>*La Luce della Luna*<

Sospesa

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  1. terryandbill
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  2. CRILLAKAULITZ
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    sto mettendo la muffa ù_ù
     
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    CITAZIONE
    sto mettendo la muffa ù_ù

    Si....lo so...anche il mio chappy....
    il problema è che la mia beta (Stefy) non viene da 7869765975976568674586486 anni su msn....
    mi dispiace, ma deve connettersi lei perchè io possa postare..
    scusate ancora.
     
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  4. ladymoon
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    Aaaalloraaaaaaaaaaa!!!!
    XDDDD!!!
    Ragazze scusate per l'immensa assenza ma tra me con lo studio e Stefy che non le va msn è un casino....^^!

    Questo è il secondo capitolo, lo dedico all'unica persona che ora mi è vicina.....Cri, tu che sei la mia Barbona fan sfegatata dei TH...ti ringrazio di esistere; e ovviamente lo dedico pure a Stefy, come sempre, perchè è grazie a li che sono a questo punto....^^!

    Avoi il capitolo, spero che vi piaccia e commentate in tante mi raccomando!!!


    by Irishvale

    >*Capitolo due*<

    -Fuga Dalla Realtà-

    >>Monaco

    La brezza leggera gli scompigliava le punte dei cornows morbidi e neri come la pece.
    Tom osservava la sua migliore amica dal terrazzo della sua villa. La trovava stupenda come ogni notte, ma stavolta aveva qualcosa che non andava, non era luminosa come sempre, forse aveva capito che qualcosa affliggeva il suo amico su quella sciocca Terra.
    Tom osservava la Luna completamente in silenzio, rapito dalla vista del satellite in fase crescente, circondato dalle amiche stelle e da una foschia da lui tutt’altro che benvoluta. Stava per piovere, e ciò significava che la sua amica sarebbe stata coperta dalle nubi. Si alzò da terra contrariato e rientrò in casa, o per meglio dire in quell’ammasso di scatoloni e plastica -per ricoprire le cose di valore- che era diventata.
    Quella sarebbe stata l’ultima volta di Tom in quella casa, l’ultima volta che avrebbe potuto andare sul suo amato terrazzo, l’ultima volta che avrebbe potuto sedersi davanti al camino di pietra di uno dei due saloni e godersi la solitudine a lui tanto cara, anche se il camino in sé era spento e ricoperto dalla plastica. Amava stare da solo, amava la penombra, il silenzio e il ticchettio dell’orologio a pendolo a pochi metri da lui. Quell’orologio aveva una storia tutta sua, e invocava in Tom pensieri unici, dolci e amari, belli e brutti . . .

    - Tomi vieni dalla mamma . . .-
    - Shi mutti . . .-
    - Attento al tavolino Tomi, ti fai male . . .e dopo dobbiamo per forza mettere l’acqua ossigenata . . . E che fa quella brutta cattivona?!-
    - No!! Brufcia!!! Non volio . . .-
    - Ahaha, ma no che non brucia tesoro . . .vieni dalla mamma . . .-

    Le braccia calde di sua madre gli rivennero in mente, facendo subito sì che una calda lacrima cadesse sul suo volto pallido. Tom la raccolse con la punta del dito e la osservò alla luce data dalla luna con aria contrariata, stufo di vedere quanto era debole e solo soprattutto...quella goccia salata era la prova che la sua anima si stava sciogliendo, lo stava abbandonando. Si alzò controvoglia facendo forza sulle ginocchia nude e si diresse in cucina mestamente. Voleva qualcosa da mettere sotto i denti alle quattro del mattino e l’avrebbe di sicuro trovata nel supermercato che aveva al posto del frigo, se non fosse che appena arrivato in cucina ebbe come un flashback…

    - Ma sentilo, osa anche definirsi padre lui! Ma ti rendi conto, che diamine stai dicendo? Cosa dirai a tuo figlio quando saprà che vuoi andartene e fare la bella vita in America? Cosa gli dirai per fargli capire che lo abbandonerai per sempre? E ancora ti definisci padre? Tsk . . .dillo di nuovo e ti sputo in faccia Gordon!-

    - Zitta, zitta! Parli tu? Una psicopatica schizzata? Tu che futuro hai in mente per tuo figlio? Vuoi fargli uscire il cervello? Vuoi mandarlo i tilt?-

    - Oh no, ma ti senti almeno quando parli? MIO FIGLIO? Non è più nostro? Gordon, tu non sei mai stato un padre e la cosa ora ti rode! Quel bambino ti avrà visto un paio di volte nella sua piccola vita e tu ora vieni qui e pretendi pure di avere lui? Con che criterio vuoi portarmi via il mio bambino? Il mio Sole? Mai non lo farai mai!-

    Tom si ritrovò appoggiato al piano cucina, il volto sudato, il respiro affanato, strettamente aggrappato all’ultimo ricordo della madre che veniva sbattuta sul frigorifero da suo padre con quelle ruvide callose e crudeli mani. Il ragazzo corse via dalla cucina, scontrandosi con una figura avvolta in una morbida camicia da notte.
    - Tom!!! Tesoro che succede?! Parlami . . .-
    Non rispose. Voleva correre via, lontano, via da quella casa. Inspiegabilmente l’idea di andare a Berlino cominciava a piacergli, si aggrappava a quello per continuare a vivere, sapere di dover andare via era un toccasana per lui, che vedeva la capitale come una fuga da quel che era diventato, un modo per cambiare di nuovo.
    Tom si staccò dalla zia , lasciando la donna scioccata in cucina con un bicchiere vuoto in mano, arrivando alla velocità della luce davanti alla lucida e scura porta in mogano della sua stanza e fiondandosi dentro per poi richiudere la porta con un tonfo forte.Si appoggiò alla porta chiusa mentre perle di sudore freddo gli scendevano lente giù per il collo fino a bagnare la sottile maglietta che usava per dormire e scivolò lungo la porta, fino a cadere in ginocchio a terra. Si sentiva male, gli mancava il respiro e aveva un’insopportabile voglia di urlare. Ansimando, si alzò da terra,e prese la testa tra le mani trascinandosi verso il letto, per poi buttarvisi sopra di peso. Si girò verso la sveglia digitale sul comodino lì affianco: le cinque meno un quarto del mattino.
    Decise che non aveva più bisogno di dormire, anche perché di sicuro non si sarebbe più addormentato.
    Scese dal letto con la testa ancora dolorante e poggiando i piedi sul liscio e freddo parquet si diresse verso il suo enorme armadio. Ne tirò fuori un paio di pantaloni vecchi, una maglietta bianca e una grossa felpa grigia; dopo aver scelto i vestiti andò nel suo bagno e si fece una doccia calda, facendo attenzione a non svegliare la zia a due stanze di distanza dalla sua. Dopo la doccia si vestì e andò nella camera di sua madre: la salutò dolcemente, con un bacio sulla fronte e un: “ci vediamo presto mamma”; poi scese nell’enorme ingresso a piedi nudi per non far rumore e arrivato davanti all’enorme porta principale si infilò le scarpe, prese il cappellino appoggiato sul mobile antico dell’ingresso e le sigarette e uscì, gettandosi nella fredda aria di Monaco in pieno autunno.
    Sapeva già dove andare, le sue gambe si diressero automoticamente in quel luogo: un meraviglioso giardino chiuso al pubblico, ma nonostante ciò era ancora perfetto e curato. Tom scavalcò l’enorme inferriata e si diresse al lago al centro del giardino, sedendosi giusto sulla riva e osservando rapito quello specchio di acqua gelata. Prese una sigaretta e l’accese, inalando quel fumo dal sapore tutto suo e lasciando che questo gli lambisse la gola riscaldandolo un po’. Il ragazzo si godette tutto ciò che quella natura così intima poteva offrirgli, sapendo che quella sarebbe stata l’ultima volta in quel magnifico posto dove andava sempre quando era triste o quando aveva bisogno di capire e sfogarsi, piangendo senza ritegno. Ma quella mattina Tom non pianse, sorrise all'idea della vita che lo attendeva; guardò il mondo per una volta con gli occhi di un diciassettenne spensierato.


