Hold on

In fase di scrittura

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  1. ElliSKA;
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    presammale! quanto sono più grandi?


    Emy, ogni volta che vedo qualche tuo commento mi fermo in contemplazione del Dio che hai in frma per almeno 5 minuti ogni volta ahahah
     
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    Girgia beata teee T.T :cry: io sono la prima-___-"che brutta cosa-_-"
     
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  3. Phèdre NòDelaunay De Montrève
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    c.a.p.i.t.o.l.o
     
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  5. .:Emy94:.
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    QUOTE (ElliSKA; @ 24/1/2011, 19:32) 
    Emy, ogni volta che vedo qualche tuo commento mi fermo in contemplazione del Dio che hai in frma per almeno 5 minuti ogni volta ahahah

    Ahahah come contraddirti :B):
     
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  6. eli'92
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  7. ‚gorgeous
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    aap
     
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  9. [F]ottutamente~Stefy[89]
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    posta D:
     
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  10. Phèdre NòDelaunay De Montrève
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    hey presammale devi postare!!!
     
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  12. ‚claio`
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    HAAHHAHAHAHAAHAH COME SI PUO' CHIAMARE UN BAMBINO HARD
     
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  13. ElliSKA;
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    <3 <3
    Quanto amore che provo per te, clio.






    Dubito
    - Sabato sera? - domandò Heike – Ma che palle! Io di sabato sera voglio godermi il sabato sera! - si lamentò poi.
    - Dai! Vieni alla serata del locale, è fra tre settimane. Ti rendi conto? Io farò il ballerino. - le disse indicandosi.
    - Sì e questa cosa ancora non mi è chiara. Non sapevo sapessi ballare. -
    - Ma io sono un campione nella danza, mi muovo leggiadro come una farfalla e sensuale quanto un'anguilla. - le sorrise, alzandosi poi dal tavolo e si stiracchiò, sbadigliando rumorosamente.
    - L'impersonificazione del sexy, proprio. - ironizzò.
    Lui si mise a ridere, asciugandosi poi un occhio che aveva lacrimato per via dello sbadiglio – Vabè, non la mattina. - si giustificò – Sai che mi sono portato a letto Lucrezia? - si ricordò poi.
    - Ma nooo! Io votavo Vanessa! -
    - Ma Vanessa non mi piace. È... non lo so, mi sa di qualcosa di andato a male. -
    - Andato a male? - ripetè lei perplessa.
    - Qualcosa del genere, sì. Invece con Lucrezia mi sono divertito tutta la sera, abbiamo ballato sulle musiche improponibili che trasmette il locale e alla fine siamo finiti sul retro a fare sesso. Ma il punto non è questo, il punto è che l'amorevole figlio del capo ci ha visti e l'ha detto al caro paparino. -
    - Ti hanno licenziato, Tom? - gli chiese severamente.
    - No, mamma, tranquilla. - la prese in giro – Se ti ho detto che sono il ballerino della serata, forse non sono stato licenziato. -
    - Ah, ma vi ha visti fare cosa? - chiese poi, capendo.
    - Ci ha visti ballare, mica scopare sul retro del locale. - rispose lui con ovvietà – E quindi niente, quindi prevedo un po' di soldini in più. -
    - Dai, ma io non ci credo che sai ballare. - disse lei, facendo segno di no col capo e alzandosi per mettere sia la sua che la tazza del rasta nel lavandino – Insomma, guardati. - fece poi lei, sconsolata.
    - Ma cosa? Cosa stai dicendo? - scherzò Tom, avvicinandosi alla ragazza e spettinandole i capelli – Cosa stai dicendo, cosa? - continuò, passandole le mani su tutta la faccia e continuando a coprirle gli occhi solo per darle fastidio.
    - Toom! Dai! - si lamentò lei, cercando di fermarlo inutilmente.
    Lui rise e si fermò, per poi darle un bacio sulla testa – Devo andare a prepararmi per il lavoro. - si congedò poi.
    - Aspetta, ti devo chiedere una cosa. - lo richiamò indietro lei, e Tom spuntò immediatamente da dietro al muro.
    - Cosa? - domandò.
    - Bill? -
    Il rasta la guardò per qualche secondo senza dire niente, poi alzò le spalle – Che si faccia vivo lui, io non ho nessuna intenzione di chiamarlo. - rispose, indirizzandosi poi di nuovo verso camera sua. Lui non avrebbe mai chiamato Bill. Non era un pazzo masochista, non gli piaceva farsi del male da solo. Se quello sfacciato ragazzo si fosse fatto vivo e gli avesse iniziato a stare addosso, allora avrebbe dato vita alla sua vendetta, ma in caso contrario non avrebbe proprio fatto niente. Si ricordava bene cos'era successo alla sua vita quando era arrivato lui. Si era stravolta completamente senza quasi che lui se ne rendesse conto... ed era stata un'esperienza che gliel'aveva segnata, la vita, oltre che a stravorgergliela, ma non era assolutamente pronto a rivivere la stessa cosa se poi tutto fosse dovuto finire come la volta precedente. Quindi, aveva preso la sua decisione. In realtà l'aveva presa più di un anno prima, ed era sicuro che fosse quella giusta e che il suo piano avrebbe funzionato. Ormai conosceva Bill, non sarebbe stato difficile sedurlo e farlo innamorare di nuovo di lui, per poi buttarlo via da qualche parte e calpestarlo finché si rendesse conto di ciò che si prova. Il suo piano malvagio aveva un'unica pecca. Doveva riuscire a sedurre Bill prima che il moro seducesse lui. E, in cuor suo, sapeva che sarebbe stata un'impresa resistere a quel ragazzo.


