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  1. lalla_96
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    SIII k bello!!!! non vedo l'ora!!!
    up!!!
     
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  2. {Ely.Humanoid‚
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    Ahah ;D
     
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  3. {Ely.Humanoid‚
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    Okay basta, posto. Dato che la beta non risponde >_>



    CAPITOLO I





    «Tom, il mio culo non ha l’airbag incorporato!»
    I due si divertivano tanto insieme. Georg era il più saggio tra i due, nonostante il suo carattere scherzoso. Da grande sarebbe voluto diventare uno psicologo, e di tanto in tanto faceva già pratica con Tom. Nei pomeriggi liberi Georg prendeva il suo quadernetto dove appuntava tutti i miglioramenti o peggioramenti psicologici dell’amico.
    «Signor Trümper, qui non si migliora. Pensi… Pensi…»
    «Jessica Alba…!»
    «Esatto! Bravo, Trümper. Pensi a Jessica Alba, alle sue bocc… Cioè, lasciamo stare.»
    «Ecco, sennò mi fai eccitare. Ti ecciti anche tu ed il gioco è finito.»
    «Non pensiamo a cose sconce, signor Trümper!»
    «Cazzo, la smetti di chiamarmi così?»
    «Stia zitto. Allora, faccia un bel respiro. Smetta di pensare a Jessica, e risponda alle mie domande.»
    «Tom, Georg, venite a fare la merenda!»
    «Continueremo dopo.»
    Anche lì a Loitsche il tempo non era granché bello, e dei grossi nuvoloni minacciavano la piccola cittadina. I due amici entrarono in cucina, da dove la madre di Tom, Hanne, chiamò i due per una buona crostata di marmellata di pesche, che aveva preparato pensando a quanto suo figlio amasse quei frutti.
    «Servitevi ragazzi.»li invitò la donna per poi continuare a pulire i piatti e a rassettare la cucina.
    «Grazie Hanne. Tom…»
    «Mh?»
    «Hai saputo che fra qualche mese faremo una specie di stage in Inghilterra con a scuola?»
    «Davvero?»chiese il rasta addentando il dolce.
    «Sì! L’ha detto la professoressa di Inglese. Ma non so se saremo insieme, nella stessa stanza. Ha detto che saremo in stanze separate..»
    «No, non posso stare senza il mio Georg!»fece il finto tragico mettendo una mano sulla fronte.
    «Piantala. E’ grave perché potresti capitare con un rompipalle di un’altra sezione.»
    «Ma fanno a sorteggio, abbiamo possibilità di capitare insieme comunque. Era meglio se facevano le stanze miste invece. E poi non capisco perché si spaventano tanto che noi maschi stiamo con le femmine in una stanza.»
    «…»
    «Che c’è? Okay, va bene, ma non è che io…»
    «Certo, come no. Poi se sanno che Tom Trümper è con una ragazza, sospettano di tutto.»
    «Che si fottano tutti i professori e le loro idee.»
    «Signorino, vacci piano con le parole!»lo richiamò la madre.
    «E che cazzo, mamma, non ho detto niente!»
    «Ecco! lo stai facendo di nuovo!»






    ***









    Era l’uno Dicembre, e già le strade berlinesi erano decorate con luci, alberi, scritte. Proprio in quel momento Simone chiese a Bill di aiutarla a prendere gli addobbi di Natale, che erano ben conservati in soffitta. Il moro, sebbene fosse scocciato, concesse alla madre una mano. Non è che il periodo natalizio gli sia mai piaciuto molto, tutti erano così troppo allegri e festosi per i suoi gusti, e poi tutte quelle cene abbondanti, i canti, li considerava inutili. Era solo un’occasione che serviva per riposarsi, quindi non andare a scuola. Di certo non osava fare discorsi davanti ai suoi, così religiosi; sua madre avrebbe chiamato l’esorcista. E quindi neanche fare l’albero di Natale gli ha mai entusiasmato.
    «Su via Bill, non essere così floscio!»
    «Ma mamma, avevi detto che dovevo restare a letto e invece adesso mi chiami per lavorare.»
    «Lavorare? Toh! Ti sembra un lavoro? Bill, stiamo solo preparando tutto per il Natale.»
    «Già, per il Natale
    «Esatto. Dai, su, prepariamo tutto prima che papà torni dal lavoro, così gli facciamo una bella sorpresa!»
    «Va bene…»rispose. Alla fine non aveva nient’altro di utile da fare.
    «Vedrai, sarà un bellissimo Natale!»trillò felice Simone.
    Se questo poteva fare felice loro, che ben venga.