    >>Berlino

    - Andi dovresti vedere Chopper . . .sta benissimo! Mangia come una donna con le voglie, mi ricorda te con gli hamburger! Sembra una specie di orsacchiotto delle pubblicità natalizie!

    Se qualcuno avesse visto Bill Kaulitz in quel momento avrebbe provato tanta tenerezza e sconforto. Se ne stava seduto per terra facendosi forza con le ginocchia, proprio quel ragazzo che tutti temevano, rispettavano e odiavano allo stesso tempo, come se fosse una persona su cui puntare tutti i pensieri giornalieri. Le ragazze se lo mangiavano con gli occhi Bill, un po’ perché era bellissimo, un po’ perché aveva delle unghie fantastiche, un po’ perché adoravano dargli della checca mentalmente e potevi farlo solo se lo guardavi bene in faccia, perché sennò lo scambiavi per una ragazza con poche forme sul davanti e un sedere da fare invidia ad una fotomodella. A Berlino parecchi ragazzi avevano scoperto il loro lato omosessuale o bisessuale grazie a lui. . . E gli psicologi facevano davvero tanti soldi a causa dei cervelli che il suo fondoschiena mandava in tilt.

    - Bill, andiamo a casa? Non ce la faccio più. . .-
    - C-cosa? E perché? Debby. . .che hai?-
    Bill si girò accorgendosi solo in quel momento della faccia cadaverica della sua migliore amica. . .
    - Voglio andarmene Bill. . .non ce la posso fare, non ci posso stare qui. . . non un minuto di più, ti prego-
    - Stai male? Andiamo in ospedale? Dal medico?- Chiese il moro-meschato sull’orlo di una crisi di nervi, molto pericolosa
    - No. . .andiamo a casa tua sul tuo divano Bill!-
    - O-ok. . .- acconsentì alzandosi e toccando per un ultima volta la lapide quella lapide bianca e splendente.
    -So che avresti voluto restare qui, ma lo sai. . . non posso.-
    La ragazza cercò di alzarsi ma tutti gli sforzi risultarono vani a causa di un piacevole problemino . . .
    - Andiamo via, su . . .alzati -disse Bill, che pur essendo mingherlino aveva la forza per alzare una ragazza di sessanta chili da terra.
    Deborah era la persona che in assoluto poteva davvero dire di conoscere Bill Kaulitz come le sue tasche. Bella da mozzare il fiato, con quei suoi lunghi capelli castani e quegli occhi stupendamente verdi, Deborah leggeva negli occhi di Bill il suo vero essere, il suo “io” nascosto a tutti. Con quel suo carattere puntiglioso Debby si faceva desiderare da tutti, ma lei aveva dato il suo cuore solo a due persone, una ovviamente accanto a lei in quel momento, e un’altra lassù, in quel cielo ora antipatico e nuvoloso.
    Lei infatti era la ragazza di Andreas, il migliore amico di Bill morto meno di cinque mesi prima per un’overdose di metanfetamine accompagnata da un brutto schianto contro un normale guardrail su una normalissima BMW sportiva e molto, molto veloce.
    L’essere diventato maggiorenne per Andreas, aveva significato morire. Era successo tutto la sera stessa del suo compleanno, per provare la sua auto nuova, rigorosamente senza patente.
    Di sicuro finire così non era nei parametri di quel ragazzo, né in quelli della sua amata, lasciata così, incinta di qualche settimana a diciassette anni. A Deborah non era mai piaciuto andare a trovare il suo ragazzo al cimitero, a nessuno piacerebbe, ma se al cimitero è sepolto il padre del tuo bambino non puoi fare a meno di andarci, anche con la mente, quando i tuoi ricordi si riversano tutti lì, in quell’oceano di emozioni di cui era protagonista quella persona oramai sepolta.
    Purtroppo non è lo stesso per i ricordi, che affiorano a galla, bastardi, in ogni momento della giornata facendoti in mille pezzi come particelle. Tante lacrime versate per un solo ricordo; tanti, troppi graffi e morsi sul cuore e sull’anima, un’anima smorta, vuota come una giornata d’inverno senza neve ma solo fredda, anonima.
    Bill e Debby si incamminarono verso la villa mastodontica del moro, dove arrivarono stanchi e distrutti verso le sette. La casa era come al solito vuota visto che anche i camerieri erano andati via, lasciandola pulita e profumata come sempre. Bill lasciò che Debby si stendesse sul divano dell’enorme salone aiutandola a sorseggiare una tisana alle erbe, grazie alla quale poco dopo cadde addormentata. Il moro si diresse verso la depandance della casa, dove si accese una Marlboro e iniziò a fumarla sdraiandosi sulla sua amata amaca. Prese l’Ipod dalla tasca e si infilò le cuffie, facendo scorrere il dito sulla rotellina e premendo play. Dancing in the dark di Bruce Springsteen non ti aiuta affatto se sei in crisi, se vorresti spaccare tutto o se hai l’umore più nero della pece, ma Bill aveva bisogno di canzoni come quelle in quel momento.
    E se si ci mette anche la pioggia che comincia a cadere giù a dirotto... allora la fase depressiva è d'obbligo. Bill decise che non era più il momento di stare fuori se non voleva prendersi una brutta bronchite cronica, e decise pure che era giunto il momento di nutrirsi del suo nettare preferito. Spense la sigaretta in un vaso di gerani, si alzò e si diresse nella sua camera per prendere la bustina della sua salvezza, nascosta tra un mucchio di magliette e un paio di vecchi pantaloni di Armani. La piccola bustina verde fece capolino tra gli indumenti e Bill, scorgendola, sorrise maliziosamente passandosi involontariamente la lingua sulle labbra. Prese la bustina e vi guardò dentro, osservando quelle pilloline azzurre e tanto carine che gli piacevano da matti. Ne prese un paio, richiuse la bustina e la ripose al suo posto, prima di scendere al piano di sotto e dirigersi verso lo studio di “suo padre”. Uno studio che quell’uomo aveva usato si e no tre volte per qualche riunione di lavoro, ma poi mai più.
    Bill si richiuse la porta scorrevole alle spalle e si diresse verso la teca con gli alcolici, da cui estrasse una bella bottiglia di skotch anni settanta. Prese un bicchiere di cristallo, magnificamente intarsiato, e vi versò un po’ di quel liquido color dell’ambra.
    Giusto due dita; prese le sue due pillole e cominciò a sminuzzarle con una delle sue sei carte di credito, con una faccia tra il compiaciuto e l’impaziente. Dopo aver ridotto le pillole ad una finissima polverina, la gettò nel bicchiere con lo skotch e mescolò il tutto con il movimento del gomito.
    - Bill . . .ma proprio non ne puoi fare a meno?-
    Deborah era entrata nella stanza senza che il moro se ne accorgesse, ma lui comunque si mostrò impassibile.
    - Debby, mi dispiace ma ne ho bisogno, capisci?-
    - No non capisco affatto . . .non capisco a che scopo tu lo faccia. Vuoi fare la stessa fine di Andy?- continuò Debby appoggiandosi alla scrivania ricoperta di foto.
    - Si mi piacerebbe . . .almeno lo raggiungerei.- disse Bill tranquillamente cominciando a sorseggiare la sua “bevanda” come se fosse acqua tonica.
    - Tu sei pazzo. Vuoi lasciarmi qui? Da sola?- chiese Debby ora spaventata.
    Bill quasi si strozzò a quelle parole. Posò il bicchiere su un tavolino li accanto e raggiunse Debby cingendola con un dolce abbraccio.
    - No, non potrei mai lasciarti, scusami. Non lo dirò mai più- Bill non poteva credere alle sue parole orribili e si frustò mentalmente per ciò che aveva detto.
    - Lo spero- Deborah nascose il viso nel collo di Bill riconoscendo quel profumo che per lei sapeva di casa.
    - Mangiamo qualcosa? Avrei fame . . .- Deborah si staccò da Bill e fece per scendere, ma Bill la trattenne e si allontanò un attimo da lei per prendere di nuovo il bicchiere che aveva posato sul tavolino.
    - Ci rinuncio Bill. Non capirò mai il perché di tutta questa passione per quella merda.- disse Deborah ora leggermente alterata.
    - Quando la usavi pure tu non era merda . . .- continuò Bill, assolutamente calmo.
    - Bill io non sono mai stata una tossicodipendente, a differenza di te ed Andi, ok?- le stava salendo la rabbia, rabbia per quella merda schifosa che la gente chiama droga, ma che in realtà, dovrebbe chiamarsi “assassina in polvere o pillole”.
    - Vogliamo cenare o devo andare a casa?- chiese Debby furibonda.
    - E dai, non ti arrabbiare . . .scusami, di nuovo- rispose Bill dirigendosi in cucina insieme alla bella bruna.
    Dopo aver ordinato dal giapponese Debby gli chiese di andare a casa e Bill chiamò il suo autista affinché l’accompagnasse.
    Per Bill la serata finì quando si buttò in malo modo sul divano, completamente solo, strafatto.