    ***

    - Andy... - mormorò il moro, toccandosi i capelli spettinati.
    - Ti ho svegliato? - gli chiese lui, entrando in casa senza farsi problemi.
    - Sì. - rispose piano, chiudendo la porta.
    - Strano. - commentò quello – Non eri tu quello che si svegliava a orari improponibili come le 6.00 del mattino senza aver dormito niente o quasi niente la sera prima? - gli chiese, avviandosi verso le scale.
    - Sì, ero io. - rispose, tossendo poi per schiarirsi la voce dato che non gli era uscita – Il punto è che sono rimasto sveglio fino alle 6.00, questa volta. - raccontò.
    Il biondino si bloccò sulle scale e si girò verso di lui – Dovrei avere paura a entrare in camera? - gli chiese.
    - Oh, sì. - annuì l'altro.
    Il platinato alzò gli occhi al cielo – Come hai fatto a trovarti un ragazzo da portarti a letto in... quanto? E poi dove sei stato dopo che te ne sei andato da casa mia? E come? Ma come fai a-
    - No, no, no, cosa stai dicendo? - gli chiese lentamente – Parla più piano se vuoi che ci sia la minima speranza che io ti capisca. -
    Il biondino sorrise – Ti sto chiedendo come hai fatto a portarti a letto uno ieri sera. -
    - Ma io non mi sono portato a letto nessuno, ieri sera. - gli disse confuso, non riuscendo a seguire il discorso del suo amico.
    - E allora perché dovrei avere paura ad entrare in stanza? -
    Trumper sorrise capendo finalmente che la paura dell'amico era quella di trovarsi un uomo nudo appena entrato in stanza – Aaaah! No, no. - fece, salendo le scale e raggiungendolo – Vieni a vedere. -
    - No Bill, ho paura. - gli disse l'altro, mentre il moro gli passava davanti sulle scale.
    - No davvero, vieni. - insistette, prendendolo per il polso e trascinandolo su.
    - Preparami psicologicamente. -
    - No, è più bello con la sorpresa. - sorrise, anche se l'amico non poteva vederlo.
    - Bill, ho seriamente paura. - continuò.
    Il moro rise aprendo la porta della stanza ed entrò, seguito subito dopo dal biondino, che vide subito il lettino con le sbarre al posto del letto di Bill – E quello? - chiese, indicandolo.
    - Guardaci dentro. - annuì.
    - Vieni con me. - disse il biondo, iniziando ad avvicinarsi e portandosi dietro Trumper.
    Bill rise di nuovo e si avvicinò insieme ad Andreas, che appena guardò dentro balzò all'indietro – Oh, Cristo! - esclamò – Che cazzo ci fa un marmocchio in camera tua? - gli chiese, senza alcun motivo spaventato.
    - È mio fratello. - commentò il moro deciso, andando poi a sdraiarsi sulla brandina – E non è neanche arrivato e già mi ha rubato la camera. - si lamentò, coprendosi la faccia con il cuscino.
    Il platinato tornò a guardare dentro e vide il bambino alzarsi in piedi dentro al lettino – Come sarebbe a dire tuo fratello? -
    - Sarebbe a dire che... quell'ammasso cellulare è mio fratello. - ribadì il concetto – È figlio di mia madre, se non altro. E nemmeno lui saprà mai chi è suo padre, quindi è come se avessimo anche lo stesso padre. -
    - No. - disse incerto il biondo.
    - Bravo, smonta i sogni del piccolo Bill che ha sempre sognato di avere un fratello. - farfugliò, sdraiandosi di lato.
    - Tu non hai sempre sognato di avere un fratello. - obiettò l'altro, avvicinandosi alla brandina, quando sentì il piccolo urlare qualcosa di incomprensibile e tornò indietro – Che vuoi? - sussurrò.
    - Magari era il mio sogno segreto, che ne sai? - gli chiese ironicamente.
    - Dubito fortemente. - fece serio, provando ad allontanarsi, ma tornando di nuovo indietro quando il piccolo strillò ancora – Ma... qual... qual è il tuo sogno segreto, Bill? -
    - Il mio sogno segreto? - rise quello.
    - Sì, lo voglio sapere. - insistette.
    - Il mio sogno segreto è quello di scoparmi Andreas Reid. Il tuo? -
    - Il mio quello di scoparmi Bill Trumper. - scherzò anche il biondo, guardando male il suo amico e provando per la terza volta ad allontanarsi dal lettino del piccolo, quando quello si mise a urlare – Insomma, si vuoi sapere che vuoi da me? - si rivolse a lui in modo arrabbiato.
    Il bambino gli sorrise, iniziando a dondolarsi mentre si teneva appeso con le mani al bordo del lettino.
    Il moro si mise a ridere – Tiralo fuori. -
    - Io? - domandò retoricamente il biondo – Ma sei impazzito? -
    - Non porta sfiga, non è una cosa come il bouquet, che se lo prendi al volo sei il prossimo... stai tranquillo. -
    - Ah, ah, che ridere. - fece l'altro ironicamente, avvicinandosi con le mani ad Hard – Ma da che parte si prende? -
    Il moro si mise a ridere – Dalla collottola, come fanno i felini. -
    Andreas lo guardò storto – Mi stai prendendo in giro? -
    - No, no, i felini sono mammiferi, anche noi siamo mammiferi... non c'è tanta differenza. -
    Il biondo guardò il bambino e decise di non dare ascolto al suo amico, mandandolo a cagare a bassa voce, dopodiché lo prese da sotto le ascelle e lo tirò fuori dal box, portandolo poi sulla brandina del fratellastro.
    - Dai, non è tenero? - sorrise Bill, mettendosi a sedere.
    Andreas lo guardò storto, non capendo assolutamente l'amico – Certo che sei strano. - commentò poi – Io non vorrei avere niente a che fare con questo ammasso di... di... -
    - Cellule. - finì la frase per lui.
    - Cellule. Non fa altro che piangere e cagare dalla mattina alla sera, immagino, e... -
    - Anche tu sei un ammasso di cellule, Andy. E poi lui non ha ancora pianto da quando lo conosco, secondo me ormai l'ha passata quella fase. Ma poi devi vedere mia madre! -
    - Cosa? -
    - È impazzita! - esclamò sgranando gli occhi.
    - Che ha fatto? -
    - Ieri quando sono arrivato mi ha dato un bacio. -
    Reid spalancò gli occhi, incredulo a quelle parole – Si ricordava di te? -
    - Beh cazzo, dai, quello lo speravo, però... insomma, mi ha dato un bacio! Ma non è finita, quando sono arrivato stava cucinando per Hard. -
    - Hard? - domandò il biondo interrompendolo, chiedendosi perché la madre del suo amico cucinasse per un cane o una delle paperelle che si erano comprati.
    - Per lui. - rispose il moro indicando il fratello.
    Andreas lo guardò perplesso – Si chiama... Hard? - chiese, iniziando a ridere.
    - Beh, mia cugina si chiama Guntlinde, fai te. -
    Il platinato scoppiò a ridere – Ti è andata bene. -
    - Ma infatti il mio nome l'ha scelto mio nonno, non una di quelle due pazze psicotiche. -

