That little thing called love

Mini - fiction [Yaoi - BrianxJustin] Conclusa

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  1. panny94
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    Prego u.u *sgranocchia un fonzies*
    Che brava, sta scrivento *-*
    Eli, devi esserne fiera u.u
     
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    CITAZIONE
    Eli, devi esserne fiera u.u

    Io ne sono sempre fiera u.u
    E' la figlia incestuosa che tutti desiderano ... ed è mia *O*

    Figlia, a che punto sei con il capitolo? ^^
     
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  3. ;HachiBLOOD™
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    Ad un punto... Buono xDD
    Sì, tra poco lo avrete xD
    <3
     
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    *riot*
    Sono curiosa di vedere come il babbuino si leverà dalle scatole u.u
     
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  5. NeideLunare
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    Ce l'ho fatta
    Dopo secoli ho letto il capitolo. Niente da dire assolutamente, persino la scena NC17 a mio parere è scritta benissimo. Trovo originale, è intrigante questo scambio di personalità *O*
    Continua ù.ù
     
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  6. ;HachiBLOOD™
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    Grazie tante anche a te Rob, sei gentilissima <3
    Sono a più di metà capitolo *riot*
     
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  7. ;HachiBLOOD™
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    Stasera dovrebbe esserci il post, ma non so se farò in tempo, quindi incrociatre le dita ù.ù
     
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  8. NeideLunare
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    Io attendo figlia mia ^^
     
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  10. ;HachiBLOOD™
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    That little thing called love


    Capitolo secondo





    Due anni dopo.




    Finì di avvolgere la lunga e sottile cartina bianca attorno alla spessa poltiglia che avrebbe costituito la sua momentanea felicità.
    Leccò lentamente la parte impregnata di colla, chiudendola poi sull’altra estremità, strofinando forte con l’indice, in modo che si attaccasse correttamente e non si scollasse improvvisamente, causando il rovesciarsi del fumo e, di conseguenza, la sua ira.
    Arrotolò l’estremità cartacea della canna, formando una piccola spirale appuntita.
    Dopodiché, estrasse l’accendino dalla tasca dello zaino, piena zeppa di biglietti dell’autobus strappati a metà.
    Posizionò l’oggetto della sua felicità fra le labbra, dandole fuoco e aspirando velocemente la prima boccata.
    Era sempre così.
    Inizialmente, non sentiva nulla, il primo tiro di quella magica sigaretta non gli provocava nessuna reazione particolare o anomala.
    Dopo ben quattro tiri, invece, la testa cominciava leggermente a girare, le tempie a pulsare piacevolmente, le palpebre ad abbassarsi e rialzarsi a scatti.
    Istantaneamente, un sorriso leggero gli si andava a disegnare sul volto, mentre una sensazione di rilassatezza e felicità immediata, si propagava per tutto il corpo.
    Era questo tutto ciò che serviva a Justin per raggiungere una sensazione di pace apparente, donandogli la forza di vivere.
    Per lui, fumare quella roba, era diventata ormai un abitudine, da un paio d’anni a quella parte.
    Non che gli dispiacesse. Il suo migliore amico gli procurava l’occorrente gratis e poi fumare canne, faceva meno male che fumare delle semplici sigarette.
    Adorava essere completamente fatto, soprattutto in quei momenti dove la tristezza e la voglia di scappare da un mondo troppo complicato, troppo difficile da affrontare, soprattutto per lui, prendeva il sopravvento.
    Così, una volta finita la sua dose di abbandono dal resto del mondo, si ritrovava a ridere per ogni cazzata detta da chiunque, a raccontare sprazzi della sua vita ad ogni persona gli passasse davanti.
    I suoi compagni di classe, da una parte, si divertivano ad ascoltarlo, sembravano apparentemente interessati a ciò che Justin raccontava loro. Il ragazzo credeva che fossero realmente attenti a ciò che farfugliava, in preda a sensazioni confuse, ma allo stesso tempo, favolosamente stupende.
    Per quanto potessero essere considerate tali.
    La verità era che, da quando si era lasciato con Nate, o meglio da quando lui lo aveva lasciato, era caduto in uno stato di strana depressione e rassegnazione nei confronti di ciò che gli succedeva attorno, quasi come fosse in uno stato di coma cosciente.
    In due anni, aveva avuto altri quattro o cinque ragazzi, ma nulla di importante come lo era stato lui.
    Nessuno di essi gli aveva fatto provare quella miriade di sensazioni ed emozioni come aveva fatto quel ragazzo.
    Nessuno era mai stato così dolce come lo era stato lui.
    Dopo un po’ di tempo che stavano insieme, Justin si era convinto che rivelare i suoi sentimenti a Nate fosse giusto.
    Così, un pomeriggio, dopo aver fatto l’amore, gli disse che lo amava.
    L’espressione corrucciata del suo viso, leggermente imperlato da piccole gocce di sudore ribelli, il suo dispiacere nel guardarlo negli occhi, come per comunicargli il suo disappunto, gli fecero spegnere quel bellissimo sorriso che era andato ad incorniciare piacevolmente il suo volto.
    Quel giorno capì il perché avevano cominciato a farlo con il profilattico.
    Nate aveva scoperto di non essere pulito, durante l’ultima visita di controllo dal medico.
    Egli gli aveva chiesto se per caso avesse una relazione fissa e lui aveva confermato che sì, stava con un ragazzo da pochi mesi e che avevano già avuto rapporti sessuali.
    Quel giorno capì che forse, attentare alla saluta di Justin non era giusto.
    D’altronde, il suo ragazzo, non aveva colpe se lui lo tradiva con altre persone, uomini o donne che fossero.
    Al contrario di Justin, Nate voleva divertirsi, avere una vita sopra le righe. E per questo lui non gli bastava, non gli era effettivamente sufficiente.
    Ogni scusa era buona per uscire la sera senza di lui e quindi ammaliare qualsiasi ragazzo o ragazza accettabile che gli passasse davanti, per poi andare a scopare in qualche bagno pubblico o nel comodo letto della conquista appena fatta.
    Non portava mai gli oggetti dei suoi tradimenti a casa sua.
    In quel letto aveva fatto per la prima volta l’amore con Justin, quel letto apparteneva solo ai loro corpi, i quali si intrecciavano insieme in un limbo d’amore e di piacere.
    Justin non riusciva a spiegarsi il perché del comportamento del suo ragazzo.
    Quel giorno, dopo che Nate gli ebbe confessato tutto, dopo che tutti i suoi dubbi furono chiariti attraverso fredde parole, lo obbligò a rivestirsi e a lasciare la sua stanza.
    E a lasciare lui.
    Per sempre.
    Da quel giorno, le sue certezze sul credere nell’amore eterno e nel profondo affetto, caddero, come colonne durante un terremoto.
    Durante quei due anni, si era imposto che le sue storie dovessero fondarsi solo e soltanto sul sesso.
    Dopotutto, pensava, è quello che risolve i problemi degli uomini.
    Sostanzialmente era un ragazzino emancipato, il quale si dilettava in performance sessuali quasi esagerate e inadatte alla sua età.
    Non che hai suoi partner dispiacesse, infondo.
    A volte ci pensava, a quanto fosse stato stupido ed incosciente.
    A volte pensava che forse la soluzioni a tutti i suoi problemi fosse proprio lì, accanto a lui.
    Anche se non ci aveva mai ragionato sopra veramente.
    Dopotutto, quel ragazzo non lo conosceva così bene. Sapeva solo il suo nome, perché era il suo vicino di casa.
    Molte volte si era stupito di come lo trovasse così interessante, da tre o quattro anni a quella parte.
    Occasionalmente, quando le tende della finestra di Brian erano scostate, si era sorpreso ad osservarlo.
    I loro sguardi, tuttavia, non si erano mai incrociati.
    Ricordava in modo sfocato di avergli parlato, un giorno, da bambino.
    Poi, più nulla.
    La sua presenza era come un velo che copriva la sua esistenza, rendendola da una parte, più serena.
    Lui era come una specie di costante, quasi invisibile.
    Non si sarebbe mai e poi mai immaginato che, anche l’altro, provasse le stesse, identiche sensazioni.
    “La vita è proprio strana”, pensò, gettando a terra il residuo di quella sigaretta diversa dalle altre.
    Mai quel pensiero poteva essere più azzeccato, anche se dettato dall’inconscio.