    >>Monaco, ore 6:00.

    Sara era pronta a partire, a lasciarsi alle spalle il dolore di poter vedere la sorella solo qualche volta durante l’intero anno. Ciò si poteva dire anche per Tom, che diede solo un ultimo sguardo alla sua stanza prima di scendere verso l’ingresso per prendere il suo zaino con tutte le cose più intime e la sua amata chitarra acustica. Era vecchiotta, ma lui ci teneva davvero tanto, visto che gli era stata regalata dalla madre molto tempo addietro. Un ultimo sguardo alla casa e Tom salì nella limousine di famiglia diretta al Munchen Flughafen, l’aeroporto di Monaco di Baviera, dove su una pista era fermo l’aereo privato di famiglia. Il gruppetto arrivò a Berlino alle 7:50 circa, e appena Tom mise piede sul suolo di Berlino si rese conto della grandezza del posto. Tutto era immenso, più grande, quasi spaventoso e incredibilmente grigio. L’aereo era atterrato nella tenuta di zia Sara a poche centinaia di metri dalla sua villa. Tom riguardò quel cielo grigio e inspirò quell’aria sconosciuta, prima di girarsi verso sua madre, su quel lettino bianco e immacolato, dove aveva trascorso tutto il viaggio.
    - Guarda mamma . . .allora, che ne dici? Io credo che ti piacerà, credo che potrai ricominciare da qui mamma, finalmente- Tom baciò ancora una volta sua madre sulla fronte prima di aiutare la zia ed alcuni uomini a caricare sulla loro auto tutte le valige.


    - Ce la farai mamma. DEVI, per me, per noi mamma.-

    L’auto si mise in moto e si diresse verso quella nuova vita, seguita dall’ambulanza che trasportava Olga e suo figlio accanto a lei.


    Note dell'autrice: Aaaaaaaaaaw!!!!! Eccolooooo!!!
    Ci ho messo un'infinità di tempo ma è tuuuutto per voi!!!
    Spero vi sia piaciuto.....
    Vi amo, Rò.

    Note della beta: Amoraah. Sono rimasta piacevolmente sorpresa *ç*
    Bravissima, si nota tantissimo la differenza tra il capitolo scorso e quello di adesso.
    Mi fa molto piacere vederti migliorare così velocemente.
    ^^
    tvttttttttttb

    CITAZIONE
    tvttttttttttb

    Non sai quanto bene ti voglia io Stefy.....^^!

    Edited by Sekunden** - 12/6/2009, 15:46
     
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  6. .:+[F]ottutamente~Stefy[89]
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    :wub:
    mi è piaciuto tanto questo capitolo. Si vede benissimo che ci hai messo tanto amore e tanto impegno per scriverlo.
    brava, sono molto fiera di te.