    ***

    Bill si portò gli occhiali da sole sopra la testa, iniziavano a dargli fastidio. Prese il quattro di cuori e lo mise sulla pila di carte al centro, dichiarando – Sette. -
    Kai, dopo di lui, mise giù una carta, dicendo – Sei. - e dopo poco il suo turno era già di nuovo vicino, si doveva preparare a bluffare di nuovo. Andreas, prima di lui, mise giù una carta, dicendo – Re. - e il moro sorrise, guardandolo con superiorità.
    - Dubito. - fece lentamente.
    Il biondo alzò gli occhi al cielo e scoprì la carta, facendo vedere a tutti che era un cinque e si prese tutte le carte che erano state buttate fino a quel momento – Che palle, Bill, non è possibile giocare con te. - si lamentò.
    - Davvero. - concordò Julia – Come fai ad azzeccare sempre? -
    Il moro sorrise - È un segreto. -
    - Donna. - fece il biondino, buttando giù la prima carta.
    - Re. - disse Bill, mettendo giù un re davvero. Non aveva molte possibilità: gli erano rimasti solo i quattro re, per questo aveva capito che Andreas stava bluffando, non era dotato di grandi e invincibili superpoteri come i raggi x o la possibilità di leggere nella mente degli altri.
    - Dubito. - disse subito il biondo sorridendo e Trumper girò la carta, mostrando a tutti che si trattava davvero del re.
    I ragazzi si misero a ridere, mentre Andreas guardava storto il moro prendendo su le carte.
    - Vabè, andiamo a fare il bagno? - propose Anke, buttando giù le carte.
    - Sì! -
    - Sì! -
    - Sì!
    Si unirono altri, imitandola e lasciando il gioco inconcluso.
    - Ma stavo per vincere! - si lamentò invece il moro, ancora con le carte in mano.
    Il suo migliore amico si mise a ridere – Appunto. Scappano perché ti odiano tutti e non vogliono farti vincere. -
    Bill gli fece la linguaccia, lasciando cadere anche lui le carte sul telo.
    - Beh, vieni? - lo esortò Reid, tendendogli la mano.
    - No, non mi va. - rispose lui, sdraiandosi sull'asciugamano e tirandosi di nuovo giù gli occhiali da sole.
    - Dai Bill! - lo riprese il suo amico – Vieni a fare il bagno! -
    - No, non vengo. - rise lui – Fra poco vado a prendermi una granita. Al prossimo bagno però vengo anche io. -
    - Sei una persona noiosa. - commentò Endi prendendo il cellulare dalla tasca del costume e buttandolo sul suo zaino – A dopo. - lo salutò, correndo verso il mare.
    Il moro li vide addentrarsi con prudenza e appena il primo ebbe il coraggio di buttarsi, entrando così interamente nell'acqua fredda, si alzò in piedi e iniziò a schizzare tutti gli altri, ai quali non rimase altro da fare che tuffarsi, perché ricevere gli schizzi d'acqua ghiacciata era molto peggio che buttarsi completamente nell'acqua gelida. Rimase a guardarli per qualche minuto, fin quando trovò la forza per prendere due euro e alzarsi, incamminandosi poi verso il chioschetto purtroppo lontano.