    *






    Inforcò l’ultimo boccone di lasagna con fare famelico, per poi portarsi alle labbra la forchetta ricolma di quello che consisteva il suo pranzo ed il suo piatto preferito.
    - Tesoro, mangia con calma, così ti strozzi.- cercò di avvertirlo sua madre, con uno sguardo leggermente perplesso.
    Per risposta, Brian, alzò il viso, mostrando una bocca completamente sporca di sugo e due guance gonfie, piene di quella che sicuramente era pasta.
    - Dio, mio figlio è regredito ai dieci anni.- borbottò scherzosamente suo padre, versandosi un altro bicchiere di vino.
    Il ragazzo aggrottò le sopracciglia, leggermente offeso, pulendosi poi la bocca con il tovagliolo.
    - A che ora devi essere a lavoro?- chiese sua madre.
    - Alle tre e mezza, oggi entro più tardi.- rispose Brian annoiato, pulendosi gli ultimi residui di pomodoro.
    - Allora puoi accompagnarmi da Jeffree?- chiese Grace, attaccandosi morbosamente al braccio del fratello, sfoderando uno dei suoi migliori sorrisi.
    - Chi cazzo è Jeffree?- chiese abbastanza scocciato.
    - Brian! Non parlare così davanti a tua sorella!- lo sgridò la madre.
    - Ma se lei ne dice di peggio!- controbatté, guardando la ragazzina di sottecchi.
    - Non è vero, bugiardo!- rispose, mollando uno scappellotto sulla spalla del più grande.
    - Ah sì, eh? Allora cos’era quel “Jennifer è una troia, dovrebbe andarsene affanculo” che ho sentito l’altro giorno mentre parlavi al telefono, sorellina?-
    - Grace! Non ti permetto di dire queste parole così scurri- -
    - Amore, lascia perdere,- intervenne il padre di famiglia.
    - sono ragazzini, anche se facciamo notare loro che non devono dire quelle parole, continueranno irrimediabilmente a farlo.-
    - Ma caro, non deve dirle, ha tredici anni, porca puttana!-
    - Ecco il buon esempio che i genitori offrono ai figli nel ventunesimo secolo.- concluse Brian pacato, alzandosi da tavola e gettando il tovagliolo al lato del piatto.
    - Vado un attimo a stendermi…- annunciò, incamminandosi verso le scale.
    - No, Brian, aspetta!- gli corse dietro la sorella, urlando.
    - Che vuoi ancora?!-
    - Mi accompagni da Je- -
    - No, se non mi dici chi cazzo è questo ragazzino!-
    - E’ il ragazzo con cui sto uscendo,- rispose lei con un’alzata di spalle – qualcosa in contrario al riguardo?-
    - Oh mio Dio, non farete mica sesso vero?- chiese il ragazzo allarmato. Dopotutto i suoi istinti da fratello maggiore ed ultraprotettivo non riusciva effettivamente a camuffarli.
    - Ma no che non facciamo sesso, cosa vai a pensare! Mica sono come te, io.- sbottò risentita Grace.
    - Devo ricordarti che fra tre mesi ho ventun’anni oppure ne sei consapevole anche da sola?-
    - Uffa, hai rotto Brian, mi accompagni oppure no?-
    A quell’adorabile faccino incorniciato da occhi blu e capelli color della notte, tutti, prima o poi, cedevano.
    - Va bene, zecca. Ma adesso lasciami stare, altrimenti niente!-
    Vide il viso della così detta “zecca”, aprirsi in un enorme sorriso ed infine, sentì due braccia magrissime cingergli il collo e due altrettanto gambe magre attorcigliarsi attorno alla sua schiena.
    - Grazie, grazie, grazie!- ripeté più volte, schioccando un bacio sulla guancia a suo fratello.
    Quest’ultimo non poté fare a meno di stringerla per evitare di farla cadere, sorridendo sbilenco a quella felicità adolescenziale, dettata da una cosa dall’apparenza semplice.
    - Ricordi il discorso sulla zecca?- le ricordò. Grace scese dall’abbraccio e sorrise, inarcando un sopracciglio.
    - Okay, me ne vado, uffa. Ma alle tre devi essere pronto!-
    - Agli ordini, generale.- rispose Brian, scherzosamente.
    Si incamminò verso le scale che conducevano alla sua camera, per poi raggiungerla e stendersi finalmente sul morbido materasso.
    Aveva trovato un impiego molto appagante, a detta sua.
    Lavorava come aiuto fotografo nello studio di fotografia del signor Halley, a pochi chilometri da casa sua.
    Adorava fotografare, adorava immortalare soggetti o paesaggi da diverse angolazioni, per poi divertirsi a sfuocare l’immagine o ad ingrandirla.
    Era sempre stata una sua grande passione fin da quando aveva tredici o quattordici anni, perciò era stato più che contento di essere assunto in quel negozio. Lavorava volenterosamente e guadagnava una paga sufficiente per mantenersi bene o male da solo. A differenza di vitto ed alloggio, cosa che gli forniva ancora la famiglia. Presto avrebbe dovuto trovarsi almeno un monolocale per essere più indipendente. A differenza di molti ventenni lui aveva una vita abbastanza tranquilla e, le uniche cose che la movimentavano, erano appunto la fotografia ed il suo… Conquistare ragazze, diciamo.
    O ragazzi.
    I suoi logicamente non sapevano nulla della sua presunta bisessualità, ed essendo persone abbastanza conservatrici, non sarebbero stati propriamente d’accordo su quello che riguardava la sua decisione. Ma d’altronde lui era maggiorenne, poteva fare ciò che voleva.
    Si abbandonò ad uno stato di dormiveglia leggero, quando sentì il lieve vibrare del cellulare il quale lo avvertiva che doveva alzarsi e recarsi a lavoro.
    Si alzò pigramente, stropicciandosi gli occhi e scese in cucina.