    Il banner *ç*

    stupendo.
    Brava valeriaaaaaa.

    Per quanto riguarda la storia, amo questo Tom dolce, frustrato sconsolato impaurito.
    Mi fa davvero pena.
    Ora che finalmente ha la possibilitàdi ricostruirsi una nuova vita a Berlino, spero solo che non soffra di nuovo ç_ç che non soffra più.
    merita la felicità sto ragazzo ç_ç


    Bill... bill che dire? non l'ho ancora inquadrato come personaggio. So solo che è un tossico dipendente, che è bello da mozzare il fiato, e che lo invidiano e lo rispettano tutti.
    Non vedo l'ora di conoscere altri suoi aspetti del suo carattere, ma aspetto soprattutto l'incotro tra i due *ç*

    Bravissima <33333333
    tvtttttttttttttttb
     
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  7. terryandbill
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    ne è valsa la pena di aspettare tutto questo tempo per il chappy perché è stupendo!!!

    Tom sembra un cucciolo bisognoso di una semplice cosa...L'AFFETTO!!!

    e Bill...beh come ha detto Stefy è un tossico dipendente ma anche lui secondo me ha molto bisogno d'affetto specialmente dopo che ha perso il suo migliore amico...

    posta presto e sopratutto falli incontrare presto!!!
     
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  8. ladymoon
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    continua a deliziarci
     
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  9. *Delicious*
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    Ciao! ^_^
    Ho appena letto tutti i capitoli della tua storia!! Devo proprio dire che mi piace *w*
    Entrambi i protagonisti hanno avuto/hanno problemi nelle loro vite, ma si vede che hanno reagito in modo diverso...
    Se sbaglio dimmelo!
    In ogni caso sono curiosa di vedere se Tom riuscirà a sentirsi meno oppresso dalla sua situazione ora che ha raggiunto Berlino! Io, giuro, non ho parole per quello che ha fatto Gordon...
    .-.
    Bill invece deve smetterla di farsi U.U
    Ok, ora ti lascio!
    Bravissima!!
    <33
     
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  10. Sekunden**
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    CITAZIONE
    ne è valsa la pena di aspettare tutto questo tempo per il chappy perché è stupendo!!!

    Tom sembra un cucciolo bisognoso di una semplice cosa...L'AFFETTO!!!

    e Bill...beh come ha detto Stefy è un tossico dipendente ma anche lui secondo me ha molto bisogno d'affetto specialmente dopo che ha perso il suo migliore amico...

    posta presto e sopratutto falli incontrare presto!!!

    Grazi Terryyyy!!!! ^^

    Si hannoavuto tutti e due ei problemi....che non sono finiti....^^

    Grazie ancoraaa!!!

    CITAZIONE
    continua a deliziarci

    Davvero vi delizio?????

    Daaaaankeeeeeeeeeee!!!

    CITAZIONE
    Ciao!
    Ho appena letto tutti i capitoli della tua storia!! Devo proprio dire che mi piace *w*
    Entrambi i protagonisti hanno avuto/hanno problemi nelle loro vite, ma si vede che hanno reagito in modo diverso...
    Se sbaglio dimmelo!
    In ogni caso sono curiosa di vedere se Tom riuscirà a sentirsi meno oppresso dalla sua situazione ora che ha raggiunto Berlino! Io, giuro, non ho parole per quello che ha fatto Gordon...
    .-.
    Bill invece deve smetterla di farsi U.U
    Ok, ora ti lascio!
    Bravissima!!
    <33

    Grazie per le tue parole...^^

    Gordon..bhè....no comment!!!!

    Grazie a tutteragazzeeeeeeeeee!!!

    (l'angst è appena iniziato)

    MUAHUAHUAH!!
     
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  11. *Delicious*
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    CITAZIONE
    (l'angst è appena iniziato)

    Che bella notizia rassicurante XDD
     
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  12. terryandbill
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    up!!!
     
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  13. Sekunden**
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    Ragazze sono di nuovo io, Rò!

    Sto per mandare il nuovo capitolo alla beta, quindi tra domani pomeriggio e domani sera posterò, salvo complicazioni!

    Scusate se vi faccio penare per ogni capitolo, ma ci metto davvero tutto l'impegno possibile e voglio che sia tutto perfetto.

    Scusate ancora e pazientate un'altro pò.

    Danke a tutte, Rò.
     
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  14. terryandbill
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    che bello domani avremo il chappy!!!
    *me saltella tutta felice*

    non vedo l'ora di leggerlo!!!
     
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    Aaaaallora ragassuole......
    Dopo un'estenuante attesa di non so quante settimane....( :confuso: ), eccovi il chap....
    Lo dedico ancora una volta alla mia Stefy per ringraziarla di cuore per quello che fa per me.
    Spero vivamente che vi piaccia, perchè mi ha fatto impazzire, arrivavo alle due di notte a scrivere!!!

    (:vote: :ninja: :agitato:)

    xD!

    Buona lettura!