    - Oh, raga! - chiamò a sé l'attenzione generale Kai – Ma quello là non vi ricorda qualcuno? - domandò indicando verso il mare aperto.
    - Quello che sta facendo windsurf? - domandò Julia, accostandosi a lui.
    - Sì. Ma tu non lo conosci se è chi penso io. - le spiegò – Andy? Mali? Herman? - chiamò uno ad uno i suoi vecchi compagni di classe, richiamando la loro attenzione – È o non è uguale al prof che avevamo l'ultimo anno? - domandò loro, continuando ad indicare l'uomo sulla vela, che si stava sempre più facendo vicina alla riva.
    - Prof di cosa? - domandò Herman.
    - Di ginnastica. - rispose Kai.
    - Oddio, hai ragione! - esclamò Mali – È sicuramente lui! Mio Dio, è veramente un figo allucinante. -
    - Com'è che si chiamava? - chiese Kai.
    - Kaulitz. - rispose la ragazza, che non riusciva più a staccare gli occhi dal ritrovato uomo della sua vita.
    - Di nome? -
    - Tom. - rispose Andreas, anch'egli convinto che fosse davvero lui.
    - Ah, bene. - sorrise quello – Non ho più intenzione di dargli del lei. Dai, guardatelo così: ha sì o no venticinque anni. -
    - Ma era davvero il vostro prof di educazione fisica? - domandò Anke, incredula.
    - Sì! - esclamò Mali – E ora non lo è più, questo significa che ci posso provare. -
    - Ma figurati se non è fidanzato. - scoppiò a ridere Julia.
    - Io torno a riva, lo voglio salutare. - avvertì tutti Kai, cominciando subito dopo a nuotare verso la spiaggia.
    Andreas lo seguì a ruota nuotando a stile libero, ma entrambi i ragazzi si dovettero girare e continuare a dorso perché non avevano abbastanza fiato. Presto vennero raggiunti e tutto il gruppo arrivò a riva poco prima dell'ex insegnante di alcuni di loro.
    - Ehi, prof! - lo salutò Kai tornando in acqua e andandogli in contro – Si ricorda? - domandò.
    - Mica non avevi intenzione di dargli del lei? - rise Andreas affiancandolo e andandogli incontro insieme a Kai.
    Tom sorrise quando li vide. Era bello incontrare persone conosciute – Ehilà, ragazzi! Come andiamo? - gli chiese, tendendo loro la mano in segno di saluto.
    - Beh, bene direi. - rispose Kai battendo la propria mano contro la sua e stringendogliela subito dopo.
    - Tutto bene, lei? - chiese Andreas, salutandolo subito dopo il suo ex professore.
    - Meglio di così! - sorrise – È l'estate che rende tutto più felice. Vado anche a lavorare volentieri. - raccontò.
    - Io no. - rispose Andreas – Non ho neanche voglia di cercarmelo, un lavoro. -
    - Beh, ma c'è ancora papà che dà i soldini, no? -
    - Fortunatamente sì. - rise il biondino – Però quest'inverno me ne devo trovare uno per forza, se no ha detto che smette di pagarmi l'università e quindi me lo dovrei trovare comunque. - raccontò.
    - Non ha tutti i torti. - commentò il rasta – Tu, Kai? -
    - Io spaccio, per il momento. - disse sincero.
    Tom rise – Ma ti sembrano cose da dire a un tuo ex professore? - lo riprese.
    - Ho solo risposto alla sua domanda. -
    - Di chi? - chiese Tom.
    Kai ridacchiò – Sua, prof, tua... voglio dire. Quella che mi-
    - Aah! - lo interruppe il rasta, mettendosi poi a ridere e staccando la vela dalla tavola – No dai, datemi del tu ora. -
    - Visto, Andy? Te lo dicevo! - sorrise Kai, contento del fatto di poter dare del tu al suo insegnante.
    - Comunque che cosa spacci, Kai? - gli chiese, prendendo sia la vela che la tavola e indirizzandosi verso un capannino mentre gli altri due lo seguivano.
    - Marijuana, con altri tipi di droghe non voglio avere a che fare. -
    - Ecco, fai bene. - commentò il suo vecchio insegnante – Ti spappolano il cervello e basta. - disse grave.
    - Sì, sono d'accordo. -
    Andreas rimase zitto. Non che non sapesse che le droghe pesanti sono deleterie per il sistema nervoso, ma pensava che prenderle una volta ogni tanto non potessero fare niente di male. E se anche facevano qualcosa di male, di certo ne valeva la pena... sapeva che se assunte in dosi elevate potevano portare alla morte in vari modi, sia diretti che indiretti, o comunque potevano rovinarti la vita. Ma lui si sapeva controllare, molte persone sapevano controllarsi; non capiva perché così tanta gente reputasse le droghe qualcosa di così grave.
    - Ma siete qui solo voi due? - chiese il rasta, appoggiando la tavola e la vela agli appositi sostegni.
    - No, siamo con degli amici. Rimane un po' con noi, prof? -
    Kaulitz rise – Non mi sembra il caso. -
    - Perché no? Dai, ti mando una canna, facciamo due chiacchiere, una partita a qualsiasi cosa e poi sei libero di andartene. -
    Il biondino sorrise – E dai, va bene. Però devo prendere le mie cose che sono lì. - li avvertì, indicando un punto non molto lontano da loro e incamminandocisi subito. Prese l'asciugamano da terra e il borsone, buttandoci dentro la maglietta e indossando gli occhiali da sole.
    Li raggiunse in fretta e tutti e tre insieme andarono dagli altri, che avevano ricominciato a giocare a carte.