    ***






    «Silenzio, per favore!»
    La professoressa Müller batté la mano sul banco per la terza volta, cercando di zittire gli alunni, che non volevano proprio smetterla di parlare.
    «Ragazzi, ho una comunicazione importante da darvi. La nostra scuola, con il “Kurfürst – Joachim – Friedrich – Gymnasium” di Loitsche, hanno deciso di fare un gemellaggio, e siccome vi ho promesso che farete una gita di due settimane, andremo a Londra insieme ad alcune classi della scuola di Loitsche.»
    Da che tutti i ragazzi erano mezzi addormentati e afflosciati sui banchi, si illuminarono come se davanti a loro avessero visto Dio.
    «Sono sicura che vi divertirete. Alloggeremo in un bellissimo albergo vicino al “London eye”, da dove potete benissimo muovervi autonomamente quando siete liberi. Una cosa importante: ragazzi, partiremo molto presto, perché abbiamo avuto la fortuna di trovare voli economici. Partiremo il 10 e torneremo il 23. Informatevi con la Dirigente per i costi in totale. Ah, e un’ultima cosa: voglio risposte e soldi entro il 3!»
    Bill non sapeva se piangere o ridere. Intanto avevano organizzato tutto troppo presto, e forse i suoi non gli avrebbero smollato un soldo. Poi avrebbe saltato due settimane di scuola andando a zonzo per Londra, una delle sue città preferite. Doveva andarci, assolutamente.

    Per fortuna quel giorno non pioveva, anche se faceva un gran freddo. Dopo che l’autobus aveva lasciato Bill davanti alla fermata, il ragazzo aspettò che il semaforo potesse diventare verde; aprì la zip della sua borsa prendendo una gomma da masticare, e portandosela alla bocca. Una figura abbastanza familiare gli si piantò davanti: era la vecchietta del giorno prima. Sì, proprio lei! La vecchina con l’ombrello viola, quella che aveva mandato a quel paese! Bill spalancò li occhi rallentando a masticare.
    «Bastaaardo!»l’anziana signora iniziò a prendere a colpi di borsetta Bill, che cercava di proteggersi con le mani.
    «Signora, si-gno-ra, si calmi, ma è impazzita?!»
    «Brrrutto mascalzoncello, l’educazione l’hai dimenticata in solaio?»
    «Basta. Signora la smetta, mi fa male! Ahi, ahiii!»
    In quel momento il verde scattò e Bill riuscì a fuggire da quella imbarazzante situazione raccogliendo prima la tracolla che gli era caduta per terra, e dandosela a gambe.
    «Cacchio… Ma è proprio pazza quella…»

    Bill aprì la porta, trovandosi davanti i genitori vestiti stile Babbo Natale con il cappello rosso e il pon pon bianco sulla punta. Bill odiava anche quello. Quel maledetto cappello! Solo lo svolazzare di quel pon-pon bianco lo faceva innervosire.
    «We wish you a merry Christmas, we wish you a merry Christmas, we wish you a merry Christmas and a happy new year!»cantarono insieme i due porgendo uno di quegli odiosi cappellini anche a Bill, che li guardava scioccato, quasi disgustato. Lo prese a malavoglia con la punta delle dita come se avesse spazzatura tra le mani.
    «Su, avanti Bill!»
    «Io devo andare…»
    Bill scappò letteralmente dalla stanza, lasciando i due che ancora cantavano. Se già cantavano così tanto, non si immaginava cosa avrebbero combinato il giorno di Natale.

