom.

    «Cos’hai sulla faccia? Cosa ti è successo? Chi è lui?» la donna parlò a vanvera per altri cinque minuti per poi azzittirsi.

    Bill e Tom entrarono, accomodandosi in salotto. Ascoltando poi il logorroico discorso del moro su ciò che era successo. Stefy ascoltava con attenzione, mentre Tom era concentrato a fissare il ragazzo.

    Osservava come gesticolasse durante il racconto, come sembrasse un cerbiatto con quella pelliccia che sembrava disegnata direttamente sulla sua pelle.

    Bill non ci fece molto caso e quando smise di parlare si voltò verso di lui, sorridente.
    Ricambiò il sorriso e parlò «Forse è meglio che vada, si è fatto tardi.».
    Le labbra di Bill si curvarono in un broncio «Va bene.».
    Fece per togliersi l’indumento che gli aveva prestato, ma Tom lo fermò.

    «Puoi tenerlo. Tanto a me non serve.».
    Bill strinse le sue braccia attorno al collo di Tom, ringraziandolo. Arrossì e ricambiò l’abbraccio, staccandosi dopo quasi un minuto.
    «Ci vediamo.» sorrise e salutò entrambi.

    Bill si strinse ancora di più nella pelliccia, lasciandosi poi andare ad un sonno profondo.

    *

    Tom gli premette il piede sullo stomaco.
    «Quindi?» sputò.
    Il ragazzo sotto di lui, impaurito, non rispose.
    «Non si gioca con lui, capito?» disse, dando un pugno sul muso all’altro ragazzo. Georg intanto stava tirando pugni a più non posso all’altro ragazzo.

    Ne avevano beccati tre su cinque, meglio che niente.

    «Lui non si tocca.» ringhiò.

    ***

    Note finali: sinceramente non so che scrivere ò_ò Beh, ad essere sincera, l'idea di Bill con la pelliccia bianca l'ho presa dal disegno di Allegator:
    SPOILER (click to view)
    [IMG]image

    che io personalmente trovo fantastica :)

    Beh spero che il capitolo vi sia piaciuto e lasciate tanti commentini ù_ù
     
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  2. kaulitzcher
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    wowowowowowowowow bellissimaaaaaaaaaaaaaaaa** orginale anche la scena di Bill con la pelliccia*O* mi è poaciuto olto sei davvero brava sore** tanti kiss e posta presto che sono curiosa**
     
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  3. Billa483
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    Beh.. Per ora questa storia non mi dispiace.. xD
    Nuova lettrice.. Aspetto il prossimo chappy.. ^^
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  4. •Strange~Humanoid•
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    Comunico a tutte che sono in punizione -.-' appena posso posterò :)
     
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48 replies since 11/4/2011, 18:44   1814 views
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