    - Prof! - esclamò Mali appena lo vide. Era felice che gli avessero chiesto di unirsi a loro, perché una volta che l'aveva visto da vicino non aveva avuto il coraggio di andare a salutarlo.
    - Oh, ciao. - la salutò lui, chinandosi e dandole un bacio sulla guancia – Come stai? -
    Lei arrossì leggermente e annuì col capo – Bene, bene... tu? Posso darti del tu, ora? -
    - Certo che puoi. -
    - No, no, ricominciamo la partita! - esclamò Kai, rubando a tutti le carte.
    - Dai! - si lamentò uno di loro – Avevo in mano solo dodici carte. -
    - Voglio provare a vincere una partita prima che torni Bill. - sorrise lui, iniziando a mescolarle.
    L'attenzione del rasta venne richiamata da quel nome e si girò verso il ragazzo alla sua sinistra – C'è anche Bill? - chiese, per niente felice.
    - È andato a prendere una granita. - spiegò il biondo – A meno che non si sia perso, dovrebbe tornare fra poco. -
    - Secondo me ha conosciuto quello che prima è passato davanti correndo e ora se lo sta slinguando. - scherzò Lisa.
    - Quale? Quello che aveva i pantaloncini neri e stava ascoltando la musica? - domandò Mali.
    - Sinceramente non ho notato i pantaloncini, e men che meno la musica. - sorrise l'altra.
    Mali rise – Allora è lui, ho capito. -
    - Che poi non mi è chiaro perché i più belli se li prende sempre lui. - continuò a parlare Lisa.
    - Perché lui conosce gli uomini molto meglio di quanto li conosciate voi. E poi è terribilmente sfacciato e penso sia una qualità apprezzata da tutti. -
    - Perché, Reid, ne sai qualcosa? - cercò di prenderlo in giro Herman.
    - Fortunatamente no. - sorrise lui, calmo – Avere Bill come amico è una figata, ma penso che averlo come amante si possa definire più... masochismo. - concluse annuendo.
    Tom si girò verso di lui e lo guardò male, il biondino se ne rese conto e quasi fece fatica a controllare le risate, per infine lanciare un'occhiata di scherzo a Kaulitz, che lo stava ancora guardando male.
    - Vabè, finite di parlarne? - chiese Herman.
    - Infatti, prendete in mano le vostre carte. - ordinò Kai – Tom, sai giocare a questo gioco? -
    - Che gioco è? - domandò lui.
    - Dubito. - risposero gli altri insieme.
    - Ah, ma certo che ci so giocare. - sorrise, mettendo in ordine le carte che aveva in mano – È quello in cui lo scopo è rimanere senza carte e puoi metterle giù solo se hai in mano una carta precedente o seguente a quella della persona prima di te. -
    - Esatto. Però si può bluffare. -
    - Certo, se no non avrebbe senso. - annuì il rasta.
    - E poi bisogna dire “dubito” quando non credi a quello che ha dichiarato una persona. -
    - Mhmh. - annuì di nuovo – Ok. -
    - Ehi, aspettate! - sentirono esclamare – Anche io voglio giocare. -
    - Noooo! - si lamentarono tutti.
    Tom aveva chiuso gli occhi quando aveva sentito quella voce, esattamente dietro di sé. Poi li aveva riaperti, rimanendo in silenzio. Lo sapeva che sarebbe arrivato, eppure aveva preferito far finta di niente.
    - Bill, ma se giochi tu... dai, di solito questo gioco dura decenni, tu vinci subito. -
    Il moro ridacchiò – Ma non è vero che vinco subito, ho vinto una volta sola e la partita è durata più di venti minuti. - rispose, facendo poi il giro per raggiungere il suo posto.
    Tom si preoccupò di non guardarlo e cercare in tutti i modi di non incrociare il suo sguardo, e faceva finta di sperare che Bill non gli rivolgesse la parola, mentre in realtà non aspettava altro.
    Vennero rifatte le carte e Julia mise giù la prima, dichiarando – Otto. -
    Si dubitò per quattro o cinque volte e Andreas mise giù una sua carta. Gliene rimanevano solo cinque – Quattro. - disse.
    Mali, dopo di lui, posò la sua – Cinque. -
    Bill si mostrò indeciso e alla fine ne mise giù una – Quattro. - dichiarò.
    - Dubito. - disse Tom, guardandolo fisso negli occhi e dopo poco vide schizzare lo sguardo del moro nei suoi.
    - Dubiti che io dica la verità o dubiti che questo sia un quattro? - chiese, indicando la carta.
    - È la stessa cosa. Dubito che quello sia un quattro e che quindi tu dica la verità. -
    Il moro sorrise – No, è totalmente diverso. - disse pacatamente, girando poi la carta che aveva posato sulle altre e rivelando un quattro di quadri.
    - Nooo. - mormorò Kaulitz, iniziando a prendere tutte le carte.
    Alcuni si misero a ridere – Bill, sei odioso! -
    - Io odioso? Ma io non c'entro, non dubitate quando dovreste e dubitate quando non dovete! - si difese.
    - Jack. - disse stancamente il rasta, buttando giù la prima carta.
    - Sei. - disse deciso Kai, appoggiando la sua.
    Si misero tutti a ridere vedendo che l'amico pensava di aver fatto qualcosa di sensato e risero ancora di più quando lui si spiaccicò una mano sulla fronte – No! Ho sbagliato! Dovevo dire dieci, quello è un sei! -
    Andreas rise più forte – Almeno sappiamo che non sai dire le bugie! -