    - E anche per oggi abbiamo finito.- esordì il signor Halley, chiudendo le saracinesche del negozio di fotografia.
    - Brian, come al solito, un ottimo lavoro, complimenti.-
    - Grazie signore,- rispose il ragazzo arrossendo teneramente sugli zigomi – faccio quel che posso.-
    - Oh, non essere modesto ragazzo, hai davvero talento!- rispose il proprietario bonariamente.
    Brian ringraziò di nuovo, salutandolo ed incamminandosi verso la sua auto. Sentì il cellulare vibrare nella tasca dei jeans.
    Michael.
    Sorrise.
    - Pronto?-




    *






    Alla fine Justin si era ritrovato a casa da solo, non sapendo cosa mangiare per cena. Sua madre era allegramente partita per un “viaggio di lavoro” con Robert Davis, un collega che ultimamente era fin troppo presente, sia nei discorsi della donna che all’interno del suo appartamento.
    Pensò che poteva benissimo fregarsene della cena ed accettare l’invito di Daphne, ovvero, rinchiudersi dentro il pub più vicino ed ubriacarsi con la sua migliore amica.
    In effetti quella prospettiva lo allettava e non poco. Anche se non era sicuro di poter ancora sopportare le insidie dei suoi compagni di classe.
    Non capiva perché si ostinassero a prenderlo costantemente per il culo.
    Ogni volta che lo salutavano, che lo incrociavano, era un pretesto per schernirlo, per rivolgergli domande maliziose.
    Tutte cose che puntualmente lui cercava di ignorare, dimostrando un atteggiamento di finta superiorità, sorridendo di sbieco e girando la testa verso la direzione opposta, tentando di non sentire le loro risate soffocate.
    Naturalmente quelli che si comportavano così erano ragazzi immaturi per i loro diciannove anni di età, i quali si divertivano a chiamarlo “checca” o “frocio”, semplicemente perché lui aveva avuto il coraggio di esprimere senza vergogna quello che era.
    Magari avessero avuto tutti il coraggio che aveva avuto lui.
    Si decise ad afferrare il cellulare sulla mensola dei libri e a cercare in rubrica il numero di Dafne.
    Due squilli e, come al solito, quella rispose.
    - Pronto Just!- esclamò allegra.
    - Ciao, Daphne. A che ora mi passi a prendere?-
    - Allora vieni? Come sono felice! Beh, diciamo tra… una mezz’ora? Può andar bene?-
    - Benissimo, tanto non ho da fare nulla.-
    - Allora preparati che stasera rimorchiamo.- ed agganciò.
    Justin scosse la testa. Era proprio un personaggio, la sua amica.
    Si vestì in fretta e accendendosi una sigaretta uscì di casa, appostandosi davanti al vialetto in attesa di scorgere la vecchia macchina della madre di Daphne girare l’angolo.
    Sentì il rumore di un motore provenire alla sua sinistra e come di riflesso i girò verso quella direzione.
    No, sicuramente quella non era Daphne.
    O meglio, quello.
    Brian Kinney era intento a mettere in moto la sua auto parcheggiata davanti casa, imprecando, con le mani puntellate sul volante, poiché la vettura aveva difficoltà a mettersi in moto.
    E lui se ne stava lì, come un pesce lesso a fissarlo, la bocca leggermente dischiusa e gli occhi aperti a dismisura.
    Neanche si accorse che il ragazzo aveva smesso di arrabbiarsi contro il veicolo e lo stava fissando di rimando.
    Sbatté leggermente le palpebre, rendendosi effettivamente conto di cosa stesse accadendo.
    Lui e Brian si stavano… guardando. Si guardavano negli occhi.
    E lui gli stava sorridendo.
    Proprio quando stava per alzare la mano in cenno di saluto, un rumore ripetitivo di clacson lo destò.
    Daphne.
    - Andiamo Justin? O vuoi metterci le radici sul marciapiede?- gli chiese in tono sarcastico e sorridendo, sporgendosi dal finestrino della macchina.
    - No-no… eccomi!- rispose, voltandosi nella direzione dell’amica e correndo verso di lei.
    Salì come in trance sull’autovettura, sprofondando nel sedile di pelle. L’abitacolo odorava di quelli alberelli profumati che emanavano un odore indistinto.
    - Merda, mia madre si ostina a mettere questa roba che secondo lei profuma l’ambiente, che schifo.- sentenziò la ragazza, staccando il malcapitato alberello dal gancio dello specchietto centrale.
    - E’ carino quel ragazzo…- si rivolse infine a Justin, il quale era incantato a guardarsi le scarpe impolverate, apparentemente molto interessato.
    - Sì…- rispose - è proprio carino.-
    Daphne sorrise. Lo sapeva che infondo quel biondino era un inguaribile romantico.
    Solo che si ostinava a rifiutare quella piccola cosa chiamata amore.