    Bill non aveva molta fame. Ma immaginava che sua madre gli avesse preparato sicuramente una cena abbondante. Non era solito a mangiare molto, più che altro perché temeva di rovinare il suo fisico.
    «Mamma, ma non siamo a Capodanno… O Natale.»
    «Cosa vorresti dire?»
    «Le lenticchie… Uva… Polpettone.»
    «E comunque sono feste abbastanza vicine!»
    «Io non ho fame.»
    «Su via Bill, cos’è, vuoi fare la cura dimagrante? Guardati, sei tutto occhi e ossa!»
    «E capelli aggiungerei!»ridacchiò il padre.
    Bill lo fulminò con lo sguardo.
    «Io sto benissimo. E poi è sempre meglio eliminare lipidi…»
    «Lipidi?»
    «Grassi mamma, grassi. I lipidi sono i grassi!»
    «Lo so cosa sono!»
    «E allora?»
    «E allora non c’è nessun tipo di grasso in questo cibo!»
    «Se mangiassi solo… Se mi facessi del latte?»
    «Quello che vuoi, l’importante è che ti ficchi qualcosa in quello stomaco vuoto che a forza di questa dieta che stai facendo sarà un buco.»
    «Mamma, non sto facendo cure dimagranti!»
    «Sìsì, va bene, va bene.»
    «OKAY, ADESSO POTRESTE CALMARVI?»Gordon attirò l’attenzione con il suo vocione profondo.
    «Certo caro…»sorrise Simone asciugando un piatto. Bill scosse la testa.
    «Bene. Bill, invece parlami di come è andata a scuola.»
    «Mh… Non… Oh, sì. Mamma, papà, dovrò andare a fare una specie di Stage a Londra.»
    «Ma è fantastico!»
    «E quando?»
    «Partiamo il 10.»
    «Il 10?»
    «Sì.»
    «Così presto?»
    «Sì.»
    «Quanto costa?»
    «Non lo so. Informiamoci a scuola. La prof ha detto che sarà tutto abbastanza economico.»
    «Comunque ci andrai, i soldi non sono un problema. Due settimane in Inghilterra non ti faranno per niente male, anzi!»
    Non faranno per niente male perché non c’è scuola, pensò Bill.




    ***







    Alla fine era anche uscito fuori che dovevamo fare anche una piccola gita per vedere quel piccolo paese, Loitsche. Dio, no. Ci saranno tutte quelle rompi scatole delle guide, che non fanno altro che parlare, parlare… E alla fine ci faranno fare una relazione o un tema su quello che abbiamo visto, certo.
    Quindi si parte per Loitsche l’otto, alloggeremo in qualche hotel lì vicino alla scuola, e poi il dieci partiamo tutti insieme appassionatamente. Mia madre è contraria al fatto che debba visitare Loitsche, dice che non c’è proprio nulla da vedere, tanto è piccola. Ma l’importante è che non ci faranno studiare.







    «Oh, tesoro.»
    Simone abbracciò il figlio come se avesse dovuto andarsene via per tanto tempo chissà dove.
    «M-Mamma, fai piano, mi strozzi.»
    «Ciao figliolo. Mi raccomando, eh…»
    «Sì, sì. Ciao, a presto!»
    «Chiamami quando sei scendi dal treno!»
    Il moro salì sugli grandi scalini del treno insieme ai suoi compagni salutando i genitori. Quasi sua madre piangeva; era sempre stata una donna molto sensibile.
    Gustav prese posto vicino a lui salutando a sua volta i genitori che lo guardavano dal finestrino.
    I due non parlarono molto durante il viaggio, poiché si erano addormentati; quella mattina erano partiti tutti molto presto, e qualche oretta di sonno non poteva togliergliela nessuno.


    Il treno iniziava a cigolare a causa dei freni che annunciavano l’arrivo alla stazione di Loitsche. Bill si svegliò, guardò fuori. Il treno era fermo, e i suoi compagni iniziavano a prendere i propri bagagli.
    «Gu, Gustav, svegliati!»lo squotè Bill.
    «Mh… Si… Siamo arrivati?»
    «Sìsì, dai scendiamo!»




