Nobody said it was easy

In fase di scrittura

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  1. kaulitzcher
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    MERAVIGLIOSOOOOOOOOOOOOOOO soreeeeeeeeeeee!!!!! ** ti prego continua prestoo che sn ansiosa disapere come vaaaaaaaaaaa è troppo bella è sei bravissima^^!!!!
     
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  2. MorgieStorm
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    mamma mia...
    cioè tom sta ai piedi di cristo... come cavolo ci è finito in tutta questa merda?!
    mi fa rabbia vederlo così... dovrebbe fare qualcosa cper uscirne...

    bill mi fa un pò pena... cioè solo, povero e senza un padre...
    chissa cosa sarà successo...

    ora si sono incontrati.. che fantasticastissimo!
    cioè.... e bill ha gia pensato che tom sia bono..

    devo sapere... capitolo capitolo capitolo!
     
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  3. Uny___
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    Dopo questo incontro Bill sarà traumatizato da Tom per il resto della vita xD
     
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  4. Uny___
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  5. Uny___
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  6. •Strange~Humanoid•
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    'Giorno a tutte ^^ Io sto scrivendo e il chap è quasi finito -_- Poi lo invio a Morgie che lo beterà {Spero}. Un bacione :D
     
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  7. Uny___
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  8. •Strange~Humanoid•
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    Disclaimers: Non possiedo né i Kaulitz né i Tokio Hotel, tutto ciò che ho scritto non è reale e non è a scopo di lucro.

    2° Capitolo

    Tom puntò la canna fredda della pistola contro il moretto. Questo, invece di tremare come una foglia, se ne stava impassibile a fissare gli occhi di Tom, attentamente. Il rasta non lo ammetteva, ma lo stava quasi mettendo a disagio, anche se nessuno dei due accennava a distogliere lo sguardo. Il ragazzo dai capelli neri prese fiato lentamente «Quindi? Cosa stai aspettando?» soffiò. Sembrava che non avesse nemmeno mosso le labbra, le parole erano uscite naturali, come se fossero già state create in gola, pronte per essere pronunciate. Tom premette ancora di più la pistola sulla sua fronte, spingendo la sua testa leggermente indietro, ma l’ex-amico continuava ad essere impassibile.
    «Io mi ero fidato di te, sai?» ringhiò Tom a denti stretti. Avrebbe voluto prenderlo a calci e farlo fuori in quel preciso istante, ma doveva sapere. Doveva sapere chi lo aveva mandato, ma soprattutto: cosa voleva da loro.

    Anche se una mezza idea già ce l’aveva.

    «Tutti commettono degli errori.» sussurrò l’altro con un ghigno. Non poteva trattarlo così, cazzo.

    Doveva farsi rispettare.

    Spostò la mira della sua arma sulla spalla. Caricò e infine premette il grilletto con quanta più forza riuscì, come se il male che l’altro era costretto a sentire, dipendesse dalle sue dita. Il ragazzo davanti a lui lasciò intravedere una piccola smorfia di dolore sul suo viso e, per un attimo, era quasi sembrato vulnerabile. Ebbe l’istinto di portare la mano del braccio sano sulla ferita, se solo questa non fosse stata legata.
    «Allora? È maleducazione non rispondere.» Tom si sentiva superiore in quel momento.

    Prima non aveva la minima idea di cosa fare dal momento che il moro non mostrava un minimo di paura e non ne capiva neppure il motivo. Sapeva per certo che se si fosse trovato lui al suo posto con la canna di una pistola puntata alla fronte, sarebbe morto dalla paura e forse avrebbe anche implorato pietà.

    Pietà.

    Come aveva fatto a pensare una cazzata del genere. Nessuno aveva pietà in quel posto, lui compreso. Chi ne dava anche solo un minimo accenno dimostrava di essere vulnerabile ed inutile. Incapace di uccidere. E se non eri capace ad uccidere potevi già ritenerti morto tu stesso.