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    >* Capitolo Tre *<

    >> Nel Mirino

    Non se l’era proprio immaginata così la sua camera.
    Non aveva immaginato il letto a due piazze circondato da tendine trasparenti o il magnifico tappeto persiano al centro dell’enorme camera, che era grande quasi il doppio della sua a Monaco.
    Tom, immobile, se ne stava sull’uscio della sua camera con un borsone in una mano, il cellulare nell’altra e con la mascella che toccava terra per lo stupore. Pensava che la sua stanza sarebbe stata tipo quella degli ospiti normali, piccola, accogliente e pulita in modo maniacale. Tom si destò dal suo stato di trance solo quando suo zio gli andò addosso con uno scatolone facendolo cadere e spedendolo con la testa contro il piede di un tavolino portaoggetti proprio vicino alla porta.
    -Porca miseria ma che ca. . .- Tom si premurò di non continuare la sua bestemmia appena vide la figura di suo zio stagliarsi su di lui mentre gli tendeva una mano per farlo alzare.
    -Diamine Tom, ti ho fatto male?- chiese lo zio dall’alto del suo metro e novantadue di altezza. Tom deglutì solo vedendo la figura slanciata dello zio e afferrò la mano staccandosi così dal tiepido parquet del pavimento.
    -Zio ma è la mia stanza? Cioè non me l’aspettavo così, capisci? Ahia mannaggia- disse mentre si teneva la testa con una mano constatando che effettivamente aveva un bel taglio in testa. Niente di grave, uno spruzzo d'acqua ossigenata e uno sguardo allo specchio per mettersi apposto i cornrows, e sarebbe tornato come nuovo.
    - Tom mi fa davvero piacere che tu stia in questa camera, è la più bella della casa, dopo quella che abbiamo dato a tua madre, a mio avviso. Sai questa casa ha bisogno di essere vissuta! Io non ci sono praticamente mai, tranne la sera.Tua zia c’è più spesso, ma anche lei lavora tanto. Io non faccio in tempo nemmeno a mettermi sul divano la sera perché sono troppo stanco. Almeno con voi in casa l'atmosfera cambierà, e forse, nell‘aria si sentirà finalmente il “profumo di “famiglia” e non quello di nuovo dei mobili - spiegò mortificato lo zio.
    -Zio Joey vivi da più di trent’anni in Germania e ancora oggi il tuo accento lascia a desiderare! E comunque grazie mille, la camera è davvero fantastica- Tom si dispiacque mentalmente, notando che in quella casa non ci fosse un terrazzo come quello di casa sua a Monaco.
    - Ridi, ridi tu! Guarda che io fino a prova contraria vengo da Sacramento, non sono di Monaco come te! E in California il tedesco non si studia! Ma adesso bando alle ciance Tom, Sarah mi ha detto che dovevo farti assolutamente vedere il terrazzo della camera- disse tranquillamente zio Joey, esaudendo così il desiderio che Tom non aveva neanche pronunciato.
    - Sarah mi ha detto quanto ti piace osservare il cielo di notte e questa stanza è davvero perfetta per te, Tom. Basta che tu dia un’occhiata fuori e te ne renderai conto campione- disse orgoglioso Joey al nipote ormai in brodo di giuggiole.
    - A Los Angeles all’accademia militare non ci sono terrazze come queste! Sarai un pascià!- continuò lo zio con un sorriso sincero ad illuminargli il suo volto da ultra-quarantenne.
    -N-non è p-possibile. . .- balbettò Tom cominciando ad andare verso l’enorme tenda azzurrina che lo separava dal terrazzo. Tenda che Tom spostò con il braccio prima di aprire la balconata scorrevole in vetro e di gettarsi all’esterno, inebriandosi della luce tenue che quella giornata d’autunno gli stava regalando. La luce si rifletteva ovunque, grazie alle mattonelle bianche delle quali era fatto il terrazzo, la cui vista davvero mozzava il fiato in gola. Il terrazzo infatti dava sulla parte “bene” di Berlino, da cui si potevano vedere i negozi, le luci incredibili, la maestosa Torre della Televisione e tutto l’incredibile centro della città.
    -Allora? Che te ne pare?- zio Joey raggiunse Tom all’esterno, godendosi anch’egli un po’ di luce.
    -Eh? I-io veramente non so c-che dire zio. . .nel senso che tutto questo forse è davvero troppo per me. . .e non ho ancora visto la camera della mamma. I-io non saprò mai come ringraziarvi e sdebitarmi in qualche modo, mi metti in difficoltà così. . .- disse Tom, scosso dall’incredibile accoglienza degli zii berlinesi. Il ragazzo infatti credeva solo di essere un peso, insieme a sua madre, che gravava sulla famiglia della zia. Ma evidentemente lo zio la pensava diversamente, visto che scoppiò in una fragorosa risata per poi ritornare serio e guardare Tom con un cipiglio cattivo e accusatore.
    - Tom, figliolo, non dovrai mai più dire nè pensare una cavolata colossale del genere. Tua madre è molto importante per tutti noi, e tua zia Sarah aspettava da anni il momento in cui quel maiale di tuo padre si sarebbe tolto dalle palle lasciando che ce ne occupassimo noi, così da donare sia a lei che a te tutto l’amore e il bene di cui avete bisogno. Scusa se sono così duro con le parole ma davvero credo che tua madre fece un'enorme sbaglio quando sposò quella merda di “padre” che ti ritrovi- disse Joey tutto d’un fiato premurandosi di fare il gesto delle virgolette mentre pronunciava la parola “padre”.
    -Vedi zio io ho smesso di considerarlo mio padre molto tempo fa e non me ne pento affatto.- spiegò Tom con molta naturalezza e sincerità.
    - Ti ringrazio ancora, grazie per tutto ciò che fai per noi. . .- il ragazzo finì il suo discorso quasi singhiozzando e suo zio non poté fare altro che prenderlo tra le sue braccia e stringerlo facendolo sentire finalmente a casa.
    - Sarai il figlio maschio che non ho mai avuto Tom, sarò onorato di prendermi cura di te e di Olga -
    Zio Joey terminò così quella discussione piuttosto intima col nipote, tornando all’interno della casa e lasciando Tom sul terrazzo solo coi suoi pensieri.


    *****

    - 2 Ottobre, 7:00.

    Quello per Tom doveva essere il primo giorno nella nuova scuola e lui si era ripromesso di non bestemmiare o dire qualsivoglia brutta parola, già di primo mattino.
    Col cazzo.
    - Stramaledetta di una sveglia! Vorrei sapere chi è il. . .-
    - Tom ! Ti consiglio di non continuare!- zia Sarah era entrata nella camera del ragazzo per dargli il buongiorno e avvertirlo che la colazione era pronta. Ovviamente non era arrabbiata, sapeva che per Tom alzarsi presto di mattina era in assoluto peggio di una condanna a morte.
    - Oh! Buongiorno zia. S-scusami per quelle parole. . .-il ragazzo cercò di giustificarsi con la sua voce ancora impastata dal sonno mentre si alzava e si stiracchiava completamente indifferente al fatto di essere in boxer.
    - Tom tu dormi solo con quelli? Anche ad Ottobre?- chiese Sarah leggermente perplessa.
    - Oh, dici in boxer? Beh si, diciamo che così mi trovo comodo; anche se volevo appunto chiederti di mettere un’altra coperta sul letto se non ti dispiace, non mi va proprio di mettermi il pigiama-spigò Tom con estrema naturalezza. Intanto la zia aveva raccolto tutti gli indumenti sporchi del ragazzo, che dopo aver messo tutte le sue cose apposto e aver tolto di mezzo gli scatoloni, si era fatto una doccia, aveva salutato la madre, e se ne era andato a dormire saltando pure la cena per via della stanchezza.
    - Certo Tom, lo dico alla cameriera più tardi. Comunque sia, vuoi scendere a fare colazione tra poco? E’ da ieri sera che non mangi, avrai fame- si preoccupò zia Sarah.
    - Si zia grazie, ho un buco nero al posto dello stomaco, tra un po’ ti mangio casa- scherzò Tom.
    -Perfetto Tom, avevo in mente di fare dei lavori in cucina ed in salone, ma se tu la mangi completamente, ho la scusa per rifarla da capo proprio come piace a me!- rise delle sue stesse parole prima di uscire dalla stanza facendo segno a Tom di sbrigarsi. Il ragazzo infatti subito dopo si diresse in bagno, dove fece una doccia veloce prima di tornare in camera per vestirsi. Per il primo giorno di suola scelse un paio di jeans scuri, una maglietta bianca con delle stampe, una felpa grigia e una fascia bianca nei capelli abbinata alla maglietta. Dopo aver dato un ultimo sguardo ai suoi cornrows già perfetti, uscì dalla sua camera per la colazione.
    Tra porte chiuse e corridoi vari, Tom non sapeva affatto orientarsi in quella casa, ma quando decise di andare da sua madre, le sue gambe lo portarono direttamente dove voleva andare: il ragazzo si ritrovò dinanzi alla porta bianca e immacolata della stanza di sua madre.
    Dopo aver aperto la porta con una lentezza estenuante, quasi esasperante, Tom si ritrovò in quella camera. . .e ciò che vide dinanzi a sè lo impressionò più del giorno prima, quando erano arrivati.
    Quella stanza era completamente bianca, l’aria che vi si respirava all’interno era pura e fresca, non c’era un granello di polvere neanche a cercarlo. . .sull’uscio, Tom si tolse le scarpe, e facendo un passo avanti, poggiò i piedi su quel tappeto enorme, anch’esso bianco, che copriva gran parte della stanza e in cui i piedi affondavano, tanto era soffice. Il ragazzo si chiuse la porta alle spalle e avanzò fino a ritrovarsi giusto accanto alla madre; prese un bianchissimo pouf e vi si adagiò sopra prendendo una mano di Olga tra le sue.
    Come al solito, il “beep” delle macchine li affianco era insopportabile, comunque, ci aveva fatto l’abitudine.