    ***






    «Hey, Tom. Hai saputo?»
    «Cosa?»
    «Vengono quelli della scuola di Berlino oggi.»
    «Che? Oggi? Ma non dovevamo partire tutti il dieci?»
    «Sì… Ma vengono a stare un po’ a Loitsche. Mi hanno detto che vengono oggi. Credo che li vedremo, verranno a scuola dopo avere posato i bagagli in hotel…»
    «Mh. Che ore sono?»
    «Le due. Caspita, oggi abbiamo altre due ore ancora, e questa ricreazione non dura un cazz…»
    «Georg, non sono mica loro!?»
    «Chi? Cosa? Dove? Perché?»
    «Piantala. I Berlinesi. Sìsì, devono essere loro, tutte facce nuove.»
    «Hanno tutta l’aria dei Berlinesi. Guardali come si sentono importanti!»
    «Me ne aspettavo di più. Saranno al massimo tre classi..»
    «Già. Oh, guarda. Uno è inciampato…!»
    I due scoppiarono a ridere, seduti al solito muretto vicino ad un albero. Li osservarono tutti giudicando i loro modi di fare e vestire ad uno ad uno, continuando a ridere come due pazzi isterici. Bill non era per niente entusiasta dell’idea di venire in una scuola così subito dopo aver lasciato l’hotel. Il moro teneva un leggero broncio, le sue labbra sembravano un bocciolo di rosa; i suoi capelli ondeggiavano leggermente cadendo lisci e morbidi sulle sue spalle. Le mani, finemente laccate di nero come sempre, tenevano stretto un deplian, e sulle spalle reggeva un piccolo zainetto nero. La massa di studenti berlinesi si fermò davanti all’entrata attendendo il preside che li avrebbe accolti. Tom li squadrò uno per uno e non potè fare a meno di notare Bill, dato il suo strano aspetto. Una ragazza molto… Originale, pensò. Restò a fissarlo per abbondanti secondi, non rendendosi conto che l’amico accanto lo stava chiamando.
    «Tom…? Tom, mi stai ascoltando?»
    «…Aem, scusa, ero soprappensiero.»
    Georg alzò un sopracciglio. Il rasta aveva smesso di ridere come un cretino e aveva iniziato a fissare a bocca aperta qualcosa o forse qualcuno tra quei ragazzi. Georg non amava molto non essere cagato.
    «Eehm…Tom? Sono scemo io?»
    «Perché?»
    «Cribio, hai smesso di ridere e di ascoltarmi, ho fatto una battuta strepitosa su quella ragazza emo lì…»
    «Chi?»
    «Quella là.»
    «Forse se me la indichi la vedo!»
    «Quella, quella!»la indicò il castano.
    «Ah… Sì…»
    «Ormai non mi ricordo più la battuta però.»
    «Ma non mi sembra… emo.»
    «Suvvia Tom, quella si taglia. Ooh, guarda quella bionda che figa…»
    Tom non lo ascoltò più. Si limitava ad annuire, seguendo con lo sguardo ogni minimo movimento della ragazza, finchè i berlinesi non entrarono.





    Note finali: Ecco il primo capitolo. Vi è piaciuto? Commentate e giudicate. Io non ho paura dei giudizi negativi perchè mi serve per capire se scrivo bene, se devo continuare o no.
    Intanto ho fatto questa immagine e l'ho messa sotto spoiler quà sotto. E' la scena di quando Bill è davanti la porta di casa sua dopo aver incontrato quella vecchia pazza. xD
    SPOILER (click to view)

     
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  4. lalla_96
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    oddio!! ma è STUPENDA!!
    è scritta bene.. e ovviamente DEVI CONTINUARE :ehsì:

    la vecchia mi sta troppo simpatica!!! :rofl: AMO la parte dove picchia il povero Bill con la borsetta!! !! :rofl: mi fa morire!!
    bravissima :applauso: complimenti davvero!!!
    sinceramente giudizi negativi per adesso non ne ho.. e sicuramente anche nei prossimi cap sarà così!!
    ancora BRAVA!!
    posta presto!!! :D
    bacio!!
     
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  5. {Ely.Humanoid‚
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    *ò* Grazie cara!*____*
     
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  6. lalla_96
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    ^_^ prego!!!!!
     
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    ò.ò Quella vecchia è pazza!! :lol: :lol:
    Se non posti entro dopodomani ti strozzo.
     
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  8. lalla_96
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  9. lalla_96
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  10. lalla_96
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  11. lalla_96
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  12. lalla_96
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  13. lalla_96
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  14. {Ely.Humanoid‚
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    CAPITOLO II



    Erano arrivati da poco a Loitsche e li avevano già trascinati in quella dannata scuola. Li fecero accomodare in un grande auditorium dove il preside stava facendo un discorso per dar loro il benvenuto. Il biondino si sedette accanto a Bill che già sbuffava.
    «E dai Bill. Almeno non stiamo studiando.»
    «Lo so… E’ che è tutto noioso. Voglio fare shopping.»
    «Eccolo là. Bill, tranquillo che a Londra farai tutto lo shopping che vorrai!»
    Il moro sorrise schioccando la lingua nella bocca.
    «Va là… Il preside sembra che abbia il parrucchino.»
    L’altro non potette fare a meno di sghignazzare come stava per fare Bill – anzi, Bill stava per scoppiare a ridere per la sua stessa considerazione.
    «Gustav cazzo, aiutami che sto per… Dio…»Bill si mise una mano davanti alla bocca per non ridere.
    Il biondo aveva le lacrime agli occhi. Solo ad immaginarsi quella testa pelata senza un parrucchino gli veniva da farsi addosso.
    «E poi… E poi hai visto che naso? S-sembra… Sembra un… u-un corvo.»balbettò sempre trattenendo una risata.
    Gustav continuava a ridere, quando si accorse che la prof di Matematica lo stava bruciando con lo sguardo.
    «Bill, smettila.»