    - Che casino.- sbuffò, quando con Daphne varcarono la soglia de “Il terzo binario” .
    All’interno del locale risuonava un tipo di musica piuttosto rock, forse l’unica cosa che a Justin piaceva di quel posto pieno di confusione.
    - Smettila di lamentarti, sei qua per divertirti, stai sempre, costantemente tappato in casa. Hai bisogno di svagarti.-
    e detto questo, lo trascinò verso il bancone dove venivano serviti gli alcolici.
    - Due coca e gin, grazie.- ordinò per entrambi.
    - Ehi, ma io- -
    - Tu stai zitto e bevi quello che ho ordinato e non fai lo spocchioso, capito biondino?-
    Non gli restò altro che sbuffare per poi portarsi il bicchiere alle labbra ed assaporare il gusto fin troppo dolce del suo drink.
    Sarebbe stata una lunghissima serata.




    - Michael, ma dove mi hai portato?- bofonchiò Brian, guardando l’insegna del locale di sottecchi.
    - Questo è “Il terzo binario” Brian, non ci sei mai stato? Dio, hai ventuno anni e già stai cominciando ad invecchiare.-
    - Ehi,- protesto quest’ultimo, colpendo l’amico sulla spalla - cosa cazzo dici? Io non sto invecchiando, sei impazzito? Sono nel pieno della vita!- rispose piccato.
    - Okay, okay!- disse Michael, scoppiando in una leggera risata - Non volevo offenderti!-
    - Entriamo, idiota.- lo esortò Brian, circondandogli le spalle con un braccio ed oltrepassando l’entrata del pub.




    Era da circa mezz’ora che quel ragazzo ci stava provando con lui e Justin si stava divertendo un sacco a farlo soffrire in quel modo.
    Si lasciava baciare sul collo e sui lobi delle orecchie, ma quando il moretto cercava di arrivare alle labbra, lui scostava magistralmente la testa, sorridendo maliziosamente, cominciando a parlare e notando gli sbuffi di disappunto del ragazzo.
    Magari quella sera sarebbe stata la volta buona per scopare, pensò con una punta di soddisfazione. Il ragazzo che aveva davanti doveva avere più o meno cinque o sei anni più di lui, ben messo a muscoli, capelli corti e neri ed occhi azzurri, della stessa tonalità dei suoi. All’inizio si era meravigliato di come in quel locale avesse avuto la possibilità di aver incontrato un ragazzo gay. Dopotutto avrebbe messo la mano sul fuoco sul fatto che tutti lì dentro fossero eterosessuali.
    - Ehi, perché non andiamo in un posto più… appartato?- chiese il moro.
    Proprio quando Justin stava per rispondergli che, sì, per lui andava bene appartarsi e magari combinare qualcosa, visto anche che Daphne stava allegramente pomiciando con il bar man, una voce potente e soprattutto conosciuta, lo interruppe proprio prima di cominciare.
    - Ma guardate chi abbiamo qua! La checca!-
    Chris Turner si azzardava ancora a rompere i coglioni?




    Non ci poteva credere. No, un momento, non poteva credere al fatto di avere una vista ed una capacità di osservazione così sviluppate.
    Appena entrato all’interno del locale, aveva subito adocchiato una chioma biondo chiaro. Si era detto che no, non poteva essere lui, troppa fortuna in un solo giorno.
    E invece no, era proprio Justin Taylor quello seduto al bancone, con un drink in mano, intento a flirtare animatamente con uno sconosciuto.
    Immediatamente, un moto di rabbia e quella che sembrava gelosia si irradiò dentro di lui.
    Fino a che non video il ragazzo dai capelli neri che stava parlando con Justin andarsene e quest’ultimo alzarsi dallo sgabello, raggiungendo, a pochi passi dal bancone, un colosso - probabilmente un giocatore di football – dall’aria strafottente.
    Lo vide puntargli un dito contro, guardarlo con uno sguardo carico di rabbia ed inveirgli contro, prendendolo successivamente per il colletto della T-shirt.
    E poi lo vide voltare di scatto la testa verso sinistra, non per sua volontà, e cadere a terra.
    Il resto furono solo immagini confuse.




    Si ritrovò steso a terra, con la tempia dolorante, forse per averla sbattuta sul pavimento.
    Sentiva i sensi svanire, mentre di riflesso si piegava su se stesso quando i calci di Chris raggiungevano il suo stomaco.
    Sentì la voce di Daphne, come in lontananza, chiamare il suo nome e le sue grida leggermente acute.
    Poi, il dolore al livello dello stomaco sparì, come improvvisamente.
    Sentì un paio di braccia sollevarlo da terra.
    Un paio di braccia forti, virili.
    Tentò di aprire gli occhi, riuscendoci a malapena.
    In quel secondo nel quale riuscì a distinguere qualche particolare, vide in modo sfocato il suo viso, i suoi occhi, osservarlo preoccupato.
    Ebbe la sensazione che il suo subconscio gli dicesse di stare calmo, e di abbandonarsi a quelle braccia che lo tenevano stretto, stretto come mai nessuno aveva fatto.
    Si addormentò.
    O svenne, non riuscì a capirlo.





    ***




    Note finali: Eeew ._.
    Scusate >.< Ho scritto un finale bastardo, lo so, non c'è bisogno che me lo dite -_-
    Però doveva finire così ù.ù
    Non poteva finire in altro modo, altrimenti finivo tutta la storia (ora, non sageriamo u.u) in questo capitolo ._.
    Pooooi, aggiungo che per scriverlo ci ho messo un casso di tempo, di fatica e sudore. E nonostante ciò ono sono pienamente soddisfatta, però mi piace al settanta per cento xD
    Spero sia piaciuto anche a voi, il prossimo sarà molto più movimentato, diciamo xD questo era un capitolo di passaggio, se così può essere definito, ecco ù.ù
    Adesso mi dileguo e alla prossima *-*
    Un bacio megaggalattico e grazie di leggere x3
    Hachi <3
     
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  11. panny94
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    Ooooh Auri *-*
    Il babbuino s'è scollato
    Ma devo andare a dormireee T_____T
    E' romanticoso questo capitolo u.u
    Chris ._.
    Almeno ha fatto arrivare Brian *-*
    Mi piace ù.ù
     
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  12. ;HachiBLOOD™
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    Postaggio rimandato a dopo il 28 ._.
    Causa: esame di riparazione e niente tempo per scrivere ç____ç
     
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  13. panny94
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    Ecco brava u.u
    Devi passarlo **
     
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  14. ;HachiBLOOD™
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    That little thing called love