    -Ciao mutti.- Tom osservò il volto di sua madre, baciato dalla luce mattutina grazie alle tende aperte, e si ritrovò a pensare ancora una volta che fosse bellissima.
    -Stanotte ho dormito poco, ma il letto è comodissimo e mi sono trovato bene. Tu? Come ti senti mamma? Anzi. . .cosa senti? Sai, oggi vado a scuola ma ho paura, ho la fottuta paura che non cambi niente anche se siamo lontani da quella merda che era la nostra vita a Monaco. Si lo so, lo so, non dovrei dire tutte queste paroline, ma sono nervoso e sono certo che tu possa capirmi, mamma. Mi porterai fortuna oggi, vero ? Non mi lasciare mai per favore, nemmeno un minuto, ma distogli lo sguardo quando i bulli della scuola mi picchieranno. . .scherzo!! Ma ti pare mamma? Sono Tom io, mica un coglione qualsiasi! Ok, ok, mà la smetto, come sei pignola!!- Tom rise delle sue stesse parole, anche se lo faceva da solo sapeva che sua madre lo ascoltava, o meglio, se lo sentiva.

    - Ciao mutti, devo proprio andare ora. Oggi quando torno ti faccio il resoconto dettagliato della giornata!- Il ragazzo sorrise dolcemente alla madre, adagiata in quel morbido lettone bianco, con tutti i capelli color del corallo che le incorniciavano il viso spento.
    Prima di lasciare la stanza mise a posto il pouf, poi si chinò sulla madre e le diede un bacio sulla fronte ed uno sul dorso della mano; si diresse verso la porta e prima di chiuderla sorrise di nuovo.

    ******

    Tom scese giù nel salone dove tutti lo aspettavano per la colazione e il suo ingresso nella stanza fu accolto in modo particolare. Sua cugina Ida infatti, di due anni più grande, appena lo vide e lo sentì dire -Buongiorno a tutti!- rovesciò mezza caffettiera sulla tovaglia candida che era sul tavolo. Il caffè inoltre, cadde anche addosso a zia Sara, sul giornale piegato lì affianco di zio Joey, sui tovaglioli e gocciolò a terra fino ad inzuppare anche il pelo di Attila, il gatto persiano grigio cenere dello zio.

    -Ida? Stai bene?- chiese zia Sara con tono perplesso.
    -Eh?? Chi, io? Certo mamma che domande fai?! Ho un test oggi all’università, lo sai. . .sono solo preoccupata!- Il tono di Ida stava ad indicare “è ovvio che questa è una scusa mamma”. Comunque sia, tutti sorvolarono sull’accaduto ridendoci sopra, tranne zio Joey e il suddetto gatto, incazzati neri.

    -Ida, oggi non uscirai perché porterai il gatto a fare la toletta, visto che l'hai sporcato. Mah, dovrei darti una punizione peggiore, ma ora ho il mio gatto a cui pensare! - brontolò alzandosi - Tu, campione, siediti al mio posto mentre non ci sono!- ordinò lo zio dirigendosi di sopra, ma Tom ignorò l’ordine e si sedette accanto a zia Sara, cosa che fu vivamente approvata da Ida, che tirò un grosso, ma silenzioso, sospiro di sollievo.

    -Non potrei mai sedermi al posto dello zio!- spiegò Tom alla zia, che aveva assunto una faccia alquanto perplessa; anche se poi cominciò a parlare del programma della giornata.
    - Tom, oggi a scuola ti accompagneremo io e Ida, così lei potrà spiegarti un po’ alcune cose, visto che io ora non mi ricordo proprio nulla nonostante tanti anni fa studiai anch'io lì. Lei ti spiegherà un pochino come trovare le classi, che è la cosa più difficile visto che è una scuola enorme; intanto io andrò in segreteria a firmare delle cose. È tutto chiaro?- zia Sara finì di spiegare il tutto e alzò un po’ lo sguardo. Tom stava tranquillamente addentando il suo krapfen ancora caldo dopo aver registrato tutto ciò che la zia gli aveva detto, mentre Ida guardava la madre con uno sguardo a dir poco terrorizzato.
    -Ida tutto bene? Ti vedo un po’ preoccupata per questo test. . .sicura di stare bene?-
    - Eh?? Certo mamma che domande. . .te l’ho detto, è la tensione. Vado a sistemarmi trucco di sopra e poi andiamo, ok? Aspettatemi - si capiva chiaramente che Ida evitava caldamente sia la madre e soprattuttoTom.
    - Zia, shei shiura che Ida shta bene??- chiese Tom con mezzo krapfen in bocca.
    -Non saprei Tom, è da ieri sera che casca sempre dalle nuvole. Non saprei davvero. . .- zia Sarah cominciò a preoccuparsi per sua figlia, ignorando Tom con la bocca piena e alzandosi per prendere la sua borsa.
    - Su Tom, va a lavarti i denti e scendi, che è ora di andare-