    La campanella suonò annunciando la fine dell’ultima ora. Tom e Georg si diressero verso l’uscita della scuola; il rasta sembrava abbastanza agitato, e Georg lo notò subito.
    «La vuoi smettere?»
    «Cosa?»
    «Sembri schizzato.»
    «Io?»
    «No, mia nonna.»
    «Beh, tua nonna lo è.»
    «Anche la tua.»
    «Lo so, tutti i vecchi a Loitsche sono schizzati, Georg.»
    «Già. Hey, c’è la emo!»
    «D-dove?»chiese allarmato.
    «Stavo scherzando!»
    «Sei un cretino!»
    «E tu non sei più tu. Prima ti piacevano le bionde che si sentivano puttane, non le emo asociali.»
    «Che ne sai se è emo o asociale?»
    «E tu che ne sai se non lo è?»
    «Georg, con questi rompicapo!»
    «Hai iniziato tu.»
    «No, tu!»
    «No, t… Tom, la emo è lì.»disse Georg indicando qualcuno dietro le spalle di Tom.
    «Si, certo.»
    «E Trümper, se ti dico che è là!»
    Il ragazzo voltò dalle spalle Tom che rimase immobile nel vedere quella figura che assomigliava ad un angelo nero a parer suo, poggiato ad un muro intento a soffiarsi il nasino all’insù con una delicatezza disumana.
    «Tom, ha il ragazzo.»
    «Ma che dici?»
    «Ma sì, quello biondo sarà il suo ragazzo.»
    «E’ impossibile, lei è più alta di quello minimo di sette centimetri.»
    «Che vuol dire?»
    «Basta Georg.»
    «Come vuoi. Io ti sto avvisando, quella non ha neanche le bocce.»
    Tom esitò un attimo. Era vero. I vestiti aderenti distinguevano bene le forme del suo corpo, e sembrava che il suo petto fosse… Piatto.
    «Forse… Forse è un’atleta.»
    «Ma anche le atlete le hanno gonfie.»
    «Non tutte.»
    «Boh. Senti, a me non mi quadra, è strana.»
    Georg iniziò a camminare verso il cancello, Tom restò ancora un attimo per osservare quella magnifica creatura. Aveva piegato in quattro il fazzolettino riducendolo in un quadratino, e lo aveva messo nella borsa. Stava parlando con quel ragazzo davanti a lei, e nel gesticolare faceva svolazzare i leggeri capelli corvini. I suoi occhi ambrati stavano fissando quelli davanti ai suoi, quando per un attimo smise di parlare ascoltando l’altro, e poi portò lo sguardo a quello di Tom, che imbarazzato divenne rosso e raggiunse Georg.






    «Non ce la faccio più con questo raffreddore… Tu credi che ora ci porteranno finalmente in hotel per riposare? La mia salute sta peggiorando.»
    «Sì, ne sono sicuro.»
    «Uffa, Gusty. E se poi a Londra ci dividono?»
    «Non ne ho idea. Intanto riteniamoci fortunati che siamo nella stessa stanza almeno qui.»
    «Già… Dio, ho tutta la borsa piena di fazzolettini.»disse il moro piegando il fazzolettino e mettendolo nella borsa.
    «Ehm… Bill. Sai, c’è un ragazzo che prima ti fissava. Uno… Uno con i dreads.»






    ***







    «Mamma, sono a casa!»
    Posai le chiavi nello svuota tasche all’ingresso per poi entrare in cucina ancora con indosso lo zaino. Mia madre non mi aveva risposto: era al telefono – che manteneva con il dorso della spalla mentre puliva il lavabo della cucina – sicuramente con papà. Quando mi vide entrare fece un cenno con la mano per salutarmi e un sorriso, poi continuò a fare quello che stava facendo.
    Salii al piano superiore per arrivare alla mia camera; poggiai lo zaino a terra, vicino il letto, e poi aprii la finestra per far uscire l’aria viziata che si era andata a creare. Mi sedetti sul letto ripensando a quella ragazza. Era bellissima… Quegli occhi, i capelli… Quel viso. Porca miseria, sembrava quasi una top model. Ogni minimo dettaglio era curato così attentamente, e ogni movimento era così delicato. Molto fine, e dai capi firmati si poteva dedurre che di certo era trattata bene ed era abituata ad un certo tipo di gente e di società… Di certo non avrebbe perso tempo a fermarsi per chiacchierare con uno come me. Ma, come si dice, tentar non nuoce. E’ solo una ragazza normale in fondo.