    Capitolo terzo






    Spalancò la porta del bagno con un calcio, mentre all’interno del locale tutto era tornato estremamente calmo. Evidentemente quel tipo di cose succedevano spesso, quindi la gente non ci faceva caso.
    - Ehi, tu!-
    Brian voltò la testa verso la voce che lo stava chiamando. Era un ragazza, molto carina, con voluminosi capelli neri e ricci, la quale correva scompostamente a causa delle scarpe con un po’ di tacco.
    Lo raggiunse con gli occhi lucidi, sporgendosi oltre il recinto che formavano le sue braccia per controllare il volto di Justin. Aveva un grosso segno rosso sullo zigomo, il quale si sarebbe trasformato presto in un livido violaceo.
    - Ehi, tu, che cazzo fai?- le chiese brusco Brian, che intanto era stato affiancato da Michael.
    - No, che cazzo stai facendo tu, semmai! Lui è il mio migliore amico, come ti permetti di prenderlo in braccio e portarlo a spasso per il locale, eh?-
    - Non vedi che è ferito ed è svenuto? Stavo solo cercando di aiutarlo!-
    - Sì cer- -
    - Per favore, parlate piano…- pigolò Justin, che nel frattempo era riuscito a riprendersi leggermente, sentendosi estremamente al caldo e… sospeso?
    Dov’era finito?!
    - Justin! Oh mio Dio, tesoro, stai male?!- strillò Daphne in preda al panico più totale.
    - Non urlare, cazzo.- imprecò il biondo tappandosi le orecchie con le mani, affondando istintivamente il viso nel petto di Brian.
    Spalancò gli occhi nello stesso momento in cui lo fece.
    Entrambi ebbero un sussulto.
    Preso dall’agitazione, Justin respirò profondamente con il naso, ritrovandosi ad inalare l’intenso odore maschile della persona che lo stava tenendo in braccio.
    Poi si ricordò di chi si trattava.
    Ricordo che, poco prima di svenire, aveva aperto momentaneamente gli occhi, mettendo a fuoco, seppure debolmente, la sua faccia.
    Brina Kinney lo stava tenendo sollevato da terra, stringendogli le spalle con un braccio e le gambe con l’altro.
    Merda.
    Lentamente alzò il viso verso il suo, quasi fosse un gattino spaurito, guardandolo con stupore misto a soggezione.
    Brian di risposta, gli sorrise leggermente, causando un improvviso arrossamento delle sue guance ed un imbarazzante surriscaldamento delle orecchie.
    Ma allora era vero che gli faceva uno strano effetto quel ragazzo.
    Ora, strano sarebbe stato sbagliato definirlo, visto che le sensazioni che provava quando lo vedeva non erano affatto strane o brutte.
    - Stai bene, Justin?- si ritrovò a chiedere Brian, abbassando la testa, fino a sfiorare il mento contro i suoi capelli biondi.
    Il più piccolo alzò lentamente la testa verso di lui, guardandolo di sottecchi.
    - S-sì, cre-credo di sì…- rispose balbettando.
    Dio, era proprio idiota.
    - Brian, adesso potresti anche farlo scendere.- pronunciò una voce dal tono leggermente sarcastico dietro Daphne.
    Brian in quel momento decise che Michael era morto. Morto completamente.
    Si gelò sul posto, guardando fisso quello che era il suo migliore amico, per poi balbettare una serie di scuse imbarazzate rivolte a Justin e finalmente gli fece poggiare i piedi a terra.
    Subito però il biondo cominciò a barcollare, buttando la testa in avanti, come se sopra ci fosse posto un grande macigno, per poi buttare il peso all’indietro, reggendosi appena in tempo alla maniglia della porta del bagno per evitare di cadere.
    - Ehi, ti gira un po’ la testa, eh?- gli chiese Brian teneramente, tenendogli un gomito.
    - Già, credo sia stata la botta che mi ha dato quello stronzo.- gli rispose, rimettendosi in posizione diritta.
    - Andiamo piccolo, ti riporto a casa, hai bisogno di stenderti. Oppure te la senti di restare? Perché io, ecco… avrei un- -
    - Lascia perdere Daphne e torna a flirtare col barman. Io me ne ritorno a casa da solo, non ho problemi.- e proprio mentre stava per avviarsi verso l’uscita del locale, la voce di Brian lo fermò di colpo.
    - Se vuoi ti accompagno io a casa. Mi sembra di sapere dove abiti, o no?- gli chiese con un sorriso che gli increspava le labbra.
    - Oh, ehm… va bene, se ti fa piacere.- rispose Justin girandosi verso di lui, grattandosi una guancia un po’ imbarazzato.
    Il più grande lo raggiunse, afferrandolo per un polso, un po’ troppo confidenzialmente, e lo trascinò verso l’uscita del locale.
    - Ehi, Brian, aspetta! E io come cazzo ci torno a casa?!- ma i due erano già usciti, senza degnarlo di attenzioni e ascolto.
    - Tranquillo, ti ci porto io, ho la macchina. Lasciali andare, mi pareva che Justin fosse in qualche modo interessato al tuo amico.- gli si rivolse Daphne, sorridendogli.
    - Cosa? Scherzi, vero?-
    - Certo che no! Conosco Justin, è il mio migliore amico. Se non te ne fossi accorto, è gay.-
    - Oh,- esclamò debolmente Michael, preso alla sprovvista. Okay, Brian era bisessuale, ma mica aveva intenzione di provarci con quel ragazzino?
    - non credevo che…-
    - E comunque io sono Daphne, piacere di conoscerti.- esordì la ragazza, interrompendo i pensieri del ragazzo ed allungandogli una mano.
    - Michael, piacere mio.- rispose lui, stringendole la mano a sua volta, sorridendo radioso.
    - Allora, ci beviamo qualcosa?- propose lei.
    - Ma non stavi flirtando con il barman?- chiese lui, un velo dubbioso e sarcastico nella voce.
    - Ehm, sì, ma è una palla totale. Spero che tu sappia parlare con una grammatica corretta e che non mi infili la lingua fino in gola tentando di soffocarmi.- gli disse, guardandolo con un sopracciglio alzato ed un sorriso sghembo.
    Oh sì, quella ragazza gli piaceva proprio.
    - In lettere ero molto bravo alle medie, per non parlare delle superiori, e all’orale andavo molto meglio che nello scritto.-
    - Oh, wow, bene allora.- ammiccò Daphne. Doveva dirlo, era un tipo davvero molto più interessante del barman.