    - Ma cazzo... - mormorò quello, prendendosi tutte le carte – Sei. - disse poi, buttando giù la carta di prima.
    - Cinque. -
    - Quattro. -
    - Cinque. -
    - Sei. -
    - Sette. -
    - Dubito. -
    Il moro sollevò di nuovo lo sguardo su Tom, che aveva dubitato per la seconda volta di fila – Ma ce l'hai con me? - gli chiese innocentemente.
    - È un gioco, Bill. - rispose il rasta.
    Andreas sospirò, solo cercando di contenere uno sbuffo. Sembravano due bambini di cinque anni.
    Il moro annuì e girò la carta, mostrando a tutti una donna di picche. Dopodiché prese il mazzo di carte, iniziando a metterle in ordine.
    - Visto? Faccio bene a dubitare delle tue verità. - gli disse il rasta.
    - Ma in questo gioco non bisogna dire la verità, anzi... - ribattè il moro.
    - Peccato che tu ti rifiuti di essere sincero anche nei giochi in cui la verità è essenziale. - disse la sua in modo deciso, alzandosi poi in piedi mentre lasciava le carte sull'asciugamano – Ora scusate ragazzi, ma devo tornare a casa. -
    - Ma come tornare a casa! - si lamentò Kai.
    - Eh sì, torno sempre per le 14.00 e poi dopo devo andare a lavorare. - spiegò, mettendosi la maglietta e a tracolla il suo borsone – Ciao, ci si vede! - salutò tutti con la mano, prendendo con due dita le ciabatte e incamminandosi verso la fine della spiaggia.
    - Ciao! - lo salutarono tutti – Ci si vede! - aggiunse Kai.
    - Perché vi siete detti quelle cose, Bill? - domandò Mali, che i fatti propri non se li poteva assolutamente fare.
    - Ah, bella domanda. - rispose il moro – Quasi quasi vado a chiederglielo. - aggiunse, alzandosi in piedi e corricchiando verso il suo ex professore.
    Lo raggiunse in fretta e passò un braccio attorno alle sue spalle, come se fossero vecchi amici – Cosa vuol dire che torni sempre prima delle 14.00? La tua vita è diventata monotona quanto quella di una coppia settantenne? -
    - No, è solo che volevo andarmene perché non sopportavo la tua presenza e non mi veniva in mente niente da dire. - gli rispose acidamente, togliendosi il braccio da sopra le spalle.
    - Mavà, non ci credo. - sorrise il moro, senza opporre resistenza.
    - A cosa non credi? -
    - A quello che hai detto. - rispose Bill.
    - Cioè? -
    - Non sai quello che hai detto? -
    - No, non me lo ricordo. - disse Tom, molto seriamente.
    Il moro sorrise quando pensò che il rasta stesse provando ad imitarlo – Beh, prima hai detto che la foresta nera si sta ribellando al suo sovrano interiore che sarebbe poi un piccolo chihuahua alato e che quindi da un momento all'altro potremmo trovarci invasi da alberi completamente neri con sopra tanti piccoli colibrì pronti ad addentarci... -
    - Ok Bill, - lo interruppe lui, appoggiandogli una mano sulla spalla – Ci vediamo, eh. -
    - Tom, prima mi devi dire una cosa. -
    - Cosa? - chiese lui, girandosi verso il moro.
    - Cosa devo dire a loro? Perché appena ti sei allontanato Mali mi ha chiesto perché hai detto quelle cose. -
    Il rasta alzò le spalle, mostrandosi indifferente – Non mi interessa, puoi anche dire la verità. -
    - Dovrei dire la verità? - ripetè basito.
    - Ah già, dimenticavo che non lo sai fare. -
    - Non è quello il punto. - ribattè ancora Trumper – Perché... vuoi, vuoi davvero che lo dica? - domandò, seriamente sorpreso.
    - Ma certo, di' che sei uno stronzo immaturo senza responsabilità né rispetto per gli altri, vedrai che mi capiranno. - rispose, mettendosi bene il borsone sulla spalla e facendo per girarsi ancora.
    - Legartela al dito non cancellerà quello che è successo. - rispose Bill, girandosi poi anche lui e indirizzandosi verso i suoi amici, ancora seduti vicino al mare.
    Tom si voltò di nuovo verso Trumper e stava per dire qualcosa, quando si bloccò. Non doveva dargli retta, né fargli vedere che ci teneva nonostante tutto. Anche se, pensò, rivelandosi così rancoroso dimostrava che ci pensava ancora.
    Si girò e riprese a camminare e presto raggiunse il cemento. Buttò per terra le infradito e se le infilò, andando verso il luogo in cui aveva posteggiato la macchina.
    La aprì e gettò il borsone nel bagagliaio. Lo richiuse ed entrò in auto, infilando la chiave. Si sentiva agitato per quanto era successo. Bill gli metteva quasi ansia. Pensare che l'avrebbe visto, gli aveva messo ansia. Vederlo, gli aveva messo ansia. Gli aveva messo ansia anche solo parlarci e soprattutto confrontarsi. Si era sentito in ansia anche quando aveva passato un braccio attorno alle sue spalle, perché aveva pensato che quel contatto si sarebbe potuto sviluppare in un qualche modo ambiguo, e la sola immaginazione gli aveva trasmesso ansia. Però, se ripensava a quando lui e Bill si erano baciati, una volta a caso, non sentiva ansia, ma l'esatto contrario: tranquillità. Gli sarebbe piaciuto tornare indietro, non avrebbe permesso che le cose andassero così.
    Però, purtroppo, non era possibile, e se Bill avesse insistito ancora avrebbe ottenuto ciò che si meritava.