    Il ragazzo continuava a nuotare nel silenzio e Tom si stava innervosendo.
    «Non risolverai niente se stai zitto. Non ti basta una spalla, ora vuoi anche l’altra?» cominciò provocatorio, caricando l’arma. Il moro scosse la testa «Preferisco morire che svelare i segreti del mio clan.» .

    Il suo clan? Lui lo aveva accolto come un figlio, era senza casa e senza un tetto sopra la testa e lui aveva fatto in modo che avesse una vita in cui non gli mancasse nulla. Questo finché non scoprì che era un infiltrato, uno dei tanti ovviamente, ma lui era uno dei pochi a cui si era quasi affezionato. Scosse la testa. Come aveva fatto a fidarsi in così poco tempo? Senza sapere nulla di quel ragazzo, lui aveva basato tutto su quello.

    Che incosciente.

    «Almeno spiegami,» lo sguardo di Tom lo penetrava nel profondo, cercando di dare più importanza alle parole che stava pronunciando «perché lo hai fatto?».
    Il moro sorrise sghembo e, sostenendo il suo sguardo schiuse le labbra «Perché voglio la tua testa.» disse continuando a ridere.
    Tom alzò la canna della pistola e la puntò sulla sua fronte, premendo il grilletto. Un rumore sordo invase le sue orecchie. La pallottola si era conficcata proprio al centro della sua fascia color del cielo, che era piena di chiazze rosse, così come il muro di quel vicolo.

    Probabilmente avrebbero trovato il corpo dopo qualche giorno, ma non avrebbero mai sospettato di lui. Perché uccidere un ragazzo del proprio clan?

    Aveva ancora un sorriso sul volto e in quel momento Tom pensò che per uccidere un ragazzo con un sorriso maligno stampato sul volto, non ne sarebbe valsa nemmeno la pena. Era come fargli un favore.

    Posò la pistola in una delle profonde tasche dei suoi jeans, dopo di che si accese una canna.
    Era un vizio quello di fumare qualcosa dopo aver ucciso, oramai lo sapeva. Gli bastava della nicotina o meglio dell’erba per calmare tutta l’adrenalina che riusciva ancora a sentire nelle vene.

    Girò i tacchi e si allontanò nella notte dall’ennesimo luogo che aveva coperto di sangue, ma non innocente. Se Tom uccideva, c’era sempre un motivo.

    *

    Bill si perse nella contemplazione di quell’altro graffito che aveva trovato quella mattina.

    Doveva andare al mercato per comprare delle cose alla mamma e poi cercare qualche lavoro part time in cui sarebbe dovuto riuscire a portare anch’egli dei soldi a casa. Sperava di avere qualche opportunità in quella città.

    Non erano più due lettere, ma -questa volta- era il disegno di un teschio per nulla stilizzato. Era curato nei minimi particolari, con sfumature grigie o azzurre che creavano anche uno strano effetto ombra. Sorrise quando riconobbe in basso a destra le stesse lettere di qualche giorno prima: TK.

    Alla fine decise di non dargli molta importanza e si diresse verso le bancarelle dove trovò tantissima gente. Alcuni pagavano ciò che volevano, ma, la maggior parte prendeva qualche frutto o qualche pagnotta di pane e li infilava nelle tasche della grande felpa da rapper.
    Erano quasi tutti ragazzi della sua età che, a differenza sua, vivevano lì da molto più tempo.

    All’improvviso la sua mente si ricollegò all’incontro con il rasta. Anche lui aveva quei vestiti enormi ed un piercing che quasi tutti avevano, anche se in parti diverse. Per il momento aveva notato che solo Tom lo aveva al labbro. Non capiva il perché, ma c’era qualcosa di diverso dai quei ragazzi al rasta. Lui aveva quasi un’aria indifesa, come se questa merda non fosse colpa sua, ma lui era solo una vittima.

    E allora perché non smettere? Si chiese Bill.

    Non capiva il perché di tante paranoie. Nemmeno lo conosceva, perché ci doveva pensare tanto? Tra qualche giorno non si sarebbe neanche più ricordato il suo volto, si sarebbe dimenticato di tutto. E anche il rasta sarebbe finito in un angolo remoto della sua mente.