    *




    Il viaggio in macchina fu profondamente silenzioso, scandito solo dal basso ritmare della radio. Ogni tanto Brian lanciava all’altro dei piccoli sguardi obliqui, i quali erano ampliamente ricambiati, con aggiunta di dolcissimi sorrisi storti e imbarazzati.
    In quanto a lui, non poteva crederci. In tutti quegli anni non ci aveva mai pensato così seriamente, ma adesso che si trovava sommerso in quella situazione fino alle orecchie, non negava di non averci pensato almeno una volta. Non gli sembrava vero il fatto di avere quel ragazzo accanto a se, sulla sua auto. A dir la verità, gli bastava solo e soltanto la sua presenza a pochi centimetri di distanza. Notò che Justin stava giocando nervosamente con la linguetta della cerniera della sua felpa, guardando in basso. Non poté fare a meno di sorridere a quella visione. Era così terribilmente dolce e tenero che avrebbe voluto stringerlo fra le braccia e baciarlo fino allo sfinimento.
    Il tragitto fu così veloce che neanche si accorse di essere arrivato a casa.
    - Beh, eccoci qua.- esordì.
    - Già… grazie del passaggio, ecco.- rispose il biondo, grattandosi la nuca e accingendosi ad aprire lo sportello della vettura per scendere. Prima si toglieva da quella situazione imbarazzante, meglio era.
    - Aspetta, ti accompagno alla porta, tanto entro in casa anche io. A dirtela tutta, non ho per niente voglia di tornare in quel locale.- gli disse, scendendo di macchina e chiudendosi lo sportello alle spalle.
    - Oh, ti capisco, anche a me non piaceva molto stare lì.-
    - Già, poi con quello che ti è successo. Perché quello stronzo ti ha colpito?- chiese poi, cominciando ad incamminarsi verso l’abitazione.
    - Perché fondamentalmente sono gay e lui è un fottuto bigotto di merda, ecco perché. Mi domando cosa abbiano contro il mio orientamento sessuale, sia lui che i suoi amici idioti e palestrati del cavolo. E chi lo sa, forse anche loro sono gay! Se lo fossero però non lo ammetterebbero mai perché sono dei- -
    Brian lo zittì, posandogli l’indice sulle labbra e fermandosi poco prima dei gradini che davano sulla porta d’ingresso.
    - Ehi, calmo, non agitarti. Guardati sei tutto rosso.- gli disse tranquillamente, staccando successivamente il dito dalle sue labbra lievemente schiuse. Di conseguenza, Justin, rimase abbastanza sorpreso. Non si aspettava un contatto così improvviso da parte dell’altro. Constatò però che era rimasto piacevolmente sorpreso.
    - Sì, scusa, hai ragione.- si giustificò, arrossendo sulle guance.
    - Non preoccuparti, è normale scaldarsi per questo genere di cose,- lo rassicurò. – bene, sarà il caso che- -
    - Non vuoi entrare?- gli chiese Justin d’improvviso. Si stupì da solo, sentendosi pronunciare quelle parole. Che coraggio aveva avuto per proporre a Brian una cosa simile? E se avesse equivocato? Dopotutto, per quello che ne sapeva lui, quel ragazzo non era gay, né nulla di simile.
    Ma c’era sempre una remotissima possibilità, no?
    Dio, era malato. Era completamente fuori di cervello.
    - Sicuro che non disturbo?- chiese di rimando – magari tua madre dorme, o…-
    - Mia madre non c’è, è in viaggio per lavoro.- si ritrovò a rispondere nuovamente, accigliandosi leggermente per tutta quell’impulsività.
    - Oh, bene, allora okay.- acconsentì allegro. Onestamente, non si aspettava davvero nulla da Justin e dal suo proporgli di entrare in casa. In contrario alle previsioni dell’ultimo, lui non aveva pensato neanche un attimo che quel ragazzino potesse avere secondi fini. Perché in realtà, di secondi fini, non ce n’era neanche uno.
    Quella situazione era talmente trasparente, vera e limpida, da sembrare di cristallo.
    Lo osservò armeggiare con la serratura, per poi esclamare un “entra pure” e spalancargli la porta di quella piccola, ma accogliente casa.
    Si pulì le suole delle Adidas bianche allo zerbino, per poi entrare nell’ingresso. L’appartamento di Justin non era molto diverso dal suo, anzi, erano piuttosto simili, soprattutto nell’architettura. E doveva ammettere che l’abitazione era arredata piuttosto bene, si vedeva che c’era mano femminile.
    - Vuoi qualcosa da bere?- si sentì chiedere dall’altro, il quale interruppe la sua osservazione.
    - Ho della birra, può andare?- gli chiese nuovamente.
    - Oh, sì certo, è perfetta. Grazie.-
    - Bene, siediti pure sul divano, intanto, io arrivo subito.-
    Lo vide allontanarsi verso la cucina, mentre lui si recava verso il grande divano color panna in salotto. Si ritrovò, senza spiegarsi il perché, a camminare con il collo posto in un’angolazione innaturale, più precisamente, girato scomodamente all’indietro, verso il punto dove stava camminando Justin.
    Aveva proprio un bel fondoschiena.
    Arrossì di colpo, girando di scatto la testa e visualizzando la sua attenzione sui cuscini che ornavano il divano. Okay, adesso doveva solo calmarsi e non continuare a pensare a quel perfetto sedere che si muoveva dentro a quei jeans stretti e scuri…
    No, così non andava affatto bene. Proprio per niente.
    Pregò tutti i santi del calendario affinché qualcosa all’interno dei suoi boxer non si risvegliasse di colpo. Non sarebbe stato propriamente consono alla situazione e, oltretutto, l’avrebbe messo decisamente in imbarazzo.
    Per sua fortuna, constatò che nulla aveva subito strani affetti, quindi sprofondò comodamente nella morbida seduta, guardandosi intorno.
    Quasi non sentì il suo dolce peso che si sedeva accanto a lui sul divano, silenziosamente. Non si accorse proprio della sua presenza, tanto era perso nei suoi pensieri, fino a quando non si vide penzolare davanti al naso una bottiglia di Heineken stappata.
    - Ti eri incantato?-
    - Oh! No, stavo solo… pensando.-
    - Comunque, eccoti la birra.-
    - Grazie, - disse, prendendo un lungo sorso dalla bottiglia.
    - No, grazie a te per… avermi raccolto da terra, ecco.- sussurrò vergognosamente, grattandosi la guancia destra con la mano libera.
    - Scherzi? Mi sembrava il minimo, eri svenuto. Mi sono preso una paura assurda, tu non puoi neanche capire.- rispose Brian, guardandolo improvvisamente negli occhi.
    Successivamente, si rese conto di ciò che aveva detto.
    - Scusa io non volevo… non voglio sembrarti un…-
    - No, tranquillo. Mi fa piacere che tu ti sia preoccupato per me.- rispose Justin con un filo di voce, arrossendo sulle orecchie. – Non tutti lo fanno. Mia madre, ad esempio, se ne frega.- continuò.
    - Non ci credo Justin,- rispose – la tua amica, non ti vuole bene?-
    - Chi, Daphne? Oh sì, lei… è l’unica credo, che me ne voglia veramente.-
    In quel momento Brian pensò al fatto che si stesse sbagliando davvero di grosso.
    - Non pensi che magari altre persone passano volerti bene senza che tu lo sappia?- chiese cautamente. Sperava con tutto se stesso che Justin non riuscisse a capire dove voleva andare a parare con quella domanda. Ma, a quanto pareva, il ragazzo era concentrato nell’intento di staccare del tutto l’etichetta della birra dalla bottiglia di vetro, operazione facilitata dalle goccioline d’acqua che scendevano sulla superficie.
    - In verità no,- si trovò a rispondere. – non credo che se Nate mi avesse voluto veramente bene mi avrebbe tradito con tutte le persone che gli passavano davanti agli occhi.- si rese conto di stare divagando, ma in quel momento, poco gli importava. Aveva un bisogno represso di sfogarsi, e lo stava facendo senza rendersene conto.
    - Sai, Justin, non è detto che la razza umana sia irrimediabilmente stronza. A volte possono esserci pure delle eccezioni, non credi. Il fatto è che, specialmente dopo i tradimenti, non dobbiamo bisogna essere per forza malfidati nei confronti di tutti. Magari, con la persona giusta, riesci a recuperare ciò che ti manca, non credi? E’ solo questione di fortuna.- concluse, portandosi la birra alle labbra.
    - Già, hai ragione.- asserì.