    Anche se tutte le mie possibilità e speranze stavano andando a farsi benedire, il giorno dopo una notizia dataci dalla Coordinatrice mi illuminò.
    «Oggi i ragazzi della scuola di Berlino faranno una gita qui a Loitsche. Non abbiamo prenotato guide, perché sapevamo che sicuramente qualcuno di voi si sarebbe offerto di fare da guida a loro e quindi saltare ore di lezione. Qualcuno si propone?»
    «Professoressa!»alzai la mano di scatto. Non dovevo farmi sfuggire l’occasione.
    «Tom, che cazzo fai?»mi bisbigliò Georg.
    «Colgo la palla al balzo. Fammi compagnia, alza la mano.»
    «Tom Trümper. Uhm, lo immaginavo… Passiamo avanti, chi abbiamo poi? Alfred, Naji, Xenia…»
    «Professoressa, con me verrebbe anche Georg!»
    «Eh? AHI!»gli pestai un piede. Dovrebbe ringraziare il cielo che non l’ho strozzato.
    «Va bene, se proprio insisti… Vada per Tom, Georg e voi tre.»
    «Sì!»non riuscii a trattenere un saltino di felicità e poi uscii con Georg e gli altri fuori dalla classe, seguiti dalla prof.
    «Trümper, Listing!»
    «Sì?»
    «Non combinate guai, intesi? Non voglio che poi ci si venga a lamentare delle solite cose.»
    «Non si preoccupi!»
    «Mi preoccupo invece. Va beh. Andate, vi stanno aspettando lì.»
    Felici come due bambini che avevano ricevuto delle caramelle, io e Georg camminammo verso il gruppo di studenti all’entrata. Corpo di mille balene. Mi tremano le gambe, Dio Santo. Non riesco a controllarmi; quella ragazza è lì, vicino alla porta.
    «Tom stai bene? Sei pallido.»
    «S-sto benissimo.»
    Dovevamo dividerci le classi. Io dovevo assolutamente guidare quella di quella ragazza. Dovevo pur chiederglielo di quale classe fosse. Maledette gambe, fra poco cado. Mi avvicinai con una lentezza disumana e mi fermai a cinquanta cm davanti a lei che si girò verso di me intuendo che stavo cercando di dire qualcosa, smettendo di parlare con il solito biondino.
    «Mh… C-ciao.»la salutai sforzando un sorriso e arrossendo leggermente. Cacchio, sicuramente stavo arrossendo come un pomodoro, che idiota.
    «Ciao.»lei alzò un sopracciglio. Notai in quel momento che aveva un piercing al sopracciglio che aveva appena inarcato, molto sexy.
    «Scusate… Scusate l’interruzione, io… Volevo sapere di che classe siete.»bene, parlare al plurale era più rassicurante.
    «Noi siamo della E.»
    «Okay, ehm… Io farò da guida alla vostra sezione oggi.»sorrisi, mentre le mie mani stavano sudando.
    «Okay.»rispose lei semplicemente.
    «Bene. Bene… Ehm… Attenzione, la sezione E mi segua per favore…»cercai di dire nel modo più professionale che potevo.

    «Tom, oggi sembri così fighettino… Comunque è andata bene no? Almeno non ti sei cacato addosso per l’emozione di parlare con quella.»
    «Io non mi caco dall’emozione per una… Una ragazza!»
    «Già… Prima.»
    «Anche ora!»
    «Sì, Tom. Vai, vai che ci aspettano.»

    Parlare la prima volta con lei. Credevo che sarebbe andata peggio, che addirittura mia avrebbe riso in faccia. Perché forse mi considera già uno sfigato. Ora il problema era… Cosa cazzo gli faccio vedere a quelli? A me non importava un bel niente di guidarli, questo era ovvio. Solo che così avrei avuto l’occasione per saltare ore scolastiche e per – magari – conoscere quella ragazza.
    «Ehm… Bene, seguitemi.»dissi timidamente con un cenno del braccio verso la sezione E.