    Però, in quel momento, non riusciva a non pensare a quanto il viso di quelle persone avessero una natura maligna, mentre quello del rasta no. I lineamenti del suo viso erano quasi delicati, come se non lo avesse fatto apposta ad entrare in quel giro.

    Come un lettore che viene trascinato nella trama di un libro troppo inquietante per essere letto.
    Decise di non pensarci. Si avviò verso la folla di persone che riempiva la piazza, raggiungendo un banco dove vendevano vari tipi di frutta. Prese qualche mela e qualche arancia, continuando poi il suo giro.

    Si ritrovò davanti ai ragazzi che aveva intravisto prima e notò che uno era riuscito a infilarsi un pezzo di focaccia abbastanza grande nella tasca dei pantaloni, non appena l’uomo che stava dietro al bancone aveva distolto lo sguardo per servire un altro cliente.

    Bill li guardò sbigottiti: come avevano fatto a non farsi vedere?
    Preferì non provare anche lui, certo: non era ricco, ma voleva essere onesto con sé stesso e con gli altri.

    All’improvviso sentì una voce profonda gridare e lui, come la maggior parte della gente, si era voltato verso la fonte di tanto chiasso. Vide un uomo sulla sessantina dai capelli color bianco acceso colpire con un giornale la testa del ragazzino con i rasta.

    Sorrise involontariamente, abbassando lo sguardo e arrossendo. Non pensò molto al gesto appena compiuto quando tornò a osservare il ragazzo che stava ancora incassando i colpi di giornale impassibile. Il signore anziano finì la “litigata”, spingendo la spalla del “ragazzo carino”.
    Bill distolse lo sguardo, cercando di concentrarsi su qualcos’altro, sperando che il giovane rasta non lo avesse visto. Avrebbe evitato volentieri un incontro come quello di ieri.

    O forse no.

    Per sua fortuna -o sfortuna- Tom fece dietrofront e se ne tornò indietro.
    Chissà dove sta andando... , si chiese Bill curioso.

    Scosse la testa e tentò di non pensarci, portando la sua attenzione, finalmente, sulla spesa che doveva finire.

    Quando terminò la lista si ritrovò a viaggiare da solo per la città con un sacchetto di plastica strapieno e gli occhi impegnati a scorgere anche un solo cartello con su la scritta: cercasi personale.

    Viaggiò per più di un’ora, ma non trovò nulla e, deluso, tornò a casa dove Stefy lo stava aspettando da troppo tempo ormai.
    «Ti ho fatto uscire quasi due ore fa! E dovevi tornare a casa dopo almeno un’oretta scarsa.» lo rimproverò la madre basita, gli occhi leggermente sgranati.
    «Volevo trovare qualche bar in cerca di personale...» si giustificò Bill quasi scomparendo nel divano. La madre sorrise alla vista del moro così intimidito, dopo di che lo trascinò a tavola per farlo mangiare.


    *

    Quando Tom uscì dal covo era metà pomeriggio e aveva l’intenzione di passare il resto del tempo a cazzeggiare e a dormire, dato che durante la notte era stato colto da un improvviso senso di insonnia.

    Decise di fare il giro lungo per una volta, così da poter controllare che il quartiere fosse tutto a posto. Lungo la strada vide alcuni ragazzi della banda di Lucas passarsi una canna a turni, per poi voltarsi verso di lui ed osservarlo con timore.
    Tom non gli diede molta importanza e proseguì, passando poi davanti ad un negozietto che sembrava vendere cose di valore scontate al minimo.

    Stava arrivando il duro inverno e rubare una pelliccia è facile, se vuoi finire in galera. Tom non riusciva mai a capire che fine facessero tutte quelle che comprava durante l’anno precedente, forse le rubava qualcuno. Lui, però, doveva comunque spendere i suoi preziosissimi soldi.