    *




    Non credeva che quel Michael, dall’aspetto così infantile e tremendamente tenero, potesse essere… così.
    Si spinse di più su di lui, circondandogli il collo con le braccia, mentre lui scendeva piano con le mani ad afferrare il suo sedere, stringendo rudemente le natiche fra le dita, mentre approfondiva il bacio più di quanto fosse possibile.
    La sentì gemere leggermente, cosa che lo fece eccitare in modo palese. Infatti, in poco tempo, si ritrovò a strusciarsi impercettibilmente verso l’altro, rendendole palese il messaggio.
    Daphne si staccò dalle sue labbra, guardandolo con occhi lucidi.
    Michael le sorrise, accarezzandole dolcemente la guancia, come per rassicurarla.
    - Non faremo nulla, stai tranquilla.- le sussurrò.
    - Credevo che… tu… beh, volessi- -
    - No, se tu non vuoi. Ci conosciamo da qualche ora e mi sembrerebbe esagerato farlo adesso, in una macchina poi.- disse, ridacchiando.
    - Oh, meno male. Sai, non ero proprio pronta. A dire il vero non mi sono mai trovata in una situazione del genere.- gli confessò.
    - Calma, va tutto bene. Anche per me è lo stesso, più o meno. Sai, con il passare degli anni sono arrivato a capire cosa è meglio anche per le ragazze. Sembra strano detto da un ragazzo, eh?-
    - Sì, in effetti un po’.- confermò lei, sorridendo radiosamente. Gli piaceva proprio.
    - Senti, ti va se… ci frequentiamo? Che ne dici, per conoscerci meglio.- propose infine lui. Quella ragazza sentiva che era diversa dalle altre. Voleva averne solo la conferma.
    - Oh, ecco, io…- farfugliò Daphne in risposta. Non se l’aspettava, per niente. Pensava che, una volta saliti in macchina avessero concluso qualcosa e poi lui l’avesse portata a casa. Si sbagliava di grosso, evidentemente.
    - Ho capito, hai già il ragazzo.-
    - Oh, no no no! Nessun ragazzo, fortunatamente. E’ che non me l’aspettavo, tutto qua.-
    - Capisco,- rispose comprensivo Michael, accarezzandole le cosce, mentre sporgeva una mano con l’intento di riportare le labbra di lei sulle sue. Intento che andò a buon fine.
    Si scambiarono un altro bacio appassionato, per poi staccarsi con il fiatone e le guance arrossate.
    - Se ti lascio il mio numero mi chiami domani?- Domandò.
    Michael sorrise. Era la sua serata fortunata, a quanto pareva.