    Lo stomaco di Tom decise che il krapfen faceva schifo e che andare a scuola non era una buona idea, visto che appena la zia aveva pronunciato quelle parole il ragazzo aveva avuto una specie di conato di vomito.
    Eccola.
    Quella paura fottuta di non farcela, di essere debole, di non saper affrontare il prossimo, quel senso di solitudine che attanagliava Tom dal profondo del suo cuore. Tutto ciò che si era fatto scivolare addosso nell’ultima settimana era tornato a galla in tre secondi e il ragazzo davvero aveva il cervello in panne.
    - Tom? Stai bene??- zia Sarah lo stava guardando da due buoni minuti.
    - Sei preoccupato? Ascolta . . . - si sistemò davanti a Tom facendosi forza sui talloni e lo fece voltare verso di sè posandogli un dito sotto il mento.
    - Tom, sei il ragazzo più forte che io abbia mai conosciuto. Ti assicuro che non hai nulla di cui preoccuparti. È solo il primo giorno di scuola! Se non ti piacerà la cambierai e lo farai finché non ti troverai bene. Ma io sono sicura che ti troverai alla perfezione, anche perché è una scuola del tutto rispettabile e sicura. . .per gli amici non ci saranno problemi Tom, sei un ragazzo un po’ chiuso, ma troverai qualcuno che ti accetterà e ti capirà per come sei, ne sono sicura. Per quanto riguarda i voti e la condotta non mi preoccupo minimamente, so che studi tanto e che sei educato, questo è l’ultimo dei miei problemi; e poi, anche se fosse. . .delle cazzate nella nostra vita le facciamo tutti. La tua giovinezza ti è già stata rubata abbastanza Tom, voglio che tu ti senta libero di fare ciò che ritieni più giusto per te stesso, ok? E adesso basta preoccupazioni e fila a lavare i denti, che sennò fai tardi!-

    Tom rimase scosso da quelle parole. Sua zia aveva ragione da vendere, basta preoccupazioni.
    Denti puliti, cornrows apposto, colonia, un ultimo bacio alla mamma, Tom era pronto ad affrontare tutto e tutti.

    *****

    Mica se l’era immaginata così la sua scuola? No di certo.
    Tom aveva immaginato un edificio antico, un sacco di professori parrucconi e dei compagni “l’apparenza è ciò che conta”. Era pur vero che non aveva messo ancora piede all’interno, ma l’atmosfera sembrava assolutamente rilassante.

    - Ehm. . Tom?- Tom venne distolto dai suoi pensieri da sua cugina che lo chiamava.
    - Eh?? Oh, dimmi Ida- Tom rivolse la sua totale attenzione a sua cugina, che pareva voler sprofondare nel sedile della monovolume della zia.
    - Nulla, volevo solo dirti che a dispetto di quanto dice mamma le classi sono davvero facili da trovare. All’interno, appena superato l’enorme antro che fa da ingresso, ci sono due archi. Superali e ti ritroverai sotto una specie di incredibile gazebo: quello è il luogo dove tutti gli studenti si intrattengono prima e dopo le lezioni; poi girati intorno, dovrebbero esserci due scale mobili, una che scende e l’altra che sale. L’ultima volta che sono stata a scuola erano ancora in costruzione, ma ora sono finite, alcune mie amiche mi dicono che è una figata salire e scendere senza problemi! Comunque alla fine delle scale mobili c’è un enorme tabellone con le posizioni delle classi. Di sicuro troverai la tua! Per la mensa, che più che una mensa è un ristorante tre stelle Michelin te lo assicuro, fatti guidare dal flusso di ragazzi che si formerà verso l’una e mezza, arriverai di sicuro a destinazione- Ida finì di spiegare il tutto appena arrivò zia Sarah. Intanto Tom avevo memorizzato il tutto rimanendo a bocca aperta.

    - Allora, sei pronto? Su, vai Tom o farai tardi. Ti veniamo a prendere noi oggi. Buona fortuna tesoro!- misero in moto e partirono solo quando furono certi che Tom avesse varcato la soglia della scuola. Scuola? Quella per Tom era un edificio a metà tra un palazzo ed un centro commerciale!
    Ricordandosi le indicazioni di sua cugina, Tom superò l’antro e anche i due enormi archi magnificamente intarsiati e percorsi da alcune piante rampicanti e si ritrovò dinnanzi ad una scena da film. Circa un migliaio di ragazzi si pararono davanti a lui che -fino ad allora - non aveva mai subito di claustrofobia, ma in quel momento sentiva il fiato fermo in gola.
    La stessa cosa successe alle prime cento ragazze che incontrarono il suo sguardo ed ebbero il piacere di osservare la sua figura.
    < mannaggia, manco arrivo e già mi mangiano con gli occhi. Signore, fa che trovi presto la mia classe!> Tom cominciò a farsi delle seghe mentali su quanto fossero cerebrolese le ragazze in quella scuola, ma fu interrotto da qualcuno che picchiettava sulla sua spalla.

    -Ehm. . .per favore potresti spostarti?- Tom si girò e si ritrovò davanti una persona che lo fece spaventare a morte, e a lui i film horror piacevano un casino.
    - Liza che succede?- stavolta Tom non dovette spaventarsi poi tanto, era solo una dark, ma ritrovarsi una scene queen davanti alle otto e mezzo del mattino impressiona se te la ritrovi dietro tipo Arsenio Lupin che si accinge a fare una rapina.
    - Nulla Deborah, ho chiesto a lui di sposarsi. . .- all’improvviso Tom si trovò davanti più di sei persone, e tutte lo guardavano con aria interrogative.
    - E’ nuovo Liza, si vede.- un ragazzone ben piazzato parlò alla scene queen che assunse un espressione del tipo “ aaaah!!! Ho capito tutto”. espressione che fece innervosire Tom.
    - Ciao, io sono Deborah. Lei è Liza, lui è Georg, poi ci sono Sascha, Martin, Gustav e Ana. Mancano due persone, penso che poi le. . .ecco, conoscerai, sì. In un modo o nell’altro- “speriamo”, si ritrovò a pensare Deborah.
    - Io sono Tom, piacere. Non. . . conosco nessuno qui, è un po’ complicato per me anche orientarmi- spiegò Tom per niente intimorito dal gruppetto tutto dark, tatuaggi e capelli leopardati. Eh si, la scene queen lo impressionavano ancora. Eppure una spasimante così l’aveva avuta per due anni, diamine!
    - Tu non sei di qui. Primo per l’accento, e poi perché non sai che il posto qui è. . .come dire, riservato- spiegò quello che se la mente non lo ingannava doveva essere Gustav.
    - Comprate le panchine in questa scuola? Va bene, vale a dire che mi sposterò in attesa di comprarne una anche io- disse Tom con tutta la naturalezza di questo mondo. Liza lo guardò impressionata spalancando gli occhi e in quel momento Tom si cagò sotto! Era orrenda!
    Georg si innervosì e Gustav assunse un’espressione offesa, Deborah lo guardò con una faccia a dir poco ammirata.
    - Wow. . .hai le palle. Direi che ci hai zittiti, non era mai successo. Vuoi sederti qui, così ci racconti un po’ di te?-
    - Eh? Ma stai fuori? Che cazzo gli diciamo a Bill quando arriva? Non voglio andare all’altro mondo oggi, non scopo dall’altroieri- disse Georg alquanto spaventato ora. In verità tutti avevano assunto un’espressione contrita sentendo pronunciare quel nome. Tutti tranne Deborah e Tom, ovvio.
    - Georg chiudi quella fogna, me la vedo io con Bill - tagliò corto Deborah, che aveva l’aria di trascinare tutti con la sua sicurezza.