    ***

    Bill venne svegliato dalla suoneria del suo cellulare. Si accucciò nel letto, tappandosi le orecchie nella speranza che smettesse di squillare in fretta, fin quando l'uomo sdraiato accanto a lui brontolò un – Fallo finire! - e si rese conto che in effetti gli bastava solo rispondere.
    Così il moro si alzò lentamente dal letto, prendendo i suoi jeans che erano sul pavimento e estraendo dalla tasca il telefonino, che continuava a suonare senza sosta.
    - Pronto? - fece assonnato, risdraiandosi sul letto.
    - Bill! Sono le undici! - sentì esclamare dell'altra parte della cornetta.
    - Ma chi cazzo sei? - borbottò a bassa voce, appoggiando una mano sugli occhi – Le undici? - fece poi, subito dopo, quando lo realizzò.
    - Sono Andreas, coglione. -
    Bill guardò l'orologio al polso, scoprendo che lo stava prendendo in giro – Idiota, non sono le undici. -
    - No infatti, sono le nove. -
    - Da quando sei così mattiniero? -
    - Da quando tu non lo sei? -
    - Non lo sono mai stato. - rispose il moro, togliendo poi la mano da davanti agli occhi quando sentì quella dell'uomo accanto a lui appoggiarsi alla sua pancia e iniziare ad accarezzargli il petto.
    - Ma che cazzo dici! - rise l'altro – Comunque, Bill, dopo passi da me? -
    - Dopo quando? - chiese il moro, girandosi verso destra e portando la mano libera sulla nuca del ragazzo di fronte a sé.
    - Dopo, per pranzo, dopo pranzo, non lo so. - ipotizzò quello.
    - Ok, arrivo per pranzo, allora. - gli disse, dopo aver spinto la testa dell'altro verso il suo collo, e mentre sentiva la sua lingua sulla propria pelle.
    - Va bene, a dopo. -
    Il moro mise giù il telefono e lo lasciò cadere per terra, portando anche l'altro braccio attorno alla nuca del ragazzo, avvicinandosi a lui col corpo. Era un bell'uomo: alto, muscoloso, bello... sì, si poteva ritenere soddisfatto.
    - Era il tuo fidanzato? - gli chiese quello, smettendo di baciargli il collo per un attimo.
    - Mavà. - rispose Bill quasi ridendo – Era il mio migliore amico. -
    Anche l'altro, il cui nome era Norman, ridacchiò – E il ragazzo, invece? Ce l'hai? -