    *





    - Davvero lavori in uno studio fotografico? Dio, quanto ti invidio!- esclamò, portando nuovamente la sigaretta che Brian gli aveva gentilmente offerto, alle labbra.
    - Non invidiarmi, pagherei oro per tornare a scuola, te lo giuro. Può essere bello sì, ma il lavoro è stancante.- disse, aspirando anche lui un tiro. In qualche modo, gli faceva contorcere lo stomaco come un ragazzino alle prima cotte adolescenziali pensare che, su quello stesso filtro, c’erano appoggiate le sue labbra neanche cinque secondi prima.
    Si passò la lingua si di esse, immaginando come fosse sentire il suo sapore.
    - Allora un giorno facciamo uno scambio di ruoli, vedrai che non rimpiangerai il tuo perfettissimo lavoro, Brian.- sentenziò.
    - Okay, accetto.- rispose. Successivamente, sollevò il polso sinistro, dando un’occhiata veloce all’orologio.
    - Cazzo, ma è tardissimo!- esclamò – Sarà il caso che vada, domani mattina devo essere allo studio un’ora prima.-
    Spense la sigaretta ormai consumata nel posacenere posto sul tavolino di cristallo del soggiorno, avviandosi poi verso la porta d’ingresso.
    - Aspetta, ti accompagno.- lo seguì Justin.
    Gli aprì gentilmente la porta che dava sul giardino della sua villetta, sentendo l’aria fresca solleticargli il viso.
    - Allora… grazie per la serata Brian.- pigolò.
    - Non ringraziarmi, sono stato benissimo. Sono io quello che deve ringraziare te per il disturbo.-
    - Nessuno disturbo, anzi,- ribatté, sventolando una mano.
    Si guardarono negli occhi per alcuni secondi, quasi scrutandosi.
    Poi Brian, ruppe il silenzio.
    - Senti, Justin,- cominciò cautamente. – per quanto riguarda il discorso che abbiamo fatto prima… beh, ecco, non pensare che nessuno ti voglia bene, perché… non è così. So che magari non tutti lo dimostrano, ma a volte è utile anche guardare all’interno delle persone per scoprire cose che, magari, non ci saremmo mai immaginati.-
    Parlò a bassa voce, quasi silenziosamente, torturandosi l’orlo della camicia bianca che portava.
    - Grazie Brian.-
    alzò gli occhi e notò quel piccolo, e dolcissimo sorriso, ornare quel viso d’angelo che sognava da anni.
    Non poté resistere dall’avvicinarsi al suo volto pericolosamente, constatando che il suo respiro era accelerato come d’improvviso e che i suoi occhi azzurri erano fissi su i suoi.
    Non si rese neanche conto di aver avvicinato una mano ai suoi capelli, accarezzandoli morbidamente, per poi respirare direttamente sulle sue labbra.
    - Posso… baciarti?- si ritrovò a sussurrare. Vide solo in modo offuscato il suo segno d’assenso, poiché aveva poggiato le labbra sulle sue appena posta la domanda.
    Nella sua mente, non poté fare a meno di pensare ripetutamente “finalmente”.
    Accarezzò le labbra dell’altro gentilmente, prima di far guizzare la lingua fuori dalle sue, andando a lambire la chiusura della bocca dell’altro con la punta di essa. Sentì che la sua pelle era incredibilmente morbida e questo lo fece sospirare di piacere.
    Dopo poco, Justin schiuse la labbra, lasciando libero l’accesso a Brian, che prese a baciarlo con passione, regalando affamate, ma dolci leccate, al suo palato e andando a stuzzicargli la lingua, sollecitandola a muoversi.
    Lo sentì rispondere al bacio con uguale passione ed intensità, così ne approfittò per stringergli la vita ed attaccare il suo corpo alla parte di muro accanto alla porta semi aperta, pressandolo contro di esso e ponendo una gamba fra le sue. Di rimando, Justin gli passò le braccia attorno al collo, attorcigliando dolcemente i capelli corti della nuca dell’altro attorno alle sue dita. Con la lingua esplorò la sua bocca, andando ad assaggiare ogni singolo centimetro di lui, avvertendo il lieve sapore di tabacco.
    Brian gemette forte nella sua bocca, pressandolo di più contro il muro, scendendo con le mani fino alle sue natiche, stringendole leggermente e massaggiandole con i polpastrelli. Scese poi sulla sua mascella, lasciando le sue labbra umide e sole, per poi lasciare degli umidi e casti baci sul suo collo incredibilmente liscio e latteo.
    Si scambiarono un ultimo, appagante bacio, per poi staccarsi l’uno dall’altro, entrambi con il fiato corto e le guance arrossate.
    - Ecco, io… non so cosa dire.- esordì schiettamente Justin, dopo essersi staccato dal muro, arieggiandosi. Notò anche che un principio di erezione si stava formando all’interno dei suoi boxer, così come Brian. Prego perché quest’ultimo non lo vedesse e perché l’eccitazione si allentasse.
    - Non devi dire nulla, non c’è bisogno.- rispose il più grande. – Consideralo come… un bacio di saluto.- concluse sorridendo.
    Justin rise leggermente, arrossendo ancora di più di quanto lo fosse già.
    - Okay, io… devo veramente andare adesso. Se vuoi ci vediamo domani, tanto per… parlare, sì.- propose Brian, attorcigliando le mani fra di loro.
    - Oh, va… va bene, passa quando vuoi, domani non ho scuola.- acconsentì.
    - Bene, buona notte allora.-
    Si avvicinò, per poi lasciargli un caldo e morbido bacio sulla guancia vellutata.
    Justin lo vide andare via, ed avvicinarsi alla sua abitazione. Solo quando si accorse di avere un sorriso idiota stampato in faccia lo fece scomparire, per poi rientrare in casa e chiudersi la porta alle spalle.
    Si toccò le labbra.
    Sapeva che, dopotutto, quel bacio se lo sarebbe immaginato per tutta la notte.




    Girò la chiave nella serratura, attento a non svegliare nessuno all’interno della casa. Dopotutto, era mezzanotte passata.
    Si tolse le scarpe e salì silenziosamente le scale che portavano alla sua camera. Una volta arrivato davanti alla porta di essa l’aprì e, come un automa, si fiondò sul letto, affondando la faccia nel cuscino. Subito un sorriso si dipinse sulle sue labbra e, senza rendersene conto, emise delle risatine leggere e nervose, ricordando ciò che gli era appena successo.
    Il suo sogno di era realizzato.
    Si alzò dal letto e si affacciò alla finestra, accendendosi una sigaretta e aspirando il primo tiro. Guardò il suo giardino, e si rese finalmente conto che adesso, poteva effettivamente guardarlo da vicino e godere finalmente dei suoi capelli fra le dita.




    “Domani ti chiamo. Devo raccontarti un sacco di cose, Daph. Buona notte.” Scrisse velocemente l’sms e lo spedì all’amica. Pochi secondi dopo arrivò la risposta.
    “Anche io tesoro, non sai cosa mi è successo! A domani.”
    Sorrise. Quella era stata una bella serata per tutti, infondo.
    E con questo ultimo pensiero, si addormentò felice.





























    Note finali: Allora, vorrei inizialmente scusarmi per questa attesa orrenda, ma vi giuro che non è un bel periodo. E no, non lo dico per giustificarmi, ma perché sto passando veramente un periodo strano e non so come affrontarlo sinceramente.
    Ma, parlando d'altro.
    Questo capitolo non mi piace xD però avete visto che sorpresina?
    Allora, Michael è etero o_o chi se l'aspettava alzi la mano *palla di fieno*

    *coff*

    E loro due non sono amoreeee? *-* e Brian che gli salta subito addosso poi o.o
    Ma capitelo povero, dopo tutti questi anni u_u
    Però sono dolci ç___ç

    E dopo queste note me ne vado a letto che è tardi effettivamente ò.ò
    Mi scuso ancora per il ritardo, non so quando avrete il prossimo post, ma spero fra pochissimo *w*
    Un bacio a tutte, vi voglio bene <3
     
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  15. panny94
        +1   -1
     
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    Ma auri...!
    Che carini *w*
    Oddio che amori *-*
    Posso ridere anche io come un'idiota? XD
     
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30 replies since 1/8/2009, 19:03   390 views
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