    -Parli del diavolo. . .- accennò Ana, riavviandosi i capelli dietro alle orecchie con uno sguardo intimorito.
    - Buongiorno Bill! Marcus. . .giorno anche a te- salutò Liza, prima con rispetto e riverenza e poi con noncuranza.
    - Liza. . .io e te dopo dobbiamo parlare. Questa cosa mi sta facendo inner. . .e lui chi è?- chiese Marcus a quella che evidentemente era la sua ragazza. Marcus era un ragazzo piuttosto tarchiato, sui diciotto anni, capelli neri piastrati che gli scendevano oltre le spalle, occhi di ghiaccio, maglietta degli Iron Maiden e giubbino da motociclista. Si, sembrava uno yeti coi capelli lunghi. Tom si ritrovò a pensare che le scene queen non solo facevano paura, ma anche che tutto quel trucco e quei trattamenti ai capelli gli annebbiavano il cervello se stavano con tipi del genere. Infondo Liza avrebbe potuto volere di più in un ragazzo, avendo un bel fisico, dei lunghi capelli neri e degli occhi verdi molto profondi. Evidentemente, quelle erano le regole della gang.
    - Lui si chiama Tom, è un nuovo arrivato e gli stavamo spiegando che aria tira da queste parti Marcus, quindi chiudi il becco- esclamò Deborah, leggermente alterata.
    - Un nuovo arrivato? - Bill intervenne nel discorso con lo charme e la tempestività di una primadonna, e in effetti, pensò Tom, per chi non era abituato a vedere tipi del genere Bill poteva essere tranquillamente scambiato per un’arrapante ragazza.
    Comunque, per lui era palese che fosse un ragazzo, anche perché era piatto come una tavola da surf. .e non solo.
    Bill era efebico. Alla luce del sole la sua pelle sembrava bianca, anemica e spenta, come quella delle bambole di porcellana. I suoi occhi sembravano cioccolato fuso e l’ombretto che il ragazzo aveva messo sulle palpebre li rendevano ancora più profondi; il suo corpo poi era longilineo, magro e perfetto. Le sue mani, sapientemente smaltate di viola scuro erano davvero belle e curate, per non parlare delle sue labbra, rosse, piene e scintillanti a causa del lipgloss. Tom si ritrovò a pensare che fosse bellissimo, davvero. . .il cugino stupendo di ET. Una specie di ragazzo dei sogni, la perfezione e l’essenza dell’apparire di Beverly Hills fatta persona. Avrebbe dovuto fare il modello, se non lo faceva già.
    - Si, si chiama Tom - disse Deborah voltandosi verso Tom con occhi speranzosi.
    - Piacere. . .- disse Tom leggermente imbarazzato.
    - Come avrai capito, io sono Bill, e non ho il piacere di conoscerti- proferì Bill del tutto tranquillo.
    Tom rimase prima di stucco, poi si incazzò a morte, poi fece un lungo sospiro e si calmò, seppur a fatica. Allargò le braccia e fece due passi indietro, osservando le facce degli altri: mentre Bill lo guardava soddisfatto mentre arretrava, Marcus ridacchiava, Ana si limava le unghie, Gustav e Georg cianciavano su delle ragazze mentre Liza e Martin si dividevano una canna con tutta la tranquillità di questo mondo. Deborah invece, era girata verso Bill e aveva la faccia di una che sta per prendere una spranga e colpirti così tante volte da ridurti a piccoli brandelli.

    - Bene, potevi dirmelo prima . . .vedi, il mondo non gira intorno a te Bill nè intorno a nessun altro di voi e nemmeno intorno a me. Sono appena arrivato e non so nemmeno dove sbattere il naso e mi ritrovo una merda con manie di grandezza di fronte. Ho da fare io, e di certo non posso stare qui a guardare mentre ti crogioli nella tua megalomania Bill. Voi altri. . .invece... Non so che dire!. Deborah, grazie ma ora me ne vado- detto questo Tom si girò lasciando tutti a bocca aperta, mentre Bill era talmente incazzato che gli era venuto il tic al sopracciglio. Deborah scoppiò a ridere.
    - Bill?? Non sai quanto sia felice oggi. . .quel ragazzo o non sa cosa ha appena fatto, o ha più palle di tutti noi messi insieme, visto che ti ha riempito di merda già alle nove del mattino. Come sei carino, quel tic ti dona tanto tesoro! Imbecille che non sei altro. . .ha ragione sai? Ne ha da vendere. Fatti impiantare un cervello Bill, anche quello di una zanzara, sicuramente ha più materia cerebrale di te; puoi starne certo- Deborah fece per voltarsi e seguire Tom, ma Bill la fermò prendendole una mano.

    - Stai adempiendo ai tuoi obblighi di rappresentante d’istituto per caso?- chiese Bill alquanto divertito.
    - No Bill. Cerco di prenderlo ora che posso farlo. Cerco di salvarlo da quella merda che siamo tutti noi messi insieme, e sai perché Bill? Aveva la tua stessa faccia, la stessa faccia di quando sei arrivato qui, spaventato da tutti e da tutti ma soprattutto da te stesso. Non voglio che faccia la stessa fine di merda di tutti noi, ma specialmente non voglio che diventi come te- disse Deborah tutto d’un fiato, quasi sputando le parole.
    Lasciò Bill accasciato sulla panchina con la testa tra le mani, tra gli sguardi intimoriti degli altri.


    Eeeeeeeeeeeeeh!!!!!

    Eccolo quiiiiii!!! E' lunghissimo ma spero comunque che ce l'abbiate fatta a leggerloooo!!!!
    xDDD!!
    Scusate per il commento di merda ma le nuove foto di Georg mi hanno mandata il panne...... :drool: :drool: :drool: :drool:
    ^^
     
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