    ***

    - Oggi ho sbattuto fuori di casa un uomo tanto bello quanto stupido. Ma io dico: se il concetto di sesso occasionale sparisce persino fra noi gay, che viviamo di sesso occasionale... siamo davvero messi malissimo. - accompagnò con queste parole la sua entrata in casa di Andreas, finendo poi per sdraiarsi sul divano.
    Il biondino rise – Che è successo? - gli chiese, richiudendo poi la porta dietro di sé, mentre teneva una sigaretta fra le labbra.
    - Ma niente, ma ti pare che uno di cui non ricordo neanche il nome mi debba fare un interrogatorio su tutto ciò che mi interessa invece di scopare sanamente, e ah! Alla fine ha avuto anche il coraggio di chiedermi se mi andava di uscire con lui. Voglio dire, non è che se hai un pene allora mi va bene passare del tempo con te. - spiegò ragionevolmente, con un'espressione ovvia in viso.
    - E quindi... gli hai detto di no. - concluse Andreas, andando anche lui in soggiorno e schiccherando la sigaretta nel posacenere.
    - E quindi l'ho sbattuto fuori di casa. Poi sono venuto qui. A proposito, perché dovevo venire qui? -
    - Mh! Bill! - si ricordò improvvisamente l'altro, mettendosi seduto su uno dei divani – Stasera esci con noi al posto di andare nei tuoi locali a rimorchiare? -
    - Se ne può parlare. - asserì il moro – Che avete in programma? -
    - Ma niente di che, però non è la solita cosa che sicuramente ti farebbe schifo, ergo hard-core, droga e sesso etero. -
    - Ma? -
    - Ma un locale fa una festa in spiaggia e c'è da bere gratis. - spiegò, alzando le spalle.
    - Mavà? -
    - Davvero. - continuò il biondo – Paghi il primo cocktail e poi mangi e bevi quanto vuoi. -
    Bill sorrise – Mmm, mi piace. -
    - Vero? Quindi vieni con noi? -
    Il moro annuì – Ci sarà anche la tua attuale ragazza? Nemmeno me l'hai presentata... - si lamentò.
    - Ah, no. - si mise a ridere il platinato – Mi ha lasciato qualcosa come... due settimane fa. -
    - Due settimane fa? - ripetè quello sorpreso.
    - Sì, direi di sì... - si concentrò Reid – Ah, no. Tre giorni fa, sì. -
    Bill rise – Vabè, uguale. -
    - Sì, infatti. - sorrise.
    - Ma perché? -
    - Mi ha chiesto se avevo un amante... e... io le ho risposto che era lei l'amante. -
    - Pfff. - si mise a ridere Bill, andando avanti per un po' – Pesante! - commentò, ridendo ancora.
    Rise anche il suo amico – Vero? Poi un po' mi è dispiaciuto vedendola così abbattuta, però dovevo farlo almeno una volta nella vita. - annuì.
    - Assolutamente. - gli diede ragione il moro – Ah! A proposito: non so se ti ricordi, ma una volta a scuola avevamo programmato di lasciare io Luke e tu E... Elga? -
    - Elisa. -
    - Elisa, dicendo che avevamo scritto un messaggio al 484088 e... -
    - Sì! - lo interruppe il biondo indicandolo e sorridendogli – E dire che era uscita una percentuale troppo bassa e che suggeriva di rompere. - continuò, ricordandosi – Sai che l'ho fatto con una? -
    - Davvero? - si stupì il moro – Anche io con uno. -
    - E che ha detto? -
    - Ha alzato le spalle, ha detto che non gli interessava e abbiamo fatto sesso. - spiegò spiccio – La tua? -
    Andreas sgranò gli occhi – Non è giusto! La mia mi ha tirato uno schiaffo, mi ha detto che sono un deficiente se credo a certe cose, mi ha insultato per dieci minuti e poi se n'è andata. -
    Bill si mise a ridere – Che schizzata! -
    - Lascia stare... - borbottò divertito, allungandosi verso il tavolino per raggiungere il suo pacchetto di sigarette.


    Note Finali.
    Oggi è stata tipo l'unica manifestazione bella dall'inizio di quest'anno. cioè, eravamo più di venti, oh. ahahah no vabè, quella era stata una cosa brutta, però insomma...
    Eravamo molto belli e molto convinti (e poi non ci sono state cariche, cioè) in realtà il tiggì dice di sì... e anche pesanti, però io non le ho viste e è questo l'importante.
    comunque, parlando di cose che c'entrano un po' di più con il capitolo....
    boh non lo so, mi sono resa conto ieri che NON HA ASSOLUTAMENTE SENSO. ma non questo capitolo, penso proprio come scrivo io.Cioè, le persone parlano totalmente a caso... boh però insomma, non è il caso di cambiare ora DD: eeeew.
    Boh, io comunque voglio ancora bene ad andreas ç_ç
    Ah, e stella oggi è il tuo compleanno? : D cioè, auguri!
     
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  14. [F]ottutamente~Stefy[89]
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    O MIO DIO
     
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