    Anzi, non fu neanche un’impresa alla fine. Ho fatto vedere una chiesa, monumenti, persino giardini e case dei quartieri alti. In fondo poi non c’è molto da vedere qui.
    «Scusami?»
    Una voce delicata suonò come una musica per mie orecchie, mi voltai; era lei.
    «Non è che ci sono pub o discoteche qui in giro?»
    «D-Discoteche e pub?... Certo!»
    Cercai di sorridere il più naturalmente possibile. Lei masticava una gomma – sembrava fosse alla fragola dall’odore forte che emanava – lentamente alzando un sopracciglio.«Dove?»
    «Vi… Vi ci porto.»
    Lei non rispose facendo un palloncino con la chewingum rosa. Okay. Adesso però sembra una puttana, posso dirlo? Io sono un ragazzo sincero… Ma d'altronde io frequento questo tipo di ragazze, no? Aveva un aspetto abbastanza annoiato, mi guardava come per dire “Vedi che non ce la faccio più, mi sono rotta di non far nulla”. Al suo contrario l’amico sembrava abbastanza interessato, invece. E ogni tanto mi faceva domande – forse troppo diplomatiche e mature per me che vivo qui in questo paesino dove si impara poco e niente – alle quali ho cercato di rispondere nel miglior modo possibile. Non dovevano prendermi per uno sfigato o ignorante, anche se credo di esserlo rispetto a loro. I Berlinesi, tzè. Si sentono chissà chi poi. Sempre pronti a giudicare un libro dalla copertina.

    In tutto al paese vi era una sola discoteca, e soli due pub. Non vi era moltissima scelta, però erano bei posti dove ci si poteva divertire, a mio parere.
    «Ecco, siamo arrivati. Questa è l’unica discoteca che abbiamo nel paese…»
    «Mh. Piccolina però…»commentò lei.
    Certo. Voi siete abituati a castelli al posto delle discoteche.
    «Quello è un pub?»chiese indicando il locale accanto, mentre i compagni si avvicinavano per leggere gli orari d’apertura.
    «Sì.»
    Lei si girò meccanicamente verso il biondino accanto.«Gustav, hai visto? Qui è tutto in miniatura!»
    «Lo so. Però guarda che carino da fuori… Stasera dici che ci fanno venire qui?»
    «Verresti qui per… Per divertirti?!»
    «Eddai Bill. E’ una discoteca. Ci si diverte lo stesso.»
    «Va bene… Uhm, ci sai dire se ci lasciano liberi fino a tardi?»mi chiese voltandosi verso di me.
    «Beh… N-non credo.»cazzo, balbettavo di nuovo.«Mi hanno detto che starete fuori massimo fino alle dieci e mezzo.»
    «Che pena.»sbuffò, e infilando le mani finemente curate nel giubbotto si incamminò raggiungendo gli altri.



    ***





    «Non voglio partire.»
    Il rasta si sedette nel sedile vicino all’oblò.
    «Tom, siamo sull’aereo, te n’eri accorto?»
    «Lo so, Georg.»
    «E stiamo per partire.»
    «L’avevo capito.»
    «Okay. Allora vuoi che ti dia un sacchetto per vomitare?»
    «Ma non voglio vomitare!»
    «E allora che ti prende?»
    «E io che ne so.»
    Il castano rimase cinque secondi a guardare Tom con una leggera aria sbigottita. Quanto poteva essere strano Tom?
    Sapere che quella ragazza avrebbe viaggiato su quell’aereo lo inquietava molto. Ancora non era salita. Cercava la figura in ognidove e le sue mani istintivamente si torturavano tra loro. Georg continuava ad essere preoccupato per lui, perché appunto, la situazione si faceva preoccupante, e molto.
    «Ti prego smettila di muovere quel piede.»chiese Georg spegnendo il cellulare.
    «Ma dove cazz…»la sua frase fu interrotta da quella visione che stava attendendo con impazienza: era lì, che stava salendo gli scalini per entrare nell’aereo e dopo avere mostrato i biglietti attraversò il corridoietto lasciando una scia di profumo che Tom assaporò chiudendo gli occhi.
    «Hey amico, ti sei mica fatto?»
    «Eh?»chiese lui tra le nuvole.
    «Se, domani.»




    ***






    Un bell’hotel, bella zona. Bill si illuminò nel vedere quella città, così diversa dalla sua. Che bei negozi interessanti che c’erano, avrebbe voluto vederli a tutti i costi. Si promise che nel pomeriggio, se li avessero lasciati liberi avrebbe fatto compere con Gustav.