    Era sempre stata una persona molto attaccata al denaro, suo padre gli aveva insegnato a non sprecare mai un centesimo, nemmeno regalandolo a Dio. Non gli importava nulla, Mark riteneva questo importante, il resto veniva dopo. La famiglia compresa. Il suo matrimonio era stato celebrato solo per questioni economiche e Tom si sentiva spesso di troppo quando suo padre era ancora lì con loro. Sua madre, però, non glielo aveva mai fatto pesare, nonostante fosse un figlio non voluto. Certo, il rapporto c’era stato, da ubriachi, ma c’era stato e sua madre sapeva che era anche un errore suo e, dato che era nato da quello, Mark sosteneva che qualcosa Tom doveva farlo.

    Quindi aveva deciso di seguire le orme del padre che aveva tanti soldi, nonostante non facesse nessun lavoro. Simone sapeva come il marito guadagnasse i suoi sporchi soldi e lo riteneva ripugnante, nonostante non avesse mai avuto il coraggio di dirgli nulla.

    L’obbiettivo di Tom era quello di avere soldi facili, senza sudare troppo. La scuola non gli avrebbe mai insegnato il modo in cui reagire contro la società, contro coloro che ti mettono i piedi in testa. Non impiegò molto tempo a capirlo. Non era mai stato una cima e quando, a 12 anni, gli avevano pressoché ordinato di lasciare la scuola, dato che i soldi cominciavano a scarseggiare, lui aveva assentito e non vi aveva messo mai più piede.

    All’età di 14 anni, Mark si allontanò dicendo di dover andare via per un breve periodo.
    Non fece mai più ritorno. Forse voleva tenersi tutti i soldi per sé, per comprarsi la sua tanto amata eroina, dalla quale non riusciva più a disintossicarsi. Ma Tom sapeva che il vero motivo per cui se n’era andato era perché aveva ucciso un personaggio importante e ora era costretto a nascondersi.

    Quando divenne più grande capì che lavoro faceva suo padre. Suo padre era un delinquente: rubava, spacciava droga, uccideva. All’inizio lo aveva disprezzato anche lui, come la madre, ma, in seguito, aveva capito che era la scelta più sensata, quella che era destinato a prendere per non morire.

    Così all’età di 16 anni si ritrovò catapultato in un mondo non suo, dove lui era lo spacciatore più rintracciato del quartiere. Comprava la cocaina a 70 euro al grammo per poi rivenderla ad 85 euro. In questo modo riuscì ad arricchirsi molto in fretta, trovando sempre molta gente interessata alla “roba”.

    Il sistema era semplice. Se in un giorno riuscivi a guadagnare 1000 euro potevi passare il resto della settimana tra alcool e belle ragazze, ma se in un giorno riuscivi a guadagnare solo 100 euro, dovevi darti molto da fare.

    Riusciva sempre a sviare dalla polizia, che non riusciva ancora a capire come quel quartiere fosse così pieno di roba

    E fu quando Tom compì 17 anni che attuò il suo primo omicidio. Venne pagato per questo e lui non sapeva dire di no davanti ai soldi. Inutile dire che ebbe i sensi di colpa per una settimana, ma poi si attenuarono ed ora, se gli capitava di uccidere qualcuno, la sua coscienza non faceva una piega. Si sentiva esattamente come prima, tale e quale.

    A volte si odiava per questo.

    *

    Bill si diresse verso il bar che gli era stato consigliato dalla madre che quella mattina, per puro caso, aveva notato il cartello “cercasi personale” appeso alla vetrina. Il moro vi entrò, osservandolo con attenzione in lungo e in largo.

    «Buongiorno, posso aiutarla?» una voce squillante chiamò la sua attenzione e, non appena Bill si voltò, si trovò davanti ad una ragazza leggermente più bassa di lui con i lunghi capelli color del grano raccolti in una coda di cavallo.
    «Buongiorno.» sorrise Bill radioso «Ehm... a dire il vero ho visto il cartello in vetrina e mi vorrei proporre per aiutare in questo locale.» cercò di sfoggiare un’ espressione rassicurante, ma tutto ciò che ottenne fu una smorfia. Pensò che il suo destino fosse ormai segnato.

    Respirò a fondo e attese la ragazza che nel frattempo era andata a chiamare il capo.
    «Buongiorno.» salutò cordialmente, appena l’uomo muscoloso entrò nella sala dove vi erano tutti i tavoli. Questo allungò la mano verso la sua direzione e si presentò.

    «Piacere, sono il signor Willis.» .

    Bill sorrise di rimando e si accomodò sulla poltroncina che gli era stata indicata.
    Cominciarono a fargli le solite domande: nome, età, esperienze... Ma appena gli chiesero del padre, Bill si irrigidì, ma continuò a parlare «Uh... Mio padre è morto quando ero più piccolo in realtà.» continuò a torturarsi le mani, ma il Signore non ci fece molto caso.
    «E come è morto?» continuò curioso. Bill volle sotterrarsi.

    Come è morto? Pensò.

    Gli avevano sempre raccontato che si era suicidato, non potendone più di stare in quelle condizioni. Ma quali condizioni? Aveva un lavoro soddisfacente, una moglie che lo amava e un figlio che sarebbe morto per lui e lui non aveva mai dato nessun segno di disprezzo per tutte queste cose, quindi, Bill non aveva mai creduto a quella “scusa”.

    Cercò di inventarsene una lui sul momento «Incidente stradale.» sussurrò quasi in modo incomprensibile «Era notte e uno dei soliti ventenni ubriachi gli è andato addosso. Non lo vidi mai più.» pregò che l’avesse bevuta.
    «Mi dispiace molto.» rispose l’altro. Bill sospirò sollevato, andava tutto bene.

    Nemmeno Bill capì il motivo per cui non avesse detto il vero motivo -o almeno quello che gli era stato detto- semplicemente non se la sentiva.

    L’uomo sorrise e tornò formale in un secondo «Bene. Potrai cominciare da domani. I tuoi turni sono dalle 10.00 alle 15.00 e dalle 18.00 alle 21.00 cioè quando chiudiamo.». Lo guardò in modo strano, come se avesse voluto spogliarlo con lo sguardo. Bill scosse mentalmente la testa e si diede dello stupido per aver pensato ad una cosa del genere. Il signore gli mise la mano sulla spalla «Benvenuto a bordo.» sorrise quasi malizioso e Bill ebbe quasi paura.

    ***

    Note: Adesso sapete qualcosa in più :3 Spero che il capitolo vi piaccia ;)

    Edited by •Strange~Humanoid• - 8/5/2011, 21:11
     
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  9. MorgieStorm
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    allorsola...

    mamam mia che vita, ragazzi....
    non facevano meglio a rimanere angioletti e continuare a giocare tra le nuvolette?!

    tom... poverino, cioè il padre taccagno non si può...
    poi è stato concepito umbriaco... ermhermh.... mi sa che ne so qualcosa! xD
    e poi il padre che scappa...

    e quello di bill che si suicida...
    perchè mi sembr aun pò troppo strano?!

    qui le cose sono due...
    o il padre di bill e quello di tom coincidono...
    oppure l'uno ha ucciso l'altro...

    ma restimao a vedere che succede...

    bel capitolo, ma il responsabile del bar non mi piace per niente...
    mi sa di viscido...
    tom fallo fuori!
     
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  10. kaulitzcher
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    bellaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa soreeeeeeeeeeeeeeeeeeee posta prestoo voglio sapere come va avanti^^ braba brava^^
     
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  11. Uny___
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    Il signor Willis mi mette i brividi O.O
    Metre ho ancora dubbi sul ruolo di Tom, ma immagino che andando avanti si chiarirà ^^
    Continua presto
     
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  12. •Strange~Humanoid•
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    Dubbi? In che senso dubbi? xD
     
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  13. Uny___
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    Del genere 'ha o non ha un cuore?' xD
     
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  14. •Strange~Humanoid•
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    Vedremo ù.ù


    Comuuunque non ho scritto molto perchè mi sono più dedicata al banner ultimamente :S
    A proposito...

    SPOILER (click to view)
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  15. Uny___
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    ** è stupendo
     
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48 replies since 11/4/2011, 18:44   1814 views
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