    «Un po’ di attenzione per favore!»la professoressa chiamò l’attenzione degli alunni davanti alla hall dell’albergo.«Ragazzi, vi avevamo detto che abbiamo sorteggiato le due classi e abbiamo fatto in modo che maschi e femmine non fossino insieme. Sarete a coppie di quattro per ogni stanza.»
    Bene, allora niente ragazza carina, pensò Tom. Poteva dimenticarsi che sarebbe stato in camera con lei, o meglio capitato. Né tanto meno credeva che avrebbe avuto fortuna per trovarsi con il suo migliore amico.
    «Adesso vi chiamerò per nome uno ad uno, e vi consegnerò la copia delle tessere-chiave che vi permetteranno di aprire le rispettive stanze. Dopodiché, per oggi siete tutti liberi fino alle otto. Ceneremo tutti qui sempre,»disse la donna scandendo la parola sempre«il dopo si deciderà in base ai vostri comportamenti. Allora cominciamo. Ansen Xenia…»
    L’insegnante iniziò a chiamare ogni alunno in ordine alfabetico. Certo, ero un po’ incazzato. Metti che mi capitano tre rompicoglioni.
    «Tom Trümper.»
    «Sì, eccomi.»
    Il ragazzo si avvicinò alla professoressa prendendo la tessera. “Room 109.” Chissà chi era con lui? Quando anche il suo amico prese la tessera gli chiese il numero della stanza curioso di sapere se quel colpo di culo era arrivato. Macchè! “Room 110.”
    «Cazzo, per un numero non siamo insieme!»
    «Tom. Ora sono depresso. Non ricordarmelo proprio.»
    «Oh, Georg. Come farò senza di te?»disse il rasta con un finto sorrisetto maligno.
    «Ci possiamo incontrare di notte. Quando tutti dormono. Uh-uh.»sorrise maliziosamente.
    «Cos’è, poi mi scoperai?»
    «Sì, mio amore.»disse recitando il castano, tendendo le labbra a bocciolo.
    «Bleah, che schifo! Vai via brutto gay.»scherzò il rasta dando un colpetto amichevole sulla spalla dell’amico che scoppiò a ridere.






    «Uhm… Stanza 109…»
    Il rasta si dirigeva con Georg alla ricerca della stanza in hotel, dopo essere stati fuori a fumare una sigaretta di nascosto per mezz’ora.
    «Tom, eccola. E questa accanto è la mia.»
    «Ci scambieremo dolci fra sette d’amore dal muro. Romantico, non trovi?»sbattè le ciglia rendendosi più frocio che potesse per far ridere Georg.
    «Va bene amorino. Ciao ciao…»disse falsamente con tono sensuale mandando un bacio a Tom che scosse il capo in un ghigno.
    Il rasta inserì la tessera nella fessurina della porta e uno scatto accompagnato dalla lucina rossa che diventò verde e uno scatto gli fece capire che la porta si era aperta. Abbassò la maniglia aprendo e chiudendo la porta dietro di sé. Le finestre – sbarrate in modo da non far entrare i ladri – erano aperte, e vi erano due letti vicino alla parete alla sua sinistra, e altri due al lato opposto della stanza. Su uno di essi, trovò una grande e grossa valigia nera con scritto sul retro un cartellino “Bill Kaulitz – 1E”. Bene, sarà un compagno della classe di quella ragazza – che pensandoci bene, non sapeva nemmeno come si chiamasse. Per un attimo si perse a fantasticare sul nome di lei: Birgit, Sara, Karoline, Elizabeth… Non ne aveva idea. Vicino all’ingresso vi era un bagnetto – forse troppo piccolo per quattro, ma abbastanza lussuoso. Una TV, un bollitore e quattro piccoli armadietti che evidentemente servivano a deporre gli indumenti.
    Poggiò la valigia accanto al suo letto, sedendosi su di esso per provarlo. Uhm, un po’ troppo duro. Ma il cuscino era sorprendentemente morbido e profumato. Così decise di riposare un po’ e poi uscire con Georg per andare un po’ a zonzo per le vie Londinesi.




    Note finali: Eccolo. Beene, mi sa che già avete intuito che bella sopresa che troverà Tom quando conoscerà i suoi compagni di stanza. xD Vi lascio immaginare la sua reazione...
     
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  15. lalla_96
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    ODDIO!!!! è STUPENDO!!!!!
    Mi piace troppo quando Tom cerca di parlare normalmente con "la ragazza emo" :rofl:
    complimenti!!! non vedo l'ora di leggere il prossimo cap!!

    posta prestissimo!!
     
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135 replies since 27/10/2010, 12:13   1606 views
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